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Sherlock Holmes a Venezia
Sherlock Holmes a Venezia
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E-book291 pagine3 ore

Sherlock Holmes a Venezia

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Giallo - romanzo (187 pagine) - Strani crimini commessi a Londra per il possesso di particolari maschere veneziane che riportano un messaggio crittografato, un "burattinaio" molto pericoloso, una Loggia segreta anglo-veneziana, documenti segreti di importanza capitale, il furto dei Gioielli della Corona...


La struttura urbana di Venezia ha sempre fornito lo scenario ideale per situazioni misteriose. Niente di strano, quindi, che anche Sherlock Holmes abbia abbandonato per una volta le nebbie e i vicoli di Londra e abbia condotto le sue indagini nella città lagunare. La vicenda prende l’avvio da una serie di strani crimini commessi a Londra per il possesso di particolari maschere veneziane dalla foggia molto strana, che portano un messaggio crittografato sul retro. Il burattinaio di questa grottesca vicenda è il prof. Moriarty che, con l’aiuto di una Loggia segreta anglo-veneziana, si è impossessato di documenti segreti di importanza capitale ed è responsabile del furto dei Gioielli della Corona. A Venezia, in un giro forsennato tra canali, calli, ponti e osterie equivoche, sullo sfondo di luoghi famosi (come il Palazzo Ducale, il Ponte dei Sospiri e la Biblioteca Marciana), Sherlock Holmes e il dr. Watson sono coinvolti in una ridda di colpi di scena; in una circostanza il dr. Watson rischia perfino la vita. Alla fine, Sherlock Holmes riesce a svelare il mistero delle maschere con l’aiuto di una donna veneziana e di un complice misterioso, che è il vero deus ex machina della vicenda. L'avventura, scritta in perfetto stile watsoniano e nel pieno rispetto del Canone, è ambientato nel 1891, e contribuisce a preparare l’atmosfera che porterà al duello finale di Reichenbach Falls tra Sherlock Holmes e il prof. Moriarty.


Ivo Lombardo è nato nel 1964 a Venezia, dove attivamente vive e lavora. Alla professione di biologo (specializzato in ecologia della pesca) affianca un’intensa attività pubblicistica e di scrittura creativa, che lo ha portato a operare nel campo dei fumetti (è tuttora collaboratore della Sergio Bonelli Editore) e della fiction. Molti dei suoi lavori sono ambientati proprio nella città lagunare.

LinguaItaliano
Data di uscita12 gen 2021
ISBN9788825414370
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    Anteprima del libro

    Sherlock Holmes a Venezia - Ivo Lombardo

    lagunare.

    Da Sherlock Holmes – The Detective Magazine

    Dalla rivista bimestrale Sherlock Holmes – The Detective Magazine, luglio 1998, alla quale l’autore ha inviato anticipatamente alcuni brani del romanzo, ci sono pervenute queste eloquenti considerazioni pubblicate nella rivista:

    «… Immagino di udire il dolce sciacquio del remo di una gondola mentre leggo Sherlock Holmes a Venezia. Non è una battuta! La mente vola davvero verso i canali e le calli di Venezia alla ricerca del detective di Baker Street tra maschere misteriose, documenti importantissimi sottratti ai segreti di Stato, gioielli dal valore inestimabile trafugati e incredibili cospirazioni ordite da sette segrete

    Sherlock Holmes e Venezia costituiscono un binomio vincente dal momento che la città lagunare, misteriosa e magica per sua natura, fornisce al grande detective l’atmosfera ideale per la conduzione delle sue indagini. Sono sicuro che Sherlock Holmes e il Dr. Watson abbiano apprezzato l’idea di allontanarsi per un certo periodo da Baker Street …»

    David Stuart Davies – Editor della rivista

    Nota del dr. Watson

    Amici lettori, che avete sempre seguito con passione le avventure del grande detective, Sherlock Holmes, quando avrete l’opportunità di leggere questo racconto io sarò passato a miglior vita da parecchi anni, ma la gravità degli avvenimenti narrati mi impone questo tipo di condotta.

    Alcuni particolari sono già stati archiviati fra i super-segreti del Governo britannico, e come tale rimarranno; altri, invece, sono stati riportati in queste pagine, ma a condizione che il manoscritto originale fosse conservato in una cassetta di sicurezza della filiale londinese della City and Suburban Bank.

    I miei esecutori testamentari e i loro eventuali eredi sanno che la cassetta potrà venire aperta solo cent’anni dopo quei tragici fatti, cioè dopo il 1991, quando la loro eco sarà ormai estinta. Le generazioni future potranno rendersi conto di quale tragedia allora gravasse sul nostro Paese.

