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La pasticceria sulla spiaggia: Un cupcake assassino (I gialli della pasticceria sulla spiaggia – Libro 1)
La pasticceria sulla spiaggia: Un cupcake assassino (I gialli della pasticceria sulla spiaggia – Libro 1)
La pasticceria sulla spiaggia: Un cupcake assassino (I gialli della pasticceria sulla spiaggia – Libro 1)
E-book277 pagine5 ore

La pasticceria sulla spiaggia: Un cupcake assassino (I gialli della pasticceria sulla spiaggia – Libro 1)

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Info su questo ebook

"Molto intrigante. Raccomando fortemente questo libro a tutti gli appassionati dei gialli ben scritti, con colpi di scena e una trama intelligente. Non resterete delusi. Un modo eccellente per trascorrere un freddo fine settimana!"
--Books and Movie Reviews, Roberto Mattos (parlando di Assassinio in villa)

LA PASTICCERIA SULLA SPIAGGIA: UN CUPCAKE ASSASSINO è il romanzo di debutto di una nuova serie cozy mystery affascinante e spassosa, firmata dalla penna dell’autrice bestseller numero #1 Fiona Grace, il cui bestseller Assassinio in villa (Un giallo intimo e leggero di Lacey Doyle) ha quasi 200 recensioni a cinque stelle.

Allison Sweet, 34 anni, lavora come chef a Los Angeles ma, a causa delle continue umiliazioni a opera dei clienti, del suo esigente capo e della sua vita sentimentale andata a rotoli, è arrivata al limite della sopportazione. Dopo un incidente scioccante, si rende conto che è arrivato il momento di ricominciare da capo e di perseguire il suo vecchio sogno di trasferirsi in una piccola cittadina e aprire una pasticceria tutta sua.

Quando Allison vede un affascinante negozio vuoto sul lungomare vicino Venice, si chiede se non sia proprio l’occasione che aspettava da tempo, per iniziare una nuova vita. Con la sensazione che si tratti di un segno del destino e di un’occasione che capita una volta soltanto nella vita, decide di buttarsi.

Tuttavia, Allison non aveva previsto che si sarebbe ritrovata catapultata sulle montagne russe. Il lungomare, popolato di personaggi bizzarri, offre infinite fonti di svago ed è in continuo fermento. Ristoratori italiani che si contendono il suo affetto, chiromanti che vogliono svelarle il suo futuro e una losca proprietaria della pasticceria rivale. Allison desidera soltanto concentrarsi sulle ricette dei suoi dolci deliziosi e far quadrare i conti della sua nuova attività, ma tutto cambia quando si verifica un omicidio in prossimità del suo negozio.

Coinvolta nella vicenda, in ballo c’è il suo intero futuro. Allison non ha altra scelta che indagare per dimostrare la sua innocenza e ripulire il suo nome. La ricerca ha inizio quando un cane randagio entra nella sua vita, rivelandosi un devoto braccio destro con l’abilità di risolvere i misteri.

Riusciranno a trovare l’assassino? E la sua nuova attività saprà sopravvivere tra mille difficoltà?

Un’esilarante serie di cozy mystery, fatta di svolte, sorprese, romanticismo, viaggi, cibo e un’inattesa avventura. La serie LA PASTICCERIA SULLA SPIAGGIA ti terrà attaccato alle pagine, facendoti ridere e restare con il fiato sospeso fino a notte fonda, mentre ti innamorerai di questo nuovo tenero personaggio, capace di catturare il tuo cuore.

È disponibile anche il libro #2 della serie, UN MACARON OMICIDA!
LinguaItaliano
Data di uscita24 dic 2020
ISBN9781094342788
La pasticceria sulla spiaggia: Un cupcake assassino (I gialli della pasticceria sulla spiaggia – Libro 1)

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    Anteprima del libro

    La pasticceria sulla spiaggia - Fiona Grace

    LA PASTICCERIA SULLA SPIAGGIA:

    UN CUPCAKE ASSASSINO

    (La pasticceria sulla spiaggia — Libro primo)

    FIONA GRACE

    Fiona Grace

    L’autrice esordiente Fiona Grace ha scritto la serie UN GIALLO INTIMO E LEGGERO DI LACEY DOYLE, che comprende nove libri (e altri in arrivo); la serie UN GIALLO INTIMO TRA I VIGNETI DELLA TOSCANA, che comprende cinque libri (e altri in arrivo); la serie I GIALLI DI UNA DUBBIOSA STREGA, che comprende tre libri (e altri in arrivo); e la serie I GIALLI DELLA PASTICCERIA SULLA SPIAGGIA, che comprende sei libri (e altri in arrivo).

