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L'impensato: Teoria della cognizione naturale
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L'impensato: Teoria della cognizione naturale
E-book462 pagine5 ore

L'impensato: Teoria della cognizione naturale

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Info su questo ebook

Pensare senza pensare: è intorno a quest’idea che N. Katherine Hayles, che da anni insegna e scrive intorno alle relazioni tra letteratura, scienza e tecnologia, costruisce questo saggio. Si indaga, tra le pagine, su come usiamo processi cognitivi inaccessibili alla coscienza eppure necessari al suo funzionamento, e nell’affiancare le discipline scientifiche a quelle umanistiche si estende la nostra idea della cognizione, dimostrando come questa vada ben oltre il semplice concetto di coscienza. La cognizione per Hayles è applicabile non solo ai processi inconsci degli esseri umani ma anche a tutte le altre forme di vita, inclusi organismi unicellulari e piante, estendendo il campo anche ai sistemi tecnici e tecnologici, come semafori o droni o perfino algoritmi, che nell’interagire con gli umani formano ‘assemblaggi cognitivi’, sistemi di relazione che stanno radicalmente trasformando la vita sulla Terra per come finora l’abbiamo conosciuta. Tutto ciò conduce l’autrice a parlare di ‘ecologia cognitiva planetaria’, e a comporre domande urgenti tanto per le scienze umane quanto per le scienze dure.
LinguaItaliano
Editoreeffequ
Data di uscita9 feb 2022
ISBN9791280263391
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    Anteprima del libro

    L'impensato - N. Katherine Hayles

    Impensato_PrimaEBOOK.jpg

    Indice

    Prologo • Trasformare la nostra visione del mondo

    Parte prima • IL NONCONSCIO COGNITIVO E I COSTI DELLA COSCIENZA

    Capitolo 1 • Cognizioni nonconsce: gli umani e gli altri

    Pensiero e cognizione

    Comunicazione vegetale e ipotesi sull’intelligenza delle piante

    Cognizione tecnica

    Analisi della cognizione

    Lo schema tripartito della cognizione (umana)

    Attori e agenti

    Perché i media computazionali non sono una tecnologia come le altre

    Etica e cognizione tecnica

    Capitolo 2 • Interazioni tra la cognizione nonconscia e la coscienza

    Costi della coscienza

    Correlati neurali della coscienza e del nonconscio cognitivo

    Simulazioni e ri-rappresentazioni nella coscienza

    L’importanza dell’elaborazione dell’informazione nel nonconscio cognitivo

    Interazioni tra la cognizione nonconscia e la coscienza

    La cognizione nonconscia come concetto umanistico: il dibattito McDowell-Dreyfus

    Parallelismi con la cognizione nonconscia in altre tradizioni

    Capitolo 3 • Il nonconscio cognitivo e i nuovi materialismi

    Ontologia

    Evoluzione

    Sopravvivenza

    Forza

    Trasformazione

    Capitolo 4 • I costi della coscienza

    Déja vu: la coscienza contro l’ostinato potere della materia

    (Re)interpretare le disfunzioni della coscienza

    Temporalizzare la temporalità

    Traumi che danno dipendenza

    Vere simulazioni

    Blindsight e le neuroscienze

    Modificare la coscienza umana (e non umana)

    Decifrare la Rorschach

    Blindsight e i costi della coscienza

    Tecnologia avanzata senza coscienza

    Coscienza ‘normale’ e cognizione tecnica

    Parte Seconda • GLI ASSEMBLAGGI COGNITIVI

    Capitolo 5 • Assemblaggi cognitivi e interazioni umane

    Infrastrutture e cognizione tecnica

    Assistenti virtuali e portali d’informazione

    Il Social signaling e la sorveglianza somatica

    Agentività distribuita e autonomia tecnologica

    Emozioni umane e cognizione tecnica

    Capitolo 6 • Temporalità e assemblaggi cognitivi

    Temporalità complesse e derivati

    Trauma, repressione e mercato

    I cicli di retroazione: il tallone d’Achille della probabilità

    La globalizzazione, il ‘privilegio esorbitante’ e la crisi finanziaria del 2007-2008

