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Home sweet Holmes
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E-book390 pagine5 ore

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Giallo - racconti (339 pagine) - Undici racconti apocrifi (più uno) proposti in maniera cronologica da un autore che non smette di stupirci. Le storie scritte da Lucio Nocentini sono esercizi letterari coraggiosi, oltre a essere un fiume di idee in piena. I suoi racconti sono fonte di fervida creatività, con alcune "pennellate" ingegnose.

Una storia che scava nel passato militare di compagni d’armi che sembrano essere legati da un comune e terribile segreto; un pavone venerato a Topkapi che ingoia il più nefasto dei diamanti; altri diamanti, questa volta rubati, che ricompaiono addirittura nella cucina della signora Hudson; un uomo invisibile che invita a una cena con delitto, in un rinomato ristorante di Londra; un sipario che si apre e il cadavere del regista che casca in mezzo al palcoscenico;  tre donne decapitate in diversi luoghi di Londra; il matrimonio della ricca nipote di Watson dove, durante il pranzo di nozze, ci scappa il morto; uno spassoso racconto dove ricchi veri e fasulli convivono accanitamente rivali in un divertissement che tanto ci rimanda alle atmosfere care ad Agatha Christie; una signora insopportabile che tratta tutti i suoi dipendenti come zerbini; tre festeggiati scannati nei ristoranti cinesi tra Londra e Manchester; poi un caso, in Friuli, squisitamente e diplomaticamente politico. E quando sembra tutto finito, Nocentini ci propone una sorta di canovaccio per commedia…

Lucio Nocentini è nato ad Halloween nel 1954. È del 1999 il suo primo romanzo giallo Il mistero della minestrina vegetale (Mursia). Ha curato per Coniglio editore la fortunata antologia La minestra sul cortile (2006). Nel 2007 con Alimentare Watson! ha vinto il primo premio a “I sapori del giallo, gusti tra le righe”. A questo è seguito un altro romanzo apocrifo, Alimentare Sherlock! (Morganti editore). A quattro mani con Lia Volpatti ha pubblicato Il terrore corre sul Nilo, (2008-2012, Hobby & Work) doveroso omaggio ad Agatha Christie. Altri titoli di Nocentini, Assassinio sul Malpensa-Express, Caccia al lardo, Algida, Dieci piccoli sette nani, Diavoli e cavoli. Finalista al premio Alberto Tedeschi (2015) con La verità è un’altra, di prossima pubblicazione. Quando non scrive, non dipinge e non fa il giornalista, fa il dentista!
LinguaItaliano
Data di uscita15 giu 2021
ISBN9788825415339
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    Anteprima del libro

    Home sweet Holmes - Lucio Nocentini

    Introduzione

    Luigi Pachì

    Mi sono sempre chiesto dove Lucio Nocentini, medico, classe 1954, trovi il tempo per fare tutto quello che riesce a realizzare nella sua vita. A volte mi viene da pensare che abbia, in un certo senso, la possibilità di fermare il tempo e muoversi all'interno di una giornata come meglio gli aggrada. Un po' decide di fare il dentista, poi per qualche altra ora si dedica all'attività di giornalista, passa a realizzare gustosi menu culinari, non prima però di aver dipinto o realizzato qualche oggetto artistico di ottima fattura e trascorso un bel po' di tempo con i suoi piacevolissimi animali. Che sia una sorta di Doctor Who e che lo studio dentistico dove lavora funga da suo personale TARDIS? Una domanda a cui probabilmente non avremo mai risposta…

    Resta il fatto che conoscere Lucio Nocentini significa rischiare di trovarsi sommersi da sue idee, email, proposte di trame curiose e racconti successivamente realizzati con una continuità davvero al limite, o addirittura oltre, le possibilità umane.

    Questa sua antologia di apocrifi sherlockiani è nata con una evoluzione e rapidità da far invidia a chiunque decida di pubblicare i propri racconti in un unico volume.

    Prima di entrare nel merito di questa raccolta di avventure sherlockiane facciamo un passo indietro rammentando alcune sue iniziative legate sia al giallo sia allo stesso detective di Baker Street.

    Un primo lavoro che va ricordato è quello scritto a quattro mani con Lia Volpatti e intitolato Il terrore corre sul Nilo, (2008-2012, Hobby & Work). Suoi anche i libri Alimentare Watson! e Alimentare Sherlock! editi da Morganti Editore. Lucio Nocentini si è aggiudicato inoltre diversi premi letterari, tra cui la quindicesima edizione dello Sherlock Magazine Award.