    Fiona sarebbe molto felice di restare in contatto con te! Visita quindi il suo sito internet, www.fionagraceauthor.com, per ricevere e-book gratuiti, restare aggiornato sulle ultime uscite e non perdere nessuna notizia.

    Copyright © 2020 di Fiona Grace. Tutti i diritti sono riservati. Eccetto come consentito dal Copyright Act del 1976 degli Stati Uniti d’America, nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta, distribuita o trasmessa in nessuna forma e mediante alcun mezzo, o archiviata in un database o in un sistema di raccolta, senza previo consenso dell’autrice. La licenza di questo ebook è concessa solo per uso personale. Questo ebook non può essere rivenduto, né ceduto a terzi. Se si desidera condividere questo libro con un’altra persona, si prega di acquistare una copia per ciascun destinatario. Se si sta leggendo questo libro senza averlo acquistato, o se non è stato acquistato per uso personale, si prega di restituire la copia e acquistarne una propria. Grazie per rispettare il duro lavoro di quest’autrice. Questa è un opera di fantasia. Nomi, personaggi, aziende, organizzazioni, luoghi, eventi e fatti sono il frutto dell’immaginazione dell’autrice o sono utilizzati a puro scopo di intrattenimento. Qualsiasi richiamo a persone reali, viventi o meno, è puramente casuale. Copyright dell’immagine di copertina di Ruth Black, usata sotto la licenza di Shutterstock.com.

    LIBRI DI FIONA GRACE

    I GIALLI DELLA PASTICCERIA SULLA SPIAGGIA

    LA PASTICCERIA SULLA SPIAGGIA: UN CUPCAKE ASSASSINO (Libro #1)

    I GIALLI DI UNA DUBBIOSA STREGA

    SCETTICA A SALEM: UN EVENTO DELITTUOSO (Libro #1)

    UN MISTERO AVVOLGENTE TRA I VIGNETI DELLA TOSCANA

    INVECCHIATO PER UN OMICIDIO (Libro #1)

    INVECCHIATO PER LA MORTE (Libro #2)

    INVECCHIATO PER IL CAOS (Libro #3)

    UN GIALLO INTIMO E LEGGERO DI LACEY DOYLE

    ASSASSINIO IN VILLA (Libro #1)

    UNA MORTE E UN CANE (Libro #2)

    I CINQUE DEL SALOTTO (Libro #3)

    UN VISITA PREOCCUPANTE (Libro #4)

    UCCISO CON UN BACIO (Libro #5)

    INDICE

    CAPITOLO PRIMO

    CAPITOLO SECONDO

    CAPITOLO TERZO

    CAPITOLO QUARTO

    CAPITOLO QUINTO

    CAPITOLO SESTO

    CAPITOLO SETTIMO

    CAPITOLO OTTAVO

    CAPITOLO NONO

    CAPITOLO DECIMO

    CAPITOLO UNDICESIMO

    CAPITOLO DODICESIMO

    CAPITOLO TREDICESIMO

    CAPITOLO QUATTORDICESIMO

    CAPITOLO QUINDICESIMO

    CAPITOLO SEDICESIMO

    CAPITOLO DICIASSETTESIMO

    CAPITOLO DICIOTTESIMO

    CAPITOLO DICIANNOVESIMO

    CAPITOLO VENTESIMO

    CAPITOLO VENTUNESIMO

    CAPITOLO VENTIDUESIMO

    CAPITOLO VENTITREESIMO

    CAPITOLO VENTIQUATTRESIMO

    CAPITOLO VENTICINQUESIMO

    CAPITOLO VENTISEIESIMO

    CAPITOLO VENTISETTESIMO

    CAPITOLO VENTOTTESIMO

    CAPITOLO VENTINOVESIMO

    CAPITOLO TRENTESIMO

    CAPITOLO TRENTUNESIMO

    CAPITOLO TRENTADUESIMO

    CAPITOLO TRENTATREESIMO

    CAPITOLO PRIMO

    Che fine hanno fatto quelle crème brûlée, Allison? abbaiò Russell, dall’altra parte della cucina affollata. Il tavolo cinque è ancora in attesa!

    Ali Sweet socchiuse gli occhi verso il suo capo. Odiava quel suo modo di urlarle contro, come fosse una bambina. Ma non poteva farci granché, perché aver ottenuto un lavoro ambito in uno dei migliori ristoranti francesi di Los Angeles la rendeva una donna molto, molto fortunata. Eppure, Ali non riusciva a sentirsi tale...

