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Amnesia
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E-book167 pagine2 ore

Amnesia

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Info su questo ebook

Il cielo sembrava sfiorarmi il volto e la terra su cui ero distesa sembrava non volermi neppure sorreggere...dove avrei messo le mie radici? Sbagliavo a pensare di dover piantare radici perché uno spirito libero possiede solo ali per volare e non ci sono catene, gabbie o prigioni in cui si possa farlo soccombere.

Una giovane ragazza si risveglia tra le macerie di una città, è sola e senza speranze perché ha perso la memoria di tutto quello che aveva di più caro al mondo e soprattutto ha perso la memoria di sé. Si fa chiamare Amnesia, unica cosa che riesce a ricordare insieme alla capacità di viaggiare nel tempo dormendo, e vive aldilà del tempo e dello spazio. Incontrerà personaggi interessanti che tenteranno di aiutarla a guarire dall'amnesia e, attraversando numerose peripezie, riuscirà a recuperare la memoria questa nostra amata viaggiatrice nel tempo? L’unica costante nella sua vita sembra essere Pandemonio…
LinguaItaliano
Data di uscita22 apr 2021
ISBN9788869632754
Amnesia

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    Anteprima del libro

    Amnesia - Jessica Icestorm

    Jessica Icestorm

    AMNESIA

    Memorie di una viaggiatrice nel tempo

    Elison Publishing

    © 2021 Elison Publishing

    Tutti i diritti sono riservati

    www.elisonpublishing.com

    ISBN 978-88-6963-275-4

    …Ricorda nel passato, vivi nel presente, sogna nel futuro…

    1. Macerie

    Aprii gli occhi e sbattei le palpebre a ripetizione, era la realtà o solo un terribile incubo?

    La luce era accecante e mi impediva di vedere cosa ci fosse al mio fianco, mi sentivo la gola secca e la bocca impastata. Mi sentivo confusa e disorientata. Sapevo perfettamente quello che mi era successo, ma preferivo mentire a me stessa per potermi rialzare, altrimenti non lo avrei mai fatto.

    Avevo perso tutto, avevo perso quello che amavo e mi apparteneva…che cosa ne restava di me?

    Scrollai la testa e sospirai, incominciai a vedere chiaro ciò che mi circondava, c'erano solo macerie intorno a me. Erano sopra, sotto e di fianco, erano anche dentro i polmoni… solo macerie. Ero come seppellita viva.

    Tossii a ripetizione, mi sentivo soffocare e mi sollevai a sedere prendendomi la testa tra le mani, gli occhi erano gonfi e pesanti come se avessero pianto le lacrime più amare al mondo. Mi scrutai intorno e c'era solo distruzione, i palazzi erano crollati e le strade erano devastate, non c'erano più sentieri da percorrere o speranze a cui aggrapparsi.

    Era tutto distrutto, devastato.

    Portai una mano alla testa poggiandola sulla fronte, ero persa, perduta per sempre.

    Sentivo battere il mio cuore, ma era solo una questione fisiologica perché aveva già smesso di battere.

    Mi sollevai a fatica, a malapena riuscivo a stare in piedi e tutto vorticava vertiginosamente intorno a me. Tentai invano di mantenere l'equilibrio, ma le ginocchia mi tremavano e cedettero sotto il mio stesso peso. Ricaddi a terra con la testa rivolta al cielo, era così limpido e cristallino. Ci osservava imperterrito come giudice delle nostre azioni, ma non ne aveva nulla a che fare.

    Strinsi tra le dita insanguinate qualche calcinaccio impolverato e mi rimisi in piedi, in fondo ero forte e nessuno avrebbe mai potuto uccidermi.

    Lanciai lontano quei pezzi di muratura, magari un tempo erano stati la casa di qualcuno…li osservai attentamente, macerie su macerie. Sogghignai appena e incominciai a camminare su quel terreno scosceso, il percorso era piuttosto accidentato, ma nulla mi spaventava perché niente può spaventare un morto che cammina.

    Vagavo senza meta e senza pensieri, ero vuota e arida come un deserto. Più scrutavo ciò che mi circondava e più mi rendevo conto della realtà, c'erano solo morte e distruzione… infinite.

    Rabbrividii all'idea di essere sola in quel mondo terribile e desolato, la morte sarebbe stata la mia unica consolazione, ma non potevo averla. Avevo voglia di piangere, ma le lacrime erano già state tutte consumate come il mio corpo indistruttibile e la anima dannata.

    Le fiamme dell'inferno mi avrebbero arso per l'eternità, se non fossi stata indegna anche di quelle.

