Fiori di Ictus
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Info su questo ebook
In situazioni disperate, alcuni possono decidere di arrendersi, altri fanno di tutto per andare avanti, anche se a piccoli passi.
L’autrice raccoglie i passi compiuti per guarire in questo diario, che racchiude forze e debolezze di chi si ritrova a lottare contro un male terribile come l’ictus.
Sono Carolina e sono un’osteopata. Abito a Varese e mi sono laureata nel 2014 a Milano.
Purtroppo, il 10 agosto 2015 ho avuto un imprevisto che mi ha costretta a un lungo periodo di riabilitazione e conseguente sospensione dell’attività. Mi ci è voluta tanta pazienza ma ora mi sento pronta a ricominciare.
Questo è il diario che ho scritto in questi cinque anni, una lotta continua per guarire. Ho guarito il corpo, ho guarito la psiche, ho guarito l’anima e non ho ancora finito.
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Anteprima del libro
Fiori di Ictus - Carolina Boggio
© 2020 Europa Edizioni s.r.l. | Roma
www.europaedizioni.it - info@europaedizioni.it
ISBN 979-12-201-0146-2
Fiori di Ictus
Dedicato a mia mamma che ha combattuto,
e combatte ancora oggi, con me.
INTRODUZIONE
Sono nata due volte.
A questo punto deduco che sia come un gatto, quindi mi mancano solo cinque vite.
Il C’era una volta…
non comprende solo me ma tutte le persone che non riescono a venir fuori dal tunnel. Io ho scritto questo Diario per far capire a tutti i lettori che non ci saranno solo cose belle e buone nella vita. Come ho scritto io nei miei versi, ho avuto alti e bassi, bassi e alti, up and down. È giusto così, altrimenti non sarebbe vita, però bisogna avere il coraggio di azzardare, di lottare, di combattere per quello che desideri. Se la negatività è padrona, non riuscirai mai ad attirare cose positive.
Il vivere nuovamente mi ha fatto riscoprire alcuni lati nascosti, sia su di me che su altre persone. Io sono sempre stata convinta che ogni cosa che succeda, bella o brutta, è un segno.
Da un fiore raccolto ad avere una malattia, bisogna solo ascoltare sé stessi e arrivare al nocciolo. Tutto qui, anche se bisogna lavorarci.
Io sono contenta del mio percorso, in questi cinque anni ho fatto di tutto e di più; parlo dal punto fisico, psichico, mentale e spirituale. Vi ho raccontato tutto di me per farvi capire che non c’è niente, o quasi, che vi possa fermare.
Se il Creatore ha deciso di salvarmi (anche se non era troppo sicuro), ci sarà un motivo ed è, probabilmente, quello di aiutare altre persone.
Il vostro scopo qual è?
Buona lettura.
Dicembre 2014
Tre mesi volati. India è tutto. L’India è l’omino sul treno che grida: Chai, Chai
per dieci minuti, sono gli uomini che si lavano le scarpe appena passano, sono le Samosa e i Lassi ai banchetti sulla strada, è il levarsi le scarpe per entrare in una casa con un pavimento più sporco che all’esterno. Se a casa vedere qualcuno che mangia con le mani può disgustare, qui diventa quasi poesia, riesci ad assaporare il gusto che le persone provano nel mangiare, l’impastare il riso con il Dal e spingerselo in bocca a pugnetti. L’India è madre delle contraddizioni… la salvaguardia delle mucche contro il permettergli di mangiare plastica, il poverissimo e il ricchissimo, il maschilismo contro i posti migliori per le donne o le file preferenziali, la tradizione spirituale e religiosa del nord contro il tentativo di occidentalizzare il sud.
L’India ti entra nel profondo, ti si radica nel cuore e non se ne va. Il motivo non l’ho capito, penso sia la grande energia di questa terra, la spiritualità della gente in alcune zone e l’animo delle persone in altre. L’India è prettamente sporca ma ci sono paesaggi mozzafiato eppure, perché no, gli stessi se non più belli puoi trovarli anche in Italia. È povera, poverissima, soprattutto al nord, dove molte case non le ho viste, per lo più baracche. Ma, chissà per quale strana ragione, appena metti fuori i piedi dall’aeroporto di Delhi e l’umidità ti assale, tu sai di essere arrivata in un luogo che non ti abbandonerà più.