    Nell'antologia Casi paradigmatici per Sherlock Holmes è apparso il suo racconto Sherlock Holmes e il mistero della pendola che non suonò le dieci (e nemmeno le undici):¹ una storia piuttosto singolare in cui ci troviamo innanzi a tre cadaveri, tre vedove molto consolabili e trenta e più segreti della famosa marmellata di Irwing Irwing & Son, alla quale Holmes non sa proprio resistere.

    Nella collana in eBook Sherlockiana, edita da Delos Digital, ha esordito con Sherlock Holmes contro l'uomo invisibile² (riproposto in questa antologia), dove una cuoca viene uccisa barbaramente.

    In Sherlock Holmes e l'assassino dagli occhi di vetro³ – anch'esso riproposto in queste pagine – ci si chiede come sia possibile che tre donne siano state decapitate in tre luoghi diversi e che le loro teste siano state scambiate. Nella raccolta Alimentare Watson!⁴ ci troviamo invece davanti a un esercizio di puro divertissement: la sottile arte della deduzione viene qui parodiata nei dodici racconti che compongono l'antologia. L'ideale seguito viene pubblicato tre anni più tardi è porta il titolo di Alimentare, Sherlock!.⁵ In questo caso Nocentini ambienta le sue undici storie tra l'Inghilterra e l'Italia del 1903. Con il racconto Sherlock Holmes entra in scena,⁶ che trovate anche in questa antologia, Nocentini si è invece aggiudicato lo Sherlock Magazine Award nell'edizione 2019. Il racconto potrebbe anche intitolarsi Il caso del cappello della caccia al cervo. Sherlock Holmes è costretto a fare i conti con la sua immagine teatrale e cinematografica. Il mistero si infittisce quando alcuni testimoni, capitanati dalla signora Hudson, indicano in Holmes il colpevole del caso.

    Ma veniamo ad analizzare più nel dettaglio tutti gli undici racconti presenti in questo libro. Le storie proposte da Lucio Nocentini sono esercizi letterari coraggiosi, oltre a essere un fiume di idee in piena. I suoi racconti sono fonte di fervida creatività, con alcune pennellate di ingegnosità. Questo ci permette di chiudere un occhio su alcune espressioni un po' sopra le righe che talvolta vengono attribuite al buon dottor Watson. Aggiungo che si tratta di racconti molto diversi l'uno dall'altro, ma proposti in maniera cronologica, per cui è possibile assistere all'invecchiamento di Sherlock Holmes in modo del tutto graduale.

    In Sherlock Holmes e il morto che non era morto, ovvero il caso del becchino impaziente l'autore ci propone un primo caso davvero bizzarro. Perché un becchino si presenta a casa di un uomo per prendergli le misure e fabbricargli la bara, visto che questa persona gode di ottima salute? Ancora più sorprendente: perché la stessa cosa succede anche al dottor Watson? Una storia che scava nel passato militare di compagni d’armi che sembrano essere legati da un comune e terribile segreto. In questa singolare vicenda incontriamo il colonnello Hayter, un personaggio uscito dalla penna di Arthur Conan Doyle ne I signori di Reigate, nientemeno. Sacrilegio? Niente affatto, se tutto avviene nel rispetto affettuoso del Canone.

    Il secondo caso di Holmes ci porta a Istanbul. In La maledizione del diamante stramaledetto (e la sparizione delle mogli grasse del gran Sultano Barba-Abdul) siamo nel 1908 e un pavone venerato a Topkapi, la splendida reggia del sultano Abdul Hamid II, ha ingoiato uno dei diamanti più grossi che si conoscano e non sembra avere nessuna intenzione di restituirlo in modo naturale… Sherlock Holmes, appena giunto sul posto inciampa nel cadavere di una bellissima concubina. Un racconto che si svolge tra mogli annegate in una grande cisterna ed eunuchi sfuggenti e malefici che confondono le acque. Qui si rinnova la maledizione del più nefasto dei diamanti. Il suo nome è Hope. 44,5 carati!

