Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Il sogno dell'isola
Il sogno dell'isola
Il sogno dell'isola
E-book234 pagine3 ore

Il sogno dell'isola

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

“La mia vita è tutta qua. La mia follia sempre accanto per non soccombere al tempo, per non ingrigire, risucchiata dalla desolazione del mondo. Spesso serve bloccarsi, respirare e guardare indietro, per poter guardare avanti. Per guardare ad un sogno. E stare tra le stelle."

Questo romanzo non è semplicemente il racconto di una storia d'amore, in tutte le sue accezioni, ma piuttosto quello di una vita che si interseca con molte altre. Un viaggio nel tempo che rappresenta un viaggio dentro se stessa. Fino alla consapevolezza dei propri incubi più segreti.
È la storia di Tara, la protagonista instabile e romantica, perennemente inquieta, innamorata della Vita, dell'amore e dell'arte. Il suo incontro con un Poeta, con un Musicista e con Laurence, l'uomo che diventerà il suo alter ego e la salverà dall'autodistruzione. 
Una vita vissuta intensamente, tra luce e ombra. È la storia di un sogno che, una volta raggiunto, chiude il cerchio e rivive, trasfigurandosi, in nuovi occhi verdi. Nei sogni e nella vita, in un continuo scambio di dimensione e di senso, i segni diventano indizi, vanno colti e compresi.
Ciò che sembra squilibrio e irrazionalità, è emozione e istinto nel momento in cui incontra il mondo reale, le sue maschere, quelle che spesso si è costretti ad indossare per apparire "in linea" e sopravvivere. Ma l’anima va altrove.
LinguaItaliano
EditorePubMe
Data di uscita20 dic 2020
ISBN9788833667553
Il sogno dell'isola

Correlato a Il sogno dell'isola

Titoli di questa serie (43)

Visualizza altri

Ebook correlati

Narrativa generale per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Il sogno dell'isola

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Il sogno dell'isola - Tamara Marcelli

    TAMARA MARCELLI

    Il sogno dell’isola

    ROMANZO

    Il sogno dell’isola

    di Tamara Marcelli

    Questo libro è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono frutto dell’immaginazione dell’autore o sono usati in modo fittizio. Qualunque somiglianza con fatti, luoghi, persone reali o defunte, è del tutto casuale.

    Ogni riferimento a persone esistenti, a luoghi o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

    Copyright © 2020 Tamara Marcelli

    Collana Gli scrittori della porta accanto

    Pubblicato in accordo con Gli scrittori della porta accanto e PubMe

    Responsabile editoriale: Tamara Marcelli

    Progetto grafico: Stefania Bergo

    Impaginazione ePub: Valentina Gerini

    Seconda edizione dicembre 2020

    Per essere informati sulle novità

    della collana Gli Scrittori della Porta Accanto

    visitate il sito:

    www.gliscrittoridellaportaaccanto.com

    Alle mie stelle

    Alla mia Famiglia

    A voi.

    La vita e i sogni

    sono fogli di uno stesso libro.

    Leggerli in ordine è vivere,

    sfogliarli a caso è sognare.

    A. Schopenhauer

    1.

    Questa è la storia di due stelle.

    Con l'anima dell'uomo, succede come con l'acqua:

    viene dal cielo,

    e al cielo risale, per tornare alla terra,

    in eterna alternanza.¹

    Vi è mai capitato di vedere un'anima salire in Cielo, così, davanti ai vostri occhi? Impossibile?

    No, a me è successo. E quel che è successo dopo è ancora più straordinario.

    2 maggio, mattina.

    C'è un tiepido sole nel cortile, una mattina perfetta per fare una passeggiata. È una mattina stanca, insolita. Potrei fare molte cose, ma sono inquieta, continuo ad andare avanti e indietro per la casa, come senza meta. Guardo dall'enorme vetrata, guardo il giardino. Il gelsomino, seppur piantato da poco, è in fiore. Piccoli e profumati fiori bianchi, sembrano dondolare come minuscole campanelline silenziose. Una leggera brezza scuote le rose gialle e, più in là, la camelia, un po' come fossero in balìa di un'onda.

