L’AMAntide
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Info su questo ebook
L’AMAntide è un racconto diaristico mozzafiato; una storia unica e incalzante, che spinge il lettore a tenere accese le luci fino all’arrivo del nuovo giorno.
Soumiya Gueddan ci trasporta nelle storie intime, speranzose ma crudeli di due esistenze; le vite di Saba e Samira ci accompagnano a doppio filo alla scoperta dei segreti più intimi di due donne moderne. Guerriere ferite, alla ricerca di sé stesse.
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Anteprima del libro
L’AMAntide - Soumiya Gueddan
Soumiya Gueddan
L’AMAntide
© 2023 Europa Edizioni s.r.l. | Roma
www.europaedizioni.it - info@europaedizioni.it
ISBN 979-12-201-4014-0
I edizione giugno 2023
Finito di stampare nel mese di giugno 2023
presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)
Distributore per le librerie Messaggerie Libri S.p.A.
L’AMAntide
Prefazione
Quello con Soumiya Gueddan è stato un incontro potente. Una personalità forte, a tratti sconcertante, dove durezza e dolcezza si fondono insieme. Parafrasando quanto detto da un suo amico, Soumiya è decisamente una donna in cui convivono anime opposte: quella forte, coraggiosa, resistente e provocatoria, come testimoniato da uno sguardo fiero ed indomito, così come un’anima fragile, affettuosa, dolce ed amorevole. Lei è fuoco e acqua santa, femme fatale e bimba bisognosa di protezione; un perfetto mix, anche di ambiguità che convive insieme
.
È da una personalità così eclettica che nasce una scrittura e un pensiero altrettanto potente; l’ispirazione per una storia moderna che tocca temi delicati ed intimi ma trasversali a molte realtà odierne.
La storia di Saba e Samira è una storia a doppio filo che prende per mano il lettore e lo accompagna tra le paure di una giovane neo universitaria e le più intime e sofferte confessioni di una donna vissuta venti anni prima, in contesti sociali crudi e antitetici.
Saba è il ritratto di un femminismo inconsapevole; un’esistenza femminile che non si piega alle imposizioni di un violento matriarcato nascosto tra i muri di casa e la combinazione di matrimoni raramente firmati per amore. Saba è una donna che non si arrende mai e anche nella più totale disperazione, impera tra le pagine del libro l’inviolabile volontà di questa donna nel determinare se stessa.
La scelta di una narrazione diaristica è senz’altro vincente: nessun’altra forma narrativa avrebbe potuto rendere con altrettanta potenza e credibilità le intime confessioni di una donna che guidano il lettore all’immedesimazione, fino alla comprensione delle scelte di una Saba a tratti indecifrabile, a tratti sconcertante, allo stesso tempo forte e fragile nell’animo.
Tra le pagine del libro, è la stessa Samira, altra protagonista della vicenda seppur dai contorni più sfumati, a fare da interprete ai pensieri del lettore. Esattamente come chi legge, Samira si pone delle domande: quanta sofferenza può sopportare il cuore umano? Perché la ricorsività dell’errore? Quando Saba spezzerà la catena? Ricorre imperante il perché
come domanda esistenziale delle protagoniste così come di chi legge.
Anche il titolo scelto è eclettico quanto l’autrice stessa: l’AMAntide
richiama nell’immaginario comune l’idea di un’analogia tra l’insetto più temuto dai maschi della stessa specie e una donna mangiatrice
di uomini. In realtà il titolo è lo specchio della provocazione insita nei tanti intrecci della storia stessa. Una provocazione alla riflessione e alla messa in discussione di tante pregiudizi e preconcetti.
La storia, tra i nodi di una multiculturalità feroce e le dinamiche di un esistenzialismo moderno, è capace di commuovere profondamente e di spingere alla riflessione più critica sulle catene con cui spesso, noi stessi, intrappoliamo le possibilità della vita; sulla potenza della volontà di autodeterminare se stessi e il desiderio di libertà, che spinge Saba quanto Samira, ad affermare se stesse come donne libere sopra ogni cosa: libere di fuggire e tornare, libere di amare e soffrire, di morire così come di vivere.
Con l’augurio che ogni lettore possa ritrovare in questo libro una propria intima verità, auguro buona lettura.