    Altro cambio di registro. Altro caso curioso. In Sherlock Holmes e il mistero dei carciofi stufati, ovvero i segreti e le bugie della signora Hudson ci si domanda se sia possibile risolvere un caso standosene seduti a tavola e trarre funamboliche deduzioni osservando alcune caratteristiche dei carciofi stufati. La risposta è ovvia, se l’investigatore è Sherlock Holmes! Diamanti rubati ricompaiono addirittura nella cucina della signora Hudson, e il fatto curioso è che ce li ha messi lei. Ma non era una locataria onesta e irreprensibile? Holmes è pronto a giustificare i suoi misfatti, a difenderla con tenacia e, grazie al validissimo ispettore Gregson, a lavare l’onta… tra un boccone e l’altro! Tra un carciofo primaverile e una prugna africana. Tra una caramella e un fragrante crumble alla frutta.

    Si rimane in tema culinario con Sherlock Holmes contro l’uomo invisibile, ovvero il delitto della pasta sfoglia. Quando è l’uomo invisibile a invitarti a una cena con delitto, in un rinomato ristorante di Londra, può anche succedere che l’assassino si sia in qualche maniera smaterializzato. Delle urla provengono dalla cucina. La porta è chiusa dall’interno, e dentro, ancora calda, soltanto la povera cuoca con il cranio fracassato dal matterello. Un complicatissimo rebus per il perspicace Holmes. Il delitto affonda le sue radici nel lontano Canada, la notte del 1850 in cui vennero trucidati i famigerati Donnellys, ed è questa l’occasione per conoscerne l'incredibile storia fatta di furti, dispetti e orrendi soprusi.

    Un racconto d'ispirazione teatrale è invece Sherlock Holmes entra in scena. Si apre il sipario e il cadavere del regista casca in mezzo al palcoscenico, dall’alto del teatro. Il colmo è che in scena c’è Sherlock Holmes… Invece no: quello è Gillette, il famoso attore che lo sta impersonando. Lui, il detective vero, è nascosto in platea, al fine di acciuffare un terzo Sherlock Holmes, quello finto che semina la morte. In questo sorprendente racconto il nostro Holmes è perfino costretto a indossare l’odiato deerstalker, per riuscire a catturare un ferocissimo assassino e avere salva la pelle. Ci riuscirà?

    Arriviamo così a Sherlock Holmes e l’assassino dagli occhi di vetro, ovvero il sorprendente caso delle teste scambiate. Qui abbiamo tre donne decapitate in diversi luoghi di Londra, una con la testa dell’altra… quando la testa c’è. Può succedere che l’assassino abbia portato altrove la testa mancante, in giro per la città, magari dentro una cappelliera, tanto per stupirci con gli effetti speciali? Basterà ricomporre i cadaveri come se si trattasse di un puzzle, per avere la soluzione? Tutto quello che sembra apparentemente non avere un senso, tra il museo di Madame Tussaud e la Torre di Londra, un senso ben preciso e crudele alla fine lo avrà.

    Con Nozze al veleno la ricchissima nipote di Watson si sposa, nel pittoresco Norfolk, e guarda caso, durante il pranzo di nozze ci scappa il morto. Sembrerebbe a prima vista trattarsi di un consueto triangolo amoroso ma a ben guardare c’è decisamente un lato in più. La dolce, tenera e impacciata Sybil e la gagliarda cognata Miranda, tra liti furibonde, tazze di tè avvelenate e tradimenti, vengono travolte da una pesante nube di arsenico, in un duello senza esclusione di colpi, lungo una via decisamente a senso unico.

    Affascinante l'ambientazione di Sherlock Holmes: assassinio sul Simplon Orient-Express dove Sherlock Holmes e Watson si trovano a viaggiare sul lussuosissimo treno durante la tratta Losanna-Milano. Racconto spassoso dove ricchi veri e fasulli convivono accanitamente rivali in questo divertissement che tanto ci rimanda alle atmosfere care ad Agatha Christie. Lei adorava e si ispirava agli scritti del dottor Watson, va da sé che l’amore a volte è reciproco. Ma attenzione che la parola divertissement non vi faccia deragliare. Il morto ci scappa, bello e ammazzato!

    La terribile signora Lippincott è il personaggio chiave del racconto L’erba cattiva. Chi non conosce questa donna non può capire fino a che punto si possa desiderare di uccidere qualcuno! Può una signora insopportabile trattare tutti i suoi dipendenti come zerbini e farla franca? Certo, a meno che per qualcuno eliminarla non sia la cosa più semplice del mondo. Si dice l’occasione fa l’uomo ladro. In questo caso l’occasione… può anche uccidere!

