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Psiche: Tutto ciò che dobbiamo conoscere della nostra mente per vivere liberi e felici - Le scoperte delle neuroscienze ci insegnano come diventare artefici del nostro destino
Psiche: Tutto ciò che dobbiamo conoscere della nostra mente per vivere liberi e felici - Le scoperte delle neuroscienze ci insegnano come diventare artefici del nostro destino
Psiche: Tutto ciò che dobbiamo conoscere della nostra mente per vivere liberi e felici - Le scoperte delle neuroscienze ci insegnano come diventare artefici del nostro destino
E-book315 pagine4 ore

Psiche: Tutto ciò che dobbiamo conoscere della nostra mente per vivere liberi e felici - Le scoperte delle neuroscienze ci insegnano come diventare artefici del nostro destino

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Questo libro contiene la visione più recente sulla struttura della mente, elaborata da Fabio Norcia partendo dalle sue ricerche di oltre quaranta anni nel campo delle neuroscienze. È convinzione dell’Autore che sia necessario conoscere come funziona la mente e in particolare l’Anima in essa contenuta, per potere migliorare il nostro equilibrio psicofisico e raggiungere quella che lui chiama “estasi vera o meditazione continua”, porta magica di accesso alla felicità. Migliorare il rapporto con noi stessi è il primo passo necessario per cambiare e salvare il mondo. Nella prima parte del libro l’autore spiega la struttura della psiche, il suo funzionamento e i suoi malesseri, nella seconda parte la tecnica per raggiungere l’equilibrio mentale, l’estasi vera e la felicità.
LinguaItaliano
Data di uscita12 gen 2021
ISBN9788863655780
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    Psiche - Fabio Norcia

    psiche.

    CAPITOLO I

    LA STRUTTURA DELLA PSICHE

    La psiche

    è il cervello in movimento.

    Il grande neuroscienziato contemporaneo Eric R. Kandel, premio Nobel per la medicina nel 2000 grazie ai sui studi sulla memoria, ha affermato che capire le radici biologiche della mente umana è una delle sfide scientifiche più importanti del secolo. Vogliamo comprendere la natura biologica della percezione, dell’apprendimento, della memoria, oltre che del pensiero, della coscienza e dei limiti del libero arbitrio. Giusto qualche decina di anni fa era impensabile che i biologi potessero esplorare tali processi mentali. Fino a metà secolo scorso nessuno prendeva in considerazione seriamente l’idea che la mente, l’insieme di processi più complesso dell’Universo, avrebbe ceduto i suoi più reconditi segreti all’analisi biologica, addirittura a livello molecolare.¹ L’uomo si sta già abituando ai nuovi linguaggi della scienza e questo gli permetterà di compiere finalmente un tragitto reale che lo porterà a vivere nel mondo della libertà e dell’etica.

    Alla luce del sorprendente numero di informazioni scientifiche raccolte intorno al cervello, si può cominciare a capire come dalle strutture cerebrali derivino tutte le funzioni mentali. Il grande ricercatore americano Joseph Ledoux, a cui tutti gli studiosi della psiche devono grande riconoscenza per le sue intuizioni, ha scritto un saggio il cui titolo stesso, Il sé sinaptico,² lega tra loro in una mirabile sintesi il termine che origina dalla ricerca psicologica e quello tratto dalla neurobiologia, come a voler dire che le strutture della mente sono parte delle strutture del cervello.

    Una volta stabilito il rapporto tra strutture mentali e cervello, bisogna definire cosa siano la mente e la psiche, compito non facile, visto quante e quanto diverse sono le definizioni che vengono date. C’è chi le distingue come due entità diverse: la psiche includerebbe al suo interno tutte le sue componenti quali le facoltà conoscitive, intellettive e razionali come la coscienza, ma anche fattori irrazionali quali sono la dimensione del profondo (inconscio). Con il termine mente si identificherebbero invece le sole funzioni superiori cognitive con esclusione della dimensione inconscia. Oggi la maggior parte dei neuroscienziati ritiene che psiche e mente siano termini interscambiabili perché indicano una stessa struttura che occupa particolari zone del cervello. La mente o psiche va considerata come una parte del cervello che ubbidisce alle stesse leggi di tutte le altre parti del cervello. Mi piace definirla come il cervello in movimento. Comprendere più scientificamente la struttura di quella parte del cervello dove è collocata la psiche diventa la necessaria premessa per mettere a punto metodologie di trattamento psicoterapeutico veramente efficaci. La psiche o mente è formata da neuroni specializzati che ho chiamato psiconeuroni, presenti in particolari zone del cervello, come vedremo più avanti.