    Londra, 1912 John H. Watson, MD

    Introduzione

    Per Sherlock Holmes l’insolito, il mistero, il grottesco avevano sempre rappresentato una ragione di vita. Per lui i casi degni di attenzione erano quelli che maggiormente attiravano la sua curiosità, per alcuni risvolti insoliti che, tra l’altro, gli permettevano di mettere in luce le sue straordinarie capacità analitiche e deduttive.

    Per questo, il grande detective ha sempre insistito affinché io, nelle mie narrazioni, evidenziassi gli elementi di maggior interesse e non tanto il fatto in sé.

    Di altri avvenimenti ho dovuto tacere a suo tempo, per poi narrarli successivamente solo dietro il consenso di Sherlock Holmes. Anche in questo caso ho dovuto attendere a lungo, forse troppo a lungo, ma l’importanza della questione era di una tale gravità da non permettermi di agire diversamente.

    E pensare che tutto era incominciato con una innocentissima serata che voleva rievocare il mondo del ‘700 veneziano e la sua atmosfera, con tanto di vestiti e maschere tradizionali.

    Proprio una maschera è stata per noi la causa di una delle nostre più incredibili avventure, una maschera che Sherlock Holmes conserva sempre sul caminetto della sua residenza nel Sussex, dove si è ritirato qualche anno fa. Si tratta di una bautta di colore bianco, con un’orlatura di un rosso sbiadito che corre lungo tutto il margine dell’occhio destro.

    Questa maschera, però, si differenzia da quelle tradizionali per la presenza di bordi a incastro e, sul retro, di segni matematici del tipo: +, e /.

    Da Sherlock Holmes, tuttavia, quella bautta è indicata come La Maschera, la maschera per eccellenza. Perché, dietro quel guazzabuglio di segni presenti sul retro si cela – anzi, si celava – un mistero che portò a una lunga serie di incredibili eventi e a un viaggio verso quella città, il cui ricordo rimarrà sempre vivo in me per il suo fascino immortale: Venezia.

    Proprio accanto alla maschera in questione troneggia un leone alato d’oro, simbolo della Repubblica Serenissima che, per un giorno, dovette inchinarsi al genio del detective Sherlock Holmes.

    Ma procediamo con ordine!

    Ero andato a trovare il mio amico nella sua residenza di campagna in un pomeriggio di febbraio quando, dopo una mattinata di intenso lavoro fuori Londra, decisi di non rituffarmi nella vita caotica della grande metropoli, ma di rifugiarmi in aperta campagna per un più diretto contatto con la natura.

    Ho sempre avuto modo di scrivere, sin dai tempi di Uno studio in rosso, che Holmes non mostrava una particolare sensibilità per i paesaggi naturali; secondo lui, tutte le azioni del mondo andavano ricondotte a modelli rigidamente razionali.

    Ma, negli ultimi tempi, il suo interesse per la natura si era fatto sempre più vivo, quasi cercasse di scoprirne i segreti. Il suo interesse per le api era diventato emblematico; come scrissi ne Il suo ultimo saluto, osservava la vita sociale di quegli insetti con lo stesso occhio con cui aveva scrutato il mondo criminale di Londra.

    La mia venuta non lo colse affatto di sorpresa.

    – Holmes, non mi dirà che ha dedotto il mio arrivo da qualche particolare che mi è sfuggito?

    – No, Watson! – ridacchiò Holmes – Semplicemente speravo in una sua visita, perché mi sono messo a catalogare i casi nei quali abbiamo lavorato assieme, ma è sempre vivo nella mia mente il ricordo de La Maschera e dell’alone di mistero che emanò a suo tempo. Ma prego, Watson, si accomodi!

    «Vedo che, ultimamente, la sua clientela è divenuta molto numerosa. Inoltre, lei ha di recente partecipato a un convegno della Medical Society di Londra, e deve essere stato coinvolto in qualche ricerca per la quale ha avuto dei contatti a Cambridge, dove è stato prima di venire qua da me.»

    A quelle parole io sobbalzai, non perché non fossi abituato alle sue deduzioni, ma perché mi era letteralmente impossibile capire come fosse arrivato a quelle conclusioni!

    Holmes, sorridendo alla mia espressione di sorpresa, mi spiegò:

    – Che lei abbia una clientela numerosa lo si deduce dall’espressione del suo volto, visibilmente affaticato, ma intimamente soddisfatto. Inoltre, lei indossa un vestito di tweed a quadri comprato a Oxford Street e un paio di scarpe di fabbricazione italiana, modello lusso. Fino a tre mesi fa lei non attraversava un buon momento economico. Il fatto che adesso si possa permettere un completo di questo tipo è chiaro segno di una sua netta ripresa economica, garantita dall’aumento della sua clientela.

