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Sconveniente desiderio: Harmony Collezione
Sconveniente desiderio: Harmony Collezione
Sconveniente desiderio: Harmony Collezione
E-book157 pagine2 ore

Sconveniente desiderio: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

A volte anche i più acerrimi rivali...
Simone Hamilton sa bene che l'ultimo desiderio di suo nonno potrebbe essere realizzato solo nel caso in cui lei si unisse in matrimonio all'uomo che più odia al mondo. Quelle nozze potrebbero pacificare due famiglie in lotta da tempo, ma Alesander Esquivel è l'ultima persona con la quale Simone vorrebbe trovarsi sola in una stanza.

... sono costretti a scendere a patti.
La più grande ambizione di Alesander è da sempre completare il proprio impero aggiungendovi l'ultimo, piccolo, tassello mancante. Adesso però sembra che qualcosa di più interessante si prospetti all'orizzonte, e Alesander ha tutte le intenzioni di approfittarne.
LinguaItaliano
Data di uscita10 mar 2020
ISBN9788830512313
Sconveniente desiderio: Harmony Collezione
Autore

Trish Morey

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Sconveniente desiderio - Trish Morey

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    A Price Worth Paying?

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2013 Trish Morey

    Traduzione di Cristina Proto

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A..

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3051-231-3

    1

    Felipe stava morendo. Gli rimanevano sei mesi. Dodici al massimo.

    Stava morendo!

    Simone si asciugò una lacrima dalla guancia e quasi rischiò di inciampare mentre correva tra i filari di viti che si inerpicavano sul crinale. Il nonno avrebbe odiato sapere che stava piangendo per lui. «Sono vecchio» le aveva detto, quando alla fine le aveva rivelato la verità. «Ho vissuto la mia vita. Ho pochi rimpianti...» Ma poi gli occhi si erano inumiditi e lei aveva percepito quanto in realtà fossero grandi quei pochi rimpianti e quanto gli bruciassero dentro.

    Il dolore di aver perso la moglie appena cinquantenne per colpa di un cancro.

    La disperazione quando la figlia e il genero, i genitori di Simone, erano scomparsi in un incidente aereo tre mesi dopo essersi riconciliati.

    E la vergogna per aver cercato conforto nell’alcol e nelle carte nel tentativo di sconfiggere la profonda depressione nella quale era caduto: si era già giocato tre quarti del patrimonio prima che un amico lo trovasse e lo trascinasse via dal tavolo verde appena in tempo perché non scommettesse anche la casa.

    Il rimorso lo stava uccidendo. Sì, c’era anche il cancro che stava facendo del suo meglio per indebolirgli le ossa e accorciargli la vita, ma era il rimorso a farlo soccombere e a togliergli la volontà di battersi contro la malattia. Il rimorso gli stava dicendo che non c’era motivo di lottare, perché non aveva più niente per cui vivere.

    E nessuno avrebbe potuto far niente che lo portasse a cambiare idea, visto che gli bastava guardare fuori della finestra per vedere i vigneti che non erano più suoi e ricordarsi così ancora una volta di tutto quello che aveva perso.

    Simone si fermò al confine della proprietà, dove lo steccato da poco eretto divideva ciò che restava dei terreni del nonno da quelli del vicino Esquivel. Lì, ferma all’interno di una piccola radura, poteva osservare la meravigliosa costa della Spagna settentrionale. Sotto di lei, la città di Getaria si accoccolava dietro un promontorio roccioso che si allungava nella baia di Biscay. Al di là dell’insenatura, il mare mostrava brillanti sfumature di azzurro che cambiavano con il vento e il sole, un panorama che le toglieva il fiato ogni volta che lo guardava, tanto era diverso da quello di casa sua in Australia.

    Inspirò profondamente l’aria intrisa di sale: quelle colline terrazzate, le viti, l’antica città sottostante sembravano troppo perfette per essere reali. E di sicuro non le sarebbero più sembrate tali una volta tornata a casa sua, a Melbourne, in uno degli appartamenti da studente a cui era abituata. Ma Melbourne e i suoi studi avrebbero dovuto aspettare ancora un po’. Era arrivata con il progetto di rimanere solo qualche settimana tra un semestre e l’altro. Poi Felipe si era ammalato e lei aveva promesso di non partire finché non si fosse rimesso. Ma, dopo le ultime notizie, era chiaro che non sarebbe tornata presto a casa. Non c’era nulla al mondo che avrebbe potuto convincerla a lasciarlo proprio ora che si trovava in fin di vita.

