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Storie di Giovani Italiani: Arrivare alla meta partendo dal sé
Storie di Giovani Italiani: Arrivare alla meta partendo dal sé
Storie di Giovani Italiani: Arrivare alla meta partendo dal sé
E-book92 pagine1 ora

Storie di Giovani Italiani: Arrivare alla meta partendo dal sé

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Fra le righe troverete un frammento del libro della vita di tante persone che, come tutti noi, hanno cercato di costruire il proprio futuro lavorativo superando ostacoli che parevano insormontabili oppure cambiando rotta per inseguire un sogno coltivato sin dall’infanzia. Sviscerando l’indole e il contesto familiare che conducono, in età adulta, a intraprendere una professione o a gettare la spugna senza riuscire a mettere a fuoco le proprie potenzialità. Questa pubblicazione vuole spronare i giovani che hanno appena terminato gli studi, ma anche chi magari ha perso un lavoro o chi teme di lanciarsi in una nuova sfida. Le esperienze degli altri possono essere illuminanti e portarci a nuove riflessioni. Possono anche inaspettatamente farci ritrovare l’energia perduta.
LinguaItaliano
Data di uscita28 dic 2020
ISBN9791220311168
Storie di Giovani Italiani: Arrivare alla meta partendo dal sé

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    Anteprima del libro

    Storie di Giovani Italiani - Paola Merzaghi

    Recalcati

    01

    Oltre la boa

    Ora che ci sono arrivata, a cinquant’anni, sento di avere in ambito lavorativo molte più affinità con i giovani che con le persone simili a me.

    Avete mai sentito parlare del giro di boa? Ecco, nella vita si parte tutti da un molo, più o meno avvantaggiati da mezzi ed energie personali, si punta a un traguardo che è la boa ambita ma solo quando la si raggiunge ci si rende conto che il traguardo finale non è quello, bensì il poter tornare al molo con dignità e soddisfazione.

    Così, sulla via del ritorno, si incrociano i giovani che nuotano con forza verso la boa, mentre si è impegnati a dare energiche bracciate per arrivare a riva trionfanti.

    In quell’asse geografico, in quell’attimo psicologico, si intrecciano sguardi in cui si riconosce, indipendentemente dall’età, la stessa disperata, meravigliosa spinta per vincere una sfida.

    Quindi ragazzi, se vi dovessi dare un primo consiglio, vi direi di cercare nelle persone della mia età la scintilla primordiale della vita, della volontà, del desiderio di toccare il cielo.

    Siamo noi quelli che il cielo lo hanno davvero visto da vicino e nessuno più di noi desidera provare ad andare oltre le nuvole sapendo che poi ci toccherà, per questioni anagrafiche, tornare a terra.

    Prendete a piene mani l’energia dei lavoratori felici di condividere esperienza e consigli. Il tempo struttura le persone e le rende, spesso inconsapevolmente, uno scrigno ricco di tesori. Andate a curiosare, non fermatevi alla prima impressione. Siamo bauli un po’ invecchiati e impolverati, ma dentro abbiamo gioielli luminosi e vivaci.

    Generalizzare non è mai sinonimo di intelligenza, eppure io sento di dire che difficilmente esistono giovani senza meravigliose potenzialità dentro di sé. Quello che accade è che non sempre riescono a trovare l’accoglienza di una società degna della loro bellezza. La società non è un mostro mitologico, è un animale affamato di denaro. Lo cerca ovunque, calpesta ideali e sogni.

    Alla vostra età sarebbe inutile raccontarvi favole ma, nella commedia della vita, potrete fare una discreta differenza. Vi daranno un ruolo di comodo e se avrete bisogno di un lavoro, lo prenderete senza tante storie. Inizierete a recitare una parte, ma via via, replica dopo replica, scoprirete che nei limiti delle vostre quattro battute, potrete dare un tocco unico. In cosa? Nell’interpretazione, nella precisione, nell’entusiasmo, nel proporvi per altri ruoli, nel reggere la stanchezza, nell’arrivare al pubblico.

    Non avete idea di quanto conti, in ambito lavorativo, saper toccare le emozioni della gente: più di un master in America.