    «Inoltre, lei porta nella sua borsa una monografia sull’epilessia scritta in francese e un’altra in tedesco sulle patologie nervose; ciò implica che lei sta conducendo uno studio in merito. Anche perché è molto difficile che un inglese legga testi in un’altra lingua, soprattutto di medicina, che è già molto impegnativa nella propria lingua. Infine, il Times ha pubblicato l’altro giorno un articolo del Congresso sulle Patologie Nervose tenutosi a Londra, per cui è stato facile intuire che lei vi avesse partecipato.

    «La sua capatina a Cambridge è facilmente deducibile dal tipo di terriccio, tipico di quella zona, presente sui margini delle sue scarpe e sull’orlo inferiore dei suoi pantaloni. Dal momento che quella che passa per Cambridge non è la via più comoda per venire da me, deduco che lei vi sia andato per un impegno importante.

    «La cartella che porta con sé mi permette di avanzare l’ipotesi che lei abbia fatto una sorta di rendiconto per qualche Istituto di Cambridge, per esempio l’Università, l’Ospedale o qualche Associazione di medici alla quale potrebbe essersi affiliato! Ma la prego, Watson, mi parli pure di lei, dato che non la vedo da tanto tempo.»

    Ancora una volta, il detective mi lasciò a bocca aperta per le sue deduzioni.

    Dopo un attimo di esitazione, ricominciai a parlare:

    – Sì, Holmes, è tutto vero! Il mio collega, Dott. C. Barlowe, specialista in Medicina Interna, mi ha proposto di affiliarmi alla Medicine Association, promotrice del congresso che lei ha appena menzionato e dove ho fatto un breve intervento riguardo all’epilessia.

    Alla mie parole Holmes sfoderò un sorriso affettuoso, ma con uno sguardo particolarmente penetrante, quasi avesse voluto leggermi nel pensiero o stuzzicarmi su qualcosa che gli stava particolarmente a cuore. E, mentre con lo sguardo indicava la maschera, disse:

    – Ammiro la sua passione per questi congressi, Watson. È chiaro che lei ha a cuore la sua professione e che, probabilmente, ora può fare realmente ciò che le piace di più. Ma dica, il termine affiliato non le ricorda qualcosa? Non rischia di imitare gente niente affatto raccomandabile?

    – Ho capito a cosa lei si riferisce, Holmes! – replicai – Quel vecchio caso è ancora vivo, anche nella mia mente, e credo che senz’altro le piacerà ricordare il riconoscimento avuto a Venezia, come testimonia quel leone alato accanto a La Maschera. Ma stia tranquillo che la Medicine Association non è un paravento per scopi criminosi come la… momentaneamente mi sfugge il nome…

    – La Imperial Culture Association di Londra, Watson! – interruppe Holmes, con un gesto che era un misto di sorpresa e impazienza. – Come fa a non ricordarsi di quel caso che, a suo tempo, lei giudicò incredibile?

    – Ha ragione, Holmes! Allora mi fu imposto il silenzio per via delle conseguenze che un’eventuale mia pubblicazione avrebbe potuto causare: il paese avrebbe rischiato il più totale collasso politico! Comunque, la sua affermazione ha risvegliato in me ricordi ormai sopiti.

    E fu così che cominciammo a ricordare tutti gli avvenimenti che portarono a uno dei casi più interessanti ai quali presi parte accanto a Mr. Sherlock Holmes. Caso reso ancora più emozionante per essere stato vissuto e risolto in quella che per me rimane come la città dei sogni, delle emozioni segrete, della più grande espressione d’arte che l’ingegno umano abbia mai realizzato: Venezia.

    Parte prima

    A Londra

    Quella sera del 4 gennaio 1891…

    Tutto cominciò la sera del 4 gennaio 1891. Erano appena finite le festività natalizie e Londra aveva ripreso il suo solito tran-tran quotidiano, scandito da un susseguirsi di giornate fredde e nebbiose. In quei giorni gravava su Londra una nebbia particolarmente fitta, che avvolgeva la città come una enorme cappa e rendeva la visibilità così scarsa da impedire la viabilità nelle strade. Ciò creava in tutta la città un’atmosfera cupa, quasi di terrore; particolarmente quella sera, durante la quale i rintocchi del Big Ben sembravano scandire l’inizio della nostra avventura.