    Gli algoritmi HFT e il flash crash del maggio 2010

    Le ecologie complesse delle interazioni tra uomo e algoritmo

    Reingegnerizzazione sistemica

    Il capitale finanziario e le scienze umane

    Significato, interpretazione e valori

    Capitolo 7 • Intuito e assemblaggi cognitivi

    Perché la cognizione nonconscia non è sufficiente

    Cedimento strutturale: il significato del messaggio

    Il potenziale di liberazione dell’errore

    Assemblaggi cognitivi e inconoscibile

    Strategie estetiche e realismo speculativo

    Presente storico e assemblaggi cognitivi

    Assemblaggi cognitivi e forme romanzesche

    Capitolo 8 • Il potenziale utopico degli assemblaggi cognitivi

    Allargare gli orizzonti degli studi umanistici

    Interpretazione e descrizione

    Mettere in scena il nonconscio cognitivo nel teatro della coscienza

    Due percorsi possibili per gli studi umanistici

    Bibliografia

    L’impensato • ebook

    isbn

    9791280263391

    Prima edizione digitale: febbraio 2022

    © 2021 effequ Sas, Firenze

    Titolo originale: Untought. The power of the cognitive unconcious

    © 2017 Licensed by The University of Chicago Press, Chicago, Illinois, U.S.A.

    www.effequ.it

    Facebook: effequ | Twitter: @effequ | Instagram: @effequ_ed

    Questo libro:

    Traduzione

    Silvia Dal Dosso, Gregorio Magini

    Redazione

    Francesco Quatraro, Silvia Costantino

    Artwork di copertina

    Simone Ferrini

    Ufficio stampa

    Andrea Cafarella

    La traduzione dell’opera è stata realizzata grazie al contributo del SEPS - Segretariato europeo per le Pubblicazioni Scientifiche

    - Via Val d’Aposa 7, 40123 Bologna - www.seps.it

    Attenzione: la riproduzione di parti di questo testo con qualsiasi mezzo e in qualsiasi forma senza l’autorizzazione scritta dell’editore è vietata, fatta eccezione per brevi citazioni in articoli o saggi.

    Questo è un libro indipendente, perché sgomita tra i colossi e prova a dire che c’è.

    Vogliategli bene.

    N. Katherine Hayles

    L’impensato

    Teoria della cognizione naturale

    traduzione di

    Silvia Dal Dosso

    Gregorio Magini

    Prologo

    Trasformare la nostra visione del mondo

    Quando mi guardava con i suoi occhi chiari, gentili e candidi, mi guardava da una tradizione vecchia di tredicimila anni: un modo di pensare così antico, così consolidato, così integrale e coerente da dare all’essere umano l’incoscienza di sé di un animale selvaggio, una grande, strana creatura che ti guarda dritto dal suo eterno presente¹.

    Tratta dal romanzo di fantascienza La mano sinistra delle tenebre di Ursula Le Guin, l’epigrafe descrive l’incontro del protagonista Genly Ai con Faxe, accolito del culto degli Handdarata, e con la loro tradizione di ‘disimparare’. Gli Handdarata, ‘amanti delle negazioni ²’, riconoscerebbero immediatamente nell’impensato la facoltà di pensare senza pensare. C’è il pensiero, ma prima c’è l’impensato ³: una modalità d’interazione con il mondo immersa in un ‘eterno presente’, che sfugge sistematicamente ai riflessi troppo lenti della coscienza.

    ‘Impensato’ però è anche un riferimento alle recenti scoperte neuroscientifiche che confermano l’esistenza di processi cognitivi nonconsci inaccessibili all’introspezione cosciente, e tuttavia essenziali per il funzionamento della coscienza. Comprendere l’ampiezza del loro potere richiede un ripensamento radicale della cognizione. Inoltre, poiché l’esistenza stessa dei processi cognitivi nonconsci è quasi sconosciuta in ambito umanistico, ‘impensato’ addita una terra incognita che invita a superare nozioni preconcette sul funzionamento della coscienza. Portando in primo piano le molte possibilità che si aprono quando la cognizione nonconscia è inclusa nell’equazione, l’impensato mostra l’enorme potenziale di un lavoro di concettualizzazione delle interazioni tra sistemi umani e tecnici, sistemi che a loro volta ci permettono di identificare più chiaramente le poste in gioco politiche, culturali ed etiche della vita nelle società tecnologicamente avanzate del nostro presente.

    Il primo passo verso la trasformazione in atto di questa potenza è una ripulitura del terreno, a livello terminologico, sui processi mentali coscienti, inconsci e nonconsci.

