Anime nere
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Info su questo ebook
In una Chicago del futuro un clan mafioso, conosciuto come Black Souls, e con a capo un misterioso boss cerca di conquistare il mondo intero, ma sulle sue tracce, tra intrighi e tradimenti, si metterà un pittoresco detective, Tate Picklock. Un solo uomo, anche se brillante e dalle mille risorse, riuscirà a scoprire l’identità del capo criminale e a impedirgli di realizzare il suo piano? Certe anime sono forse troppo “nere”, oscure e malvagie da poter essere in qualche modo salvate?
“S’i’ fosse foco, arderei ’l mondo;
s’i’ fosse vento, lo tempesterei;
s’i’ fosse acqua, i’ l’annegherei;
s’i’ fosse Dio, mandereil’en profondo…”
(Cecco Angiolieri)
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Anteprima del libro
Anime nere - Jessica Icestorm
Jessica Icestorm
Anime Nere
Elison Publishing
© 2022 Elison Publishing
Tutti i diritti sono riservati
www.elisonpublishing.com
ISBN 9788869633065
Indice
Capitolo I
Il clan dei Black Souls
Capitolo II
Picklock
Capitolo III
Maschere e inganni
Capitolo IV
Vicoli ciechi
Capitolo V
Punti di forza
Capitolo VI
Punti deboli
Capitolo VII
Serpi insidiose
Capitolo VIII
Lacrime di fuoco
Capitolo IX
Trappole per topi
Capitolo X
Colpi in canna
Capitolo XI
Diversivi
Capitolo XII
Gatto e topo
Capitolo XIII
Trappole mortali
Capitolo XIV
Epilogo
Capitolo I
Il clan dei Black Souls
Lei era il boss. Scarlett Henske Van der Meer era l’unico boss donna che fosse mai esistito nella storia dell’umanità, o almeno che fosse stata davvero al vertice di un clan mafioso. Non era la moglie, l’amante, la madre o la sorella del capo dei capi. Lei era il capo dei capi e sopra di lei c’era soltanto l’occhio di Dio, forse. Lei era il leader della mafia internazionale, e sotto il suo dominio erano finalmente riunite le organizzazioni criminali di Stati Uniti, Europa, Russia e, da quel giorno, di Giappone e dell’intera Asia.
Era il 31 dicembre dell’anno 2049 e mancavano pochi minuti alla mezzanotte, la donna era in piedi davanti all’ampia vetrata con vista panoramica sulla città di Tokyo e osservava le luci e le insegne lampeggianti all’esterno.
Le brillavano gli occhi di autocompiacimento e gloria, ma più di tutto di potere, di quel potere assoluto e inebriante che da quel momento era nelle sue mani.
Si sentiva la padrona incontrastata del mondo intero, o quasi, ma sarebbe stato facile conquistare quelle piccole porzioni di mondo che ancora non erano tra i suoi domini.
Lei era il Boss e così tutti la chiamavano, ma quasi nessuno era a conoscenza della sua vera identità, nemmeno del suo genere. I più erano convinti che fosse un vecchio magnate del petrolio con problemi sessuali e di sovrappeso, i meno davano fin troppo per scontato che si trattasse di un ricco e nobile uomo d’affari. Solo i fortunati della sua ristretta cerchia di complici, o meglio i vertici del sua cricca, sapevano la verità. Scarlett Henske Van der Meer conduceva una doppia vita, di giorno era una bellissima e affascinante imprenditrice dell’alta moda con un passato da modella d’intimo, e di notte era la criminale più crudele e la ricercata numero uno
della polizia. Questo a lei piaceva, e non poco.
In piedi alla sua sinistra proprio dietro di lei, mentre ammirava la metropoli in festa dalla sala riunioni all’apice del suo grattacielo, c’era uno dei suoi più fedeli sottoposti, Hernan Enrique Valdés detto El fuego blanco. Lo chiamavano così per via della sua indole da donnaiolo e delle sue origini colombiane, la patria della droga bianca, la cocaina. Era un uomo dalla carnagione olivastra e dalla bellezza da tipico latin lover con i capelli scuri tagliati corti e gli occhi dorati, ma la caratteristica che lo rendeva irresistibile per le donne era la sua innata simpatia e sfacciataggine. Si vestiva alla vecchia maniera dei Cowboy, ma non era altro che un narcotrafficante incallito con un passato da dimenticare e un futuro che sarebbe stato indimenticabile. Scarlett gli aveva affidato il compito di gestire il settore di droga e prostituzione, e poteva ritenersi piuttosto soddisfatta del suo operato.
Sul lato opposto del boss invece, seduto con le gambe incrociate sul tavolo fumandosi una sigaretta, c’era il suo braccio destro. Era il suo fedele e silenzioso sicario, la sua guardia del corpo e non c’era nessuno di cui Scarlett si fidasse di più, se non forse di se stessa.