Ho visto l’India del nord, quella vera, quella così polverosa che anche lavandoti non sarai mai pulita e dove praticamente mangi insieme alle mucche, ho visto la devozione allo yoga e alla ricerca della salute psicofisica a Rishikesh, ho visto la sacralità di Varanasi e il suo spirito così profondo ed intenso. Il Rajhastan con i suoi templi e i suoi culti sacri, la religione Hindu così sentita dalla popolazione. Poi vai al sud e ti chiedi se stai viaggiando ancora in India, con la musica trans di Goa, le foreste, immense foreste, verdissime foreste del Kerala, le piantagioni di the e caffè di Muningi, le spiagge di Varkala e le backwater di Allepi.
Questo viaggio è stato un’esperienza di vita, una di quelle che ti si impregna nella pelle, indelebile, inarrestabile. La trasudi. L’India ascolta le tue necessità, ti dà tutto quello di cui hai bisogno nel momento giusto. Mi ha ridato tranquillità e pace, mi ha fatto sognare, scoprire lo yoga e approfondire la meditazione, mi ha fatto lottare ma anche risorgere, mi ha dato una gioia immensa nell’osservare un tramonto o un’alba, nuovi amici, nuove anime una diversa dall’altra ma tutte particolari. L’India mi ha fatto capire quali sono le priorità della vita, l’India mi ha dato l’amore, l’India mi ha fatto scoprire la copia perfetta della mia anima.
10 agosto 2015
Sono sul pullman che dalla Spagna deve portarmi in Italia. Sono da sola… Mi ricordo una signora nera, grande, parlava con gli altri… forse era l’autista; mi ricordo una signora bianca in reggipetto; mi ricordo che dopo un po’ mi sono addormentata con un letto al posto del sedile.
Mi sveglio, ci sono i miei, dove siamo? Forse siamo in Italia, non saprei dire.
Siamo in ospedale, un ospedale strano… Una volta era in un modo poi il dottore decide di cambiare tutto… Ah, è andato a mangiare, si vede che aveva fame.
Era notte, c’erano due infermiere che mi chiedevano come stavo; più in là, invece, c’era una gravida musulmana che stava partorendo e con lei c’era suo marito… Alla fine, dopo il parto, tutti e tre dormivano insieme nello stesso letto.
Mi sveglio, sono rimasta sola. Io ero in camera, in ospedale e con un televisore, gli infermieri se ne stavano andando.
Avevo sei giorni per risvegliarmi, ma quindi sto sognando adesso!? Devo fare un sacco di cose, ma il problema è che non so quali siano…
Il dottore ad un certo punto ha detto: «È morta, togliete tutto.»
Dopo qualche minuto uno degli infermieri ha esclamato: «Non è morta, è viva».
Quindi mi sa che mi ha fatto vivere… o magari sono stata io?
Sento sempre delle canzoni, dove sono? Mi piacciono!
Con Fausto, l’infermiere, dovevamo andare sulla nave. Io avevo il letto come al solito. C’erano inoltre due infermiere ma non so perché erano state cattive. Avevo fatto qualcosa che non andava. Forse mi ero fatta la pipì addosso? Chi lo sa.
Non c’era più Fausto, c’erano altre infermiere che mi lavavano, sempre un infermiere mi aveva bagnato tutta con l’acqua perché avevo fatto qualcosa che non andava… la pipì? Ancora?!?
I miei genitori avevano un terzo figlio di 8 anni, capelli neri, occhi azzurri e stavano giocando alla playstation in cucina. Lalla e Andy, i miei zii, avevano anche loro tre bambini, il terzo di 8 anni, capelli biondi e occhi marroni. I miei genitori però, con quello che era successo, avevano mandato quello di 8 anni in Sardegna e avevano ipotecato tutto perché io avevo bisogno di soldi per le