    La parola ‘pensare’, in questo libro, indica i pensieri e le capacità propri della coscienza superiore: la razionalità, la capacità di formulare e manipolare concetti astratti, le competenze linguistiche e così via. La coscienza superiore non è l’unica protagonista di questa storia, anzi forse non è neppure uno dei personaggi principali: è il soggetto incarnato infatti a fare la vera differenza, attraverso i modi in cui è incorporato e immerso in ambienti che operano come sistemi cognitivi distribuiti. Come una scrivania disordinata, la cui complicata topografia agisce come il dispositivo di memoria esterna per un proprietario altrettanto disordinato, o il computer su cui sto scrivendo, o le sempre più fitte reti di tecnologie ‘intelligenti’ che oggi vanno riconfigurando le vite umane nelle società avanzate, così i soggetti umani non possono più essere contenuti – e neppure definiti – dai confini della loro pelle.

    Uno degli obbiettivi del libro è esplorare e analizzare gli assemblaggi cognitivi nonconsci attraverso i quali operano questi sistemi cognitivi distribuiti. L’utilizzo dell’articolo determinativo (il nonconscio cognitivo) non ha lo scopo di reificare questi sistemi, ma di spostare l’attenzione sugli effetti sistemici del loro operare. Quando mi concentrerò sui soggetti individuali, invece, metterò l’accento sulla processualità dei soggetti usando il termine ‘processi cognitivi nonconsci’. Tuttavia, il potere degli assemblaggi è maggiore quando operano sotto forma di sistemi con interfacce ben definite e circuiti di comunicazione tra sensori, attuatori, processori, supporti di memorizzazione e reti di distribuzione, che includono componenti umane, biologiche, tecniche e materiali. In questi casi, parlerò di ‘nonconscio cognitivo’, termine che include sia le entità cognitive tecniche che quelle umane. Preferisco il termine ‘assemblaggio’ a ‘rete’ (o ‘network’) perché le configurazioni in cui i sistemi operano mutano costantemente, aggiungendo e togliendo componenti e riorganizzando le loro connessioni. Ad esempio, quando una persona accende il suo telefono cellulare, diventa parte di un assemblaggio cognitivo nonconscio che include ripetitori e infrastrutture di rete, interruttori, cavi in fibra ottica e/o router wireless e altre componenti. Con il cellulare spento, l’infrastruttura è ancora al suo posto, ma il soggetto umano non è più parte di quello specifico assemblaggio cognitivo.

    La cognizione nonconscia non è certo una novità per le scienze cognitive, le neuroscienze e campi limitrofi, tuttavia credo che non abbia ancora ricevuto l’attenzione che merita. In ambito umanistico non si è nemmeno ancora cominciato a cogliere il suo potenziale trasformativo, e ancor meno a esplorarlo o a discuterne. Si aggiunga che, anche nelle scienze, il divario tra cognizione nonconscia biologica e cognizione nonconscia tecnica è ancora vasto quanto la gola del Grand Canyon in una mattina di sole. In questo studio cerco di contribuire a colmare tale mancanza, proponendo una definizione di cognizione che possa essere applicata sia ai sistemi tecnici sia alle forme di vita biologiche. La mia definizione esclude volutamente processi materiali come tsunami, ghiacciai, tempeste di sabbia e simili. Le caratteristiche dirimenti sono l’interpretazione e la scelta, due attività cognitive condivise dalle forme di vita biologiche e dai sistemi tecnici, ma non dai processi materiali: uno tsunami non può scegliere se schiantarsi contro una scogliera o contro una spiaggia affollata. Il quadro interpretativo che propongo, pur riconoscendo che l’azione dei processi materiali possa avere conseguenze grandiose, non si accorda né con il vitalismo né con il panpsichismo. Sebbene alcunə studiosə di rilievo come Jane Bennett e Steven Shaviro abbiano mostrato come queste correnti di pensiero potessero rivelarsi efficaci per la loro ricerca, a mio parere non sono utili per comprendere le specificità degli assemblaggi cognitivi umano-tecnici e la loro capacità di trasformare la vita sul pianeta.

    Questa trasformazione in atto è a mio parere uno dei problemi più urgenti che oggi ci ritroviamo ad affrontare, con implicazioni che spaziano da questioni sullo sviluppo dei sistemi tecnologici autonomi, e sul ruolo che il processo decisionale umano può e deve giocare nel loro funzionamento, alla devastazione ambientale derivante dalla convinzione profondamente radicata che gli umani siano la specie dominante sulla Terra per via delle loro capacità cognitive, fino alla conseguente necessità di reimmaginare e reinterpretare le capacità cognitive di altre forme di vita. A ciò si aggiungono le conseguenze della diffusione dei media computazionali in praticamente tutti i sistemi tecnici complessi, insieme alla pressante necessità di comprendere più chiaramente come le loro capacità cognitive vadano a intrecciarsi e a interagire con i sistemi complessi umani.