Greta Mazzettino
Capitolo 1
Samira prese lo zaino e si chiuse la porta di casa alle spalle. Si guardò intorno dal vialetto come a salutare per l’ultima volta quel paesaggio che si augurava di non vedere più. Una città piccola e retrograda, piena di case affollate da gente curiosa e giudicante.
La vita le avrebbe potuto sicuramente offrire di più altrove che se fosse rimasta lì, ad invecchiare prima del tempo, rattristata dall’immobilismo che contraddistingueva tutte le cose di quella città. Giunta alla fermata, la colse quella strana euforia che le veniva anche da bambina, quando, varcata l’ultima curva prima della tangenziale e si dirigeva verso casa di sua nonna. Un viaggio semplice ma che spingeva i suoi occhi oltre le siepi del suo quartiere. L’università era l’occasione che aspettava dai primi anni del liceo, quando i suoi genitori sempre troppo incerti, pavidi e ansiosi, non le avevano mai permesso di mettere il naso fuori dal perimetro della loro cittadina.
Mentre pensava a tutto questo, l’autobus arrivò. Con un gesto veloce si tirò dietro l’orecchio un ciuffo di capelli, si sistemò la sciarpa e prese il borsone in mano. Fu un attimo, la percezione di qualche secondo. Sotto la pelle sentì appena appena la nostalgia delle cose che sai di star lasciando, forse anche perdendo per sempre. Ma fu solo un attimo, il tempo di trovare posto sull’autobus, mettere le cuffie alle orecchie e lasciare andare i pensieri insieme a Whats Now My love
di Elvis Presley.
Only my last goodbye, only my last goodbye...
Non aveva salutato Nadir, ma poco le importava. Sarebbe stato solo l’ennesimo addio della sua vita. Non avrebbe avuto senso salutarlo, si erano già lasciati mesi or sono e lei aveva il dubbio che Nadir fosse già pronto ad un’altra relazione. C’erano quegli sguardi con la barista del Bar Soledad
che non lasciavano nulla al caso. Lei lo conosceva bene e sapeva riconoscere gli sguardi furtivi che Nadir indirizzava a ciò che gli suscitava curiosità. Del resto, in passato anche lei aveva provato il brivido di quegli occhi scuri di cui poi si era innamorata. La loro era stata una storia breve ma autentica. Mai le era sorto il dubbio che Nadir avesse mentito su ciò che provava per lei ma nemmeno questo gli era bastato per frenare l’ardore incondizionato per le altre donne. Per Nadir tutte avevano un fascino da scoprire e pur amandola nemmeno quel sentimento era riuscito a frenare il suo desiderio di corteggiarne altre. Di certo Samira non avrebbe accettato di essere seconda a nessuna. Con dolore, quello viscerale quanto lo è il sentimento per il primo amore, lo aveva lasciato sulle scale del parco dove si erano baciati la prima volta, quasi a voler chiudere un cerchio, dopo tutte le delusioni che le aveva dato in un anno. Del resto lo diceva anche sua nonna: si salva solo ciò per cui più cuori lottano e a salvare la loro storia si era impegnato solo il suo cuore. Aveva fatto bene a non chiamarlo, a non salutarlo. Samira aveva dinanzi a se una nuova vita con il favore di una bellezza fresca e coraggiosa. Quella che si ha solo a vent’anni. Lunghissimi capelli castani e grandi occhi verdi. Il sorriso vivace di chi vuol nascondere sempre qualcosa di sé. È con questo volto che si avvicinava ad occhi nuovi in una città nuova di giorni nuovi e non vedeva l’ora che questo nuovo
iniziasse immediatamente.
Si era addormentata e dopo quattro ore di viaggio Samira si ritrovò sulla banchina del capolinea dei mezzi pubblici. Eccola lì, tra il caos di Verona, con tutte le sue nuove, infinite possibilità in mano. Le vent se lève, il font tenter de vivre recitava Paul Valery, ed è con questa poesia in testa che Samira riprese a camminare verso il civico 32 di Via delle Orchidee; il suo nuovo alloggio. Camminava guardandosi intorno. Con gli occhi, Samira tentava di rubare ogni minimo particolare della realtà in cui avrebbe da lì a poco fatto parte. Il navigatore del suo cellulare segnalava appena 100 metri dal suo nuovo alloggio. Aveva scelto un appartamento