Era dannatamente bello e affascinante, aveva i capelli color nero corvino, lunghi fino alle spalle, e portava una ciocca sempre tirata dietro l’orecchio sinistro. I suoi occhi erano blu intenso e impenetrabili come due lastre di ghiaccio, la sua pelle era bianca come il marmo e i lineamenti duri.
Aveva un’aria misteriosa e cupa, egli era freddo e insensibile e ciò lo rendeva perfetto nell’esecuzione dei delicati compiti che gli erano assegnati. Era un assassino formidabile, calcolatore e spietato. Lui era Gabriel, l’angelo della morte. Lo chiamavano l’angelo della morte proprio perché era bello come un angelo e letale come la morte.
Solo Scarlett, conoscendolo da molto tempo, lo chiamava diversamente, per lei era Gabe e non era mai riuscita a nascondere che lui fosse il suo prediletto, ma nessuno osava fare osservazioni o obiezioni al riguardo.
Nessuno sembrava sapere nulla sul conto dell’angelo della morte ed egli si muoveva con tale circospezione da apparire sempre come un’ombra nel buio. Lui sembrava essere senza passato e senza futuro, era anche per questo che gli avevano affibbiato quel soprannome. Era silenzioso e imperscrutabile, ma i suoi occhi chiari cadevano sempre con uno sguardo strano sul suo capo.
Scarlett Henske era una donna meravigliosa, alta e formosa oltre che terribilmente bella, affascinante, ricca ed egocentrica, oltre che ambiziosa e intelligente. Era assettata di potere e di vendetta, era egoista e incuteva terrore a tutti i suoi sottoposti tanto da pietrificarli. Gli unici due capaci di non temerla tanto da non restare in silenzio e affrontarla erano quei due alle sue spalle, i più vicini a lei. Il boss indossava un completo elegante e raffinato composto di una gonna gessata e di una camicetta a maniche lunghe di seta color champagne con fiocco al collo, tacchi abbastanza alti abbinati, rossetto rosso sulle labbra e i capelli biondi erano raccolti in un’acconciatura mossa e appuntata di lato. Gli uomini del suo clan che l’avevano vista non sapevano se la temessero più per la sua terribile bellezza o per la sua indole irascibile e sanguinaria. Erano certi che fosse totalmente priva di scrupoli e di pietas
, non sapevano se classificarla come un mostro mitologico, una dea implacabile e vendicativa o anche molto peggio. Lei tormentava i loro sogni più belli e i loro peggiori incubi.
«Bene, signori … siamo qui riuniti per festeggiare una grande vittoria oggi, la mia in primo luogo e poi quella vostra. In generale mi ritengo piuttosto soddisfatta del vostro operato … ah, e non dimentichiamoci di brindare al nuovo anno!» disse il capo voltandosi infine con un ampio sorriso stampato sulle labbra, «Si prospetta un ottimo inizio per tutti noi!» concluse incrociando le braccia davanti agli uomini e alle donne ai vertici del suo clan mafioso, conosciuto come Black Souls, Anime Nere.
«Gabe, caro …» lo chiamò con voce sensuale guardando nella sua direzione, «Versami del whisky con ghiaccio … voglio brindare al mio successo!» esclamò ammiccando al suo braccio destro. Egli si alzò buttando la sigaretta che aveva in bocca nel posacenere ancora accesa e le preparò il bicchiere senza fiatare, poi glielo porse e tornò a sedersi.
«E voi signori non bevete con me?» domandò Scarlett sorseggiando il suo liquore, «Sentitevi liberi di accettare la mia offerta e di brindare a noi … non voglio mica avvelenarvi» aggiunse distrattamente ridacchiando. Tutti erano troppo spaventati per parlare e troppo poco stupidi per accettare quella proposta, sapevano che li stava mettendo alla prova e che brindare con lei sarebbe stato come firmarsi la propria condanna a morte.
«D’accordo, d’accordo … andate pure a festeggiare il Capodanno per la metropoli! Spendete bene i miei soldi e divertitevi … ve lo meritate. Ora andate, toglietevi dai piedi!» intimò loro sedendosi alla sua scrivania, «ah, già … e non dimenticatevi di chiudere la porta quando uscite per favore» concluse beffardamente bevendo l’ultimo sorso di liquore.
Avevano spazzato via l’antica mafia giapponese e poi lei aveva riassegnato i vecchi posti e incarichi di quelli che la occupavano una volta con i membri scelti del suo gruppo. Scarlett riteneva che bisognasse estirpare una vecchia pianta fino alle radici e impiantare un nuovo seme figlio di un’altra pianta diversa dalla prima affinché la seconda rigogliasse. Se si fossero unite le due piante in un ibrido, avrebbero convissuto in lotta per la supremazia l’una sull’altra e la pianta vecchia sarebbe potuta ricrescere e riconquistare terreno. Al contrario estirpandola fino alle radici non ci sarebbe più stata alcuna possibilità di rivalità e di competizione e la supremazia dell’altra pianta sarebbe stata assoluta e incontrastata. «Hernan, amico mio … ti sei occupato di tutto qui e anche piuttosto bene, quindi ora devi tornare in America e riprendere il controllo della situazione e ovviamente delle tue solite occupazioni … puoi andare ora» si rivolse a El fuego blanco con estrema cordialità senza batter ciglio. «Ehm, Boss …» rispose lui grattandosi il capo, «… avrei la necessità di ricevere il mio compenso, perché …» e distolse appena lo sguardo dalla donna al suo cospetto. «Oh, ecco questo non è da gentiluomini, ma del resto qui non ne vedo» ribatté lei alzandosi dalla poltrona mentre dava un’occhiata ironica a entrambi, poi si diresse alla cassaforte e incominciò a estrarre una bella somma di denaro in contanti.
