L’ignoto capovolto: Un capolavoro tra i romanzi soprannaturali
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Info su questo ebook
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Milano: è incredibile quanto l’apparente casualità degli eventi porti a precise conseguenze, così come la protagonista di questo libro s’imbatterà nella singolare bottega “L’ignoto capovolto” gestita da Marta, figura intelligente e amante dell’arte che riuscirà a coinvolgerla in un viaggio oltre lo spaziotempo convenzionale: a questo punto non tarderanno a mostrarsi alcune curiose entità, come il suo doppio, il guardiano del tempo Agostino, l’esoterico gatto Cheope e Artemisia, anima affascinante ed enigmatica.
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Passando da quello che sembrerebbe un semplice olio su tela la protagonista raggiungerà una dimensione parallela: ulteriori personaggi, tra cui la dolce Byntze, l’aiuteranno a intercedere nel destino di alcune anime elette; sarà Albireo a farle scoprire un mondo ancora pulito e genuino.
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Di pari passo, un amore inaspettato le permetterà di rivalutare il senso della vita, per far sì che i sogni rimangano per sempre la parte più vera dell’anima, mentre il suo doppio, dopo la “Casa delle Finestre Ovali”, si tufferà in un’altra sensazionale avventura.
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Anteprima del libro
L’ignoto capovolto - Cornelia Campidelli
Cornelia Campidelli
L'ignoto capovolto
© 2020 – Gilgamesh Edizioni
Via Giosuè Carducci, 37 - 46041 Asola (MN)
gilgameshedizioni@gmail.com - www.gilgameshedizioni.com
Tel. 0376/1586414
ISBN 978-88-6867-435-9
È vietata la riproduzione non autorizzata.
In copertina: Fotografia di Lamberto Sassoli
© Tutti i diritti riservati.
