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Investire è facile (anche nei momenti difficili)
Investire è facile (anche nei momenti difficili)
Investire è facile (anche nei momenti difficili)
E-book200 pagine3 ore

Investire è facile (anche nei momenti difficili)

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Info su questo ebook

Dopo il successo di Risparmiare è facile, i conduttori di Due di Denari, Mauro Meazza e Debora Rosciani, tornano con un percorso per aiutare nella scelta degli investimenti. La varietà di strumenti offerti, dalle azioni ai titoli di Stato, dai fondi comuni agli strumenti derivati, mette spesso in difficoltà i risparmiatori, che non hanno a disposizione informazioni sufficienti per districarsi tra opportunità, rischi e costi molto diversi. Il volume vuole perciò presentare, con taglio chiaro e completo,una panoramica degli strumenti di investimento, descrivendo i dettagli delle grandi famiglie di prodotti (ad esempio fondi azionari, obbligazionari, monetari, misti...) e segnalando tutto quello che bisogna sapere prima di sceglierli. Gli eventi di questi mesi, inoltre, e le brusche oscillazioni dei listini di Borsa, impongono un'attenzione particolare per affrontare i momenti di tensione e di grandi alti e bassi nei rendimenti e nelle quotazioni. Le testimonianze di esperti e operatori del settore arricchiranno il lavoro dei due autori, indicando le tendenze di breve e di lungo periodo e le caratteristiche che possono rappresentare un vantaggio per chi investe: la sostenibilità ambientale, una governance corretta, la trasparenza sono alcune delle tendenze più promettenti per i prossimi anni. Un libro per restare o diventare investitori anche nei momenti più critici e per avere un linguaggio in comune con i consulenti e con i professionisti del risparmio.
LinguaItaliano
Data di uscita29 ott 2020
ISBN9788863457612
Investire è facile (anche nei momenti difficili)
Autore

Debora Rosciani

Debora Rosciani da Castelfidardo, è dai primi anni Duemila la voce delle Borse e del risparmio su Radio 24. Ha ideato e condotto trasmissioni sempre orientate alla diffusione delle notizie e delle nozioni necessarie ai risparmiatori.

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    Anteprima del libro

    Investire è facile (anche nei momenti difficili) - Debora Rosciani

    Capitolo 1

    Pandemia, paradossi e patrimoni

    1.1 Lo strabismo delle Borse

    Sabato 7 marzo 2020 inizia in Italia uno dei fine settimana più drammatici di sempre. La primavera è alle porte ma già sta dilagando ben altra stagione: quella del «nuovo coronavirus Sars-CoV-2», più brevemente il Covid-19 o Covid e basta. L’Organizzazione mondiale della sanità non parla ancora di pandemia, cioè di un’infezione capace di diffondersi rapidamente su tutto il pianeta; definirà il contagio in questo modo pochi giorni più tardi, l’11 marzo. Ma in Italia, già da domenica, cominciano le chiusure, anzi comincia quella quarantena che abbiamo chiamato lockdown (isolamento, confinamento) e che durerà fino a maggio, per alcuni anche oltre, molto oltre.

    Da quel sabato di marzo e dai giorni immediatamente successivi il Paese chiude: aziende, bar, negozi e ristoranti, scuole, ogni tipo di studio professionale o attività artigianale. Continuano a lavorare in modo tradizionale solo medici, infermieri, personale sanitario e pochissime altre categorie. Lavoratori autonomi e liberi professionisti abbassano la serranda, interrompendo da un momento all’altro i propri guadagni. Le imprese, dalle multinazionali alle più piccole, devono riorganizzare nel giro di una notte interi cicli produttivi e sperimentano su larga scala quel che da qualche tempo tentava di farsi largo, non senza difficoltà: lo smart working, il lavoro agile, che più spesso si dovrà tradurre in lavoro da casa, perché le case diventano contemporaneamente scuole e uffici.