    In questi anni lo studio della psiche ha compiuto grandi passi grazie alla grande quantità di risultati ottenuti e la possibilità di metterli a confronto velocemente. Dalla visione che ebbe Groddeck che chiamò Es il suo abitante più importante, siamo arrivati a una visione ben più articolata della psiche. Abbiamo identificato dove risiedono nel cervello le cellule che la compongono, abbiamo scoperto i neurotrasmettitori che permettono a queste cellule lo scambio di informazioni, tanto da poter intervenire dall’esterno con farmaci simili ad essi, per riequilibrare emozioni o addirittura ricrearle quando scompaiono dalle menti dei malati. Fino al compito più arduo ma anche più affascinante: poter entrare realmente in contatto con il mondo dell’inconscio e in particolare con quella struttura che ho chiamato Anima, la centralina di comando di tutte le nostre attività. Dobbiamo imparare a conoscerla e liberarla dalla prigione in cui per migliaia di anni ha vissuto segregata, per colpa di chi invece diceva di proteggerne la divinità o ancor peggio per colpa di chi ne ha negato ostinatamente l’esistenza.

    Le ricerche scientifiche più recenti riguardanti la struttura della psiche hanno aggiunto molto alle prime intuizioni di Freud. Spesso se ne discostano anche se è innegabile che la sua scoperta del permanere della storia dell’infanzia nell’inconscio dell’adulto e il fenomeno della rimozione rimangono alla base di tutte le ricerche nel campo della psiche. Per questo chi intraprende lo studio della psiche non può fare a meno dell’insegnamento di Sigmund Freud. Se Freud è sicuramente il più conosciuto ricercatore della psiche, è doveroso citare anche il contributo di Carl Gustav Jung, suo allievo prediletto, nello studio della struttura della mente. Ma è altrettanto scientificamente doveroso riconoscere che le loro teorie presentano grossi limiti derivanti dalla scarsa conoscenza del cervello e della struttura della cellula nervosa con le sue connessioni e i suoi neurotrasmettitori. Freud studiò la psiche quando ancora era sconosciuta la stessa cellula nervosa. È solo agli inizi del secolo scorso infatti che il medico Emilio Golgi, premio Nobel nel 1906 ex aequo con Santiago Ramón y Cajal per gli studi sulla struttura del sistema nervoso, mise a punto una tecnica capace di evidenziare al microscopio la cellula nervosa e le sue connessioni. Le moderne e sempre più sofisticate tecniche radiologiche che permettono oggi studi più approfonditi sulla struttura del cervello furono del tutto sconosciuti anche allo stesso Jung che morì purtroppo prima che tali metodiche cominciassero a essere applicate.

    Eric R. Kandel, nel suo libro già citato all’inizio di questo capitolo, afferma che forte delle ultime scoperte e carica di ottimismo, la neurobiologia si è focalizzata su uno degli obbiettivi più alti che è quello di capire la natura della mente umana. In effetti le intuizioni più preziose sulla mente umana degli ultimi venti anni, più che dalle discipline tradizionalmente interessate alla mente come la filosofia, la psicologia o la psicoanalisi, emergono dalla loro fusione con quelle che studiano la biologia del cervello.