    Il giardino è vuoto.

    Non sono ancora tornati.

    2.

    Ti ricordi i giorni chiari dell'estate

    quando parlavamo fra le passeggiate

    stammi più vicino ora che ho paura

    perché in questa fretta tutto si consuma. ²

    Io e Laurence ci conosciamo da molti anni. Non ricordo bene neanche come è iniziata, so solo che è accaduto e basta.

    Ci siamo conosciuti per lavoro. Delle strane e quantomeno singolari coincidenze ci hanno portato a lavorare insieme per un periodo delle nostre vite. Un gran bel periodo, indimenticabile. Grande affinità, grande stima e da subito il germe di qualcosa di più grande. Ma che avrei compreso solo molto tempo dopo.

    Laurence era un tipo particolare, la mia prima impressione fu quella di un uomo misterioso e affascinante. Quelli da cui sarebbe bene stare alla larga. Molto impegnativo, un uomo di poche parole e profondi sguardi. Una grande forza interiore, due occhi scuri e limpidi, una persona vera, con pregi e debolezze. Di lui ho sempre apprezzato il suo modo di affrontare la vita di petto e di non perdersi mai d’animo. La sua forza era quella determinatezza che sapeva di roccia di mare. Immobile, sicura, anche se sferzata dalle onde in tempesta.

    C’è sempre una soluzione a tutto mi ripeteva spesso.

    E poi quella sua capacità di farmi sentire al centro dell’universo anche solo con un sorriso, con uno sguardo. Ma come faceva? Non me lo sono mai spiegata.

    Difficile sopportarmi quando mi ritrovavo catapultata nei miei tunnel di tristezza, come pure quando prendevo troppa quota. Lui sapeva come riportarmi ad un apprezzabile e sostenibile equilibrio.

    Mi ha conquistata con i suoi sguardi, le serate in spiaggia a bere ottimo vino rosso nei calici di cristallo e a parlare, parlare, parlare. Con la sabbia ancora calda tra i piedi. Senza malizia.

    Una notte mi ha guardata correre al buio sul bagnasciuga, sotto una luna stanca, mentre piangevo, nella vana speranza di riuscire a liberarmi dai miei pesantissimi fardelli mentali. Un altro uomo sarebbe scappato, senza pensarci molto. Si sarebbe chiesto se fossi evasa da qualche ospedale psichiatrico, non mi avrebbe dato altra chance.

    Mi sono chiesta spesso perché non trovò una di quelle fantastiche scuse che trovano di solito gli uomini per mollare le donne. Invece, avevo l’impressione che, più ero tragicamente e spudoratamente me stessa, più quest’uomo straordinario ed enigmatico dimostrava di volermi stare accanto. Non sapevo se esserne più felice o spaventata.

    Mi ero domandata tante volte se esistesse al mondo una persona che volesse condividere la sua esistenza con la mia. Soprattutto se potesse esistere un uomo in grado di bilanciare l’altra parte di me, quella più instabile, quella che tenevo gelosamente nascosta. Difficile darsi una risposta. Non ci ero mai riuscita, o meglio, non potevo crederlo possibile.

    Poi, all’improvviso, apparve lui nella mia vita scombussolata.

    Per Laurence fui un fulmine a ciel sereno, una nota diversa e inaspettata su uno spartito ormai noto. Aveva avuto una vita lineare fino ad allora, una di quelle vite che non hanno sbavature strane, che rimangono ancorate a dei prototipi ben consolidati. Innamorato di se stesso, eppure sempre in lotta aperta con la vita e le sue occasioni mancate, aveva deciso di trovare il suo equilibrio convincendosi che il meglio lo avesse già avuto. Una vita coerente nella sua singolarità, con qualche deviazione amorosa così, tanto per sentirsi vivo. Il cliché perfetto dell’uomo bastardo.

    Amava la compagnia, seppur breve ed intensa, delle donne, quelle belle, ma in cuor suo le odiava tutte.