    Lunedì 9 marzo la Borsa di Milano perde l’11,7%, le altre Borse chiudono attorno al meno 8% (ma la pandemia sta colpendo soprattutto l’Italia, in quel momento), il prezzo del petrolio crolla del 22 per cento. I segnali di crisi per l’economia, per l’occupazione, per la crescita mondiale diventano ben presto pessimi.

    Fermiamoci qui. Perché cominciare con questi brutti ricordi un libro che parla di investimenti? Investire significa avere fiducia nel futuro, nel futuro di un’azienda, di un gestore di risparmi, di un intero Paese. Quindi dovremmo pensare che, dopo uno shock come quello che abbiamo rievocato, ci sarebbe voluto parecchio tempo per riprendersi. Ma già il 24 marzo il più importante indice borsistico di New York, il Dow Jones, segna la sua migliore seduta da sempre, balzando in su dell’11,3 per cento. È iniziato il rally delle Borse, che nel gergo significa un record dietro l’altro. Ed è iniziato anche il decoupling, il «disaccoppiamento» tra l’economia reale e i mercati finanziari. A noi, da Radio 24, piace chiamarlo lo strabismo dei mercati. Perché mentre il prodotto interno lordo e i consumi continuano a calare, le Borse preferiscono guardare all’aiuto delle Banche centrali, ai maxiprestiti degli Stati e della Ue, alle prospettive di un vaccino. E in questo decoupling, con questo strabismo, che faremo dei nostri risparmi noialtri, gli investitori qualsiasi? È da questa domanda che potremmo iniziare il viaggio.

    1.2 Tempo di paradossi

    Vediamo, prima di metterci in cammino, com’è il panorama. A ben guardare, la distanza tra l’economia reale e i mercati finanziari non è l’unico paradosso di questo tempo. Diverse altre vicende si evolvono in direzioni che, soltanto pochi anni fa, avremmo rigettato come ipotesi da fantascienza, casi di scuola, eccessi di fantasie fervide.

    Per esempio. È ormai diventato normale veder proporre e vendere titoli di Stato con rendimento negativo. Cioè, in poche e brutali parole: si paga 101 quel che potrà restituire 100. E la perdita non è un inconveniente, un evento imprevisto, è invece dichiarata subito, al momento dell’acquisto. Sono i titoli di Stato tedeschi, che pagano meno di quanto costano, ma anche titoli di Stato italiani, francesi, statunitensi presentano la stessa (paradossale) caratteristica. Non ce ne avevano parlato, a scuola o all’università.

    Volete un altro paradosso? Prendiamo i mutui per acquistare casa. Si dividono tra quelli che applicano un interesse a tasso variabile e quelli che invece applicano un tasso fisso. Chi sceglie il variabile confida che i tassi ai quali si guarda per stabilire quanti interessi dovrà pagare, scendano e con questi tassi scenda anche la sua rata. Mentre chi sceglie il fisso vuole la certezza che il suo interesse resti sempre quello, nei decenni. Da sempre – chiunque abbia chiesto un finanziamento per comprare un immobile lo ha sperimentato – chi vuole la tranquillità del tasso fisso deve pagare di più, spesso sensibilmente di più. Eppure Il Sole 24 Ore del 17 settembre ha segnalato che «sia la soluzione a rata variabile sia quella a tasso fisso sono scese, considerando le migliori offerte di mercato, per la prima volta sotto lo 0,5%» e la distanza tra il fisso e il variabile si è «quasi annullata».

    Ancora paradossi, o forse potremmo cominciare a dire cose mai viste. Abbiamo conosciuto per la prima volta il petrolio quotato con prezzo negativo, a meno 37 dollari e 63 centesimi. In pratica, chi aveva in mano dei titoli per acquistare petrolio (si chiamano future, ne parliamo nel Catalogo del quarto capitolo) voleva così tanto disfarsene da essere disposto a pagare chi li avesse chiesti. È stata la prima volta che il prezzo di una materia prima è sceso sottozero. È successo il 20 aprile del 2020.