    Altro racconto e altri cadaveri in Happy Murder, Sherlock Holmes. Il drago assassino si aggira nei ristoranti cinesi. Le luci si abbassano, arriva la torta con le candeline, tutti cantano Happy Birthday a squarciagola, ma quando si riaccendono le luci è il celebrato ad avere la gola squarciata. Tre festeggiati scannati tra Londra e Manchester, e lo stesso Sherlock Holmes, dopo aver riesumato in qualche modo il fantasma di James Moriarty, è costretto insieme ai suoi cari a festeggiare il suo settantesimo compleanno proprio al ristorante cinese per sfidare faccia a faccia, ma al buio, il suo boia.

    Ritroviamo, infine, uno Sherlock agè ma non per questo arrugginito in Un ritratto per Sherlock Holmes. Il Nostro si trova a dover risolvere un caso squisitamente e diplomaticamente politico solo ammirando gli occhi innamorati di una donna. Per farlo deve scomodarsi e recarsi in Friuli. Ma ne vale certamente la pena, perché lì può conoscere la palpitante fotografa Tina Modotti, assaggiare il suo gustosissimo gulasch e soprattutto sentirsi intramontabile, a dispetto delle raccomandazioni del suo medico di fiducia… Il buon dottor Watson, infatti, lo preferirebbe a casa, in poltrona davanti al camino acceso, con una coperta sulle ginocchia e una buona tazza di tè caldo da sorseggiare! Ma, ormai lo sappiamo, le indagini di Sherlock Holmes non si fermano mai… E, infatti, Nocentini in questo libro non si ferma neppure dopo la postfazione di Enrico Solito e i ringraziamenti, proponendo anche un divertissement, quasi un canovaccio per commedia…

    Luigi Pachì


    ¹. In Casi paradigmatici per Sherlock Holmes, AA VV, Sherlockiana Investigazioni n. 1, Delos Digital, settembre 2020

    ². Sherlock Holmes contro l'uomo invisibile, Sherlockiana n. 224, Delos Digital, ottobre 2018

    ³. Sherlock Holmes e l'assassino dagli occhi di vetro, Sherlockiana n. 231, Delos Digital, dicembre 2018

    ⁴. Collana Risointegrale, Morganti editore, 2007

    ⁵. Collana Giallo Chiaro, Morganti editore, 2010

    ⁶. Sherlock Magazine n. 49, Delos Books, giugno 2020

    Sherlock Holmes e il morto che non era morto, ovvero il caso del becchino impaziente

    È di estrema importanza nel processo investigativo saper distinguere tra un insieme di fatti in successione logica quelli semplicemente accidentali e quelli invece vitali. In caso contrario anziché concentrare la vostra energia e la vostra attenzione voi le sciupate invano.

    I signori di Reigate, Arthur Conan Doyle

    Capitolo uno

    Durante la lunga carriera di Sherlock Holmes, io, suo fedele accompagnatore e biografo, non mi ero mai imbattuto in un caso così singolare. In tanti anni passati a investigare fra un treno in corsa o una carrozza, un’automobile o una mongolfiera, non erano mancati cadaveri scomparsi, riapparsi, decapitati, riesumati, reincarnati, occultati, sfigurati. Morti viventi secondo la religione haitiana, fantasmi buoni e cattivi, fosforescenti o no, con catene o senza, epilettici, risuscitati. Mai avevamo contemplato individui dichiarati morti all’anagrafe che non erano mai defunti. E uno di questi non morti, incredibilmente, ero io!

    Quella che sembrava a prima vista una giornata come tante altre, di lì a poco sarebbe diventata per me un vero inferno. Avevo fatto una buona colazione a base di pane ai cereali con marmellata di arancia e tè nero forte che la nostra domestica, la signorina Mary Jane, aveva servito puntualmente alle otto meno un quarto. Mia moglie Mary si era fatta un po’ attendere perché la sua ultima laboriosa pettinatura era formata da due morbide trecce incrociate e annodate dietro la nuca. Devo ammettere che le donavano molto; le conferivano un’aria da vera lady, che aveva accentuato indossando una elegante camicetta color cipria dal collo rigido ricamato e una corta collana di perle di Maiorca. Sembrava l’incarnazione di un cammeo di corallo rosa, alla luce morbida che entrava dalla finestra.