    Laurence era sempre alla ricerca di un’altra sé. Di quella parte mancante che gli facesse credere nella vita. Fino ad allora aveva vinto numerose battaglie, lotte che lo avevano portato a non voler più credere nella semplicità e nella genuinità di una storia d’amore. No, Laurence non credeva all’amore, non lo riteneva un sentimento possibile. Almeno in questo mondo.

    Eppure, nessuno meglio di lui conosceva l’universo femminile. Era capace di scarnificarti ed arrivare alla tua anima in pochi secondi, in un battito di ciglia.

    Sapeva dove colpire se voleva ferirti e sapeva sempre dove mirare se voleva centrare il cuore. Cosa dire e come dirlo.

    Non era generoso di complimenti, piuttosto aveva un modo tutto suo per farti capire che apprezzava o, al contrario, non sopportava qualcosa di te.

    Stargli di fronte non era facile. A volte sembrava volesse farti vomitare fuori tutte le insicurezze che avevi nascoste. E ci riusciva. Stare di fronte a lui significava essere senza paraventi. Se stavi nascondendo qualcosa, per le ragioni più disparate, lecite o meno, lui sapeva tirartele fuori. E ti lasciava così, meravigliata e stizzita al contempo.

    Come faceva quest’uomo a leggere così bene tra le righe? Come poteva essere capace di intuire, anche solo da uno sguardo, le intenzioni o le paure di chi gli stava davanti? Era davvero un profondo conoscitore dell’animo umano, dei funzionamenti più contorti della psiche, quelli capaci di assicurarci l’immunità nei confronti del nostro crudele inconscio? O c’era dell’altro? Qualcosa che ancora non riuscivo ad afferrare nella sua interezza. Qualcosa che mi attirava a lui come ad una calamita.

    Cominciai a convincermi che c’era dell’altro. Che Laurence non era tutto lì, non era solo quello che mostrava. Quella parte di sé era solo un vestito, un abito bellissimo ma difficile da indossare, come quelli che usano i frati. Un vestito con una storia, con un significato implicito, non un banale abito alla moda.

    No, non c’era niente di usuale e banale in lui. Proprio niente.

    Ero confusa.

    Mi sembrava di avere davanti un bivio: conoscere o non conoscere quest’uomo. Per me cominciò ad equivalere al voler andare oltre l’apparenza. Oltre la regolarità della vita quotidiana. Oltre la banalità di un rapporto d’amore.

    Sentivo che c’era altro in lui, qualcosa che poteva portarmi altrove. In un posto diverso dove potevo vivere me stessa.

    Ero attratta dal suo mondo interiore, anche se lo sentivo pressato, contratto, pronto ad esplodere.

    Una sera, così, senza preavviso, sola nella mia stanza d’albergo cominciai a pensare a lui. Una camera bianca, con delicati mobili color smeraldo, una piccola finestra sulla piscina blu e la profumata macchia mediterranea intorno. Era uno di quei momenti in cui, per poter riflettere, devi guardarti necessariamente e pericolosamente dentro. E rischi di cadere e farti male.

    Il giorno dopo, arrivata con molto anticipo al lavoro, come in preda ad una strana adrenalina, mi ritrovai ad annusare la sua camicia appoggiata all’anta di un armadietto, nel triste e freddo spogliatoio dell’ufficio. Cominciai ad immaginare Laurence davanti a me, chiudendo gli occhi. Mi ritrovai a sospirare e mi sentii idiota. Una perfetta idiota. Forse anche patetica. Risi guardandomi intorno. Pareti grigie e scrostate, alcuni armadietti in legno laccato, due sedie malconce e uno specchio che rimandava una scena surreale. Potevo solo ridere.

    Così, giorno dopo giorno, camicia dopo camicia, dopo incursioni ricorrenti nei miei sogni ad occhi aperti, compresi che Laurence non sarebbe potuto essere solo un frammento della mia vita, ma qualcosa di fondamentale.

    Pur conoscendolo da poco tempo, il legame che ci univa sembrava venisse da lontano, da anni luce. Era qualcosa di grande che mi faceva paura e mi stordiva al contempo.