ISBN: 978-88-6867-435-9
Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write
http://write.streetlib.com
Indice dei contenuti
Forse un sogno, forse l’inizio di un’avventura meravigliosa
PROLOGO
1. Quando tutto ebbe inizio
2. Il sogno
3. Viale dei Merlini
4. L’ignoto Capovolto
INTERMEZZO 1
5. L’enigma
6. Il quadro a olio
INTERMEZZO 2
7. Il mondo parallelo
INTERMEZZO 3
8. Sensazioni
9. La colazione
10. Considerazioni
INTERMEZZO 4
11. Arianna
12. Vittorio
13. La consapevolezza
14. Artemisia
INTERMEZZO 5
15. La seconda visita, la dolcezza di Byntze
16. Albireo
17. Filippo
INTERMEZZO 7
18. La libreria
19. L’amore, inatteso
INTERMEZZO 8
20. Senza titolo
21. Il gioco degli scacchi
INTERMEZZO 10
22. Penna bianca
INTERMEZZO 11
23. Non era ancora l’ora
24. La cella
INTERMEZZO 12
25. Il racconto
INTERMEZZO 13
26. Il segreto di Arianna
27. L’ora della verità
INTERMEZZO 14
28. Un legame indissolubile
29. Ci sono veramente riuscita?
INTERMEZZO 15
30. Un addio?
31. Qualcuno
32. La rivelazione
INTERMEZZO 16
33. L’intelligenza di Marta
INTERMEZZO 17
34. Coscienze condivise
INTERMEZZO 18
35. Finalmente capii
36. Ripagati della stessa moneta
INTERMEZZO 19
37. L’avventura continuerà?
Ringraziamenti
ANUNNAKI
Narrativa
122
Milano: è incredibile quanto l’apparente casualità degli eventi porti a precise conseguenze, così come la protagonista di questo libro s’imbatterà nella singolare bottega L’Ignoto capovolto
gestita da Marta, figura intelligente e amante dell’arte che riuscirà a coinvolgerla in un viaggio oltre lo spaziotempo convenzionale: a questo punto non tarderanno a mostrarsi alcune curiose entità, come il suo doppio, il guardiano del tempo Agostino, l’esoterico gatto Cheope e Artemisia, anima affascinante ed enigmatica. Passando da quello che sembrerebbe un semplice olio su tela la protagonista raggiungerà una dimensione parallela: ulteriori personaggi, tra cui la dolce Byntze, l’aiuteranno a intercedere nel destino di alcune anime elette; sarà Albireo a farle scoprire un mondo ancora pulito e genuino. Di pari passo, un amore inaspettato le permetterà di rivalutare il senso della vita, per far sì che i sogni rimangano per sempre la parte più vera dell’anima, mentre il suo doppio, dopo la Casa delle Finestre Ovali
, si tufferà in un’altra sensazionale avventura.
Cornelia Campidelli, autrice anche di Poesie disordinate
, Le ombre di una vita
e Lettera de un’anima
, Cornelia Campidelli è alla sua quarta esperienza letteraria. Nata a Milano nel 1966, studi linguistici e il desiderio di viaggiare per scoprire nuovi pensieri e culture, è costantemente alla ricerca del senso dell’esistenza, per riuscire a viverla nel modo più semplice e armonioso possibile, prendendo per mano le proprie emozioni e senza dimenticarsi che la felicità è data dalle piccole gioie di tutti i giorni, così importanti e insostituibili.
Il tempo non è affatto ciò che sembra.
Non scorre in una sola direzione,
e il futuro esiste contemporaneamente al passato.
Albert Einstein
Quando i pensieri si perdono,
vagando in un mondo parallelo,
un’emozione indescrivibile
mi accompagna da voi
miei angeli, Raffaella B. e Raffaella T.,
sempre presenti e meravigliosi
e da te, Lamberto,
così importante e speciale per me,
che, con pazienza infinita,
mi aiuti e mi sostieni.
Forse un sogno, forse l’inizio di un’avventura meravigliosa
Una certa agitazione mi attraversava il corpo. Sapevo che c’era un motivo molto importante che mi aveva spinto sin lì. Non potevo definirla ansia, piuttosto un sentimento profondo che oltrepassava ogni mio ragionevole pensiero, una sensazione che richiamava tutti i miei sensi. La mia determinazione era tuttavia più forte di qualsiasi altra percezione e volevo andare in fondo a quella che interpretavo quasi come una missione. C’erano delle presenze che mi accompagnavano in questo viaggio incredibile, speravo prima o poi di riuscire a contattarle non sapendo però in che modo. Erano diventate oramai una compagnia irrinunciabile senza la quale mi sarei sentita perduta e assolutamente sola. La mia anima riceveva continui messaggi, bellissimi e intensi, ma solo quando mi ritrovavo a vagare in questa parte del Castello. Sì, perché io qui ero già stata.
Era come immergersi in un mondo parallelo. Sapevo che per arrivare sin qui dovevo superare un secondo passaggio, dato da un cancello in ferro battuto e mimetizzato nelle rocce, al quale non era facile accedere. Bisognava scendere un dirupo, posto proprio a ridosso della costruzione e raggiungere un fiume che, con le sue acque docili e cristalline, mal interpretava il ruolo di accesso alle segrete di una fortezza. Dovevo quindi risalire una piccola parete rocciosa togliendo degli arbusti spontanei. Non so come fossi arrivata sin lì, ma la mia curiosità viaggiava di pari passo con la percezione del pericolo che correvo, consapevolezza mitigata però dall’aiuto dei miei accompagnatori invisibili. Potevo udirne il fruscio e il soffocato chiacchiericcio, leggero eppure così presente.