    Un altro contributo di questo studio è la formulazione di un’idea di ecologia cognitiva planetaria che includa attori sia tecnici che umani e che possa diventare un valido punto di partenza del dibattito etico. Se infatti il dibattito etico tradizionale si concentra sull’individuo (umano) considerato come un soggetto in possesso di libero arbitrio, questa prospettiva si rivela inadeguata nel caso di dispositivi tecnici che operano autonomamente, e di complessi assemblaggi umano-tecnici la cui la cognizione e i cui poteri decisionali sono distribuiti lungo tutto il sistema. Definisco questi ultimi ‘assemblaggi cognitivi’, e la seconda parte di questo studio descrive il loro modo di operare, cercando di valutare l’impatto che potrebbero avere sul nostro presente e sul nostro futuro.

    Di seguito una breve introduzione al piano e alla struttura del libro. La prima parte affronta il concetto di cognizione nonconscia, con il capitolo 1 che sviluppa un quadro interpretativo atto a comprendere la relazione tra cognizione nonconscia, coscienza/inconscio e processi materiali. Il capitolo 2 riassume le ricerche scientifiche che a oggi confermano l’esistenza della cognizione nonconscia e le mette in relazione con i vari dibattiti contemporanei sulla cognizione in senso lato. Il capitolo 3 tratta i ‘nuovi materialismi’ e mostra come queste correnti di pensiero possano trarre beneficio dall’inclusione della cognizione nonconscia nei loro approcci teorici. Mentre la cognizione nonconscia è sempre più riconosciuta come una componente cruciale dell’attività cognitiva umana, la coscienza è sempre più messa sotto esame, per il suo comportare dei benefici ma anche dei costi. Si può visualizzare questa dinamica come una sorta di altalena concettuale: più la cognizione nonconscia aumenta di importanza e visibilità, più la coscienza abdica dal suo ruolo di arbitro del processo decisionale umano e di capacità cognitiva umana dominante. Il capitolo 4 illustra i costi della coscienza attraverso l’analisi di due romanzi contemporanei, Déja vu di Tom McCarthy e Blindsight di Peter Watts.

    La seconda parte del libro affronta gli effetti sistemici degli assemblaggi cognitivi umano-tecnici. Il capitolo 5 ne illustra le dinamiche in situazioni paradigmatiche, dai centri di controllo del traffico ai droni guidati da remoto o autonomi. Il capitolo 6 si concentra sugli algoritmi automatici di trading, mostrando come questi ultimi richiedano e impongano l’autonomia tecnica per un semplice motivo: la velocità a cui operano trascende di gran lunga i regimi temporali del processo decisionale umano. Il capitolo discute anche le conseguenze di questi tipi di assemblaggi cognitivi, in particolare i loro effetti sistemici sulla destabilizzazione dell’economia globale. Il capitolo 7 esplora le implicazioni etiche degli assemblaggi cognitivi attraverso una lettura ravvicinata del romanzo di Colson Whitehead L’intuizionista. Il capitolo 8 approfondisce il potenziale utopico degli assemblaggi cognitivi ed estende la discussione all’informatica umanistica (digital humanities), proponendo che anch’essa possa essere considerata un assemblaggio cognitivo e mostrando come la cognizione nonconscia influenzi il modo in cui l’informatica umanistica è compresa e apprezzata.

    In conclusione, vorrei presentare alcune idee di carattere generale che mi auguro possano incontrare la comprensione di chi legge questo libro: gran parte delle attività cognitive umane accadono al di fuori del dualismo coscienza/inconscio; la cognizione si trova nell’intero spettro biologico, nelle piante come negli animali; i dispositivi tecnici producono processi cognitivi, e così facendo influenzano profondamente i sistemi complessi umani; viviamo in un’epoca in cui l’ecologia cognitiva planetaria è esposta a trasformazioni repentine, e questo ci costringe a reimmaginare urgentemente la nostra idea di cognizione e le sue conseguenze su scala globale. La mia speranza è che queste idee, che si potrebbero considerare controverse, aiutino ad aprire una conversazione sulla cognizione e sulla sua importanza che ci porti a una migliore comprensione della nostra condizione attuale e ad aprire un percorso verso ambienti più sostenibili, durevoli e prosperi per tutti gli esseri viventi, umani o non umani.


