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Gli indecifrabili labirinti dell'Occidente. Fisica quantistica, teologia e logica versatile della scienza
Gli indecifrabili labirinti dell'Occidente. Fisica quantistica, teologia e logica versatile della scienza
Gli indecifrabili labirinti dell'Occidente. Fisica quantistica, teologia e logica versatile della scienza
E-book544 pagine7 ore

Gli indecifrabili labirinti dell'Occidente. Fisica quantistica, teologia e logica versatile della scienza

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Info su questo ebook

I labirinti dell'Occidente sono stati edificati da un'alleanza per niente santa tra scienza, teologia e logica versatile (o love, in breve) per tentare di imprigionarci in una sorta di gabbia dorata (sotto il cui colore aureo brilla però un gelido acciaio).

Per poterne capire la logica più intima e spezzarne la macchinazione a nostro solo danno, è necessario espugnare il security system con cui i labirinti proteggono se stessi. In primo luogo mandando in frantumi i cliché con cui quelle due potenze dello spirito (dis)simulano la loro natura. Ed è possibile farlo solo mediante appropriate e originali chiavi di lettura.

Né la scienza né la teologia, direbbe Iago, sono infatti quello che sono. Se il lettore volesse sapere perché e riconoscere dietro gli stereotipi il volto reale di entrambe, non gli resta altro da fare che inoltrarsi nella solida documentazione che il volume ci presenta. Scoprirà alla fine, alla luce delle conoscenze acquisite strada facendo, che la realtà dei fatti ha un aspetto ben diverso da quello che gli è sempre stato raccontato.
LinguaItaliano
Data di uscita20 set 2022
ISBN9791221421514
Gli indecifrabili labirinti dell'Occidente. Fisica quantistica, teologia e logica versatile della scienza

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    Anteprima del libro

    Gli indecifrabili labirinti dell'Occidente. Fisica quantistica, teologia e logica versatile della scienza - Franco Soldani

    1. La teologia di fronte a fisica e cosmologia

    I mondi surreali della scienza contemporanea si arricchiscono ogni giorno di nuovi colpi di scena. Apparentemente perlomeno. Quasi certamente per l’ignaro lettore, sballottato di qua e di là da una cronaca che gli annuncia periodicamente continui rovesciamenti di fronte e nuove rivoluzioni scientifiche.

    In Francia è infatti appena uscito un volume in cui si sostiene che la fisica odierna, in particolare quantistica, dimostrerebbe l’esistenza di un Creatore dell’universo¹.

    Il tomo, con prefazione di Robert Wilson, che con Arno Penzias scoprì nel 1965 la cosiddetta radiazione cosmica di fondo e per la quale ha ricevuto il Nobel nel 1978, è a modo suo uno specchio singolare a dir poco, perché mette letteralmente à l’envers quello che da anni vanno sostenendo gli stessi fisici delle particelle e gli esponenti più in vista della cosmologia quantistica. Da questo punto di vista, è un vero prodigio, se riesce a far dire ai fisici teorici di punta dell’establishment occidentale l’esatto contrario di quello che pensano e pubblicano da tempo².

    In pratica, stando al resoconto di Cannone, il trattato metterebbe fine al materialismo e all’ateismo perché la nuova fisica avrebbe riportato in auge, in specie col Big Bang (d’ora in poi: BB),

    «la questione dell’esistenza di un Dio creatore». In barba a chi ha sempre creduto «che a ogni progresso scientifico la religione facesse in passo indietro», l’intero Novecento sarebbe «andato in senso diametralmente opposto» rispetto a quanto immaginato.

    Partiti «da un’epoca moderna all’insegna della secolarizzazione della scienza», si è infine approdati – attraverso «4 sensazionali passaggi storici»³ – a «nuove sintesi cosmologiche in cui l’idea di Creazione dal nulla [a opera di Dio] ritorna di prepotenza al centro dei dibattiti» scientifici. Di qui la «necessità di un cambio di paradigma», in cui «l’ipotesi Dio diviene più cogente e stringente»⁴.

    In un certo senso, il Creatore ritornerebbe al centro dell’attenzione perché la causa causarum che sarebbe all’origine di tempo, spazio e materia, visto che «queste tre dimensioni della realtà sorgono insieme», «deve essere, se ci si pensa bene, al di là del tempo, dello spazio e della materia». Per una ragione molto semplice, a parere di Cannone: «Nella realtà materiale, ora lo sappiamo, nulla è infinito e nulla assolutamente nulla, esiste da sempre. È impossibile che dal non essere, dal puro nulla, sia sorto l’essere. Ex nihilo, nihil fit».

    Se le cose stanno così, e per coloro che hanno scritto il volume in questione non può che essere così, è d’obbligo dedurne una sola conclusione. La seguente in particolare:

    «Dio diventa nuovamente plausibile. Non per i devoti, ma per i dotti. E quando si dice Dio, parlando di scienza e di fisica dell’universo, si intende un essere assoluto, immateriale ed eterno che ha dato origine a ciò che è invece contingente (ovvero che potrebbe non esserci), e che non è né eterno, né infinito. E queste caratteristiche siamo certi ormai che siano il marchio di fabbrica del nostro mondo»⁵.

    Benché questa interpretazione, mezzo secolo esatto dopo, di fatto riesumi l’allocuzione di Pio XII alla Pontificia Accademia delle Scienze in Vaticano nel 1951⁶, in cui il BB veniva presentato come l’omologo naturale dell’idea cristiana di creazione dal nulla⁷, di pari passo però essa s’infila negli stessi vicoli ciechi di allora, falsificando per la via – mettendole letteralmente sottosopra, in un’unica mossa che sia le capovolge sia le sovverte – anche le reali analisi della cosmologia e della fisica odierna! Paradossale e surreale insieme per un trattato che avrebbe voluto esibire su un piatto d’argento le prove scientifiche dell’esistenza del creatore! D’altronde, i coup-de-théâtre a rovescio non sono mai mancati nella storia della scienza, sin da quando è nata⁸.