La scacchiera era lì, che come sempre mi attendeva. Spettava solo a me fare la mossa giusta per riuscire a entrare in un mondo meraviglioso che mi chiamava e che oramai rappresentava per me la vera dimensione, dove poter mettere a nudo tutti i miei sentimenti. Riuscivo a cogliere nella mia anima l’essenza dell’amore profondo in ogni sua sfaccettatura e intensità, lasciando correre i miei pensieri oltre il muro delle emozioni, trasgredendo a qualsiasi logica di buonsenso e immergendomi nella percezione della pura gioia, irrefrenabile come le mie lacrime, che affacciandosi così prepotentemente liberavano tutte le mie frustrazioni e incertezze. Potevo urlare con tutta la mia voce, a squarciagola, senza che nessuno mi rimproverasse o me lo impedisse. Potevo essere me stessa.
Anche loro mi aspettavano e io non vedevo l’ora di poter udire il loro pensieri delicati e profondi, anime che non potevano ancora né conoscere né presagire il proprio futuro, ma che avrebbero intrecciato le loro vite in questa dimensione fantastica e imprevedibile.
PROLOGO
Milano. Amavo camminare per le vie della mia città, quando la calma della notte lentamente prendeva il sopravvento sulla frenesia del giorno. Era diventato, oltre che una bellissima abitudine, una vera necessità. Potevo scivolare a ruota libera ovunque, senza dovermi porre troppe domande o trovare risposte scomode. Era l’unico spazio di tempo che mi permetteva di trovare una dimensione di pace. Assaporavo il silenzio e la tranquillità che alimentavano il mio cuore.
Proprio in una di queste sere, che credevo uguale a tante altre, rimasi sorpresa quando improvvisamente mi destai e mi trovai davanti a una casa dalle finestre ovali
: era apparentemente abbandonata. Stavo per avvicinarmi al cancello per osservarla meglio, quando una forza misteriosa e prepotentemente presente m’impose di fermarmi e non oltrepassare un sottile limite immaginario che mi tratteneva dal proseguire in direzione di quella che percepivo essere una casa speciale che, come un’aristocratica signora, si nascondeva agli occhi profani.
Era come se davanti a me si fosse materializzato un muro di energia. Non potevo più muovermi: una parte di me mi ordinava di proseguire, l’altra invece di ignorare quel potente richiamo. Ero conscia che non fosse una casa qualunque e che nascondesse un grande mistero. La mia anima era combattutissima da due forze egualmente forti che cercavano di avere il sopravvento l’una sull’altra. Non avevo mai provato una simile sensazione, assolutamente al di fuori dei miei pensieri. Alla fine, stremata, decisi di non proseguire. Ero animata da uno strano sentimento, che solo in seguito sarei riuscita a comprendere.
Quella che al principio mi parve quasi una sconfitta, non avendo dato un senso logico a quanto mi fosse successo, era in realtà l’inizio di un’avventura meravigliosa, durante la quale non solo io ma anche i miei compagni di viaggio, avrebbero scoperto una nuova dimensione, ben oltre ogni ragionevole sogno o pensiero. Non lo sapevo, ma per la seconda volta nella mia vita avrei provato delle emozioni indescrivibili, che avrebbero profondamente influito sulla mia stessa anima e dato un risvolto imprevedibile alla mia esistenza. Ogni parte di me ne sarebbe rimasta indelebilmente segnata. In quel momento non avevo tuttavia alcuna percezione di quanto mi attendesse. Stavo piangendo senza tuttavia capirne il motivo. Era l’inizio di una nuova vita, meravigliosa e inimmaginabile.
1. Quando tutto ebbe inizio
Una tiepida giornata autunnale, era incredibile la folla che animava Milano. Era quasi impossibile muoversi e praticamente inevitabile camminare senza urtarsi. Le teste, chine a guardare il cellulare, lasciavano il resto del corpo in balia della corrente di gente che sembrava veramente comandata a distanza: tutti seri e assorti, nonostante fosse una giornata festiva. Anche i bambini non sorridevano più, nervosamente alle prese con l’ultima versione del proprio gioco preferito, rigorosamente caricato sul telefonino.