    Non riuscivo a spiegarmi il senso di sicurezza che quell’uomo mi infondeva, anche solo se pronunciavo il suo nome.

    In quel periodo, difficile e critico per me, non sopportavo alcun contatto fisico ma nello stesso tempo mi rendevo conto di quanto mi piacessero già le sue mani.

    Una svolta. Eppure, era difficile da accettare.

    Io ero una bomba ad orologeria, sempre pronta ad esplodere, in perenne lotta contro me stessa. Sì, avrei potuto ferire anche lui.

    Sono pericolosa, lasciami perdere.

    Glielo ripetevo spesso e lui mi guardava compiaciuto, silenzioso, come se quella mia affermazione gli confermasse qualcosa che sapeva già di me. Come se gli rendesse il cammino più chiaro. Più io ero confusa e più lui dipanava le sue incertezze. Una parabola inversamente proporzionale.

    Per mesi l'ho rifiutato, l'ho respinto.

    "Lascia stare, tu non dovresti essere qui con me, ma a casa tua."

    Quante volte lo avevo ripetuto. Tante, forse troppe. E lui nel sentire quelle parole reagiva male, mi diceva che non potevo capire, non ancora. Ci aveva provato, ma nella sua vita mancava qualcosa di fondamentale, qualcosa che aveva sempre cercato altrove. Lo ritrovai a parlare di amore e di dolcezza.

    Ricordo che i primi giorni in cui lavoravamo insieme, ore ed ore uno a fianco all’altra, uno nelle mani dell’altra, non facevamo altro che discutere.

    Cos’è l’amore? Cerca di farmelo capire. Cosa si prova? Non credo esista…

    Questo mi diceva, serio e, a tratti, desolato.

    Quale effetto potevano avere sulla mia anima parole simili?

    Io che per amore, in un passato non troppo lontano, avevo pensato di morire.

    Mi faceva salire un nervoso dalla punta dei piedi fino ai capelli. Un brivido di rabbia che mi percorreva elettricamente tutta la schiena sudata. Se avessi potuto, lo avrei preso a schiaffi. Ricordo di averlo anche insultato una volta, anzi, di avergli dato dello stronzo e mandato a quel paese. Al diavolo le formalità e la poca confidenza, se lo meritava.

    Come potevo spiegarglielo? Come farglielo capire? Così litigavamo spesso, ma in tutto quel discutere interminabile notavo un certo appagamento nei suoi occhi.

    In effetti parlare con lui faceva schiarire anche me ed i miei angoli bui.

    Ma erano comunque scintille quando stavamo vicini. Gli altri colleghi ci guardavano come fossimo due alieni. E forse lo eravamo davvero. Cominciarono a sospettare che ci conoscessimo da molti anni. In realtà erano trascorse solo poche settimane.

    Un giorno ebbi la fortuna di essere assegnata alla sua squadra. Ricordo quando me lo comunicarono, in quel momento non lo conoscevo ancora, ma non mi sembrò una buona idea.

    "Ti ho assegnata al migliore che abbiamo. Buon lavoro."

    Non potrò mai dimenticare quella frase, né chi e come la pronunciò. Fu una delicatezza, un segno del destino, la svolta ad un bivio. Un altro. Si chiamava Andrea. E decise per me. Segnò la mia vita. Ancora una volta. Non potrò mai ringraziarlo abbastanza.

    Io e Laurence dovevamo incontrarci, non c’erano dubbi. Le nostre strade erano convergenti.

    Così imparai a conoscerlo. E lui a conoscere me.

    E fu come l’incontro di due perturbazioni atlantiche. Due vortici carichi di elettricità. I fulmini e le saette erano il minimo che potesse scaturirne. Pioggia, neve e tempesta, ce n’era per tutti. Ci chiamavano la Fame e la Sete. Complementari.

    Laurence era il punto fisso a cui cominciai a guardare con interesse.