    Quella sera, verso le sei, mia moglie e io avevamo deciso di fare una visita a Sherlock Holmes, che aveva appena concluso il caso della Lega dei Capelli Rossi. In quel periodo Holmes era spasmodicamente dedito alla ricerca di documenti di archivio dei crimini commessi durante il secolo dalle varie Società Segrete: evidentemente, la truffa della Lega dei Capelli Rossi – un piano per la più colossale rapina di tutti i tempi alla City and Suburban Bank – era suonato come un campanello d’allarme nella sua mente.

    Quando arrivammo a Baker Street trovammo Holmes, con la vestaglia color porpora, immerso in un mare di fogli, articoli di giornali e pagine di libri sparsi per tutto il pavimento. Era uno spettacolo al quale dovevo essere già abituato, anche se quella volta il disordine era peggiore del solito.

    Non osammo varcare quella soglia per il timore di calpestare qualche foglio che, per Holmes, avrebbe rappresentato la soluzione di chissà quale mistero.

    Rinuncio a descrivere lo sguardo sconcertato della Signora Hudson, costretta ad assistere quasi quotidianamente allo scempio di quelle camere dove viveva il suo più illustre inquilino.

    Chiamai Holmes a gran voce, ma egli, pur mostrando di gradire la nostra visita, ci pregò di attendere per poter mettere un po’ d’ordine in quella stanza.

    Dopo circa mezz’ora, finalmente, si poté avere accesso alla stanza del detective. Mia moglie lo salutò con grande riverenza. È facile immaginare l’ascendente che il mio amico esercitava su di lei dopo gli eventi narrati ne Il Segno dei Quattro, anche se Mary non aveva mai condiviso l’approccio rigidamente razionale di Holmes verso qualsiasi avvenimento, come dimostrò quando gli avevo annunciato il mio fidanzamento.

    Prima che avessi potuto esporre le ragioni della nostra visita, Holmes cominciò a parlare:

    – Vedo, Watson, che da qualche tempo lei coltiva un certo interesse per il teatro e, a proposito, la ringrazio per il suo invito al Drurylane. Ma mi dica, non crede che per lei sia più indicata la professione di medico, piuttosto che quella di analista, come sarebbe, invece, sua intenzione intraprendere?

    Mary e io ci guardammo con occhi stralunati. Precedendo la nostra più che ovvia richiesta di spiegazioni, Holmes cominciò a disquisire con la sua classica espressione di compiacimento per la nostra implicita conferma delle sue deduzioni.

    – Che lei stesse andando a teatro lo si evince dal suo abbigliamento: lo spezzato all’ultima moda con la camicia di Fiandra. Il fatto che anche sua moglie porti un vestito molto scuro e uno scialle di cachemire rivela che entrambi state indossando l’abito delle migliori occasioni.

    «Dal momento che lei non frequenta club particolari, deduco che sta andando a teatro. Inoltre, sua moglie ha sul petto una rosa di cartone splendidamente modellata, una moda lanciata dal Drurylane per le coppie sposate da meno di cinque anni, come nel vostro caso. Che lei vada spesso a teatro lo si può dedurre anche dal fatto che la sua giacca, pur venendo indossata solo per grandi occasioni, è un po’ lisa sui gomiti per via del continuo contatto con i braccioli delle poltroncine del teatro.

    «Il fatto che siate passati da me, indica che volete invitarmi allo spettacolo di questa sera che, se non erro, è La Locandiera di Carlo Goldoni, famoso commediografo veneziano del secolo scorso.

    «Infine, ho concluso che lei abbia di recente compiuto analisi di laboratorio osservando sia la parte esterna della porzione terminale del suo pollice destro, che riporta una piccola corrosione dovuta alla caduta accidentale di una goccia di acido solforico, sia quell’ombreggiatura sul margine inferiore dell’unghia dell’indice destro, tipica dell’ematossilina, un colorante basico specifico per il nucleo delle cellule.

    Non osai replicare alle conclusioni di Holmes, che ancora una volta si rivelarono esatte. Per di più mia moglie mi guardò in modo quasi interlocutorio, come per dire: Perché non prendi esempio da lui?. Ammetto che, in quel frangente, provai un certo senso di gelosia.

    Ma non ebbi tempo di continuare con le mie congetture che Holmes riprese il discorso:

    – Vi prego di scusare il disordine colossale con il quale vi ho accolto, ma stavo conducendo una ricerca personale sulle Società Segrete presenti in Europa nel secolo scorso. È un modo per occupare il tempo in maniera produttiva, il che è senz’altro uno stimolo per nuovi interessi. Infatti, dopo il caso della Lega dei Capelli Rossi, non è successo più nulla d’interessante a Londra, nemmeno durante queste giornate di nebbia: e pensare che questa potrebbe essere l’occasione ideale per commettere qualche delitto!