Mi stavo domandando come mai proprio quel giorno avessi deciso di immergermi nel caos. Natale era lontano e quindi non poteva esserci ancora la febbre dei regali, che del resto venivano acquistati all’ultimo istante. Personalmente, non comperavo mai nulla per quella che era considerata da tanti la giornata più bella dell’anno; preferivo portare qualche pensiero dai luoghi che ero riuscita a visitare, ma non posso negare che il luccichio delle vetrine addobbate e i bellissimi alberi, più o meno sfarzosi, fossero per me motivo di sorridere.
Tuttavia, ogni volta mi sorprendevo della frenesia di chi mi circondava ed ero sicura che, in fondo, ne fossi rimasta inconsapevolmente contagiata anch’io vivendo e muovendomi di conseguenza sempre di corsa, al limite della scontrosità e, nonostante non ce ne fosse affatto bisogno, sul filo del tempo.
Eppure, in un tempo trascorso in un soffio di vento, era più facile incontrarsi. Si giocava col sorriso, ci si divertiva con semplicità. Sembrava quasi trattarsi di un’epoca mai esistita, lontana, oramai dimenticata ma in realtà nascosta dietro l’angolo. Nessuno di noi ci pensava più, quasi fosse disdicevole aver vissuto in un mondo che pareva scomparso nel nulla, ma bellissimo proprio nella sua spontaneità e colore. Con nostalgia ripensai a questo trascorso che avevo potuto vivere in prima persona. Chissà perché mi si affacciò questo pensiero, così di colpo e senza un nesso apparente. Era come se in me si fosse fatto largo un ricordo, richiamato chissà da quale alchimia.
Mentre mi perdevo in queste considerazioni ecco che, improvvisamente, un uomo anzianissimo, uscendo dalla porta di quella che appariva come una bottega, mi urtò e togliendosi la tuba, che stonava completamente col contesto nel quale ci trovavamo, mi disse semplicemente: Mi scusi
. Sembrava proprio essere vissuto in altri tempi e pareva non avesse niente a che vedere con quanto mi circondava. Sfoderò un sorriso disarmante che mi fece dimenticare tutti i miei pensieri, isolando completamente la mia mente. Mi venne spontaneo fermarmi e sorridergli. Dopo un leggero cenno del capo e avermi guardato profondamente negli occhi, con uno sguardo che non seppi definire, si girò e proseguì per la sua strada avvolto da uno strano bagliore. M’invase un’emozione di pace.
D’istinto alzai gli occhi per osservare l’insegna del negozio, a dire il vero poco visibile. Dopo uno sguardo più attento notai tuttavia lo stile medioevale con il capolettera a miniatura, ricco di elementi decorativi per niente pesanti o pacchiani, tutto in bianco e nero. Rimasi affascinata dal suo nome che discordava tuttavia col suo aspetto: L’ignoto Capovolto
. Sembrava un luogo molto particolare, quasi inglobato nella casa stessa, colorata con colori a pastello e assai particolare. Chissà cosa significava? Non riuscivo proprio a capire che cosa vendesse, dato che la vetrina non era propriamente sfarzosa o accattivante.
Mostrava libri antichi, ma anche oggetti particolari come delle locandine di rappresentazioni teatrali, quali Il lago dei cigni e La Tosca, delle ceramiche presumibilmente cinesi, quadri molto piccoli relativamente cupi, foto di ogni parte del mondo che però non seppi riconoscere anche se indicavano luoghi bellissimi, e chincaglieria varia, comunque sempre antica e di non facile collocazione o interpretazione.
Perché era venuto in questo luogo quel signore anzianissimo di poc’anzi? Forse a cercare qualche oggetto datato, vista la sua età, oppure semplicemente a curiosare, anche se scartai quasi subito quest’ultima opzione. Pur essendo molto vicina al Centro, questa bottega era infatti collocata in una via nascosta, una di quelle o che bisogna conoscere o dove ci si arriva per caso, trascinati da chissà quale pensiero o energia. Tra l’altro non era appariscente e la vetrina pareva quasi voler demotivare le persone dal guardarla.