    D’altra parte, se il resoconto di Cannone è verosimile e attendibile, come non v’è da dubitare che sia, le tesi del volume mostrano sin dall’inizio il vespaio in cui s’infilano, snocciolando dal loro più intimo foro un paradosso dietro l’altro e uno più letale dell’altro. Seduta stante.

    L’idea ad esempio che Dio esista prima del tempo mette infatti subito capo a una contraddizione in termini. Per quale ragione ce lo spiega Paul Davies, fisico quantistico e cosmologo inglese tra i più noti:

    «Se il tempo appartiene all’universo fisico e obbedisce alle leggi della fisica, ne consegue che il tempo è compreso in quell’universo che Dio dovrebbe aver creato. Ma ha senso dire che Dio è causa del tempo quando l’esperienza ordinaria ci insegna che la causa precede sempre l’effetto? La causalità è calata nel tempo: il tempo deve esistere prima che una cosa causi un’altra cosa. Se il tempo non esiste, concepire un dio che esiste prima dell’universo è assurdo, dato che non esiste né un prima né un dopo»⁹.

    Perché sia definitivamente chiara, Davies ripete più volte la sua spiegazione delle cose: «Non ha senso dire che Dio ha creato l’universo utilizzando la consueta categoria di causa: infatti, l’atto della creazione comporta l’inizio del tempo. E se non c’è un prima, non ci può nemmeno essere causa»¹⁰ sovrannaturale o naturale alcuna del mondo.

    Poiché i rapporti di causa ed effetto esistono solo nel tempo e con il tempo, assieme all’universo materiale con cui fanno tutt’uno, una causa effettiva esistente prima del tempo e al di fuori o al di sopra del tempo semplicemente non può avere realtà alcuna. Così ci rammenta questo ulteriore divieto il matematico americano John Allen Paulos:

    «Dio, in quanto ipotetica causa prima, è assolutamente al di fuori dello spazio e del tempo. Ma questo comprometterebbe del tutto il concetto stesso di causa, definito proprio secondo la temporalità. Infatti, A è causa di B solo se A viene prima di B, e la causa prima viene – non dovrei neanche dirlo – per prima, precedendo cioè le sue conseguenze»¹¹.

    Le cose non vanno affatto meglio se si sostiene «che Dio abbia creato dal nulla l’intero materiale cosmico», una convinzione che del resto «è da lungo tempo parte integrante della dottrina cristiana»¹² ed è da sempre accoppiata all’idea dell’onnipotenza divina, indispensabile per non dover pensare che la materia le abbia imposto dei limiti e condizionato la sua opera.

    Solo che anche quest’ultima prerogativa di Dio, inevitabile se si vuol supporre che con un incondizionato e libero fiat abbia fatto nascere l’universo, va incontro a nuovi divieti. Come questo avvenga, stavolta ce lo spiega John Paulos:

    «Se assumiamo contemporaneamente l’onnipotenza e l’onniscienza di Dio, cadiamo in una palese contraddizione. Un Dio onnisciente, infatti, conosce tutto ciò che accadrà: può predire la traiettoria futura di ogni fiocco di neve, il germogliare di ogni filo d’erba, le azioni di ogni essere umano, ma anche quanto Egli stesso compirà. Tuttavia, essendo onnipotente, può agire in qualunque modo e fare tutto ciò che vuole, incluso il comportarsi in modo diverso da quanto lui stesso aveva predetto. La Sua pretesa onniscienza è in realtà molto incerta e fallibile. Ecco perché Dio non può essere onnipotente e onnisciente allo stesso tempo»¹³.

    D’altro canto, l’intera questione non prende affatto piega migliore se si prende in considerazione il cosiddetto argomento cosmologico. Quest’ultimo, infatti, consta del seguente grappolo di postulati: «Ogni evento richiede una causa; poiché non può darsi una successione infinita di cause, occorre vi sia una causa prima da cui tutto procede: questa causa è Dio»¹⁴.

    L’interpretazione in oggetto, superfluo persino farlo notare, s’infila anch’essa, anche qui da subito, in un nuovo ginepraio ovvero in un’impossibile deduzione logica. Se Dio, in quanto ente necessario, non ha bisogno di alcuna causa, giacché è causa di se stesso, tale sua presunta natura entra subito in rotta di collisione col presupposto da cui si son prese le mosse: vale a dire, che ogni cosa debba avere una causa. Se Dio non ne ha alcuna, questa sua prerogativa contravviene alla premessa di partenza e quindi approda a esiti contraddittori, mandando in rovina la dimostrazione.

    Oltretutto, precisa ancora Davies, «se si ammette che qualcosa – e cioè Dio – possa esistere senza causa, viene meno la necessità del concetto di Dio»¹⁵, un epilogo ancora più pirotecnico e devastante del precedente. E non solo perché si potrebbe presupporre, a pari titolo e con la stessa liceità dell’opposto punto di vista, che lo stesso universo «sia causa di se stesso»¹⁶.

    Al fondo infatti di quell’esito infausto e come sua più intima ragion d’essere esiste un’altra, molto più radicale cagione, facente tutt’uno in pratica con la stessa presupposta natura di Dio. Se infatti il creatore, come dice il fisico statunitense Frank Tipler fosse realmente stato la ‘causa incausata’ dell’intero universo¹⁷, avrebbe egli stesso dissolto nel nulla ogni prima causa e avrebbe così nel contempo negato se stesso¹⁸. In altre parole, da solo e sua sponte, a seguito del proprio presunto status originario, si sarebbe dichiarato inesistente!

    Stando così le cose, neanche quindi se avesse voluto, e Dio non può avere volontà alcuna, come si vedrà meglio più avanti, Dio avrebbe mai potuto dare origine all’universo da un suo atto di volontà, da una sua deliberata decisione, da un suo presunto libero arbitrio (e Dio non può disporne!).