    Era stata assunta come pasticciera tre anni prima. Doveva essere il lavoro dei suoi sogni, quello per il quale aveva affrontato una formazione pluriennale. Tuttavia, a causa di quel suo capo dispotico, il lavoro dei suoi sogni si era rapidamente trasformato in un incubo.

    Non startene lì impalata! urlò Russell, schioccando le dita. Datti una mossa!

    Sospirando, Ali si fece strada riluttante attraverso la cucina torrida, rumorosa e affollata dell’Éclairs, fino ai forni. Spinse la sua spessa treccia biondo scuro oltre la spalla e sbirciò attraverso la finestrella del forno, per controllare la cinquantesima partita di crème brûlée che aveva preparato quel giorno. Ormai, aveva fatto tante crème brûlée da soddisfare tutta Los Angeles.

    Un altro paio di minuti e sono pronte, gridò sopra la sua spalla, verso Russell.

    Nonostante gli occhi castani di Russell fossero piantati sul coltello con cui stava affettando, Ali notò il fumo fuoriuscirgli dalle narici. Un altro paio di minuti non era la risposta che voleva, chiaramente, e ora stava per esplodere.

    Ali sapeva che stava per assistere a una delle sue epiche crisi di nervi e sussultò terrorizzata; poi, però, Russell mormorò scuotendo la testa coperta dai capelli scuri, Un altro paio di minuti... Agitò il coltello nell’aria, facendola sentire impotente.

    Un altro paio di minuti... Russell conficcò il coltello nel tagliere, per girarsi verso di lei e urlare: Hai un solo compito, Allison! Un solo compito! E non riesci nemmeno a farlo come si deve!

    Quell’insulto la colpì come uno schiaffo, ed Ali arretrò. Non era mai stata insicura di se stessa prima di quel lavoro ma, grazie a Russell, si sentiva demoralizzata.

    Nessun altro cuoco presente nella cucina affollata reagì alla scenata umiliante di Russell, ma Ali sapeva bene che la stavano tutti osservando con la coda dell’occhio. Si sentiva trafitta dalle loro occhiate, come fossero laser. Non c’erano alleati nella cucina dell’Éclairs.

    Dovrei… dovrei servirli? chiese Ali con voce tremante. Saranno un poco meno cotti.

    Sapeva già che la risposta era no, ma Russell l’aveva messa in una posizione impossibile, che richiedeva velocità e perfezione, e doveva dire qualcosa.

    Non puoi certo servirli così! strillò Russell. Questa crème brûlée è per un manager di Hollywood! Deve essere perfetta!

    Ad Ali non fregava niente di chi fosse il destinatario della crème brûlée. Poteva doverla mangiare il Papa in persona; non le avrebbe fatto alcuna differenza. Era quasi arrivata al capolinea.

    Tutto a un tratto, un forte botto metallico fece balzare Ali quasi a toccare il soffitto dallo spavento. Russell aveva colpito una delle pentole appese davanti a lui con un mestolo da minestra di metallo.

    Non startene lì impalata, gridò ancora l’uomo. Comincia il prossimo lotto.

    Ali si precipitò alla sua postazione di lavoro per cominciare  a preparare la partita successiva di crème brûlée. Effettuò ogni singolo passaggio come fosse un robot, affettando il baccello di vaniglia, estraendone i semi per aggiungerli alla panna, sbattendo i tuorli d’uovo e lo zucchero, preparando i pirottini di porcellana per la cottura a bagnomaria; il tutto mentre si chiedeva malinconica dove avesse sbagliato.

    Era stata entusiasta, inizialmente, di aver trovato lavoro all’interno dell’esclusivo ristorante Éclairs di Silver Lake, a Los Angeles. Dato che la sua laurea di primo livello in Arti Culinarie non era stata sufficiente per essere assunta in un ristorante rinomato, era tornata a scuola e aveva conseguito la laurea specialistica in Innovazione Culinaria. Ancora incapace di ottenere il lavoro dei suoi sogni, aveva poi completato anche un dottorato insieme a un apprendistato sotto la guida del grande chef Milo Baptiste.

    Milo era stato un tutor stimolante, con la sua contagiosa passione per la cucina e la sua vasta conoscenza degli alimenti. Sotto la sua direzione, Ali si era sentita destinata alla grandezza; si era sentita come Ernst Pauer per Wolfgang Mozart. Grazie a Milo, aveva scoperto il suo talento in cucina.