    1 Ursula K. Le Guin, The Left Hand of Darkness, Orion, London, 2013 (1969). La traduzione originale italiana di Ugo Malaguti, La mano sinistra delle tenebre, Editrice Nord, 1984, è stata leggermente alterata.

    2 Ibid. p. 57.

    3 [NdT] Rendiamo con ‘impensato’ l’inglese unthought, termine che dà titolo al libro, per mantenere la corrispondenza con la coppia consciousness (coscienza) / unconscious (inconscio).

    Parte prima

    IL NONCONSCIO COGNITIVO E I COSTI DELLA COSCIENZA

    Capitolo 1

    Cognizioni nonconsce: gli umani e gli altri

    La percezione che la coscienza e il pensiero avanzato viaggino in tandem è radicata nella concezione antropocentrica e si porta dietro secoli, se non millenni, di tradizione alle spalle. Recentemente, tuttavia, un ripensamento ad ampio spettro dei limiti della coscienza ha portato a una revisione altrettanto ampia delle funzioni svolte da altre capacit à cognitive e dei ruoli critici che tali capacit à rivestono nei processi neurologici umani. La coscienza occupa una posizione centrale nel nostro pensiero non tanto perch é rappresenta la totalit à della sfera cognitiva, ma per la sua abilit à nel creare le narrazioni (talvolta finzionali) che danno senso alle nostre vite e che sostengono i nostri assunti di base sulla coerenza del mondo che ci circonda. La cognizione è una capacit à molto più ampia, che si estende ben oltre la coscienza e investe altri tipi di processi neurologici, ed è altresì presente in altre forme di vita e in sistemi tecnici complessi. La capacità cognitiva che esiste al di l à della coscienza è stata chiamata in molti modi; io ho deciso di chiamarla cognizione nonconscia .

    È forse impossibile trovare un ambito in cui i disaccordi terminologici siano più diffusi che nello studio della coscienza. Per questo, piuttosto che fare una cernita tra secoli di interpretazioni e incomprensioni, cercherò di spiegare con chiarezza le mie scelte terminologiche e di attenermi a esse con coerenza. La ‘coscienza’, come è intesa qui, assume varie forme. C’è una coscienza centrale, o primaria¹: una consapevolezza di sé e degli altri condivisa dagli umani, da molti mammiferi e da alcune specie acquatiche come i polpi. C’è inoltre una coscienza estesa², o secondaria³, manifestata dagli esseri umani e (forse) da alcuni primati, e solitamente associata al ragionamento simbolico, al pensiero astratto, al linguaggio verbale, alla matematica e così via⁴. C’è infine la coscienza superiore che, associata al sé autobiografico⁵, va rafforzandosi attraverso il monologo verbale che si snoda nella nostra testa mentre svolgiamo le più semplici attività quotidiane; monologo che è a sua volta associato all’emergere di un sé consapevole di sé stesso in quanto sé⁶. Per Antonio Damasio le narrazioni si fanno più specifiche quando si fondono con i contenuti verbali e accedono alla coscienza superiore. Questo implica che il nonconscio cognitivo (nel lessico di Damasio, il ‘proto-sé’) è capace di creare una sorta di narrazione sensoriale o non verbale: nei cervelli generosamente dotati di memoria, linguaggio e ragionamento, le narrazioni [...] sono arricchite e messe in condizione di presentare ancor più conoscenza, generando così un protagonista ben definito, un sé autobiografico⁷. È questa la facoltà mentale che dà un senso alle narrazioni verbali evocate o rappresentate⁸.

    La coscienza nucleare non si distingue così nettamente dal cosiddetto ‘nuovo’ inconscio (a mio parere, una denominazione non particolarmente felice), che opererebbe una scansione ad ampio spettro dell’ambiente circostante mantenendosi al di sotto dell’attenzione cosciente⁹. Supponiamo, per esempio, che mentre guidi stai pensando a un problema. Improvvisamente l’auto davanti a te frena, e la tua attenzione scatta di nuovo sulla strada. La comunicazione agile e frequente tra coscienza e ‘nuovo’ inconscio induce a raggrupparli come ‘modi della consapevolezza’¹⁰.