    Il cliente non è una figura astratta, è una persona. Certamente si affida a voi come professionisti, certamente pretende competenza, ma poi desidera essere guidato e coinvolto in un progetto che lo renda felice della scelta fatta.

    Rappresento la quinta generazione di una storica gioielleria di Milano. Centocinquant’anni di attività. I nostri avi sono riusciti ad attraversare ben due guerre mondiali. Abbiamo un passato imponente che certamente ci ha offerto un avvio comodo, ma non ci ha preservati dalla crisi economica degli ultimi anni. Essendo contemporanei all’Italia di oggi, ci siamo imbattuti nell’uragano che ha travolto qualsiasi settore commerciale e finanziario.

    Figli del benessere degli anni Ottanta, ricchi di un passato glorioso, ci abbiamo messo un po’ a capire come riorganizzare il nostro mestiere.

    Vi direi una bugia se vi dicessi che è stata una passeggiata. Vi direi una bugia se vi dicessi che sentiamo di aver raggiunto una zona protetta dal vento dove fermarci finalmente a riposare, ma vi dico anche che con il passare degli anni ho scoperto quanto le fatiche possano trasformarsi in una sfida emozionante che ci tiene attivi e mai immobili.

    Si passa metà della vita a cercare un posto a sedere, poi quando te lo cedono, ti dà fastidio. Perché ti accorgi che di anni per stare sul divano a riposare ne avrai parecchi e che probabilmente, quando le forze ti avranno abbandonato, morirai di noia. Quindi no. Io non mi voglio accomodare sui successi lavorativi. Voglio mantenere l’umiltà di pensare che ho solo iniziato a far meglio e che domani potrò fare ancora di più.

    Comunque non ho sempre avuto cinquant’anni.

    Come voi sono stata bambina e poi ragazza, ho frequentato il liceo scientifico, la tipica scelta neutra di chi non ha le idee chiare ma sa che nel mezzo di una vita un liceo ci sta bene, come avere nell’armadio una maglietta bianca, molto comune ma abbinabile a qualsiasi colore.

    La mia storia personale però era talmente intrisa di oreficeria che la passione per la sociologia, intrapresa all’università, non è bastata ad aprire una nuova venatura rispetto a quella così marcata nella roccia della tradizione familiare.

    Quindi la mia storia è quella di una ragazza che non ha dovuto attraversare il mondo per trovare lavoro, non ha dovuto bussare a mille porte, ma sente comunque che qualcosa le è mancato. E questo qualcosa è la frustrazione.

    Sì, avete capito bene.

    Nella ricetta per creare una torta perfetta ci vogliono la farina, le uova, lo zucchero, e pure un pizzico di sale. Ma come, il sale nel dolce? Sì. Non mi chiedete per quale sorta di equilibrio, ma è come se per esaltare un sapore ci fosse bisogno del suo opposto. Ecco, per la costruzione di una vita professionale ci vuole un po’ di frustrazione: una fatica che rimane inascoltata, un lavoro che ti viene negato, una stanchezza che non trova un letto, una parola inascoltata.

    Serve a insegnare a lottare, a incaponirsi, a scendere in campo con la febbrile voglia di vincere. Diciamo che per arrivare dove si vuole bisogna camminare. Se ti ci portano in macchina, quasi non ti accorgi della bellezza della meta raggiunta. Sono sicura che se per andare in Polinesia non ci volessero ventidue ore di aereo, ci accorgeremmo che quell’arcipelago da sogno ha lo stesso mare delle Isole Pontine (che peraltro è vero).

    Scusate l’abbondanza di metafore e parallelismi, ma mi vengono facili come respirare.

    Quindi, tornando alla frustrazione, ai blocchi di partenza della vita lavorativa, più l’arrivo è un miraggio e più potreste mettere in campo energie e risorse inaspettate, una forza e una volontà che spiccano rispetto agli altri.

    Io, invece, come dicevo, sono stata portata all’arrivo in macchina. Ma da lì in poi, avrei dovuto proseguire a piedi e non ero preparata a gareggiare, a combattere, a trovare soluzioni e strategie per affrontare quella

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