    Inizialmente, sembrava che i suoi sforzi stessero dando i loro frutti. Dopo poco, ottenne un colloquio all’Éclairs, che era in sostanza il ristorante di maggiore spicco della città. Poi, però, Russell l’aveva relegata in un angolo a preparare crème brûlée e nient’altro.

    La realtà era dolorosa. Anziché esibirsi davanti a folle adoranti, Ali interpretava sempre la stessa parte deprimente. Non era così che aveva immaginato la sua vita professionale ed era sul punto di perdere la testa per la monotonia della sua routine lavorativa.

    Il trillare dell’orologio del forno la destò dal suo rimuginare: il lotto era pronto.

    Raggiunse il forno ed estrasse le crème brûlée. Le posò sul bancone e accese la fiamma ossidrica. Se qualcuno alla scuola di cucina le avesse detto che un giorno bruciare il cibo con il fuoco le sarebbe venuto a noia, avrebbe riso a crepapelle. Eppure, eccola lì, del tutto apatica e con la fiamma ossidrica in mano, a trasformare lo strato di zucchero sopra le crème brûlée in una croccante sfoglia marrone dorato.

    Rifinì ogni crème brûlée con un rametto di menta verde perfettamente posizionato e consegnò poi il lotto a Russell, costringendosi a esibire un sorriso fiacco sul viso spento.

    Le presento la crème brûlée perfetta, annunciò.

    Russell abbassò il suo naso ossuto su ogni singolo pirottino, ispezionandoli accuratamente uno per uno. Non le dedicò alcun elogio, ma si limitò a prendere quello destinato al Signor Hollywood del tavolo cinque, scuotendo subito dopo il campanello d’ottone per chiamare un cameriere. Ali non ne restò sorpresa; aveva ormai smesso da tempo di aspettarsi lodi dal suo capo.

    Uno sciame di giovani e attraenti camerieri raggiunse il passavivande. Erano tutti aspiranti attori, disposti a qualsiasi cosa pur di consegnare la crème brûlée a un manager di Hollywood; mentre ad Ali non interessava affatto il destinatario del suo dessert. Era a metà del lotto successivo, dopotutto; quindi, tornò alla sua postazione con le spalle curve, appesantita dal peso del suo talento sprecato.

    Alzò gli occhi sulle piastrelle del soffitto, quelle che aveva fissato tante volte da conoscere ogni macchia di grasso e succo di pomodoro.

    Per favore, fa’ che cambi qualcosa, pensò.

    In quel preciso momento, una voce attraversò il passavivande, Il tavolo cinque desidera parlare con lo chef.

    Sorpresa, Ali girò su se stessa per guardare nella direzione della voce. Troy, il cameriere giovane e di bell’aspetto, dalla pelle scura priva di imperfezioni e un sorriso invitante, stava picchiettando impaziente le dita sulla superficie, con gli occhi scuri inchiodati al suo viso.

    Ha detto perché? domandò Ali, consapevole di avere ogni paio d’occhi presente in cucina ormai fisso su di sé.

    Troy scosse la testa. Mi ha solo chiesto di farti uscire.

    Ali deglutì ansiosa, affrettandosi ad attraversare la cucina e scostandosi nervosamente dal viso le ciocche di capelli biondi, mentre coglieva parte dei sussurri degli altri cuochi. Si lisciò il grembiule prima di oltrepassare le porte a vento. Poi, passò in mezzo al resto del personale e si fermò accanto a Troy.

    Sembrava arrabbiato? sussurrò, avvicinando la testa a lui.

    Difficile da dire, rispose Troy, mormorando in modo altrettanto discreto.

    È cinquanta e cinquanta allora, pensò Ali in apprensione. O Mister Hollywood era rimasto estremamente colpito dalla sua crème brûlée da voler comprare i diritti della sua biografia e trasformarla nel prossimo film indipendente di successo, oppure era così scontento da sentire il bisogno di dirglielo in faccia. Certo, la prima opzione non era probabile, ma Ali sapeva che non lo era neanche la seconda. Le sue crème brûlée erano perfette. Milo Baptiste in persona glielo aveva detto. Non a caso, la sua risposta precisa era stata, Qualcuno deve inventare una nuova lettera che preceda la A nell’alfabeto, perché darti come voto una ‘A’ non ti rende giustizia, seguita da un torrente di baci sulle guance in stile europeo.