    Ero sospesa in un limbo, ero costretta a vivere per sempre in un’impasse. Mi diedi uno schiaffo in faccia e mi uscì un mugolio dalle labbra, era raccapricciante quella sensazione di vuoto incolmabile…pensavo di provare dolore, ma anche quello mi aveva abbandonata.

    Che cosa ero? Non mi apparteneva più nulla, né di empirico né di materiale, e avrei potuto vagare tra quei resti per giorni, anni o millenni e neppure me ne sarebbe importato. Mi fermai e incominciai a gridare con tutto il fiato che avevo nei polmoni, ma non ebbi nessuna risposta se non quella del silenzio. Nessuno mi rimproverò dicendomi di tacere perché non c'era nessuno tra quelle macerie e quei resti. Non c'era nessuno oltre me. Non ci sarebbe stato nessuno ad amarmi, odiarmi, consolarmi, consigliarmi, con cui confidarmi o con cui arrabbiarmi…non ci sarebbe stata nessuna spalla su cui piangere. Non ci sarebbero state labbra da baciare, una guancia da schiaffeggiare, una battuta a cui ridere e un sorriso a cui rispondere. Quello sarebbe stato vivere o sopravvivere? Che senso aveva tutto quello che mi era successo? Era quello il mio crudele destino?

    Mi misi a sedere su un cumulo di macerie appoggiando il gomito sulle ginocchia e il mento sul palmo della mano, pensai di avere il tempo tra le dita mentre fissavo il vuoto. Sarei impazzita da sola com'ero o sarei rinsavita proprio per quello?

    Sapevo chi ero e cosa volevo, ma non potevo esprimerlo e averlo. Sapevo tante cose e altre le percepivo, ma ora nessuno avrebbe potuto vederlo. Si era mai accorto qualcuno di me? Qualcuno si era mai innamorato del mio freddo sorriso? Qualcuno si era mai disperato per me? Qualcuno mi aveva mai amato? Amore, quel sentimento che non avevo mai conosciuto…era davvero pittoresco pensare all'amore guardando quel panorama di morte e distruzione. Amicizia, la maggior parte delle persone ti usa consumandoti fino al midollo per poi gettarti via come una sudicia scarpa vecchia. Si puliscono i piedi su di te usandoti come loro zerbino. Che cosa rimembravo della mia vita precedente?

    Avevo solo bagliori, remote reminiscenze di un passato impossibile da dimenticare, se non avessi sbattuto così forte la testa da avere l'amnesia. Sussultai all'improvviso ritornando bruscamente alla realtà, era calata la notte e un vento gelido soffiava sulla città o, meglio, su ciò che ne restava sollevando la polvere e i detriti. Mi alzai e mi strinsi tra le braccia incamminandomi alla disperata ricerca di un rifugio, ma non c'era niente oltre la distruzione. Mi accasciai a ridosso di un muro che ancora si reggeva in piedi, socchiusi le palpebre e mi addormentai.

    2. Atarassia

    Sbattei le ciglia a ripetizione prima di rendermi realmente conto di dove mi trovassi, la musica era assordante e non riuscivo a percepire nulla oltre quel ritmo frenetico.

    Le luci stroboscopiche mi lampeggiavano tutt'intorno sempre più incalzanti, mi sarei di certo sentita in trappola se avessi potuto provare qualcosa. Ero stordita e mi muovevo seguendo un moto incondizionato come una sfera cui sia stata inferta la spinta inerziale.

    Alcuni passando mi prendevano in pieno, altri mi ballavano accanto anch'essi persi in quel delirio di onnipotenza, in quello stato febbrile di eccitamento e istinti, di pulsioni indomite e irrefrenabili.

    Quello era uno stato di coscienza incosciente, una atarassia di corpo e mente, il devasto di corpo e mente…la perdita di controllo. La folla si accalcava circondandomi come un esercito assedia le mura di una fortificazione, ma in quel posto le mura di ciascuno dei presenti erano crollate sotto il loro stesso peso. Era un luogo pieno di gente vuota, con gli occhi spiritati e la testa persa chissà dove. I corpi erano presenti, ma le menti erano lontane anni luce…in viaggio per terre remote e dimenticate. Erano intrappolate negli antri più bui di loro stesse, quella era la vera prigione. Ero tutt'altro che sola, ma era come se lo fossi.

    Il caldo era soffocante, quasi asfissiante, e la bocca era pastosa come se avessi ingoiato tutta la sabbia del deserto del Sahara. Sorridevo a tutti e a nessuno, mi ero abbandonata alle acquee a tratti torbide e a tratti limpide del marasma del mio animo, quel tetro e sicuro abisso che avevo dentro. Un ragazzo mi guardò dritta negli occhi, il suo sguardo aveva un che di magnetico e seducente. Ci fissammo a lungo e la tentazione di avvicinarci fu irresistibile, eravamo pronti a unirci come i due poli opposti di una calamita.