    – Hai molti pazienti, oggi, John? – mi chiese dopo essersi seduta a tavola mentre cominciava a zuccherare il suo tè, intanto che io stavo finendo di bere il mio. I suoi occhi grandi e cerulei, amorevoli, emanavano pace e serenità, come di consueto.

    Ero abituato a vederla dispiacersi, quando le rispondevo di averne persino troppi, così mi concessi una piccola bugia: – Giornata tranquilla, davvero tranquilla. Penso che riuscirò perfino a fare un salto da Templeton a tagliarmi i capelli e a farmi sistemare i baffi – mentii guardando l’ora sul mio orologio da taschino – ma scusami, adesso è opportuno che mi sbrighi… Time is fleeting!

    Era mia abitudine trovarmi nel gabinetto medico mezz’ora prima che arrivassero i pazienti per organizzare le schede anagrafiche giornaliere e controllare che lo strumentario e il magazzino dei farmaci d’urgenza fossero a punto.

    Stavo accingendomi a piegare il tovagliolo e ad alzarmi da sedere quando sentimmo suonare discretamente alla porta. Mary Jane andò ad aprire e si presentò poco dopo paonazza in volto ad annunciare la visita.

    – C’è il signor Watherose dell’impresa Watherose & Robinson, Oltre. Pompe funebri. Mi chiede se può prendere le misure del suo corpo, dottor Watson, per fabbricarle la bara.

    La prima reazione fu di ridere a quelle parole. E lo feci. Non ero ancora deceduto e almeno apparentemente thank goodness, godevo di ottima salute. Alle spalle della nostra domestica si presentò un elegante e impacciato impresario funebre, Richard Watherose in persona, con un metro in mano. Con l’aria contrita di chi si ritiene spiacevolmente coinvolto in un imbarazzante equivoco mormorò: – Credo di avere sbagliato persona, anzi ne sono sicuro. I’m so sorry.

    Fu in quel momento che udimmo un grido disperato di aiuto e un urlo spaventoso giungere da fuori. Mi affacciai alla finestra e vidi il corpo di un uomo che precipitava nel vuoto, dal terzo e ultimo piano di una delle case che si trovavano di fianco alla nostra. Lo vidi stramazzare sulla strada, al di là del marciapiede, mentre una carrozza guidata da due cavalli neri si dovette arrestare di colpo per non calpestarlo.

    – Non siete venuto per niente – si lasciò andare Mary Jane, rivolta a Mr. Watherose, col candore tipico della bonaria ragazzona irlandese qual era.

    – Evidentemente ha sbagliato numero civico… – aggiunse mia moglie con sarcasmo, rivolta al signor Watherose, che di colpo, da rosso pomodoro, si era fatto pallido come un lenzuolo.

    Capitolo due

    Mi ero precipitato a soccorrere il poveretto, ma oramai per lui non c’era più niente da fare. La testa fracassata e il volto coperto di sangue mi dettero la vaga impressione che si trattasse di un mio coetaneo. Stavo coprendolo con un lenzuolo che pietosamente qualcuno dei vicini mi aveva fornito quando alcuni particolari del volto, la mandibola squadrata e il collo taurino, mi rimandarono col pensiero a una persona conosciuta, chissà come, chissà dove. ‘Forse un paziente’, pensai. Quell’uomo aveva in sé qualcosa di familiare. Prima di coprirlo cercai con un fazzoletto di pulire il sangue dagli zigomi. Gli aprii un occhio e… ma sì. Come potevo non aver riconosciuto nel cadavere ancora caldo uno dei miei pazienti più simpatici, quel burlone del giudice Arthur Brugstore! Ma cosa ci faceva a Paddington, in uno dei palazzi che si ergevano di fianco al mio, lui che abitava nella zona di Buckingham Palace, almeno a giudicare dai simpaticissimi biglietti di auguri natalizi che ogni anno mi inviava? Mi accorsi che da una tasca della sua giacca sporgeva una fotografia. Precisamente il ritratto di una donna bellissima.

