Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Mobility Management e mobilità ciclistica
Mobility Management e mobilità ciclistica
Mobility Management e mobilità ciclistica
E-book191 pagine2 ore

Mobility Management e mobilità ciclistica

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

La figura del Mobility Manager è stata introdotta, in Italia, con D.M. 27/03/1998 (meglio conosciuto come “Decreto Ronchi”) che ha introdotto politiche ed interventi finalizzati a limitare le emissioni inquinanti a seguito degli impegni presi con la ratifica del Protocollo di Kyoto.
Il Decreto disponeva l’obbligo dell’individuazione della figura del Mobility Manager, in tutti i Comuni compresi nelle zone a rischio di inquinamento atmosferico, limitandolo alle sole aziende ed enti con oltre 300 dipendenti per unità locale o con oltre 800 dipendenti distribuiti su più unità locali. Successivamente sono state individuate le figure del Mobility Manager d’Area e del Mobility Manager scolastico e, da ultimo, con D.L. del 19/05/2020 n. 34 (detto Decreto Rilancio), è stato rilanciato il ruolo di tali figure, rendendole obbligatorie per imprese e pubbliche amministrazioni con singole unità locali con più di 100 dipendenti, ubicate in un capoluogo di Regione, in una Città Metropolitana, in un capoluogo di Provincia ovvero in un Comune con popolazione superiore a 50.000 abitanti.
Figura fondamentale per l’adozione di forme di mobilità ambientalmente più sostenibili ed efficienti nell’ambito dei luoghi di lavoro e degli istituti scolastici, il Mobility Manager non ha, purtroppo, supporti normativi adeguati per portare avanti la propria missione.
Questo volume, oltre ad indagare le normative vigenti in materia, esplora il rapporto tra l’attività del Mobility Manager e la promozione dell’uso della bicicletta, quale strumento di incentivazione della mobilità sostenibile e di una migliore qualità della vita e dell’ambiente, cercando di fornire un supporto a chi è investito da questo importante ruolo.
Dallo stesso autore de «I percorsi ciclabili dell’Adriatico» e «I turismi in biciletta come strumenti di sviluppo del territorio»
LinguaItaliano
Data di uscita28 mag 2021
ISBN9788832761887
Mobility Management e mobilità ciclistica

Leggi altro di Raffaele Di Marcello

Correlato a Mobility Management e mobilità ciclistica

Titoli di questa serie (11)

Visualizza altri

Ebook correlati

Tecnologia e ingegneria per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Mobility Management e mobilità ciclistica

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Mobility Management e mobilità ciclistica - Raffaele di Marcello

    Bibliografia

    1 - Introduzione

    La necessità di una figura che, in ambito locale, possa contribuire a migliorare il sistema dei trasporti da e verso i luoghi di lavoro, contribuendo alla diminuzione delle emissioni inquinanti derivanti dai mezzi motorizzati, si fonda su alcuni provvedimenti che, pur non citando espressamente la figura del Mobility Manager, affrontano il tema dei cambiamenti climatici e delle azioni necessarie alla loro mitigazione.

    In ambito mondiale un punto di riferimento è la "Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici" (UNFCCC¹), meglio conosciuta come "Conferenza di Rio", approvata nel 1992. Essa è il principale trattato internazionale in materia di lotta contro i cambiamenti climatici ed ha l’obiettivo di salvaguardare il sistema climatico mondiale dalle azioni antropiche. L’Unione Europea e tutti i suoi Stati membri figurano tra le 197 parti contraenti della convenzione.

    Cinque anni dopo, nel 1997, il "Protocollo di Kyoto" ha stabilito riduzioni legalmente vincolanti delle emissioni di gas serra, comprese mediamente tra il 6 e l’8 per cento rispetto ai livelli del 1990, da realizzare tra il 2008 e il 2012, segnando un passo fondamentale nella lotta mondiale ai gas climalteranti con l’impegno di quasi tutte le nazioni del mondo, Stati Uniti d’America e Australia escluse, di assumere azioni di politica nazionale per la riduzione di Co2. L’Unione Europea ha aderito al "Protocollo di Kyoto" con Decisione 2002/358/CE del Consiglio del 25 aprile 2002.²

    Nel 2012, scaduto il quinquennio concordato con il protocollo di Kyoto, si è ritenuto necessario, a livello internazionale, avviare un nuovo negoziato per giungere all’adozione di uno strumento vincolante per la riduzione delle emissioni di gas serra per il periodo successivo.

    Nel corso della "Conferenza delle Parti" (COP 18-COP/MOP8)³, conclusasi a Doha (Qatar) l’8 dicembre 2012, l’impegno per la prosecuzione oltre il 2012 delle misure previste dal Protocollo è stato assunto solamente da un gruppo ristretto di Paesi, oltre all’Unione Europea, con l’approvazione dell’Emendamento di Doha⁴ al Protocollo di Kyoto. Tale accordo ha rappresentato l’obiettivo principale della COP21 di Parigi del 2015.