    Non osammo dirci una sola parola, ma le labbra parlarono al nostro posto unendosi in un bacio lungo e intenso. Se dovessi mai definire la passione, la descriverei con quel bacio. Mi prese le mani e le strinsi alle sue, intrecciammo le nostre dita come avevano appena fatto anche le nostre vite. Ci bastava guardarci negli occhi per capire a vicenda che cosa avessimo dentro, ci eravamo conosciuti al primo sguardo. Non era possibile definire quella sensazione, quel sentimento che provavamo…andava oltre il concetto di amicizia, amore e sesso. Era un qualcosa di indefinibile. Era il nostro segreto e il nostro enigma. Lo conoscevo già quel magnifico ragazzo, quella meraviglia della natura? Non me lo ricordavo, ma qualcosa dentro di me mi aveva spinta verso di lui fin dall'inizio. Più lo osservavo e più mi chiedevo come potesse essere reale, era così bello da sembrare irraggiungibile ai miei occhi…nelle sue imperfezioni mi appariva terribilmente perfetto.

    Quella che mi aveva colpita non era soltanto semplice bellezza fisica, ma io ero riuscita a penetrare nella sua interiorità a tal punto da restarne intrappolata per sempre. Avevo ritrovato me stessa cercando in lui.

    Era impossibile, era tutto così assurdo e indecifrabile…mi sentivo in sospeso tra l'agonia della tortura e la pace eterna.

    Ci abbracciammo in mezzo alla folla in delirio, erano le nostre anime a toccarsi più dei corpi. Il silenzio per noi equivaleva al costante brusio di milioni di parole pronunciate l'uno nelle orecchie dell'altro…sussurrate ai nostri cuori.

    Noi due insieme eravamo un paradosso, un ossimoro…lui era la mia nemesi e io ero la sua.

    «Amnesia…» mi disse in un sospiro strofinando le labbra contro le mie, socchiusi le palpebre ed ebbi un fremito nel sentire la sua dolce, cara e tenera voce pronunciare il mio nome.

    «Pandemonio…» gli risposi mordicchiandogli il labbro inferiore, «Ti ricordi il mio nome» constatò sorridendomi prima di baciarmi con foga, mi desiderava da impazzire. «Non lo ricordo…è qualcosa che ho dentro» gli spiegai scrutandolo dritto negli occhi, i miei brillavano come diamanti, «Tu mi sei dentro…anche se non mi ricordo nulla di te» aggiunsi subito dopo rabbrividendo. «Bo, non so…forse» replicò accarezzandomi una guancia, sussultai tremante come una foglia d'autunno, «Che cosa non sai?» gli domandai perplessa non riuscendo a comprendere il significato delle sue parole.

    «Non so niente…so solo che sei sempre nei miei pensieri» mi parlò quasi con disperata rassegnazione, «Amnesia, tu dimentichi ogni cosa e ogni persona…per te è facile andare avanti perché così niente e nessuno può distruggerti» aggiunse distogliendo lo sguardo dal mio.

    «Ti sbagli, Pandemonio…non sei nei miei pensieri è vero, ma come posso dimenticare qualcosa che ho dentro?» gli chiesi sospirando, «Come posso dimenticare qualcosa che mi mette in subbuglio…mi mette a soqquadro la vita e l'anima…quando ti incontro è come ricevere una scarica elettrica da mille volt e il battito della mia esistenza da piatto diventa pieno di picchi altissimi. Non puoi dire che per me sia facile…anzi al contrario è ancora più difficile non poter ricordare quello che non vorrei dimenticare e così essere condannata ad avere sempre la costante sensazione di te senza mai poterla afferrare davvero…se non solo quando siamo insieme» mi rivolsi a lui con le lacrime agli occhi.

    «Non puoi credere che possa durare per l'eternità!» esclamò digrignando i denti, «Non mi illudo…e domani non ricorderò nulla, ma questo già lo sai» replicai fissando il vuoto.

    «Non possiamo avere quello che vogliamo» costatò Pandemonio dopo alcuni brevi attimi di silenzio, «Potremmo se soltanto lo volessimo» gli dissi portando lo sguardo su di lui.

    Ci scrutammo distrattamente, lui aveva gli occhi rossi e gonfi, mentre i miei erano ricolmi di lacrime di disperazione.

    Era ingiusto essere condannata a vivere in quel modo fino allo sgretolarsi del tempo e dello

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