In realtà non ero mai stata in questa zona e ne rimasi sorpresa. Sembrava non poter convivere in una città come Milano, quasi una via di campagna, con delle bellissime case colorate, gialle, rosse, azzurre e persino lavanda quasi a ricordare la Provenza. Avevano dei giardini curatissimi che emanavano una sensazione di libertà e serenità d’altri tempi. Dei vialetti d’accesso paralleli alle case mostravano che ve n’erano altre ubicate più all’interno. Non osai però addentrarmi, dato che non volevo spezzare quell’atmosfera particolare nella quale mi stavo muovendo. Sembrava quasi un giardino in città
, un frammento di campagna pieno di fascino e charme.
Dopo aver osservato attentamente tutti questi oggetti, armata di coraggio, decisi di entrare. Una campanella (di quelle antiche, che oramai non si sentivano più) segnalò il mio ingresso. Mi ritrovai in un locale accogliente, che non potevo definire propriamente strano, bensì inaspettatamente affascinante, quasi misterioso, con un’aura antica e ricca di cultura. Sembrava non ci fosse anima viva, così mi misi a curiosare in attesa che arrivasse qualcuno.
Alcune lampade Tiffany donavano all’ambiente un’atmosfera di attesa, quasi di magia che non trapelava assolutamente all’esterno. Chiunque fosse il proprietario di questo angolo di Milano doveva essere una persona particolare, sicuramente al di fuori dei soliti schemi convenzionali. Non sembrava infatti un negozio che volesse per forza far presa sui potenziali clienti, ma piuttosto invitare chi vi entrava a lasciar scorrere liberi i pensieri per raggiungere una dimensione di pace e scoprire la propria immaginazione: un luogo dove erano gli oggetti a richiamare l’attenzione dell’anima.
C’erano degli scaffali antichi, con degli intarsi minuziosi. Al loro interno libri, sculture e oggetti particolari; alcune stampe sparpagliate su un tavolo di noce scuro mostravano la Vecchia Milano, quella antica, trascorsa, che mi appariva magica e inavvicinabile. Le sfumature del bianco e nero sembravano quasi rincorrersi con intermittenza, come se aspettassero che il mio sguardo ne seguisse anche ogni movimento. Alcune ragazze in abiti estivi e sedute al tavolino di un bar mentre sorseggiavano una bibita fresca, mi guardavano con aria interrogativa dove gli occhi, a dispetto del tempo trascorso, rimanevano vivi e curiosi.
Sembravano quasi volermi dire qualcosa, ma non riuscii a cogliere alcun significato negli appelli silenziosi che mi lanciavano. Quegli stessi occhi sembravano quasi timorosi, come se non osassero pronunciarsi. Continuavo a fissarli, senza tuttavia interpretarne il messaggio. Non appartenevano sicuramente all’antica nobiltà, piuttosto a quella borghesia così vitale che aveva imposto Milano come una città in continuo movimento, aperta alle novità e a tutto ciò che l’avrebbe resa inimitabile e inconfondibile. Mi venne da sorridere e l’occhio mi cadde su un libro di proverbi: " De Milan ghe n’è domà vun (Di Milano ce n’è uno solo)". Già, era proprio così.
Improvvisamente, quasi a spezzare i miei pensieri, dal retro della bottega una voce mi raggiunse inaspettatamente: Continui pure a guardare. In questo momento purtroppo non posso presentarmi. Non si preoccupi se ora non dovesse trovare nulla che possa essere di suo interesse, sono sicura che un giorno passerà nuovamente a trovarmi
.
Riuscii a rispondere soltanto uno stentato: Grazie
.
Ero curiosissima di conoscere il volto della persona che mi aveva salutato con quella voce così particolare, melodica ma nel contempo profonda. Avevo tuttavia percepito che quello non era il momento giusto per incontrarla, così mi ripromisi di tornare al più presto; mi dispiacque dovere lasciare quel negozio. Non mi ero accorta dello scorrere del tempo e rimasi meravigliata quando, raggiungendo l’uscita, vidi che nel frattempo era calato il buio.