    Guardai la facciata dell’edificio dal quale il povero amico mio era precipitato, e notai una finestra spalancata al terzo piano, ma prima di fare qualsiasi cosa assoldai il cocchiere di un landò e inviai un ragazzo che era accorso a prestare aiuto a chiamare Sherlock Holmes e la polizia. I minuti che dovetti aspettare, lì sotto, mi parvero interminabili.

    Spiegai loro, appena arrivarono, come erano andate le cose per filo e per segno. Insieme, debitamente armati, piantonammo la strada nel tratto interessato ed entrammo nell’edificio dove poteva ancora trovarsi chi aveva defenestrato il caro giudice. Ero sicuro che non si era trattato di una disgrazia per via del grido di aiuto e dell’urlo straziante che avevo udito prima di vederlo precipitare nel vuoto. Purtroppo al terzo piano individuammo una via di fuga; una scala laterale di servizio.

    Trovammo l’uscio spalancato dell’appartamento che come poi apprendemmo dai vicini era sfitto da tempo. Neanche un segno di scasso sulla serratura e non c’erano chiavi, né fuori né dentro all’uscio. Holmes le trovò nella tasca sinistra della giacca del giudice Brugstore. Perlustrammo le stanze vuote, in cui erano rimaste rare suppellettili di arredamento e qualche mobile coperto da lenzuoli. Un luogo anonimo, per un appuntamento anonimo. Nessun indizio degno di nota, nothing noteworthy, come ebbe a confermare il mio illustre amico, dopo aver perlustrato in lungo e in largo pavimento, oggetti, mobili e pareti, inch by inch, con la sua leggendaria lente d’ingrandimento.

    Ci recammo al primo piano del palazzo dove abitava il proprietario di questo appartamento sfitto. Un generale in pensione di nome Lionel Rigbe. Fu il suo cameriere, un tipo decisamente prestante, sulla quarantina, a farci accomodare in un bel salotto dalle pareti ornate di stampe, fotografie e armi da fuoco antiche. Il generale, un uomo dal portamento davvero distinto, che in gioventù doveva essere stato molto attraente perché nonostante le rughe lo era ancora, ci raggiunse zoppicando dato che aveva una gamba di legno.

    – Il signor Sherlock Holmes? Mi spiace fare la sua conoscenza per via di questo increscioso incidente ma penso che molte delle persone che incontra nel suo ufficio siano nella mie analoghe condizioni, non è vero?

    – Considerazione giustissima, generale.

    – Aggiungo che se non fosse giunto lei da me, sarei venuto io da lei, perché la morte di quest’uomo in casa mia non mi piace per nulla. Lo hanno assassinato, non è così? Ho ancora nelle orecchie il suo terrificante grido di aiuto mentre precipitava.

    – Purtroppo pensiamo di sì. Il poveretto era un rinomato giudice. Si chiamava Arthur Brugstore. Era un suo amico o conoscente?

    – Il nome mi dice qualcosa – rispose il generale osservandoci bene attraverso una lente monocolo che teneva appesa a una catenella d’oro. – Suppongo di avere prestato servizio militare nel sullo stesso battaglione, al fronte, ma non riesco a ricordare niente così, su due piedi. Ma accidenti ai modi di dire. Io ho un piede solo!

    – Già… – sogghignai sotto i baffi.

    – Dovrei guardare almeno una fotografia. E lei, dottor Watson… il suo nome mi è familiare a prescindere dalle memorie del qui presente Sherlock Holmes che leggo puntualmente sullo Strand Magazine. Non è che per caso ha partecipato come me alla seconda guerra Afgana e faceva parte del contingente supportato dall’emiro Abdul Rahman Khan?

    – Certo, generale Rigbe. La mia colonna fu sanguinosamente sconfitta da Ayub Khan. Poi venni ferito a una spalla, contrassi il tifo e fui ricoverato nell’ospedale militare. Mi venne concesso un periodo di riposo in Inghilterra, poi mi posero definitivamente fuori servizio.

    – Quanto è piccolo il mondo, dottor Watson. Siamo stati coinvolti nella stessa missione e ora eccoci qua!

    – Il colmo è che io abito in questa strada, in un palazzo non lontano dal suo, generale…

    – Allora dovremo incontrarci qualche volta per bere whisky e per ricordare i tempi della nostra giovinezza!

    – Lo farò volentieri.

    – E la porta dell’appartamento del terzo piano, normalmente è chiusa a chiave? – gli domandò Holmes ignorando i nostri noiosi convenevoli.