    Cercò di raccogliere quella sicurezza mentre iniziava a procedere sul pavimento di marmo verso il tavolo cinque, schivando cauta gli eleganti tavoli da pranzo in legno di sandalo per non interrompere nessuno dei commensali che si stavano godendo la loro costosa serata in quel locale di classe.

    Raggiunse il tavolo cinque. Ciascuna delle sedie di velluto rosso circostanti il tavolo rotondo era occupata da un uomo bianco in sovrappeso con indosso un abito nero. Era possibile distinguere quegli uomini l’uno dall’altro solo per i diversi gradi di calvizie.

    Ali strinse nervosa le mani insieme. Qualcuno ha chiesto di parlare con me?

    L’uomo che aveva bilanciato la sua perdita di capelli facendosi crescere il pizzetto, la scansionò dall’alto in basso con i suoi penetranti occhi grigio chiaro. La crème brûlée di Ali giaceva intatta davanti a lui.

    Così questo è il Signor Hollywood, pensò Ali.

    Sì, sono stato io, replicò lui.

    Ali si sentiva sotto esame davanti ai suoi occhi grigi che la guardavano fissi. Tirò il colletto della sua uniforme da chef, sentendosi improvvisamente costretta al suo interno.

    Cosa posso fare per lei? domandò, sforzandosi per sembrare cordiale.

    L’uomo estrasse lento il ramoscello di menta dalla sua crème brûlée intatta e lo tenne sollevato verso la luce.

    Nota qualcosa fuori posto? chiese lui.

    Ali osservò il ramoscello. Non vide nessun pelucco attaccato a esso. Nessun moscerino della frutta morto e incastrato nelle foglie. Era un impeccabile ramoscello di menta verde; e non solo, in realtà, visto che proveniva da un negozio di prodotti biologici locali.

    Non mi sembra, replicò Ali.

    HA TRE FOGLIE! gridò l’uomo all’improvviso.

    Ali balzò sul posto, sbarrando gli occhi scioccata. Ogni singolo cliente abituale dell’Éclairs gelò, voltandosi a guardarli. Un silenzio imbarazzante calò sul ristorante.

    Scusi? chiese sconcertata.

    LE CONTI! urlò l’uomo, indicando a turno ogni foglia, UNA. DUE. TRE!

    Stava diventando paonazzo in volto e, dal calore che avvertiva sulle guance, Ali pensò di aver assunto la stessa gradazione.

    Non capisco, disse lei alla fine.

    Il Signor Hollywood gettò il tovagliolo sul tavolo e si alzò in piedi.

    La menta romana dovrebbe avere quattro foglie, disse, avvicinandosi fino a quando la sua faccia non fu a un centimetro da quella di Ali. QUATTRO!

    Urlò così forte da sputacchiarle sul viso.

    Ali sbatté le palpebre, disgustata e completamente esterrefatta. Aveva già dovuto gestire dei clienti arrabbiati, ma non si era mai verificato qualcosa del genere.

    Lanciò uno sguardo al passavivande. Troy era ancora in piedi dove l’aveva lasciato, a osservare la scena impotente. Non c’era niente che potesse fare per aiutarla. Nella rigida gerarchia dell’Éclairs, i camerieri erano ancora più in basso degli chef. L’unica persona che poteva salvarla da quella situazione era Russell.

    Proprio in quel momento, notò il suo capo affacciato al passavivande. Stava guardando il tutto con un sorriso soddisfatto.

    Sopraffatta dall’umiliazione, Ali si rese conto che Russell non aveva alcuna intenzione di aiutarla. Al contrario, sembrava che si stesse crogiolando nella vista del suo supplizio.

    All’improvviso, Ali venne colta da un’ondata di calma e chiarezza. Lanciò uno sguardo al tavolo quattro, dove si trovava una crème brûlée della stessa partita. Afferrò la menta lì sopra, e la donna che la stava mangiando sussultò inorridita.

    Mi scusi, la sto solo prendendo in prestito, disse Ali calma.

    Si voltò di nuovo verso il Signor Hollywood e sorresse il ramoscello davanti al suo volto, stringendolo fra l’indice e il pollice. Una, due, tre, quattro, affermò, contando ogni foglia.

    Poi, lo sbatté sulla crème brûlée che aveva lasciato intatta.

    Il croccante strato di zucchero si incrinò, facendo volare per aria la densa crema sottostante, che schizzò su ogni singola testa calva seduta a tavola.