    La cognizione nonconscia opera invece a un livello di elaborazione neuronale inaccessibile ai modi della consapevolezza, pur svolgendo funzioni essenziali per la coscienza. Funzioni che, come ci mostrano gli ultimi due decenni di ricerca neuroscientifica, comprendono: l’integrazione dei marcatori somatici in una rappresentazione unitaria e coerente dell’organismo¹¹, la sintetizzazione degli input sensoriali in modo che appaiano coerenti nel tempo e nello spazio¹², l’elaborazione di informazioni a una velocità molto maggiore della coscienza¹³, il riconoscimento pattern troppo complessi e impercettibili perché possano essere individuati dalla coscienza¹⁴, il trarre inferenze che influenzano il comportamento e aiutano a determinare le priorità¹⁵. Forse la funzione più importante della cognizione nonconscia è quella di evitare che la coscienza, con il suo lento assorbimento e la sua limitata capacità di elaborazione, sia sopraffatta dal diluvio di informazioni interne ed esterne che arrivano al cervello ogni millisecondo.

    La volontà di portare in primo piano la cognizione nonconscia non ha lo scopo di cancellare le conquiste del pensiero cosciente, spesso visto come la caratteristica che ci definisce esseri umani, bensì di arrivare a una visione più equilibrata e accurata dell’ecologia cognitiva umana, aprendola a confronti con altre entità cognitive biologiche da un lato, e con le capacità cognitive dei sistemi tecnici dall’altro. Una volta superata la percezione (errata) che vede gli esseri umani come le uniche entità cognitive importanti o rilevanti sul pianeta, ecco che molte nuove domande, problematiche e considerazioni etiche diventano affrontabili. Per andare a fondo di tali questioni, questo capitolo presenta coscienza, cognizione nonconscia e processi materiali da una prospettiva che consente di identificare le intricate relazioni che coinvolgono cognizione biologica e tecnica.

    La cognizione tecnica è spesso paragonata al modus operandi proprio della coscienza (un punto di vista che non condivido, come discusso in seguito), ma a mio parere emergono analogie molto più azzeccate accostandola ai processi della cognizione nonconscia umana. Come quest’ultima, la cognizione tecnica è in grado di elaborare informazioni più velocemente della coscienza, riconoscere i pattern, trarre inferenze e, nel caso di sistemi che conoscono i propri stati interni, può elaborare gli input provenienti dai sottosistemi che trasmettono informazioni su condizioni e stato di funzionamento del sistema. Inoltre, gli strumenti tecnico-cognitivi sono progettati specificamente per evitare che la coscienza umana sia sopraffatta da flussi di informazioni così vasti, complessi e sfaccettati che non potrebbero mai essere elaborati dal cervello umano. Questi parallelismi non sono casuali. Emergono via via che le capacità cognitive, che una volta albergavano esclusivamente negli organismi biologici, si materializzano nel resto del mondo, trasformando così i modi in cui le culture umane interagiscono con le più ampie ecologie planetarie. Le cognizioni biologiche e tecniche sono oggi così profondamente intrecciate che è più accurato dire che si compenetrano a vicenda.

    Il titolo della parte 1, Il nonconscio cognitivo, vuole portare l’attenzione sulla sistematicità delle interazioni umano-tecniche. Nella parte 2 chiamerò questi ultimi assemblaggi cognitivi, laddove tuttavia l’assemblaggio non dovrebbe essere inteso semplicemente come un blob amorfo. Anche se per alcuni aspetti sono esposte a eventi casuali, le interazioni che avvengono negli assemblaggi cognitivi sono strutturate in modo preciso dai sensori, dai percettori, dagli attuatori e dai processi cognitivi delle parti interagenti. Poiché questi processi possono, sia a livello individuale che collettivo, esibire comportamenti emergenti, userò il termine cognizione nonconscia (talvolta al plurale) per riferirmi a essi quando riterrò utile mettere l’accento sulla loro capacità di mutare e trasformarsi in modo fluido. Userò invece la formulazione più reificante con l’articolo determinativo (il nonconscio cognitivo) per indicare la sistemicità dell’assemblaggio osservato. Ho scelto di adottare questa terminologia perché sono convinta che gli effetti più interessanti degli assemblaggi cognitivi si verifichino più a livello sistemico che a livello individuale. L’obbiettivo d’insieme del libro è mappare le prospettive di cambiamento che emergono se le cognizioni nonconsce sono prese in considerazione come parte integrante dell’esperienza umana, della vita biologica e dei sistemi tecnici.