    Un ultimo inedito, un ultimo colpo alle certezze apprese sui libri. Avere a disposizione tanta liquidità, tanto denaro, poter chiedere in prestito denaro pagando poco o nulla di interesse: sono tutte condizioni che fanno salire l’inflazione. Cioè fanno crescere i prezzi e con loro i salari e i guadagni. Perché – lo dice la dottrina – se c’è tanto denaro a buon mercato è naturale che beni e servizi comincino a costare un po’ di più (perché il denaro c’è, ci si può indebitare pagando pochi interessi) e da lì in avanti questo riscaldarsi dei prezzi trascina anche i rinnovi contrattuali, le parcelle dei professionisti, le richieste degli artigiani. Eppure non sta succedendo. Anche se non c’è mai stato tanto denaro come ora, se non è mai stato così a buon mercato, l’inflazione non sale, non sale abbastanza da innescare quella crescita virtuosa. Al punto che la banca centrale degli Usa, infrangendo un tabù, ha annunciato che potrà tollerare un’inflazione anche al di sopra del 2%, considerato fino a poco tempo fa soglia inviolabile. Ora di fatto violata, purché l’economia si riprenda.

    Fin qui sarebbero ancora paradossi o novità affrontabili. Ma questi sono anche gli anni dell’ascensore sociale bloccato, anni nei quali le generazioni più giovani hanno prospettive peggiori rispetto ai loro genitori. Nei quali i ragazzi e le ragazze sono «la generazione meglio istruita di sempre» e quella con i più alti tassi di disoccupazione di sempre. (copyright Mario Draghi, 2016). Anni nei quali le tutele vanno in gran parte a beneficio dei baby boomers (quelli nati tra il 1960 e il 1965) e molto meno agli altri.

    Non è, insomma, tempo di certezze. In questo libro potete leggere le risposte che ci hanno dato gli specialisti dei mercati, degli investimenti, ai quali abbiamo chiesto come affrontare queste circostanze così inedite, come farne scaturire occasioni favorevoli, dove guardare per mettere al riparo un capitale e, possibilmente, farlo fruttare. Alcune indicazioni possiamo vederle da subito.

    1.3 Popolo di risparmiatori

    Noi italiani siamo un popolo di risparmiatori. Ce lo confermano sempre i confronti con i comportamenti di individui e famiglie di altri Paesi. Ha scritto di recente Marcello Minenna: «Le famiglie, accanto a un patrimonio immobiliare di seimila miliardi di euro, detengono attività finanziarie nette per 3.278 miliardi di euro, di cui 1.390 sotto forma di biglietti, monete e depositi»¹. A così tanta parsimonia non segue un impegno analogo come investitori.

    L’edizione 2019 dell’indagine commissionata all’istituto Ipsos dall’Acri, l’Associazione delle fondazioni di origine bancaria, fu riassunta così: «Gli italiani risparmiano di più. Ma non vogliono più investire»². Il servizio giornalistico, sul sito del Sole 24 Ore, riferiva, tra le altre cose, che «le famiglie preferiscono la liquidità, cala l’interesse per i titoli considerati sicuri. Aumenta la diffidenza verso le istituzioni che dovrebbero tutelare i risparmi». Così scriveva Laura Serafini nell’ottobre 2019, in un contesto sicuramente meno turbolento e meno tormentato di quello attuale: «Gli italiani preferiscono restare liquidi e non vogliono investire quanto riescono a mettere da parte. Sapete perché? Perché in gran parte ritengono che il risparmio non sia ben tutelato da chi è deputato a farlo».

    Eppure la situazione non sembrava – allora – particolarmente preoccupante: «Migliora la capacità di risparmio, evidenziata dal 42% del campione, mentre cala del 6% (al 16%) rispetto allo scorso anno il numero di famiglie che deve ricorrere a prestiti». C’erano segnali positivi: «Emerge una maggiore rilassatezza nei consumi: aumentano quelli legati alla telefonia (+16%) e ai farmaci (+34%), mentre si riduce la contrazione delle spese per la cura di sé (da -14 a -6%) e per il fuori casa (da -30 a -21%)».