    L’impegno sottoscritto dall’Unione Europea ha coinciso con quello già assunto unilateralmente con l’adozione del "pacchetto clima-energia"⁵, che prevedeva una riduzione delle emissioni di gas-serra del 20% al 2020 rispetto ai livelli del 1990.

    Il 25 settembre 2015, con la Risoluzione 70/1 dal titolo "Trasformare il nostro mondo: l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile"⁶, i 193 Paesi membri delle Nazioni Unite hanno adottato all’unanimità l’Agenda globale per lo Sviluppo sostenibile⁷ e gli Obiettivi di Sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals, abbreviati nella sigla SDGs), da raggiungere entro il 2030.

    L’Agenda è entrata in vigore il 1 gennaio 2016, ed ha sostituito i precedenti Obiettivi di Sviluppo del Millennio (Millennium Development Goals abbreviati nella sigla MDGs) che avevano orientato l’azione internazionale di supporto allo sviluppo nel periodo 2000-2015⁸.

    L’Agenda globale, comprende 17 Obiettivi e 169 Traguardi (Goals). Gli obiettivi, interconnessi e indivisibili, bilanciano le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile: crescita economica, inclusione sociale, tutela dell’ambiente, estendendo l’Agenda 2030 dal solo pilastro sociale previsto dagli Obiettivi di Sviluppo del Millennio agli altri due pilastri, economico ed ambientale.

    Gli SGDs si incardinano sulle cosiddette cinque P:

    Persone: eliminare fame e povertà in tutte le forme e garantire dignità e uguaglianza;

    Prosperità: garantire vite prospere e piene in armonia con la natura;

    Pace: promuovere società pacifiche, giuste e inclusive;

    Partnership: implementare l’agenda attraverso solide partnership;

    Pianeta: proteggere le risorse naturali e il clima del pianeta per le generazioni future.

    I diciassette obiettivi di sviluppo sostenibile sono:

    sconfiggere la povertà: porre fine ad ogni forma di povertà nel mondo;

    sconfiggere la fame: porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione, promuovere un’agricoltura sostenibile;

    salute e benessere: assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età;

    istruzione di qualità: fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento permanente per tutti;

    parità di genere: raggiungere l’uguaglianza di genere e l’empowerment (maggiore forza, autostima e consapevolezza) di tutte le donne e le ragazze;

    acqua pulita e igiene: garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico sanitarie;

    energia pulita e accessibile: assicurare a tutti l’accesso a sistemi di energia economici, affidabili, sostenibili e moderni;

    lavoro dignitoso e crescita economica: incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti;

    imprese, innovazione e infrastrutture: costruire un’infrastruttura resiliente e promuovere l’innovazione ed una industrializzazione equa, responsabile e sostenibile;

    ridurre le disuaguaglianze: ridurre l’ineguaglianza all’interno di e fra le nazioni;

    città e comunità sostenibili: rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili;

    consumo e produzione responsabili: garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo;

    lotta contro il cambiamento climatico: promuovere azioni, a tutti i livelli, per combattere il cambiamento climatico;

    vita sott’acqua; conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile;

    vita sulla terra: proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell’ecosistema terrestre, gestire in maniera sostenibile le foreste, contrastare la desertificazione, arrestare e far retrocedere il degrado del terreno, e fermare la perdita di diversità biologica;

    pace, giustizia e istituzioni forti: promuovere società pacifiche e più inclusive per uno sviluppo sostenibile; offrire l’accesso alla giustizia per tutti e creare organismi efficienti, responsabili e inclusivi a tutti i livelli;

    partnership per gli obiettivi; rafforzare i mezzi di attuazione e rinnovare il partenariato mondiale per lo sviluppo sostenibile.

    Nello specifico, per quanto riguarda la mobilità, l’obiettivo 11, al paragrafo 2, punta, entro il 2030, a fornire l’accesso ai sistemi di trasporto sicuri, accessibili, e sostenibili per tutti, migliorare la sicurezza stradale, soprattutto ampliando i mezzi pubblici, con particolare attenzione alle esigenze di chi è in situazioni vulnerabili, donne, bambini, persone con disabilità e le persone anziane e, al paragrafo 3, s’impegna, entro lo stesso termine temporale, a ridurre il negativo impatto ambientale pro capite nelle città, con particolare attenzione alla qualità dell’aria.

    Anche il punto 13, promuovendo azioni, a tutti i livelli, per combattere il cambiamento climatico, pur non citando espressamente le politiche relative alla mobilità, incide sulla tematica dei trasporti che, attualmente, sono tra i principali responsabili delle emissioni di gas climalteranti.

    Esaminando le politiche dell’Unione Europea, si evidenzia come questa abbia standard di qualità ambientale tra i più elevati al mondo, sviluppati nel corso di vari decenni fin dalla sua istituzione.

    Per quanto riguarda i cambiamenti climatici, l’Unione Europea formula e attua politiche e strategie in materia, assumendo un ruolo guida nei negoziati internazionali sul clima ed impegnandosi a garantire l’esito positivo dell’attuazione dell’accordo di Parigi⁹ e ad attuare i sistemi di scambio di quote di emissione (EU ETS)¹⁰ dell’Unione.