    D’altronde, anche se si prescindesse, e non lo si può fare, da questi effetti caustici, emergenti è bene ricordarlo dalla stessa ipotetica natura di Dio, come avrebbe mai potuto un’entità priva di causa – che già di per sé viola il principio di ragion sufficiente posto alla base, come si ricorderà, dell’argomento cosmologico – diventare d’emblée, senza averne i prerequisiti indispensabili, «la causa di tutte le cose»? Niente può essere ciò che non è.

    D’altra parte, anche se si volesse fare astrazione da questo fitto insieme di divieti e di conseguenze, un Dio che avesse creato dal nulla l’intero universo s’infilerebbe nuovamente da solo in un’altra impasse, l’ennesima in questa saga teo-cosmologica. Immaginare che un Artefice divino possa aver dato vita alla materia nella sua totalità traendola dal nulla, da ciò che non esiste, significa di fatto violare per l’ennesima volta il principio d’identità (pdi), giacché niente può non essere ciò che è.

    Far diventare il nulla l’origine di tutto significa precisamente sovvertire e mandare in fumo questo classico principio di ragione dell’Occidente. E Dio, anche in questo caso, come in tutti gli altri, non lo può fare, giacché, come ci fa sapere Davies, «anche un Dio onnipotente è soggetto ai vincoli della logica»¹⁹. Questi ultimi non sono negoziabili neanche per Dio e debbono dunque essere osservati anche dall’altissimo. Tanto è vincolante questo obbligo che «Dio può fare tutto ciò che non sia logicamente impossibile»²⁰ (ed è inutile dire che deve far valere questo precetto prima di tutto nei confronti di se stesso).

    Se è una contraddizione logica conclamata pretendere che un essere umano normale faccia ciò che un essere umano normale non può fare²¹, del pari è un’altra contraddizione logica altrettanto manifesta esigere da Dio che egli faccia ciò che gli è logicamente vietato fare (ovvero gli è reso impossibile dalla sua natura).

    Paradossalmente, anche se Dio avesse creato l’universo dal nulla avrebbe comunque nuovamente ridotto in polvere, come si è sopra accennato, le tassative prescrizioni del principio di ragion sufficiente (pdrs), giacché avrebbe cancellato qualunque origine del reale da una sua data causa. Per di più, anche per questa via avrebbe messo capo a un’altra, aggiuntiva contraddizione in termini, a un’ulteriore violazione della sua propria natura, la quale non può né ignorare, né tanto meno infrangere i principi del retto pensare ovvero «le ferree regole della logica»²².

    Per questo insieme di ragioni, ma non solo per queste naturalmente, la fisica odierna, in una sorta di replica aggiornata della risposta di Laplace a Napoleone, può e deve fare tranquillamente a meno di Dio nella spiegazione della natura. Con il BB, infatti, «non è più necessario l’intervento divino per spiegare l’origine della materia»²³. L’universo ora «è completamente autosufficiente, senza un confine o un margine, non ha né principio né una fine: semplicemente c’軲⁴.

    Così in un suo ulteriore enunciato di sintesi, Davies spiega ancora la cosa: «Nella moderna cosmologia scientifica non si dovrebbe più pensare allo spazio-tempo come a qualcosa che nasce. Si dice piuttosto che lo spazio-tempo (o l’universo) semplicemente esiste»²⁵. Non solo.

    Se la fisica reale asserisce dunque esattamente il contrario di quanto sostenuto dai due francesi, l’identica cosa fa lo stesso Einstein con il suo universo stazionario, dimostrando anch’egli quanto il trattato in questione falsifichi l’esatto stato delle cose e si avventuri in una vera e propria fabbricazione. Dio, infatti, «risulta del tutto assente anche nel modello dell’universo stazionario»²⁶ del grande tedesco e questi non può dunque corroborarne in alcun modo l’esistenza, a differenza di quanto si voleva far credere. Einstein, in altri termini, non ha mai reso più cogente e stringente l’ipotesi Dio. Tutt’altro.

    Difatti, fino all’ultimo Einstein rimase «fedele alla convinzione che l’universo è eterno ed essenzialmente immutabile nella sua struttura»²⁷, perennemente confinato in «uno stato stazionario, nel quale non c’è un’origine del tempo»²⁸ e tutto esiste da sempre. D’altronde, questa concezione è stata sin dall’inizio tipica di tutta la scienza occidentale: «In seguito all’opera di Copernico, Galileo e Newton, gli scienziati hanno tutti creduto in un cosmo eterno»²⁹. Lungo tutta questa tradizione di pensiero, all’inverso di quanto B&B avrebbero voluto farci credere³⁰, la materia è sempre esistita.

    D’altro canto, precisa Davies, persino nell’epoca del BB trionfante «non c’è nessuna ragione logica che ci porti a escludere che l’universo abbia un’età infinita»³¹. Nondimeno, se mettiamo da parte per un momento questa questione, l’argomento più influente dell’interpretazione cosmologica attuale, quella reale, non quella, finta, di cui fabulano B&B, è il seguente:

    «La fisica quantistica apre la strada a universi di età finita, la cui esistenza non richiede una causa prima ben definita. Non è necessario nessun atto speciale di creazione. Date le leggi della fisica, l’universo è, per così dire, in grado di badare a se stesso, anche alla propria creazione»³². Stando così le cose, spiega Davies, c’è una sola conclusione da trarre: «La scienza non solo confuta ma rende irrilevanti le antiche idee della religione»³³, inclusa quella cristiana.