    L’ambulatorio dove lavoro come medico di famiglia ha anche la funzione di laboratorio per tutte le mie ricerche sulla psiche. È qui che raccolgo da più di quarant’anni le storie riguardanti la salute psichica e fisica dei miei pazienti. Questo mi ha dato la possibilità di valutare i limiti degli attuali schemi riguardanti la struttura della psiche. Ho sentito la necessità di modificarli per renderli più in linea con le ricerche della moderna neurobiologia. Proprio dall’assemblaggio dei risultati di tali ricerche, ho cercato di formulare uno schema della struttura della psiche che fosse innovativo e allo stesso tempo semplice da comprendere. Il mio progetto non era fine a se stesso ma doveva essere la base di partenza per creare un metodo capace non solo di ridare un equilibrio psichico a coloro che soffrono di uno dei suoi tanti disturbi ma anche quello di permettere di approfondire la conoscenza della psiche a tutti coloro desiderosi di raggiungere un maggiore equilibrio psichico e fisico.

    La psiche è formata da due parti, il conscio e l’inconscio. All’interno di queste due parti alberga l’Io, cioè tutto quello che noi siamo, i nostri pensieri, il linguaggio, i desideri, i ricordi, le emozioni, il nostro personale modo di esprimerci e anche le nostre problematiche psichiche. Del nostro Io solo in piccola parte siamo coscienti, perché per gran parte è nascosto nella zona inconscia della psiche. In parole più semplici esiste una parte di noi di cui siamo coscienti e una parte che invece rimane a noi nascosta. La parte dell’Io contenuta nel conscio prende il nome di Io cosciente. L’Io cosciente non è altro che la nostra coscienza e per questo da ora in poi lo chiamerò semplicemente coscienza. La coscienza rappresenta quella parte di mente definita anche come mente cosciente, superficiale, razionale e corticale. La parte dell’Io contenuta nell’inconscio si chiama Io inconscio. A questa parte dell’Io ho dato il nome di Anima. L’Anima è definita anche come mente inconscia, arcaica, profonda, emotiva, animale, esecutiva e intuitiva. Fate molta attenzione perché ci sono autori che utilizzano il termine Io per definire solo la parte cosciente della psiche. Penso che si tratti di un errore in cui non si dovrebbe cadere. L’Io comprende ciò che siamo sia a livello cosciente che a livello inconscio.

    Tutte le attività della coscienza sono coadiuvate dalla memoria di lavoro; quelle dell’Anima, come vedremo più avanti, da un enorme archivio dei ricordi. Nella memoria di lavoro utilizzata dalla coscienza vengono immagazzinate temporaneamente tutte le esperienze che viviamo. Rimangono qui per poco tempo. Essendo una memoria di non grandi dimensioni, necessita di essere continuamente svuotata per far posto a nuove esperienze da memorizzare. Le esperienze memorizzate abbandonano presto questo contenitore e vengono trasferite nei capienti archivi della memoria che si trovano nell’inconscio, dove verranno conservate per sempre. In questi grandi archivi la coscienza va a ripescare i ricordi che le sono utili per le attività che va svolgendo in quel particolare momento della giornata e li ricolloca momentaneamente nella memoria di lavoro. La coscienza infatti non è in grado di visionare contemporaneamente tutti i ricordi contenuti nella nostra psiche, ma solo piccole parti alla volta. La quantità di ricordi che possiamo tenere a mente per un breve periodo è limitata e le tracce sono labili e facilmente cancellabili. Nel magazzino della memoria di lavoro, infatti, possono soggiornare al massimo una dozzina di informazioni per un periodo che può andare da pochi secondi fino a qualche minuto. A questo punto le tracce vengono perse oppure definitivamente trasferite nella memoria a lungo termine dove, grazie a una condizione più stabile, possono essere mantenute per lunghi periodi, in molti casi per sempre.