    Sebbene la mia attenzione si concentri sugli agenti cognitivi biologici e tecnici che funzionano pur essendo privi di consapevolezza e coscienza, vorrei chiarire la mia posizione sul paradigma cognitivista che vede la coscienza operare attraverso la manipolazione formale di simboli, una linea di pensiero che è solita equiparare le operazioni delle menti umane ai computer. Chiaramente gli esseri umani sono in grado di astrarre situazioni specifiche in rappresentazioni formali; di fatto tutta la matematica dipende da queste operazioni. Dubito, tuttavia, che la manipolazione simbolica sia in generale una caratteristica del pensiero cosciente. In uno dei suoi studi, Jean-Pierre Dupuy¹⁶ si mostra convinto che la scienza cognitiva si sia sviluppata dalla cibernetica pur alterando in modo cruciale le sue ipotesi originarie. Per lui il paradigma cognitivista non è più caratterizzato dall’umanizzazione della macchina (come Norbert Weiner a suo tempo avrebbe voluto per la cibernetica), bensì dalla meccanizzazione della mente:

    La computazione dei cognitivisti [...] è una computazione simbolica. Gli oggetti semantici con cui si confronta la computazione sono tutti a portata di mano: sono le rappresentazioni mentali che dovrebbero corrispondere a quelle credenze, desideri, e così via, di cui ci serviamo per interpretare gli atti compiuti da noi stessi e dagli altri. Pensare equivale dunque a computare, eseguire dei calcoli, su queste rappresentazioni¹⁷.

    Dupuy mostra che questa caratterizzazione è debole sotto molteplici punti di vista. Il cognitivismo è stato il paradigma dominante nelle scienze cognitive per tutti gli anni Novanta e continua a esserlo nel Ventunesimo secolo, ma è messo sempre più in difficoltà dalle pressioni di chi chiede prove sperimentali che dimostrino come il cervello esegua effettivamente tali processi computazionali nel suo quotidiano operare. Finora, i risultati rimangono scarsi, mentre le conferme sperimentali volgono sempre di più a favore dell’ipotesi che Lawrence Barsalou chiama "cognizione fondata¹⁸", ovvero la cognizione sostenuta da – e connessa con – le simulazioni mentali provocate dalle percezioni modali (movimenti muscolari, stimoli visivi e percezioni acustiche). In parte questo successo è dovuto alla scoperta dei circuiti dei neuroni a specchio nel cervello umano e dei primati¹⁹ che, come Miguel Nicolelis ha dimostrato nel suo lavoro sulle interfacce neurali²⁰, le cosiddette Brain-Machine-Interfaces (BMI), giocano un ruolo cruciale nel permettere agli esseri umani, ai primati e ad altri animali di esternalizzare le funzioni corporee, ad esempio trasferire i movimenti degli arti sulle protesi artificiali.

    Un aspetto controverso della questione è se i processi neuronali possano di per sé essere descritti come fondamentalmente computazionali. Prendendo le distanze dalla visione computazionalista, Walter J. Freeman e Rafael Núñez sostengono che "il potenziale d’azione non è in cifre binarie, e i neuroni non eseguono l’algebra booleana²¹". Eleanor Rosch confronta²² attentamente il paradigma cognitivista con l’approccio che vede la cognizione come una facoltà incarnata/incorporata, sostenendo che i risultati empirici pendono fortemente a favore della seconda. La manipolazione simbolica amodale, con cui Barsalou²³ descrive il paradigma cognitivista, si basa esclusivamente su formulazioni logiche, senza alcun rapporto con la grande varietà di azioni fisiche che il corpo compie nel suo ambiente. Come hanno dimostrato numerosə ricercatorə e teoricə²⁴, le azioni incarnate e incorporate giocano un ruolo fondamentale nella formazione degli schemi linguistici e di quel tipo di comprensione intellettuale che si esprime per metafore e astrazioni, partendo dal corpo per aprirsi a pensieri sempre più sofisticati sul funzionamento del mondo.

    Il mio paragone tra la cognizione nonconscia delle forme di vita biologiche e quella dei media computazionali non vuole in alcun modo arrivare alla conclusione che i processi messi in atto dalle due parti siano identici e nemmeno simili tra loro, perché come si è visto hanno luogo in contesti materiali e fisici molto diversi. Piuttosto, possiamo dire che svolgano funzioni simili all’interno di complessi sistemi umani e tecnici. Sebbene il funzionalismo abbia talvolta veicolato l’assunto che i processi fisici effettivi sono irrilevanti fintantoché i risultati sono gli stessi (come è accaduto, ad esempio, nel comportamentismo e in alcune versioni della cibernetica), il quadro interpretativo qui presentato considera il contesto come un elemento cruciale per il funzionamento della cognizione nonconscia, incluso l’ambiente biologico e tecnico in cui le cognizioni hanno luogo. Nonostante le profonde differenze dei contesti, le cognizioni nonconsce negli organismi biologici e nei sistemi tecnici condividono alcune somiglianze strutturali e funzionali, in particolare nella costruzione di strati di interazioni a partire da scelte di basso livello, dunque cognizioni molto semplici, fino a cognizioni e interpretazioni superiori.