    Del resto, precisa ancora lo scienziato inglese, simili tendenze paradossalmente vanno prendendo piede anche entro ambienti confessionali: «Oggigiorno, persino molti teologi sono ben disposti ad accettare che l’universo si governi da solo senza il bisogno di alcuna continua supervisione da parte di una divinità. Al contrario, le leggi di natura sono in grado di regolare ogni dinamica naturale senza nessuna assistenza sovrumana»³⁴. In breve: «La scienza non supporta la rappresentazione religiosa di un creatore che produce un’organizzazione bella e pronta del cosmo»³⁵. Ecco perché «la concezione biblica del mondo ci appare non più attuabile e praticabile»³⁶.

    Come si vede, non c’è enunciato della cosmologia contemporanea di punta che non affermi l’esatto contrario del volume di B&B, circostanza che fa delle loro tesi delle vere e proprie chimere, mostrandocele più come loro fabbricazioni che effettive descrizioni delle cose, circostanza che di per sé mette capo solo a vere e proprie mistificazioni del reale stato delle cose sopra documentato. Ma non è ancora finita.

    Poiché anche Frank Tipler viene annoverato tra i fisici quantistici che, caldeggiando il cosiddetto ‘principio antropico’³⁷, avrebbero nuovamente portato Dio al centro del dibattito scientifico, dirimente diventa toccare con mano, tramite la sua viva voce, cosa pensi realmente lo scienziato americano di questo suo nuovo titolo accademico. Prendiamo le mosse da come Tipler presenta se stesso.

    Il privato

    ●«Mi sia consentito dichiarare che al momento attuale sono obbligato a considerarmi ateo, nel senso letterale del termine: non sono un teista»³⁸ (Tipler non pensa dunque «che Dio sia l’Autore del mondo»)³⁹.

    ●«Il fatto che io abbia citato la Bibbia, il Corano, il Talmud, i Rig Veda e altri libri che qualcuno considera sacri non contraddice il mio ateismo»⁴⁰.

    ●«Il mio rifiuto del cristianesimo»⁴¹ e il fatto che «io non mi considero cristiano»⁴² discendono direttamente dal fatto che sin dagli inizi «ero un ateo convinto»⁴³.

    La professione e la comunità

    scientifica

    ●«La mia teoria del Punto Omega è fisica pura. Non vi è nulla di soprannaturale nella teoria e quindi non si fa mai appello, in alcun punto, alla fede. La teoria discende in realtà dalle tesi scientifiche e atee del materialismo»⁴⁴.

    ●«Dalla scienza moderna consegue implicitamente l’ateismo. Alla fine le persone comuni capiranno che la scienza moderna ha come conseguenza implicita l’ateismo e diventeranno atee esse stesse.

    Ormai la maggior parte degli europei occidentali e una minoranza cospicua di americani sono già costituite da atei a tutti gli effetti: vanno raramente in chiesa, se mai ci vanno, e la fede in Dio non gioca alcun ruolo nella loro vota quotidiana. La prova è chiara e inequivocabile: se gli scienziati non hanno alcun bisogno dell’ipotesi di Dio, non ne avrà bisogno alcun altro. Persino i teologi stanno diventando a tutti gli effetti atei»⁴⁵:

    «Quello che [nella gente comune] intacca la fede in Dio è il contatto approfondito con la scienza»⁴⁶.

    ●«I miei colleghi fisici sono di solito atei, ritengono che la religione sia un fenomeno legato a una visione prescientifica del mondo: sono convinti che l’ipotesi di Dio sia stata confutata molto tempo fa»⁴⁷.

    Il destino della teologia

    ●«La teologia, qualora non sia priva di senso, e quindi destinata a scomparire, diventerà un giorno una branca della fisica. In generale, l’opinione degli scienziati è che la teologia scomparirà»⁴⁸.

    ●«La teologia è una branca della fisica che i fisici possono dedurre attraverso procedimenti di calcolo, esattamente nel modo in cui calcolano le proprietà dell’elettrone»⁴⁹.

    ●«La fisica ha infine invaso il territorio della teologia. La teologia o è assolutamente priva di senso, una materia senza contenuti, oppure deve finire per identificarsi con una branca della fisica»⁵⁰.

    ●«Questo mio libro intende provare il mio assunto di aver ridotto epistemologicamente la teologia alla fisica»⁵¹.

    ●«Non soltanto ho trattato rigorosamente la teologia come una scienza naturale, ma ho anche sostenuto che è una scienza naturale, di fatto una branca dell’astronomia.

    Ora la scienza si basa sulla ragione, e soltanto sulla ragione. Non vi è alcun modo né forma nei quali possa utilizzare la rivelazione»⁵².

    ●«Oggi la teoria del Punto Omega consente ai concetti fondamentali della tradizione ebraico-cristiana-islamica di essere concetti della fisica moderna: la teologia non è altro che cosmologia fisica. La fisica ha oggi incorporato la teologia. Ora la religione fa parte della scienza»⁵³.

    La distinzione tra teologia e religione

    ●«Al pari della medicina, la religione è troppo importante per lasciarla ai suoi tradizionali professionisti»⁵⁴.

    «Affinché la religione sopravviva, la fisica deve estendersi alla teologia. [Noi fisici] strapperemo alla teologia l’intero regno della teoria cosmologica»⁵⁵.

    «La religione è molto di più della teologia»⁵⁶.

    Quest’ultima scomparirà, mentre la prima diventerà parte integrante di una nuova visione dell’universo, di fatto una branca della fisica, la cui «logica inesorabile»⁵⁷ la renderà per la prima volta reale come un elettrone.

    Naturalmente, incorporando la teologia nella scienza, alla fine Tipler ha lasciato sussistere solo la fisica, facendo nel contempo svanire nel nulla ogni teologia. Di fatto, come si è visto, l’ha resa identica a un dipartimento accademico di fisica e quindi l’ha fatta sparire dalla scena. In altre parole, l’ha liquidata come un ferrovecchio di fronte al sistema di conoscenze della scienza odierna.

