I racconti della Sesta Luna
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Anteprima del libro
I racconti della Sesta Luna - La Compagnia di Moony
siamo
Colophon
I RACCONTI DELLA SESTA LUNA
La compagnia di Moony
ISBN 9791280184603
© All Around 2021
redazione@edizioniallaaround.it
www.edizioniallaround.it
www.sestalunaservizieditoriali.it
copertina di Chiara Cazzato
Scrittori in corso
La scrittura è l’ignoto. Prima di scrivere non si sa niente di ciò che si sta per scrivere e in piena lucidità. È l’ignoto di sé,
della propria mente, del proprio corpo. Non è neppure una riflessione, scrivere è una facoltà che si ha fuori di noi, parallelamente a noi, di un altro che appare e si fa avanti, invisibile, dotato di pensiero, d’ira, e che talvolta, per questo stesso motivo, è in pericolo di
rimetterci la vita. Lo scritto arriva come il vento, è nudo, è l’inchiostro, è lo scritto, e passa come niente altro passa nella vita, niente di più, se non la vita stessa.
Scrivere di Marguerite Duras
Non si conoscono, non si frequentano, non sanno nulla uno dell’altra, eppure hanno una passione in comune: la scrittura.
E questo collante li ha portati da me. Li ha dirottati verso la Sesta Luna Servizi Editoriali e li ho accolti nelle mie lezioni e corsi di scrittura. Ora sono parte della mia vita di scrittrice.
Sono la Compagnia di Moony
.
Dodici racconti, in maggioranza scritti da donne, che aprono scenari diversi per giovani lettori. Storie che segnano carattere, fantasia, sogno e realtà. Sono undici autrici e un autore cresciuti dentro le parole, scesi e saliti dai loro tormenti e felicità. Ognuno di loro ha una strada da percorrere e sono felice di aver aperto la porta verso il mondo della letteratura.
Pochi i concetti ai quali mi aggancio quando faccio lezione. Il primo è la capacità di riflettere. Di intuire ed esprimere quello che sentiamo osservando il mondo che ci circonda.
La scrittura è madre di tutti i mondi interiori dell’uomo.
L’originalità e la diversità di espressione di ognuno di noi è il marchio
con il quale ci poniamo di fronte all’altro.
La scrittura è parte del nostro Dna creativo.
Moony Witcher
Binario 5
di Camilla Carniello
La squadrò dai piedi alla punta di capelli. Concentrandosi, si riusciva perfino a sentire il bzzz dei suoi pensieri quasi fossero uno dei metal detector degli aeroporti.
Il fatto è che Mara aveva visto tanti passeggeri andare e venire, in quel buco di stazione. Riusciva sempre a capire da dove venissero e dove andassero. A volte riusciva persino a capire perché prendessero il treno.
A Mara non servivano troppi giri di parole, per farsi qualche idea azzeccata. Le bastava ascoltare come le chiedevano il biglietto e vedere come cercavano i soldi nella borsa o nelle tasche.
Mara capiva un sacco di cose delle persone che aveva davanti ma non ne raccontava mai nessuna. Le custodiva nel ripiano sottobanco del suo piccolo caffè alla stazione.
Mara aveva vissuto cinquantatré anni, sette mesi e quattordici giorni e per ventotto anni, tre mesi e cinque giorni aveva capito gli altri anche quando gli altri non sapevano di essere capiti e aveva servito caffè anche quando gli altri non avevano ordinato caffè, ferma nella sua convinzione che se si conduce un bar il caffè è l’unica cosa che abbia senso fare.
Eppure, l’uomo che le si parò davanti quel primo maggio era diverso da tutti gli altri.
Era diverso perché, di tutto quello che poteva capire, non capì proprio nulla.
Arrivò in stazione a metà mattina, con un passo deciso in avanti e uno sguardo che si girava in continuazione indietro. Mara lo puntò subito, perché lei le persone che passavano per quel minuscolo crocevia di cammini le conosceva tutte. Lo puntò subito anche perché non passò per il suo bar, anzi ne scavalcò l’autorità con la sicurezza di uno di quei fastidiosissimi uomini d’affari che comprano tutto online: il biglietto, le scarpe, il buongiorno, il cappotto, il futuro, dimenticando infine di essere umani.
L’uomo imboccò le scale del sottopassaggio e con una coreografia di piroette decisionali si risolse ad arrivare al binario 5 e lì rimase, immobile, mosso solo dall’irrequietezza dei suoi occhi che facevano avanti e indietro tra sé e i binari, come a seguire le fila di un pensiero troppo grande per stare in quei metri risicati.
A un certo punto Mara credette pure di vederlo prendere le misure, con tre lunghe falcate che si protendevano verso un treno immaginario. Ma fu solo per un attimo. Quell’uomo non le piaceva per niente, sicché, nella sua fermezza tinta di rosso vinaccia con la ricrescita di tre settimane, la testa della donna si risolse a eliminarlo completamente.
Onyrica
di Valentina Copani
" Quaderno,
stanotte l'ho sognato.
È cominciato lì dove invece tutto è finito.
Mi teneva stretta, amorevole. Stava meglio, aveva pensato, aveva capito. Non c'era nessun altro posto dove volesse stare. Non c'erano altre braccia in cui rimanere.
Era in pace.
Mi ha baciato la fronte.
Mi sono svegliata e avrei voluto piangere, ma neanche oggi ci sono riuscita".
L’imponente locale dall'insegna luccicante si stagliava netto e fiero nella via principale della città.
Rebecca rimase ferma qualche minuto a fissarlo, chiedendosi chi mai avesse autorizzato un simile scempio proprio al centro di Roma, prima di decidersi a entrare.
Lo osservò bene: un cubo di acciaio nero scintillante alla luce rossastra delle lampade sfocate dalla foschia dicembrina, troppo moderno per mescolarsi col resto degli edifici che lo circondava, di uno sfarzo pacchiano, impossibile da non notare e da farsi piacere, soprattutto da chi, per anni, si era crogiolato nell'armonica bellezza delle mura antiche della Capitale. Vederlo lì, in fiera mostra di se stesso, insolente e potente, era doloroso quanto un pugno nello stomaco.
O almeno Rebecca decise che