    Prima di esplorare questi parallelismi strutturali è necessario un dissodamento del terreno che ci liberi dalle questioni più annose: le macchine possono pensare? Cosa distingue la cognizione dalla coscienza e dal pensiero? Come interagisce la cognizione con i processi materiali e come se ne distingue? Da queste domande fondamentali derivano ulteriori riflessioni circa l’intenzionalità dei mezzi computazionali e biologici, specialmente rispetto ai processi materiali, e le implicazioni etiche che emergono quando i sistemi cognitivi tecnici agiscono come attori autonomi in assemblaggi cognitivi. Quali criteri etici dovrebbero essere applicati, per esempio, se un drone o un robot militare che agiscono autonomamente vengono dotati di armi letali? Tali criteri dovrebbero rivolgersi al dispositivo tecnico, all’essere o agli esseri umani che lo mettono in moto, o a chi li produce? Quali prospettive sono in grado di offrire strutture concettuali abbastanza robuste per far fronte ai sistemi cognitivi tecnici in espansione esponenziale e al contempo abbastanza sfaccettate da cogliere le complesse interazioni che intercorrono tra le cognizioni tecniche e i sistemi culturali e sociali umani?

    Porre tali domande è come tirare un filo di lana da una smagliatura; più si tira, più l’intero apparato teorico che abbiamo ordito per spiegarci il significato dei media biologici e computazionali comincia a disfarsi. La prima e la seconda parte del libro tirano quel filo più forte che possono, per poi cercare di ritessere la maglia usando modelli diversi, che rivalutano la natura dell’intenzionalità umana e tecnica, ridefiniscono le cognizioni umane e tecniche e indagano sulle nuove opportunità e sfide lanciate agli studi umanistici.


    1 Antonio Damasio, Emozione e coscienza, Adelphi, Milano 2007; Stanislas Dehaene, Coscienza e cervello. Come i neuroni codificano il pensiero, Raffaello Cortina, Milano 2014; Gerald M. Edelman, Giulio Tononi, Un universo di coscienza. Come la materia diventa immaginazione, Einaudi, Torino 2000.

    2 Antonio Damasio, Emozione e coscienza, Op. cit.

    3 Gerald M. Edelman, Giulio Tononi, A Universe of Consciousness: How Matter Becomes Imagination, Op. cit.

    4 Stanislas Deahene, Coscienza e cervello. Come i neuroni codificano il pensiero, Op. cit.; David M. Eagleman, In incognito: la vita segreta della mente, Mondadori, Milano 2012.

    5 Antonio Damasio, Il sé viene alla mente. La costruzione del cervello cosciente, Adelphi, Milano 2012, pp. 254-263.

    6 Katherine Nelson, Narrative and the Emergence of a Consciousness of Self, in Gary D. Fireman, Ted E. McVay, Owen J. Flanagan «Narrative and Consciousness», Oxford University Press, Oxford 2003.

    7 Damasio, Il sé viene alla mente. La costruzione del cervello cosciente, Op. cit., p. 258.

    8 La ricerca indica che prima ancora che le narrazioni verbali vengano decodificate dalla coscienza superiore, la coscienza nucleare e forse anche la cognizione nonconscia hanno già innescato le reazioni fisiologiche adatte agli sviluppi narrativi; vedi, per esempio, Katrin Riese, Mareike Bayer, Gerhard Lauer, Annekathrin Schact, In the Eye of the Recipient, in «Scientific Study of Literature» vol. 4, 2014; www.ingentaconnect.com/content/jbp/ssol/2014/00000004/00000002/art00006

    9 Ran R. Hassin, James S. Uleman, James A. Bargh, The new unconscious, Oxford University Press, Oxford 2005.

    10 Per chi fosse interessatə alle teorie freudiane, l’inconscio può essere considerato come un caso particolare di ‘nuovo’ inconscio in cui un evento traumatico ha interrotto la comunicazione agile e frequente con la coscienza, ma che riesce ancora a manifestarsi alla coscienza in altre forme, ovvero attraverso

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