    A confronto con l’inequivocabile spiegazione di Tipler appena vista, B&B hanno completamente distorto e mistificato l’effettivo stato delle cose, attribuendo allo scienziato americano l’esatto contrario di quanto da questi sostenuto a chiare lettere. Hanno cioè sostituito il falso all’originale, falsificato i fatti e capovolto la realtà, come degli ideologi da quattro soldi qualsiasi, in guisa di amanuensi medievali che, raschiato via il testo originario e originale, abusivamente lo sostituiscono per secondi fini con il loro.

    D’altra parte, la reale cosmologia e fisica quantistica attuale confuta di nuovo, in maniera diversa, le loro fabbricazioni. Lo scienziato statunitense Lawrence Krauss, uno degli esponenti più in vista della cosmologica quantistica più recente, nel mentre ci spiega l’interpretazione quantistica dell’universo, comincia la sua analisi con una classica distinzione tra un Dio presupposto e una realtà fisica oggettiva indipendente (che, inutile persino dirlo, ha il favore dei fisici). La seguente:

    «Tutto considerato, qual è la differenza tra un Creatore esistente da sempre rispetto a un universo eterno senza alcun artefice?»⁵⁸.

    Inutile dire che posto di fronte alle due alternative, un fisico non potrà che optare in maniera naturale per la seconda, tanto più se come ci ha fatto sapere Tipler la loro comunità è in generale atea. Se dunque l’incipit in causa segue la scia già vista di Tipler e Paulos, l’analisi di Krauss va tuttavia ben più a fondo di questo iniziale dilemma (neanche tanto problematico in verità ovvero del tutto retorico, stando le cose come sappiamo che stanno).

    Nel nostro mondo, spiega lo scienziato americano, «le leggi di natura sono tutto ciò che esiste e tali leggi sono ciò che ha portato il nostro universo all’esistenza, ne hanno determinato lo sviluppo e l’evoluzione; noi stessi ne siamo un inevitabile risultato»⁵⁹. Questo «è il fatto più importante». Invece, «quando si tratta di spiegare come il nostro universo evolve, la religione e la teologia diventano nel migliore dei casi irrilevanti, in quanto spesso confondono le acque»⁶⁰. Questa la conclusione di Krauss:

    «La scienza, come ha sottolineato il fisico Steven Weinberg, non rende impossibile credere in Dio, ma piuttosto rende possibile non credere in Dio. Senza la scienza, tutto è miracolo. La fede religiosa in questo caso diventa sempre meno necessaria e anche sempre meno rilevante»⁶¹.

    D’altronde, dice Tipler, «la lezione della scienza è chiara: tutti i miracoli vanno esclusi»⁶² da ogni spiegazione scientifica del mondo (inutile dire che, esattamente all’opposto, B&B ne invocano una quantità nel loro volume!). In quest’ultimo ambito, conclude Krauss, non c’è alcun bisogno di «un Dio apparentemente onnipotente che non potrebbe avere alcuna libertà nella creazione del nostro universo. Senza alcun dubbio, tutto ciò suggerisce che Dio non è necessario o è, nel migliore dei casi, ridondante»⁶³.

    D’altronde, Krauss non è certo solo nell’ambito dei cosmologi contemporanei. Alla sua analisi fa infatti eco anche l’interpretazione del fisico statunitense Leonard Susskind:

    «Gli scienziati, quelli veri, resistono alla tentazione di spiegare i fenomeni naturali, inclusa la creazione stessa, ricorrendo all’intervento divino. Per quale motivo? Perché come scienziati capiamo che esiste un bisogno umano di credere, il bisogno di essere consolati, che facilmente annebbia il giudizio. È troppo facile cadere nella trappola seducente di una favola consolatoria. E quindi resistiamo, fino alla morte, alle spiegazioni del mondo che non siano esclusivamente fondate sulle leggi della fisica, sulla matematica e sulla probabilità»⁶⁴.

    Le più recenti conclusioni di Susskind non fanno altro del resto che calcare le orme di una tradizione che nella meccanica quantistica, anche non cosmologica, si è affermata da tempo, come dimostrato anche da questa spiegazione dello scienziato statunitense Menas Kafatos, che per l’ennesima volta statuisce precisamente il contrario di quanto ci è stato surrettiziamente presentato dai due francesi: «Non c’è niente nella nostra attuale concezione scientifica del mondo che possa provare l’esistenza di Dio o dell’Essere e nulla che legittimi ogni concezione antropomorfa della natura di Dio o dell’Essere»⁶⁵.

    ___________________

    ¹ M.Y. Bolloré, O. Bonassies, Dieu, la science, les preuves,Trédaniel Éditeur, Pa- ris, 2021. Un ampio compendio del testo nell’articolo di Fabrizio Cannone nel quo- tidiano La Verità dell’11 dicembre 2021, p. 19. La tesi di B&B non è certo nuova nell’ambito della cultura novecentesca. Sul tema ad esempio si vedano i seguenti due volumi: E. Taylor Whittaker, Space and Spirit. Theories of the universe and the arguments for the existence of God, Nelson & Son, London, 1946; E. Arthur Milne, Modern cosmology and the christian idea of God, Clarendon Press, Oxford, 1952. Nondimeno, in campo scientifico, la letteratura oggi formalmente avversa a ogni propensione teologica dei fisici o dei biologi, nonché contro ogni ipotesi non- laplaciana in merito a Dio, è notevole. A mero titolo d’esempio si vedano i seguenti saggi: R. Dawkins, The God delusion, Bantam, London, 2006; id., Diventare più grandi di Dio, Mondadori, Milano, 2019; E. Boncinelli, La scienza non ha bisogno di Dio, Rizzoli, Milano, 2012. Nel panorama scientifico odierno ci sono poi natu- ralmente anche tendenze controcorrente (si veda Amir Aczel, Perché la scienza non nega Dio, Cortina Editore, Milano, 2015) oppure dichiaratamente interessate a trovare Dio e provarne l’esistenza tramite la scienza: cfr. Kenneth R. Miller, Fin- ding Darwin’s God. A scientist’s search for common ground between God and evolution, Harper, New York, 2007. Infine, vi sono scuole di pensiero che spiegano la fede umana in Dio tramite lo stesso funzionamento neuronale del nostro cervello, come se in un certo senso il ‘divino’ fosse una sorta di ‘ricompensa mentale’, di- ceva Changeux, che la nostra «macchina cerebrale» elargisce al soggetto (cfr. Il pensiero ermafrodita, cit., pp. 152-153). In merito: Eugene d’Aquili, Andrew New- berg, The mystical mind. Probing the biology of religious experience, Fortress Press, Minneapolis, 1999; Patrick Jean-Baptiste, La biologie de Dieu. Comment les sciences du cerveau expliquent la religion et la foi, Agnès Viénot Editions, Paris, 2003; Andrew Newberg, Marx Robert Waldman, How God change your brain, Ballantine Books, New York, 2009; Andrew Newberg, Principles of neurotheol- ogy, Ashgate, Burlington (VT), 2010.