    L’inconscio è la parte più complessa e affascinante della psiche. È anche la più difficile da studiare ma è essenziale imparare a conoscerla bene per comprendere i nostri comportamenti. Freud affermava che ammettere l’esistenza di processi psichici inconsci significa compiere un passo denso di conseguenze per la scienza e per la vita.³ Lui stesso per primo mise l’inconscio al centro delle sue ricerche. Il concetto secondo il quale la maggior parte dei processi mentali che sfuggono alla coscienza sono detti inconsci divenne ben presto comune a tutte le psicologie del profondo. Per Jung l’inconscio è tutto ciò che io so, ma a cui momentaneamente non penso, tutto ciò che per me una volta è stato cosciente, ma che ora è dimenticato, tutto ciò che viene percepito dai miei sensi, ma che non viene notato dalla mia coscienza, tutto ciò che io penso, ricordo, voglio e faccio senza intenzione e senza attenzione, cioè inconsciamente, ogni cosa futura che si prepara in me e che affiorerà alla coscienza, o se non altro in passato sono stati consci e possono ridiventarle quanto prima.⁴

    Jung affermava ancora a proposito dell’inconscio che quello che noi chiamiamo l’inconscio è una realtà in potenza: il pensiero che faremo, l’azione che compiremo, lo stesso destino di cui ci lamenteremo domani, sono già presenti inconsciamente oggi. Gli ignoti particolari che l’affetto ci svela erano da sempre presenti e presto o tardi avrebbero avuto accesso alla coscienza. Dobbiamo perciò sempre tener conto dell’esistenza di elementi ancora ignorati. Potrebbe trattarsi, come si è detto, di peculiarità del carattere sconosciute. Ma potrebbe altresì trattarsi di potenzialità che si svilupperanno in futuro e che affiorano per l’appunto così, con un’esplosione affettiva capace, a volte, di trasformare radicalmente una situazione. L’inconscio ha un volto bifronte. Da un lato i suoi contenuti rimandano al passato, a un mondo istintivo, preistorico e preconscio, dall’altro esso anticipa potenzialmente il futuro, grazie all’istintiva preparazione e disponibilità dei fattori che determinano la sorte dell’uomo. Una conoscenza completa della struttura inconscia presente in ogni individuo fin dalla sua origine permetterebbe di preannunciare ampiamente il destino.

    Oggi sappiamo che l’inconscio è un contenitore all’interno del quale albergano strutture importantissime per tutte le nostre attività mentali. La prima struttura che incontriamo nell’inconscio ha davvero tante somiglianze con quella che Freud chiamò Es, ricordandosi del nome che Groddeck aveva creato per lei (es è la parola tedesca usata per il neutro del pronome lui/lei). Freud definì l’Es come un caos, un crogiolo di eccitamenti bollenti.⁶ Dopo tanti studi e riflessioni ho chiamato questa struttura Anima. Nei dizionari d’Italiano l’Anima viene anche definita di varie cose, la parte interna, quella che funge da sostegno o dà forma. In particolare per citarne alcune: anima d’una pianta, d’una radice, la sostanza intima; a. del legno, la parte più interna, sinonimo di durame; a. d’un frutto, il seme rinchiuso nel nòcciolo; a. d’un bottone, il dischetto di legno o di metallo che viene ricoperto di stoffa; a. della cravatta, striscia di stoffa posta nell’interno della cravatta per renderla più consistente. Questa definizione mi è piaciuta e proprio questa definizione mi ha definitivamente convinto a chiamare Anima la parte più profonda e più importante di tutto il sistema nervoso, la centralina di comando di tutte le nostre attività. In quel punto del cervello dove è ubicata infatti nascono le nostre emozioni e i nostri desideri. Da lì partono i comandi che regolano tutte le attività psichiche e organiche. In quel punto ha sede la centralina del sistema psico-neuro-immuno-endocrino che controlla la nostra salute.