    Sul lavoro non potevo che stimarlo. Era un passo avanti a tutti. Era sempre oltre. Silenzioso, rapido ed efficace. La sua testa non si perdeva in mille giri inutili, andava dritta al dunque. Sapeva sempre cosa fare e come farlo. Sembrava conoscere a memoria certe dinamiche sociali, certi meccanismi umani. In alcuni momenti appariva perfino annoiato dalla sua stessa bravura. Come se fosse arrivato all’apice e non riuscisse a trovare quel qualcosa in più da sviluppare. Da imparare. Quel che per me era novità, per lui era routine. Eppure, la musicalità dei suoi gesti mi affascinava. Vederlo all’opera era strabiliante per la naturalezza del suo saper fare. I suoi ragionamenti erano veloci, scattanti, immediati. Tac-tac.

    Dov’è il profitto? perché un profitto c’è sempre.

    La strada insegna. Basta ascoltare, osservare per imparare a capire.

    E lui era un grande osservatore. Un osservatore paziente sempre pronto all’azione.

    Come un puma.

    Laurence aveva un’esperienza maturata con anni "in prima linea", senza il minimo tentennamento, sempre presente a se stesso. Un camaleonte che riusciva a adattarsi a qualsiasi situazione per raggiungere il risultato. E lo raggiungeva sempre.

    Aveva alle spalle centinaia di operazioni di cui andare fiero e per me ascoltarlo quando, a volte, riuscivo a convincerlo a parlarne, era come stare in un’aula di università. Lo avrei ascoltato all’infinito. Cercavo di memorizzare quel che mi diceva, l’atteggiamento che aveva, l'intenzione, l’importanza del silenzio, scolpendomi in testa come dei solchi perché mi rimanesse impresso tutto, il più possibile.

    Nelle situazioni critiche, nuove per me alle prime armi, avevo capito da Laurence come agire. Come salvarmi la pelle. Avevo fatto mia la sua professionalità imbevuta fin nel midollo del suo istinto. Mi bastò poco. Fu naturale.

    Così mi calai fino in fondo nella parte e assorbii da lui ogni aspetto tecnico, ogni sfumatura, il modo di guardare la realtà e le persone. Di ragionare rapidamente individuando e considerando il principio alla base di ogni azione. Interiorizzai anche i gesti.

    Imparai tutto quel che c’era da sapere in poco tempo, come in una full immersion. Tutto quel che mi sarebbe servito negli anni successivi. E che, in più di una occasione, mi avrebbe salvata.

    Laurence era una fonte inesauribile di sapere, giorno dopo giorno, ora dopo ora ed io non potevo far altro che sfruttare al meglio il tempo che mi dedicava. Lo guardavo lavorare, mentre parlava o soltanto osservava il mondo. Ne ero come rapita.

    Mi resi conto subito di avere avuto la fortuna sfacciata di conoscere una di quelle persone che possono aiutarti a crescere e ad evolvere. E non solo. Mi fu chiaro: mi bastava assorbire da lui quel che a me mancava, in un continuo ciclo di aggiornamento.

    E tutto questo in allegria.

    Ero stata fortunata, lo capii subito, ma il futuro mi avrebbe sorpresa ancora.

    Quel che ero prima, mi aiutò. Per la prima volta studiai un personaggio in carne ed ossa.

    L’analisi fu completa, riuscii a prendere in fretta dimestichezza con quel nuovo mondo, con la mia nuova professione, evitando così di trovarmi allo sbaraglio nella fossa dei leoni affamati. Perché la mia faccia da Candy Candy non aiutava certamente, soprattutto in quell’ambiente. Anzi, era un vero e proprio ostacolo. Non avevo proprio il physique du rôle, per niente. Quindi la trasformazione interiore doveva essere radicale e completa, almeno per bilanciare una esteriorità quantomeno improbabile.

    Avrei dovuto tirare fuori la Lady Oscar che c'era in me, darle il suo spazio. Liberarla.

    Grazie a Laurence così nacque la nuova me, quella professionale, quella in cui potevo nascondere l’altra, insicura e priva di autostima. Come in una

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1