    ² Il volume consta di 530 pagine di testo vero e proprio. Il 41% del libro (220 pagine su 530) sono documenti confessionali desunti dalla Bibbia, definiti dagli stessi B&B testi «hors science» e comprendono miracoli, verità inattingibili da parte degli umani e simili. Sono quindi in smaccato conflitto d’interessi, giacché la loro autenticità in pratica dovrebbe essere dimostrata e convalidata dal loro stesso contenuto. Di fatto, la teologia si dà ragione da sola e per di più sostiene poi che la scienza ne corrobori in blocco la natura! Molto comodo davvero. Ovviamente, pretendere che la teologia certifichi l’esistenza di Dio, è come chiedere moneta sonante a un falsario. D’altro canto, le prime 310 (ovvero il 59% circa del totale) sono una summa di fabbricazioni, opinioni unilaterali di una parte dei fisici (ovvero mezze verità), falsi veri e propri, enunciati fuorvianti, realtà capovolte, stati di cose stravolti, e via di questo passo, nel più puro e classico stile del falso in onore di Dio dei padri della chiesa! In merito si veda K. Deschner, Il gallo cantò ancora. Storia critica della Chiesa, Massari Editore, Bolsena, 1998, pp. 29 e sgg.: «In nessun campo si sono verificati tanti falsi, quanto in ambito religioso, e nel Cristianesimo sono forse ancor più numerosi: è l’arte sacra della menzogna, il pio inganno col quale si imbrogliano generazioni e intere epoche storiche» (ibidem). Tale circostanza è talmente vera, spiega Deschner, che persino «l’intero libro sacro, la Bibbia, rigurgita di documenti falsi» (La chiesa che mente. I retroscena storici delle falsificazioni ecclesiastiche, Massari, Bolsena, 2001, p. 13). Alla luce di queste constatazioni, Kafka rispecchia in pieno l’effettivo stato delle cose quando nel suo famoso epigramma ci fa sapere che «la menzogna è diventata l’ordine del mondo» (Der Prozess, Suhrkamp, Frankfurt am Main, 2005, p.228). Il dato è per di più corroborato dal fatto che il protagonista del romanzo, Josef K., giunge a queste conclusioni dopo aver ascoltato il cappellano delle carceri nel duomo della città (di Praga molto probabilmente), dentro il tempio per eccellenza del Cristianesimo. D’altronde, la Chiesa, come ci ha fatto sapere a suo tempo il cardinal Martini, è un vero e proprio «sistema di potere» con due tratti fondamentali. Il primo: «È sempre stato così». Il secondo: v’è persino paradossalmente «una ragione perché sia così», data dal fatto che il Vaticano coltiva un proprio presunto «istinto di sopravvivenza» e quindi obbedisce solo a tale imperativo della vita (che lo faccia poi anche mediante il crimine e le imposture è cosa che viene ignorata naturalmente dall’alto prelato). Tutti i passi citati in F. Soldani, Gli inganni della propaganda intellettuale odierna, 2010, consultabile qui www.faremondo.org. D’altronde, la «lotta per il potere» e la «brama di potere», se è sempre stata una caratteristica della Chiesa nascente e della gerarchia ecclesiastica, si sono sempre nutrite, come è nella natura della cosa, di corruzione, «arroganza» e «potere del clero», guerre sante «costate la vita a milioni di persone» e promosse a fini di lucro, servizi segreti e dunque misfatti e delitti à gogo (Eric Frattini), postriboli costruiti dagli stessi papi per lo sfruttamento della prostituzione, e via di questo davvero edificante passo (in merito a tutte queste questioni, si veda La Chiesa che mente, cit., rispettivamente, p. 52, p. 101, p. 77-80, pp. 110-114). L’elenco è lungo. Lo si veda ne Il gallo cantò ancora, già citato.

    ³ I seguenti, così come li enumera lo stesso Cannone: a) la teoria della relatività di Einstein; b) lo stesso Big bang; c) la dimostrazione della morte termica dell’universo; d) la perfetta regolazione, sintonizzazione e predisposizione dell’universo.

    ⁴ Tutti i passi citati nell’articolo di Cannone.

    ⁵ Tutti i passi citati ibidem.

    ⁶ Cfr. L. Krauss, A universe from nothing. Why there is something rather than noth- ing, Free Press, New York, 2012, p. 4.

    ⁷ Cfr. J. Barrow, L’infinito. Breve guida ai confini dello spazio e del tempo, Mondadori, Milano, 2006, p. 102. Dopo il 1951, nota causticamente Krauss, «il papato non ha più portato la questione all’attenzione del pubblico», probabilmente perché ci si è resi conto del fatto che «se la teoria fosse stata dimostrata falsa, le pretese della Chiesa romana a proposito della Genesi avrebbero potuto essere confutate» (sarebbero cadute, cioè, insieme all’evento su cui si fondavano): L. Krauss, A universe from nothing, cit., p. 5. Meglio prevenire con un cauto silenzio una simile, sempre possibile, eventualità, devono aver pensato in Vaticano.