«Questo è il tuo premio per la missione svolta, insieme al tuo stipendio, voglio essere generosa visto il raggiungimento dei nostri obiettivi e le soddisfazioni che mi dai … e questo invece è metà del compenso del tuo prossimo compito, l’altra metà la riceverai alla fine» spiegò al colombiano mentre gli poggiava davanti, sulla scrivania, un gran mucchio di dollari.
«Boss, nessuna donna o uomo … è affascinante e generosa come lei!» esclamò lui afferrandole la mano e baciandola, «Sì, sì … ma vedi di non sperperare tutto il tuo denaro nelle donne e nel gioco d’azzardo … e soprattutto non iniziare mai a drogarti con quella merda bianca che ti ritrovi sempre tra le mani perché io lo scoprirei, di certo, e se tu non morissi di overdose … sarei io a ucciderti!» lo avvisò con tono minaccioso e le labbra serrate.
L’altro annuì e infilò i soldi in un sacco restando poi a lungo davanti al capo, «Sei ancora qui?» domandò lei dalla poltrona, «Vai e lasciaci soli … che cosa aspetti ancora? Il bacio della buonanotte?» aggiunse sghignazzando divertita.
A quelle parole Gabe scattò in piedi e lanciò un’occhiataccia al suo collega, Hernan lo guardò sorridendo e poi disse «Mi piacerebbe molto … ma credo che il mio compare, qui presente, non sarebbe per niente d’accordo!» e lo indicò con il pollice.
«Forse al nostro amico qui presente invece non farebbe male provare per una volta in vita sua anche solo l’ombra di un’emozione. Oh, ma probabilmente resterebbe impassibile e disinteressato anche di fronte a un nostro bacio. Che vuoi che gli importi, Hernan?» chiese in maniera retorica mettendosi in piedi e dirigendosi verso il narcotrafficante.
Gabriel si avvicinò di qualche passo con sguardo minaccioso e le labbra raggrinzite per la collera, era come un cane rabbioso e geloso pronto a mordere e a scagliarsi all’istante sul rivale. Scarlett non lo degnò di uno sguardo, passò un braccio intorno al collo del colombiano e lo baciò con foga ma senza sentimento, come si bacia uno sconosciuto di bell’aspetto incontrato per caso in un bar.
«Come vedi …» parlò il capo allontanandosi dall’altro, «… avevo ragione!» esclamò con aria compiaciuta e soddisfatta. «Non mostra neppure un briciolo di emozione o espressione su quel bel faccino angelico. Io non vedo neanche un demonio dentro di lui come dite voi … è solo insulso e insignificante poiché privo di sentimenti nonché utile per questa ragione ai miei scopi!» aggiunse avvicinandosi a Gabe e afferrandolo per un braccio. Era ovvio che lo stesse provocando e non senza successo.
«Ora vai e lasciaci soli, avrai sonni tranquilli dopo un mio bacio» congedò El fuego blanco con tali parole, cui l’altro rispose ammiccando poco prima di richiudersi la porta alle spalle.
Il boss si fiondò subito alla scrivania e appoggiò le mani su di essa, Gabriel la seguì stringendo le mani in due pugni e fermandosi alle spalle della donna. L’afferrò per il gomito e la voltò verso di sé, «Tu sei solo mia!» le gridò contro con tutta la rabbia che aveva in corpo e l’altra scoppiò in una fragorosa risata.
«Povero sciocco e illuso, io non sono affatto tua … io non appartengo a nessuno, probabilmente neppure a Dio! Casomai tu sei mio e mi appartieni» sospirò il boss prima di continuare. «Sei vincolato a me non solo da un contratto, ma hai consacrato a me tutto il tuo essere … sai, bel faccino …» gli disse afferrandogli il volto tra l’indice e il pollice, «… avresti fatto meglio a vendere la tua anima al diavolo, piuttosto che a me!» concluse assottigliando lo sguardo su di lui.
«Io … io …» balbettò Gabe abbassando appena lo sguardo che poi lo risollevò all’istante, «… io impazzisco di gelosia … non sopporto di vederti tra le braccia di un altro o, peggio ancora di vedertelo baciare o …» e non continuò quel discorso poiché solo l’idea lo faceva rabbrividire e infuriare. Sì, proprio lui; lui che era impassibile e impenetrabile come una coltre di fitta