    Non aveva subito già abbastanza perdite anche senza la morte di Felipe? Lo stava conoscendo veramente solo ora. L’antica spaccatura tra lui e la figlia aveva tenuto lontane le famiglie fin da quando Simone era piccola: Felipe e sua moglie lì in Spagna, la figlia ribelle, l’amante e la nipote in esilio volontario in Australia.

    Tutti quegli anni persi per ricongiungersi solo adesso, quando al nonno restavano pochi mesi di vita.

    Come poteva rendere migliori quegli ultimi momenti insieme? Come poteva alleviare il dolore per tutto quello che Felipe aveva perduto? Scosse la testa, e rivolse lo sguardo alle viti che un tempo erano sue e che ora erano di altri, sentendo dentro di sé quanto fosse grande la perdita e il dolore del nonno, il suo senso di colpa e la sua vergogna. Simone desiderò che ci fosse un modo per migliorare le cose.

    Ma non c’era possibilità di riportare in vita sua moglie, o la figlia e il genero.

    Non c’era denaro per ricomprare i terreni che aveva perso.

    E data la lunga rivalità tra la sua famiglia e quella degli Esquivel, non c’era alcuna speranza che gli restituissero le viti ora che avevano un simile impero.

    La situazione le lasciava una sola folle alternativa.

    Così folle che non avrebbe mai funzionato.

    Ma lei sarebbe stata abbastanza pazza da provarci?

    «L’hai licenziata!» Alesander Manuel Esquivel si dimenticò del caffè che stava per versare e fissò incredulo sua madre che stava lì, di fronte a lui, in piedi a mani giunte, fredda e imperturbabile davanti alla sua reazione rabbiosa. Quella compostezza non fece che alimentare la sua ira. «Chi ti ha dato il diritto di licenziare Bianca?»

    «Sei stato assente per tutto il mese» replicò gelida Isobel Esquivel, «e sapevi che terribile governante fosse. Questo appartamento era un porcile. Era ovvio che, in tua assenza, cogliessi l’occasione per licenziarla e assumere quindi una cameriera professionista. Guardati intorno» continuò, agitando le mani le cui dita erano adornate di diamanti. «Non so come tu possa essere così irritato.»

    Sua madre lo riteneva irritato? Era un pallido eufemismo. Dopo un volo di quindici ore dalla California, desiderava solo potersi fare una doccia calda prima di infilarsi a letto in compagnia di una donna che si dimostrasse disponibile. E durante il breve periodo in cui aveva lavorato per lui, quella donna si era dimostrata particolarmente disponibile.

    Trovare sua madre ad aspettarlo al posto di Bianca non era ciò che si era immaginato. «Sai bene quanto me, cara mamma, che non ho assunto Bianca per le sue doti di cameriera.»

    La madre sospirò, disgustata, e si voltò verso le finestre che davano su Bahia de la Concha, la stupenda baia che rendeva famosa San Sebastian. «Non devi essere volgare, Alesander» mormorò, esausta, dandogli le spalle. «Capisco benissimo perché l’hai assunta. Il punto è che, finché lei rimaneva qui, non ti saresti trovato una moglie.»

    «Oh, pensavo che trovarmi una moglie fosse compito tuo.»

    La donna si girò di scatto, perdendo la sua compostezza. «Questo non è uno scherzo, Alesander! Devi assumerti le tue responsabilità. Il nome degli Esquivel ha una storia secolare. Intendi lasciarla morire perché sei troppo impegnato a divertirti con la prima poco di buono che trovi?»

    «Ho trentadue anni. Penso che ancora per qualche anno sarò in grado di potermi riprodurre.»

    «Forse, ma non pensare che Ezmerelda de la Silva aspetti in eterno.»

    «Questo è ovvio. Sarebbe irragionevole.»