    ⁸ Ad esempio chi avrebbe mai potuto sospettare che Newton, sulla carta il più importante scienziato dell’Occidente, secondo la vulgata almeno, manipolasse i propri dati per farli combaciare con le sue teorie invece di provare il contrario e convalidarle con esperimenti reali? Eppure è successo: cfr. ad es. H. Judson, The great betrayal. Fraud in science, Harcourt, New York, 2004, pp. 52 e sgg. Anche Darwin del resto faceva ritoccare ovvero alterare le fotografie usate nel suo The expression of the emotions in man and animals del 1872 per farle meglio collimare con le sue descrizioni (cfr. di nuovo H. Judson, The great betrayal, cit., pp. 61-64).

    ⁹ P. Davies, Dio e la nuova fisica, Mondadori, Milano, 1994, p. 69.

    ¹⁰ Ibidem, p. 61.

    ¹¹ J.A. Paulos, La prova matematica dell’inesistenza di Dio, Rizzoli, Milano, 2008, p. 16.

    ¹² P. Davies, Dio e la nuova fisica, cit., pp. 44-45.

    ¹³ J.A. Paulos, La prova matematica dell’inesistenza di Dio, cit., pp. 51-52; grassetto mio.

    ¹⁴ P. Davies, Dio e la nuova fisica, cit., pp. 54-55.

    ¹⁵ Ibidem, p. 61.

    ¹⁶ Ibidem: «Infatti, anche l’universo stesso potrebbe esistere senza una causa esterna a sé. Supporre che l’universo sia causa di se stesso richiede una sospensione dell’incredulità non maggiore che dichiarare che Dio è causa di se stesso».

    ¹⁷ Cfr. il mio I mondi surreali della teoscienza. Teologia e realtà nella fisica di Frank Tipler, Faremondo, Bologna, 2018, pp. 241 e sgg.

    ¹⁸ Così spiega tale vicolo cieco Davies: «La strada per dimostrare l’esistenza di Dio in quanto causa di tutte le cose è disseminata di trabocchetti per farvi precipitare gli incauti» (P. Davies, Dio e la nuova fisica, cit., p. 60).

    ¹⁹ Id., La mente di Dio. Il senso della nostra vita nell’universo, Mondadori, Milano, 1993, p. 211.

    ²⁰ F. Tipler, La fisica dell’immortalità. Dio, la cosmologia e la risurrezione dei morti, Mondadori, Milano, 1995, p. 251.

    ²¹ Cfr. ibidem, p. 42.

    ²² P. Davies, I misteri del tempo. L’universo dopo Einstein, Mondadori, Milano,1996, p. 178.

    ²³ Id. , Dio e la nuova fisica, cit., p. 51.

    ²⁴ Id., La mente di Dio, cit., p. 74. Come diceva il matematico e fisico tedesco Hermann Weyl: «Il mondo oggettivo è semplicemente: non accade» (citato in P. Davies, I misteri del tempo, cit., p. 76).

    ²⁵ P. Davies , Dio e la nuova fisica, cit., p. 75.

    ²⁶ Ibidem., p. 43.

    ²⁷ Id., I misteri del tempo, cit., p. 8. «A quel tempo [nel 1917] nessuno sospettava che l’universo stesse espandendosi, e quindi era perfettamente naturale che Einstein cercasse un modello che fosse statico ed eterno» (ibidem, p. 144).

    ²⁸ Ibidem, p. 163; grassetto mio.

    ²⁹ Id., La mente di Dio, cit., p. 43.

    ³⁰ Si veda l’articolo di Cannone: «Nella realtà materiale, ora lo sappiamo, nulla è infinito e nulla, assolutamente nulla, esiste da sempre».

    ³¹ P. Davies, Dio e la nuova fisica, cit., p. 41.

    ³² Id., La mente di Dio, cit., pp. 75-79. Si veda ancora questo passo: «Date le leggi della fisica, l’universo può crearsi da sé […] Date le leggi, l’esistenza dell’universo non è in sé miracolosa» (ibidem, p. 81). Tale convinzione non è del resto del solo Davies: «Non si può sostenere in primo luogo che la dottrina cristiana della creazione convalidi il modello del ‘big bang’, né, in secondo luogo, che il modello del ‘big bang’ convalidi la dottrina della creazione» (il fisico americano Ernan McMullin, citato in Dio e la nuova fisica, cit., p. 38). In sintesi: «Non è più necessario l’intervento divino per spiegare l’origine della materia» (ibidem, p. 51).

    ³³ Ibidem, p. 16; corsivo e grassetto miei.

    ³⁴ Id., The edge of infinity, Beyond the black hole, Penguin, London, 1981, p. 169.

    ³⁵ Ibidem, p. 170; grassetto mio.

    ³⁶ Id., Dio e la nuova fisica, cit., p. 14. Si veda ancora questa sua spiegazione: «L’argomento di Tommaso d’Aquino [«Dio era un creatore che agiva secondo un piano prestabilito»] crollò nel diciassettesimo secolo, con lo sviluppo della scienza della meccanica. Le leggi di Newton spiegano, in modo perfettamente adeguato, il moto dei corpi in termini di inerzia e di forze, e senza il bisogno di una supervisione divina; né in questa descrizione meccanicistica del mondo c’era posto per la teleologia (cause finali, od orientate a uno scopo)» (id., La mente di Dio, cit., p. 247).

    ³⁷ Con questo principio, Tipler e John Barrow han cercato «di dimostrare che degli organismi biologici coscienti possono nascere solo in un universo nel quale le leggi della fisica abbiano una certa forma speciale» (La mente di Dio, cit., p.230), come se «siano state programmate intenzionalmente avendo come scopo gli esseri umani» (ibidem, p.247) e in ultima analisi «noi [fossimo] il fine per cui esiste l’universo» (ibidem, p. 7). Il volume in cui Barrow e Tipler hanno avanzato l’idea in oggetto è il seguente: The anthropic cosmological principle, Oxford University Press, Oxford, 1986.