    Gli uomini balzarono da dov’erano seduti così velocemente da far ribaltare all’indietro le loro sedie, che colpirono le mattonelle di marmo, rimbombando in tutto il ristorante. Ogni singolo cliente si voltò e cominciò a mormorare, mentre gli uomini in abito nero iniziavano a inveire contro Ali.

    Buon appetito, disse lei serenamente, slacciandosi il grembiule.

    Lo gettò sopra al disastro creato, per poi allontanarsi dalle loro facce rosse di rabbia e incamminarsi verso l’uscita a testa alta, ignorando i commensali sbalorditi e i camerieri a bocca aperta nel suo passaggio.

    Appena arrivata alla porta, udì la voce di Russell urlare dalla cucina per tutto il ristorante.

    Ecco, Allison Sweet! Sei licenziata!

    Ali si fermò, con la mano sulla maniglia antipanico. Un piccolo sorriso trionfante le curvò le labbra.

    Bene, replicò.

    Poi, sentendosi frastornata per il sollievo, spinse la porta per aprirla e uscì sotto il caldo sole di Los Angeles.

    Si sentiva come se fosse appena stata rilasciata da una prigione. Era libera! E non vedeva l’ora di tornare a casa per raccontare al suo fidanzato la sua trionfante vittoria sul capo bullo.

    CAPITOLO SECONDO

    "Hai fatto cosa?" esclamò Otis, osservando fisso dal divano Ali, in piedi sulla porta del loro soggiorno. I suoi occhi verde chiaro esprimevano shock e incredulità.

    Mi sono licenziata, ripeté lei, con un tono ancora più trionfante. Beh, tecnicamente sono stata licenziata prima che potessi farlo, ma il risultato è lo stesso.

    Otis si passò le mani fra i corti capelli in stile afro. Portava dei pantaloni della tuta neri, quelli che Ali definiva ironicamente un’uniforme, dato che li indossava tanto spesso quanto lei metteva il suo grembiule. Un grembiule che non avrebbe mai più dovuto indossare, realizzò con una gioia quasi isterica.

    Ali... disse Otis. Ti prego, dimmi che è uno scherzo.

    No, replicò lei giovialmente e agitò una mano per farlo spostare. Vai più in là.

    Ma Otis non si mosse di un centimetro; sedeva del tutto immobile, pietrificato come una statua. Mi stai sul serio dicendo che ti sei appena licenziata?

    Sì, replicò Ali, adesso un poco esasperata.

    Si aspettava qualcosa in più dello shock da parte sua. Invece, i suoi bei lineamenti apparivano contratti e la sua pelle scura era adesso grigiastra. Forse, gli serviva del tempo per digerire la notizia.

    Si sedette e mosse i fianchi per farsi spazio, dato che Otis non era riuscito a cederglielo; sistemò la sua spessa treccia dorata sopra la spalla e, sentendosi sollevata, stese le gambe davanti a sé sul tavolino, incrociandole languidamente una sopra all’altra, per poi prendere un sorso di birra dalla bottiglia aperta sul tavolo.

    Sono finalmente libera, sospirò, gustandosi soddisfatta quel retrogusto fruttato.

    Otis si adagiò di peso contro il divano e si posò il joystick in grembo. Ruotò la testa all’indietro e volse lo sguardo al soffitto.

    Ali! gemette.

    Ali restò perplessa alla sua reazione. Che c’è? Ti lamenti sempre che non trascorriamo mai del tempo insieme perché Russell mi fa lavorare come un cane. Beh, adesso il problema è risolto. A proposito di cani, dovremmo prenderne uno! Avrò il tempo di portarlo a spasso e...

    Ali! esclamò Otis, voltandosi a guardarla.

    Cosa? gridò Ali esasperata. Perché continui a gridare il mio nome in quel modo?

    Il suo ragazzo emise un sospiro lungo e lento, come se si stesse preparando ad attaccare. Hai perso la testa? Come farai a pagare tutto? L’affitto? La bolletta del gas? Quella della luce? Indicò la lampadina penzolante dal soffitto come supporto visivo.

    Ali avvertì le sue difese alzarsi; non era così che si era immaginata di essere accolta a casa. Pensava che Otis sarebbe stato contento che si fosse finalmente decisa a lasciare il lavoro che l’aveva resa infelice per tanti anni, e invece non faceva che sbuffare e sospirare come un bambino frustrato.

    Beh, perché non trovi un lavoro tu? ribatté. Non sei riuscito a tenerti un lavoro a tempo pieno da quando ti conosco.

    Otis socchiuse gli occhi. "Questo non è giusto. Sai che è impossibile lavorare a tempo pieno

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