    Ma, in conclusione: «Ferma restando la predisposizione degli italiani per la liquidità (63% del campione, con buona pace di chi cerca di ridurre la propensione all’uso del contante), sale al record storico dell’indagine (35%) la percentuale di coloro che pensano che non esista un investimento ideale; anzi l’ideale è non investire proprio oppure spendere i soldi. E questa tendenza viene confermata anche se si indaga sui titoli considerati più sicuri, che vedono calare l’attrazione per loro di 6 punti percentuali, mentre restano stabili il mattone (33%) e gli investimenti più rischiosi (7%). Di pari passo con la propensione per la liquidità, aumentano i titolari di conti correnti, che salgono di 4 punti percentuali (16%)».

    Se questa era la ridotta propensione agli investimenti emersa nell’autunno 2019, sicuramente non ci si deve aspettare un atteggiamento diverso a un anno di distanza, in piena emergenza sanitaria ed economica. E sapendo – lo ha rilevato un’indagine della Banca d’Italia condotta tra aprile e maggio – che la pandemia e le misure per contrastarla hanno ridotto il reddito per metà degli italiani e messo il 40% degli indebitati in difficoltà nel pagamento del mutuo³.

    1.4 Le ragioni della diffidenza

    Da cosa deriva questa diffidenza, che trasforma un popolo di lungimiranti risparmiatori in un popolo di preoccupati conservatori? Ci sono senz’altro più ragioni e molte di esse sono state anche esplorate a fondo.

    Sicuramente pesa una poca preparazione di base, una scarsa educazione finanziaria. Perché chi non sa, chi ha meno risorse culturali per giudicare, è sempre più guardingo e sospettoso. E in tempi di paradossi, come detto poco fa, la poca preparazione diventa un ostacolo ancora più insormontabile.

    Gli ultimi dati disponibili sull’alfabetizzazione e sulle competenze finanziarie degli italiani sono stati presentati da un’indagine internazionale condotta da noi dalla Banca d’Italia, nei primi due mesi del 2020 (quindi, quasi interamente ante-Covid). L’indagine ha aggiornato una precedente rilevazione del 2017 e ha collocato l’Italia al diciassettesimo posto su diciotto Paesi (si veda il grafico).

    La valutazione viene condotta attribuendo dei punteggi per tre aree: la conoscenza finanziaria (da 0 a 7 punti), il comportamento finanziario (0-9), l’attitudine finanziaria (1-5). Il valore complessivo di alfabetizzazione finanziaria può essere quindi compreso tra 1 e 21 punti. «Nel 2020, 26 Paesi hanno partecipato all’indagine, di cui 12 facenti parte dell’Ocse. I 26 Paesi hanno ottenuto un punteggio medio di 12,7; i Paesi Ocse hanno conseguito un punteggio di 13; l’Italia 11,2, collocandosi in uno degli ultimi posti in classifica». Tuttavia, confermando anche altre rilevazioni, si notano dei segnali di miglioramento, di maggiore attenzione: «Rispetto alla precedente indagine del 2017, l’Italia ha migliorato il profilo delle conoscenze; ha peggiorato quello dei comportamenti, mentre quello delle attitudini è rimasto immutato, restando uguale a quello medio degli altri Paesi»⁴. E, più oltre: «Il livello di competenze finanziarie non è uniforme nella popolazione italiana. Le persone più istruite fanno meglio delle meno istruite; gli uomini delle donne; l’alfabetizzazione cresce fino ai 45 anni, per poi decrescere».

    f009-1

    (*) Include: Austria, Colombia, Corea, Germania, Estonia, Italia, Polonia, Portogallo, Rep. Ceca, Slovenia e Ungheria.

    (**) Il dato di Malta per la conoscenza è solo parzialmente confrontabile, mancando alcune domande.

    Insomma, se «la cattiva posizione complessiva dell’Italia è spiegata in parte da una popolazione più anziana e meno istruita rispetto a quelle degli altri Paesi», l’indagine evidenzia anche «aspetti positivi: gli italiani sono più consapevoli dei propri limiti rispetto agli individui degli altri Paesi e, in questi tempi di recessione, più

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