    ³⁸ F. Tipler, La fisica dell’immortalità, cit., p. 290.

    ³⁹ Ibidem, p. 196.

    ⁴⁰ Ibidem, p. 290.

    ⁴¹ Ibidem, p. 291.

    ⁴² Ibidem, p. 294.

    ⁴³ Ibidem, p. xi.

    ⁴⁴ Ibidem, p. 18; corsivo mio. Tipler sostiene addirittura che la sua teoria «è iniziata con il marxista John Bernal» (ibidem).

    ⁴⁵ Ibidem, pp. 11-12.

    ⁴⁶ Ibidem, p. 326.

    ⁴⁷ Ibidem, p. xvi. Inutile dire che Tipler qui asserisce precisamente l’inverso di quanto sostenuto da Cannone in merito ad una presunta ‘ipotesi Dio’ che avrebbe dovuto diventare ‘più cogente e stringente’.

    ⁴⁸ Ibidem, p. 311.

    ⁴⁹ Ibidem, p. xi.

    ⁵⁰ Ibidem, p. 5.

    ⁵¹ Ibidem, p. 282.

    ⁵² Ibidem, p. 318.

    ⁵³ Ibidem, p. 320.

    ⁵⁴ Ibidem, p. 10.

    ⁵⁵ Ibidem, p. 312.

    ⁵⁶ Ibidem, p. 319.

    ⁵⁷ Ibidem, p. xi.

    ⁵⁸ L. Krauss, A universe from nothing, cit., p. xii.

    ⁵⁹ Ibidem, p. 142.

    ⁶⁰ Ibidem, p. xvi.

    ⁶¹ Ibidem, p. 183.

    ⁶² F. Tipler, La fisica dell’immortalità, cit., p. 294.

    ⁶³ L. Krauss, A universe from nothing, cit., p. 185; corsivo mio.

    ⁶⁴ L. Susskind, Il paesaggio cosmico. Dalla teoria delle stringhe al megaverso, Adelphi, Milano, 2011, p. 338.

    ⁶⁵ M. Kafatos, The non-local universe. The new physics and matters of the mind, Oxford University Press, Oxford, 2001, p. 216.

    2. Mondo pagano e teologia cristiana

    Come si è visto finora, le tesi di B&B sono state confutate da una folla di rappresentanti del pensiero scientifico reale, a cominciare dall’universo stazionario di Einstein, nel mentre questi paradossalmente è stato invece invocato, a rovescio, per corroborarle. Del resto, come si è visto, se la fisica odierna afferma il contrario di B&B, anche la cosmologia quantistica di punta asserisce l’inverso di B&B.

    D’altronde, nel teatro dell’assurdo all’aria aperta disegnato dai due francesi, Tipler è forse il caso più eclatante, giacché il fisico americano, sulle orme è vero di molti altri suoi colleghi e a suo parere dell’intera comunità scientifica attuale, tanto ha spiegato cose esattamente opposte a quelle di B&B, quanto ha letteralmente mandato in fumo la loro fittizia presentazione dell’affaire. Ma non è ancora finita.

    Questi ultimi riescono infatti a demolire la loro ricostruzione delle cose, per quanto surrettizia e in definitiva falsa essa sia, anche attraverso i loro stessi argomenti. In altre parole, viene ridotta in polvere dalla stessa stoffa di cui consta la loro interpretazione. Si tratta di una sorta di demolizione controllata dall’interno, in cui il crollo del manufatto avviene a opera degli stessi materiali di cui è fatto l’edificio.

    A beneficio del lettore e a fini di una migliore comprensione del tutto, ne compendio in questo schema di sintesi il paradossale ragionamento, già visto del resto in precedenza:

    Dio e universo

    (I)

    Dato che «queste tre dimensioni della realtà sorgono insieme», il Creatore

    «deve essere, se ci si pensa bene, al di là del tempo, dello spazio e della materia».

    (II)

    «Nella realtà materiale, ora lo sappiamo, nulla è infinito e nulla assolutamente nulla, esiste da sempre. È impossibile che dal non essere, dal puro nulla, sia sorto l’essere. Ex nihilo, nihil fit».

    (III)

    «Dio diventa nuovamente plausibile. Non per i devoti, ma per i dotti. E quando si dice Dio, parlando di scienza e di fisica dell’universo, si intende un essere assoluto, immateriale ed eterno che ha dato origine a ciò che è invece contingente (ovvero che potrebbe non esserci), e che non è né eterno, né infinito. E queste caratteristiche siamo certi ormai che siano il marchio di fabbrica del nostro mondo».

    Se (II) nasce smentita dallo stesso Einstein, il cui universo stazionario esiste da sempre, la (I) e la (III) confutano in pari tempo sia la presunta natura dell’Artefice, sia l’idea che lo vorrebbe al di là dell’intera realtà fisica. Se Dio infatti ha realmente creato l’universo e l’ha evocato in vita, ha inevitabilmente conferito alla sua creatura lo stesso suo status¹.

    Da consimile fonte assoluta, seguono sempre e soltanto risultati necessariamente identici alla, o dello stesso genere della, causa che li ha generati. La prole non può differire dal suo demiurgo. Come nel Seicento ci ha fatto sapere Silesius, «siamo anche noi lo stesso essere che Dio 軲 (e quindi, a seguire, se lo siamo noi, anche l’intera natura lo è).

    Se non fosse così, si dovrebbe ammettere che Dio possa generare dal suo stesso seno una materia dissimile e persino opposta alla propria natura. Il che non può essere, giacché se fosse si dovrebbe del pari ammettere che dal sempiterno possa aver origine il secolare, dall’infinito il finito, dall’imperituro l’effimero, e

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