Avevo quasi abbassato del tutto la maniglia della porta per uscire quando il mio sguardo si posò su un foglietto mezzo accartocciato, che sembrava pronto per essere buttato nel cestino sottostante. La mia curiosità era così viva che non potei evitare di aprirlo e leggerlo: " Solo avendo il coraggio di guardare oltre le apparenze e sfidando il tempo potrai trovare la combinazione per accedere a un mondo di gioia e colore". Lo lasciai lì, non sapendo cosa farne, né tantomeno cosa pensarne. Sembrava quasi una di quelle frasi che avvolgono i cioccolatini, ma sicuramente non stonava con il fascino dell’antico che avevo appena scoperto.
In quel momento sentii un fruscio alle mie spalle: mi girai e vidi un gatto nero che mi fissava. Mi venne spontaneo fargli una carezza: non so se fosse suggestione, ma parve quasi sorridermi. Fece un bellissimo miagolio e le sue fusa mi invitarono ad accarezzarlo nuovamente. Emanava una strana energia e il suo sguardo era magnetico. Poi, dopo avermi guardato un’ultima volta, si allontanò.
Uscii dunque dal negozio salutandolo, assorta nei miei pensieri. Prima l’incontro con quell’uomo così anziano, poi una voce così fuori dal comune dal retrobottega, infine quello strano messaggio uscito da chissà dove e un gatto dolcissimo. Vista l’ora oramai tarda, decisi di tornare a casa, accompagnata tuttavia da una sensazione di strana agitazione, quasi di attesa per qualcosa che ancora non potevo definire. Mi dispiacque lasciare quella casa e quel vicolo. Ero infatti animata da un sentimento completamente nuovo e particolare, che in quel frangente non seppi tuttavia individuare ma che riconobbi come importante.
Non mi accorsi subito di due persone, un uomo e una donna, che mi osservavano dall’altra parte della strada. Sembravano in sofferenza, poco curati, ma emanavano un’energia molto negativa e così non osai avvicinarmi. Si limitarono a scrutarmi, con uno sguardo indagatore senza dire nulla, ma non presagii nulla di buono. L’uomo aveva una profonda cicatrice sul volto che incuteva una certa paura. Mi sembrò quasi che avessero timore ad avvicinarsi, ma non volli sfidare la sorte. Mi allontanai velocemente prima che potessero cambiare idea . Chissà cosa stavano cercavano lì, a quell’ora.
2. Il sogno
Gran parte della notte pensai a questo strano incontro e al messaggio altrettanto misterioso che avevo letto in quella bottega. Non riuscivo a conciliarmi con il buio e persisteva in me una sensazione di attesa. Più mi sforzavo a cercare un senso a quanto mi fosse accaduto, meno riuscivo a trovarlo. Poi, a notte inoltrata, il sonno vinse la mia razionalità e scivolai in un sogno, che mi parve reale. Era come se l’incontro del pomeriggio avesse lasciato qualcosa in sospeso, non del tutto definito in me. Mi sembrava infatti di essere vigile, pur consapevole di trovarmi nel mondo onirico. Non potevo immaginare di aver stabilito un contatto con una dimensione nuova e incredibile, non ne avevo assolutamente percezione, né tantomeno coscienza.
Mi ritrovai infatti in un bosco, dove l’aria profumava di pino e la natura selvaggia delicatamente sottolineava la mia sensazione di libertà. Amavo il silenzio e l’atmosfera ovattata della sera, che nascondevano le imperfezioni della vita. Seguii un sentiero costellato di fiori, sempre scortata da una brezza energica che mi scompigliava i capelli. Non c’era nessuno, ma la tranquillità che mi accompagnava m’inebriava l’anima e tutto il mio corpo fu invaso da una sorta di felicità. Potevo percepire i suoni e le avvisaglie della notte