    La politica ambientale dell’UE si basa sugli articoli 191, 192 e 193 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (UE, 2016)¹¹. Ai sensi dell’articolo 191, la lotta ai cambiamenti climatici è uno degli obiettivi espliciti della politica ambientale dell’UE. La politica dell’Unione in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni dell’Unione. Essa è fondata sui principi della precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché sul principio chi inquina paga.

    Lo sviluppo sostenibile è un obiettivo generale per l’Unione europea, che è impegnata a garantire «un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente» (art. 3, comma 3, Trattato sul funzionamento dell’Unione europea).

    Per quanto riguarda le tematiche legate alla mobilità urbana e all’abbassamento delle emissioni di carbonio da essa derivanti, la Comunità Europea ha pubblicato una serie di Libri Bianchi¹²; in particolare nel marzo 2011 la Commissione Europea ha adottato una strategia globale (Commissione Europea, 2011)¹³ per un sistema di trasporti competitivo in grado di incrementare la mobilità, rimuovere i principali ostacoli nelle aree principali e alimentare la crescita e l’occupazione, con l’obiettivo, entro il 2050, di ridurre drasticamente la dipendenza dell’Europa dalle importazioni di petrolio e diminuire del 60% le emissioni di carbonio nei trasporti.

    Tra gli obiettivi strategici del Libro Bianco sui trasporti, c’è quello di dimezzare l’uso di auto ad alimentazione tradizionale nel trasporto urbano entro il 2030; ritirarle dal mercato della città entro il 2050; raggiungere una logistica della città libere da CO2 in grandi centri urbani entro il 2030.

    Prima del Libro Bianco del 2011 il Libro Verde della Commissione delle Comunità Europee del 2007 (Commissione delle Comunità Europee, 2007)¹⁴ ed il successivo Piano d’Azione sulla mobilità urbana (Commissione delle Comunità Europee, 2009)¹⁵ hanno definito un elenco di obiettivi specifici per promuovere la mobilità urbana sostenibile, con la finalità di conciliare sviluppo economico con tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini.

    Sempre nel 2009 una pubblicazione del Parlamento Europeo (Maffi e altri, 2009)¹⁶, si occupa di Mobility Management (titolo del volume in lingua inglese), introducendo la figura del responsabile della mobilità e del coordinatore della mobilità prendendo come spunto precedenti esperienze svedesi (Raeva, 2007).

    Nel 2013, la Commissione ha emanato il Pacchetto sulla Mobilità urbana¹⁷, con l’obiettivo di accrescere il sostegno alle città europee per affrontare le sfide poste dalla mobilità all’interno delle città. Nel 2017 ha pubblicato la comunicazione L’Europa in movimento - Un’agenda per una transizione socialmente equa verso una mobilità pulita, competitiva e interconnessa per tutti (Commissione Europea, 2017)¹⁸, che comprende una serie di iniziative volte a modernizzare la mobilità e i trasporti in Europa. Nel dicembre 2019 la Commissione ha pubblicato una comunicazione in cui propone un Green Deal europeo (Commissione Europea, 2019)¹⁹ tabella di marcia per rendere sostenibile l’economia dell’UE e per rendere l’Europa un continente a impatto climatico zero, che include l’obiettivo di realizzare una transizione verso una mobilità urbana maggiormente sostenibile, introducendo forme di trasporto privato e pubblico più pulite, più economiche e più sane.

    In Italia la Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile - SNSvS²⁰ presentata al Consiglio dei Ministri il 2 ottobre 2017, è stata approvata dal CIPE il 22 dicembre 2017. Essa definisce le linee direttrici delle politiche economiche, sociali e ambientali finalizzate a raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dall’Agenda delle Nazioni Unite entro il 2030.

    La Strategia Nazionale è strutturata in cinque aree, corrispondenti alle 5P dello sviluppo sostenibile proposte dall’Agenda 2030, ciascuna delle quali contiene Scelte Strategiche e Obiettivi Strategici per l’Italia, correlati agli SDGs dell’Agenda 2030:

    Persone: contrastare povertà ed esclusione sociale e promuovere salute e benessere per garantire le condizioni per lo sviluppo del capitale umano;

    Pianeta: garantire una gestione sostenibile delle risorse naturali, contrastando la perdita di biodiversità e tutelando i beni ambientali e colturali;

    Prosperità: affermare modelli sostenibili di produzione e consumo, garantendo occupazione e formazione di qualità;

    Pace: promuovere una società non violenta ed inclusiva, senza forme di discriminazione. Contrastare l’illegalità;

    Partnership: intervenire nelle varie aree in maniera integrata.

    Il documento identifica, inoltre, un sistema di vettori di sostenibilità, definiti come ambiti di azione trasversali e leve fondamentali per avviare, guidare, gestire e monitorare l’integrazione della sostenibilità nelle politiche, nei piani e nei progetti nazionali.

    Le tematiche legate alla mobilità, direttamente o indirettamente, si ritrovano, diffusamente,

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1