    «Infatti» replicò sua madre socchiudendo gli occhi, ma senza riuscire a nascondere quanto ci tenesse. Provò ad avvicinarsi al figlio. «Vuoi dire che sei tornato in te mentre eri via e hai deciso finalmente di sistemarti?».«Intendo dire» le rispose il figlio, che avrebbe voluto scoppiare a ridere sapendo quanto fossero assurde le speranze della madre, «che non c’è motivo che Ezmerelda aspetti ancora, dato che non la sposerò né ora ne mai.»

    L’espressione di Isobel si indurì: incrociò le braccia e si girò di nuovo verso la finestra. «Sai che le nostre famiglie hanno un accordo da quando eravate bambini. Ezmerelda è la scelta più ovvia per te.»

    «Scelta tua, non mia!» Avrebbe preferito uno squalo per moglie, piuttosto che una come Ezmerelda de la Silva. Era bella, e in passato ne era stato tentato, ma aveva presto imparato che in lei non c’era calore né passione, solo un’anima fredda che era stata allevata con l’imperativo di fare un buon matrimonio.

    «E i bambini?» chiese la donna, cambiando tattica e portandosi una mano sul cuore. «Se non vuoi sposarti per il buon nome della tua famiglia, fallo per me. Quando mi darai dei nipoti?»

    Alesander questa volta non riuscì a trattenere le risate. «Tu bluffi, madre. Mi sembra di ricordare che non ami troppo i bambini. Questo è quello che ho avuto modo di notare in prima persona quando ero piccolo.»

    «Sei stato allevato per essere il migliore» ribatté lei senza rimorso. «Sei stato allevato per essere forte.»

    «E ti meravigli che voglia prendere le mie decisioni da solo?»

    «Non puoi giocare per sempre, Alesander, per quanto sembra che la cosa ti diverta. La prossima settimana si festeggiano i sessant’anni di Markel de la Silva. La madre di Ezmerelda e io speravamo che tu l’accompagnassi alla festa. Non potresti onorare l’amicizia tra le nostre famiglie facendo almeno questo?»

    A che scopo? Perché la notizia del loro fidanzamento fosse annunciata a sorpresa quella stessa sera come una sorta di bizzarro regalo di compleanno per il padre di lei? Non che la cosa lo avrebbe sorpreso. Sua madre amava quel tipo di macchinazioni.

    «Che sfortuna. Credo proprio di essere impegnato, quel giorno.»

    «Tu devi esserci! Sarebbe un affronto alla famiglia non presentarsi.»

    Lui sospirò, improvvisamente stanco di stuzzicare Isobel. Perché ovviamente ci sarebbe andato. Markel de la Silva era un brav’uomo, un uomo che rispettava profondamente. Non era colpa sua se la figlia aveva preso dalla madre, donna alquanto avida.

    «Certo che ci sarò. Ma quale parte di non sposerò Ezmerelda né ora né mai non hai compreso?»

    «Sì, ora dici così, ma sai che non esiste una ragazza più adatta, e prima o poi dovrai assumerti le tue responsabilità in qualità di unico erede della proprietà Esquivel» replicò sua madre. «Quando lo capirai?»

    «Non potrò mai accontentarti su Ezmerelda, ma stai tranquilla, cara mamma, quando deciderò di sposarmi, sarai sicuramente la prima a venirlo a sapere.»

    A quel punto, la madre se ne andò, stringendo indignata le labbra e lasciando dietro di sé una scia di profumo. Lui guardò fuori dalla stessa finestra che Isobel aveva fissato poco prima, ma il panorama mozzafiato che gli si presentava davanti non gli diede alcun sollievo. Tra i monti Igueldo e Urgull, sui quali si ergeva l’enorme statua di Cristo che guardava in basso e benediceva la città, si trovava l’isola di Santa Clara, che faceva da sfondo alla più bella spiaggia della città.

    Aveva comprato quell’appartamento alcuni anni prima a scatola chiusa dopo l’ennesima discussione con sua madre. Al tempo aveva semplicemente cercato un luogo in cui rifugiarsi e che fosse lontano dalla residenza di famiglia a Getaria.

    Ma vi aveva trovato più di una tana. L’abitazione godeva, infatti, del miglior panorama della città. Quel giorno, la spiaggia della baia era meno affollata: un mese prima, quando era

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