    Nell’inconscio si trovano anche gli archivi della memoria a lungo termine, immensi magazzini che raccolgono non solo i ricordi di tutte le nostre esperienze, ma anche quelle di tutti i nostri antenati. Jung collocherebbe in questi magazzini "l’inconscio collettivo, poderosa massa ereditaria spirituale dello sviluppo umano, che rinasce in ogni struttura cerebrale individuale… L’inconscio contiene la sorgente delle forze motrici spirituali e le forme o categorie che le regolano, cioè gli archetipi. Tutte le più forti idee e rappresentazioni dell’umanità risalgono ad archetipi. Specialmente chiaro è ciò nelle forme religiose. Ma neppure i concetti centrali della scienza, della filosofia e della morale fanno eccezione".⁷ Jung distingueva un inconscio personale da un inconscio collettivo. Sosteneva che mentre l’inconscio personale è formato essenzialmente da contenuti che sono stati un tempo consci, ma sono poi scomparsi dalla coscienza perché dimenticati o rimossi, i contenuti dell’inconscio collettivo non sono mai stati nella coscienza e perciò non sono mai stati acquisiti individualmente, ma devono la loro esistenza all’ereditarietà.⁸ Freud non usò il termine di inconscio collettivo creata da Jung, ma aveva individuato anche lui contenuti non acquisiti dall’individuo (formazioni psichiche ereditarie, simili all’istinto degli animali), presenti anch’essi nell’inconscio.

    Nell’archivio dei ricordi sono contenuti non solo tutti i ricordi delle esperienze della nostra vita, ma anche quelli del periodo trascorso nell’utero materno e quelli che provengono dai nostri antenati, trasmessi questi ultimi attraverso il codice genetico dei nostri genitori. L’archivio dei ricordi è formato da gruppi di cellule nervose in intimo contatto con quelle che formano l’Anima. Questo permette all’Anima stessa di visionarne i contenuti nel migliore dei modi. L’Anima ha bisogno dei ricordi per poter svolgere i suoi importanti compiti. Attraverso la visione e il confronto con i ricordi del passato l’Anima prova emozioni, seleziona o scarta desideri e progetti e riesce a mettersi in rapporto con gli altri nelle maniera socialmente più corretta. L’Anima e l’archivio dei ricordi sono in un rapporto tanto stretto e continuativo da poterli considerare come una sola struttura, una sorta di Anima allargata. Tenere separate come due strutture diverse l’Anima e l’archivio dei ricordi rende in ogni caso più semplice la comprensione del funzionamento della psiche a fini didattici.

    Le strutture della memoria sono diffuse in tutto il cervello. Nel corso dell’evoluzione si sono espanse sempre di più fino ad essere presenti nell’uomo anche nella corteccia. Sia la memoria di lavoro (detta anche memoria a breve termine), sia l’archivio dei ricordi (memoria a lungo termine) hanno origine nei punti di connessione tra i neuroni, chiamati sinapsi. I ricordi sono formati da una serie di fibre nervose che interagiscono tra di loro attraverso le sinapsi. L’immensa quantità di dati che memorizziamo nel corso della vita e l’altrettanta immensa quantità che ereditiamo dai nostri antenati, stipati in una fitta rete neuronale, occupano tutte le zone del cervello. Anche la glia, che è una rete di sostegno, una specie di scheletro che sostiene le cellule nervose, parteciperebbe alla formazione dei ricordi. Il fatto che i ricordi sono gestiti da strutture sottocorticali, in particolare l’ippocampo e le amigdale, senza le quali sarebbe impossibile il loro immagazzinamento nella memoria a lungo termine e il riaffiorare dei ricordi nella coscienza, rende la memoria a lungo termine parte integrante dell’inconscio. La collocazione dell’archivio dei ricordi che contiene tale memoria nelle strutture dell’inconscio nasce anche dall’esigenza di semplificare la comprensione delle attività della psiche. Per questa ragione li ho collocati nell’inconscio.

    All’interno dell’archivio dei ricordi sono presenti due diversi tipi di ricordi: quelli che sono stati definiti come memoria dichiarativa o esplicita, che possono riaffiorare ed essere utilizzati dalla coscienza e quelli che costituiscono la memoria implicita che al contrario non possono essere rievocati, né verbalizzati dalle strutture della coscienza. Sono quelli trasmessi geneticamente o che si formano durante il periodo fetale o nei primissimi anni di vita, quando non si è ancora strutturato completamente l’ippocampo, indispensabile per il funzionamento della memoria esplicita. Pur non potendo tornare alla coscienza, sono una parte importante della psiche perché condizionano tutte le attività dell’Anima, che invece ha la possibilità di visionarli. Anche la paura dell’abbandono, che si forma nel bambino al momento della nascita, è racchiusa in quella parte dell’archivio dei ricordi che contiene la memoria implicita. Può essere visionata dall’Anima, non dalla coscienza che generalmente non è in grado di ricordare esperienze della vita fetale e dei primissimi anni di vita. Anche quei ricordi che durante la nostra vita sono stati rimossi dalla coscienza finiscono nella memoria implicita. Da quel momento solo l’Anima potrà visionarli. Si tratta di ricordi estremamente dolorosi che potrebbero creare grande sofferenza nella coscienza e per questo vengono rimossi.