    Inutile dire che quella considerazione finale mi aveva profondamente disgustato, perché era più che ovvio, per chi lo conosceva bene, che egli sperava inconsciamente in qualche episodio dal risvolto criminoso, in modo da poter fare uso delle sue straordinarie facoltà mentali.

    Cercai allora di riportarlo alla realtà, proponendogli di trascorrere la serata con noi al Drurylane.

    Holmes accolse la proposta con entusiasmo e, dopo pochi minuti, ci avviammo verso il teatro con quasi tre ore di anticipo, perché era impossibile andare in carrozza con quella nebbia che, nel frattempo, si era infittita.

    Decidemmo di attraversare Piccadilly Circus e, all’angolo con Shaftesbury Avenue, ci imbattemmo in un anziano signore di circa sessanta anni, dal portamento molto distinto, che indossava un cappotto grigio, un paio di pantaloni anch’essi grigi, in perfetta armonia cromatica con il cappotto, e una bombetta di colore nero sfumato.

    Il suo sguardo distaccato e osservatore, le sue basette brizzolate contribuivano a dare una quadratura ben definita al suo volto, conferendogli un tocco di ecclesiasticità: una tipica figura di grande intellettuale, una di quelle persone che dedicano la propria vita allo studio come loro ideale supremo.

    Lo riconobbi quasi subito, malgrado fossero passati tanti anni, e non potei trattenermi dalla gioia:

    – Salve, Professor Quinn, come sta?

    – Bene, grazie! – Rispose, con il suo classico sorriso di persona veramente amabile e socievole, come lo ricordano sempre i suoi studenti. Già, perché il Professor Charles Quinn fu, a suo tempo, mio professore di latino e greco alla High School, inoltre, è un grande esperto di letteratura italiana, con una spiccata passione per il teatro. Naturalmente, gli presentai sia Mary che Holmes e, a quella notizia, fu lui questa volta a gridare di gioia:

    – Quale onore, per me, conoscere il grande detective Sherlock Holmes. Anch’io ho letto con passione alcuni dei casi da lei risolti e narrati dal suo amico ed ex-allievo, Dottor John Watson. Non avrei mai creduto di poterla incontrare un giorno.

    A quelle parole, il mio amico, generalmente freddo e razionale fino all’esasperazione, pur cercando di mantenere un atteggiamento distaccato, provò una profonda emozione. Almeno per una volta non poteva rimproverarmi per aver reso pubblici i suoi casi. Mary e io ci scambiammo un sorriso perché speravamo in un’impresa eccezionale da parte del Professor Quinn: quella di condurre Holmes su interessi diversi da quelli soliti del delitto e del mistero.

    Anche il Professor Quinn si stava recando al Drurylane, però prima doveva passare per il Venezia Shop, al n. 23 di Oxford Street.

    Le maschere del Venezia Shop

    Durante il cammino verso il Venezia Shop il Professor Quinn ebbe modo di parlare al mio amico delle sue conoscenze del teatro italiano, e veneziano in particolare. Contrariamente alle mie previsioni, e forse anche alle sue, trovò in Holmes un interlocutore attento e relativamente preparato in materia.

    Voi lettori ricorderete che nel prospetto riportato in Uno Studio in Rosso avevo puntualizzato che le conoscenze di Holmes in fatto di letteratura erano zero! Invece, durante la conversazione con il mio ex-professore, Holmes era in grado di seguire il discorso abbastanza bene, rivelando una conoscenza discreta, anche se poco sistematica, del teatro europeo in generale.

    Ci fermammo al Venezia Shop, perché il Professor Quinn voleva comprare una maschera veneziana che, a Londra, era possibile trovare solo in quel negozio.

    Appena entrati, il professore, additando uno degli articoli esposti, spiegò:

    – Vede, Signor Holmes, questa maschera rappresenta una bautta, e si accompagna spesso a un mantello nero. E lì dietro ce ne sono altre, alcune prettamente decorative, altre da indossare con gli abiti tradizionali come questo, che è un abito da pescatore di Chioggia, o quest’altro, che è un Domino.

    Quelle maschere, con le loro tipiche fogge così insolite e dalla decorazione particolare, ci diedero per un attimo la sensazione di vivere in un mondo di completa evasione dalla realtà quotidiana, immerso nello scenario della Serenissima che, per il momento, riuscivamo soltanto a immaginare sulla base di descrizioni letterarie. Holmes, però, era di tutt’altro avviso, e la sua attenzione era rivolta, chissà

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