    La coscienza invece, come abbiamo visto, non è capace di gestire l’enorme quantità di ricordi contenuti nell’immenso archivio. Ripesca da esso solo pochi ricordi per volta, quelli che le occorrono per le attività che sta svolgendo in quel momento della giornata e può conservarli nella memoria di lavoro solo il tempo che li utilizza.

    Il regista Luis Buñuel nella sua autobiografia definisce giustamente la memoria come la nostra coerenza, la nostra ragione, il nostro sentimento, persino il nostro agire. Senza di essa non siamo nulla. La memoria rappresenta infatti l’indispensabile serbatoio dell’esperienza umana e i processi di fissazione e rimozione dei ricordi sono assolutamente fondamentali per la nostra sopravvivenza. È per questo che da decenni i neuroscienziati si sforzano per chiarire quali siano i meccanismi alla base del funzionamento della memoria e per preservarne l’efficacia quando invecchia. Si tratta di un campo di ricerca vasto e delicato di cui siamo solo agli inizi della conoscenza. Quello che è certo è che la formazione della memoria dalle esperienze è un meccanismo neurofisiologico estremamente complesso al quale lavorano contemporaneamente diverse aree cerebrali, i cinque sensi ma anche la percezione del movimento e l’equilibrio.

    Per sintetizzare al massimo quello che è stato detto fin qui: la psiche è formata da due contenitori, il conscio e l’inconscio. Nel primo è contenuta la coscienza e la memoria di lavoro, nel secondo l’Anima e gli archivi della memoria a lungo termine.

    CAPITOLO II

    COSCIENZA E ANIMA

    L’anima è l’infinito dentro di noi.

    Per quanto la coscienza possa percorrerla,

    non ne troverà mai i confini.

    La struttura della psiche più facile da studiare è la coscienza perché si tratta della parte della mente di cui siamo coscienti. Contiene tutto ciò che sappiamo di noi e del mondo che ci circonda, ci permette di dare giudizi su noi e sugli altri e ci conferma che esistiamo come individui. Lo sviluppo di questa zona del cervello ha contribuito in maniera determinante all’evoluzione non solo dell’essere umano ma della terra tutta. La nascita del primo abbozzo di coscienza va datata a circa due milioni di anni fa. Già allora uno dei nostri più primitivi antenati, l’homo habilis, possedeva tecniche di acquisizione, di fabbricazione e di consumazione, indici di una coscienza ad un tempo simbolica e creatrice. Nel tempo la coscienza ha continuato a formarsi per accrescere le sue funzioni e da allora il suo cammino non si è mai fermato. Pur essendo un prodotto biologico, continuamente viene modificata e accresciuta dalle esperienze e dalla cultura di ciascun individuo. Tappe basilari per il suo sviluppo sono state la nascita del linguaggio e la scrittura. Grazie alla coscienza l’uomo ha potuto trasformare profondamente se stesso e il mondo che lo circondava. Eppure la coscienza non può essere considerata la regina della psiche. Dobbiamo invece definirla come la schiava dell’Anima perché rappresenta solo il tramite tra l’Anima stessa, vera regina della psiche, e il mondo esterno. La coscienza che utilizza il linguaggio e il ragionamento logico ha solo il compito di contribuire alla realizzazione dei progetti dell’Anima. Jung parlava della coscienza addirittura come "un fenomeno effimero, che serve agli adattamenti e orientamenti

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