    – Ma certo! Vincent, il mio cameriere, poco fa è salito a controllare il pianerottolo e mi ha riferito che la serratura non è stata forzata e questo è molto strano.

    – Qualcuno, oltre a lei possiede una chiave?

    – Beh, no – rispose un po’ titubante. – No che io sappia – aggiunse abbassando lo sguardo.

    – Capisco. E dove tiene le sue chiavi?

    – Ben custodite in uno scrigno nel mio studio.

    – Quindi non alla portata di tutti.

    – No. Arthur Brugstore, avete detto che si chiamava quel poveraccio che è morto? – domandò nell’intenzione di cambiare argomento.

    – Già.

    – Ho bisogno di vedere qualche suo ritratto, insisto, perché il nome mi dice qualcosa.

    – Glielo sottoporremo quanto prima, generale, ma a proposito di ritratti, conosce questa signora? – gli chiese Holmes esibendo la fotografia che avevo trovato nella tasca del morto.

    – Ma certo è la baronessa Millycent Demidov Storm. Dove l’avete presa? Al terzo piano?

    – Era in una tasca dell’uomo assassinato.

    – Oh my goodness. La questione è molto delicata, signori, e mi imbarazza il solo pensiero ma a questo punto dovrò raccontarvi la verità, costi quello che costi.

    – La prego, generale…

    – Millycent Demidov Storm, madre inglese, padre russo, è una bellissima donna e una cara amica: ha sessant’anni ma ne dimostra venti di meno. La conobbi a casa di alcuni miei cugini circa dieci anni fa, e tra noi scattò subito qualcosa di speciale, voi capirete. Cominciammo a frequentarci appassionatamente, sembravamo fatti uno per l’altra, ma non appena provavo a parlare di fidanzamento, lei si irrigidiva e diventava un pezzo di ghiaccio.

    – Era già sposata?

    – No, no. Quante altre donne, nella sua situazione, pensavo, avrebbero desiderato accasarsi. C’era una grande intesa tra noi, io sono un uomo molto ricco e lei giurava di essere libera da vincoli di famiglia. Vedova e senza figli. Allora pensai che affittarle il piano alto della mia casa, che ha anche un ingresso e una scala indipendenti, potesse rappresentare per il momento una buona alternativa per rendere più forte la nostra relazione. Eravamo entrambi single e passionali e vivendo sotto lo stesso tetto era facile incontrarci e frequentarci… beh, perdoni la mia schiettezza… sul suo letto o sul mio. Siete uomini e potete capire cosa si arriva ad accettare quando divampa il desiderio della carne. A un certo punto però lei cominciò a diradare gli appuntamenti. Veniva ogni tanto a trovarmi, ci amavamo, ma senza trasporto; non era più la focosa e fantasiosa Millycent che avevo conosciuto all’inizio.

    – Conobbe un altro uomo? – chiese Holmes un po’ annoiato.

    – Lo sospettai, anche perché con la scusa della sua passione per le carte da gioco, cominciò a invitare a casa amiche e amici quasi ogni giorno. Alcuni di loro si trattenevano fino a notte fonda. Ma cosa potevo fare, io, innamoratissimo, se non sopportare e sperare in un cambiamento?

    – E alla fine se ne andò?

    – Senza darmi una spiegazione da un giorno all’altro, ma non mi restituì le chiavi dell’appartamento, perciò poc’anzi le ho detto una diplomatica bugia. E io non gliele chiesi indietro sperando che un giorno o l’altro, la cara Millycent, magari, potesse tornare. Mi auguro per lei che non si sia cacciata in qualche guaio. Non è una donna scaltra, nonostante le apparenze. Al contrario di quello che sembra è una creatura fragilissima.

    – Lei conosce l’indirizzo della casa dove abita?

    – Ho saputo dal mio cameriere che vive dalle parti di Soho e frequenta spesso un ristorante piuttosto in voga. Chiedetelo a lui che potrà fornirvi migliori dettagli.

    – E a proposito del terzo piano, nessuno della servitù ci va mai con una scusa o l’altra? – chiese Holmes con tono apparentemente disattento.

    – Ora che mi ci fa pensare, mi è capitato qualche volta di sentire dei rumori provenienti da lassù, anche se il mio udito non è più quello di una volta. Come passi o tonfi attutiti. Ho pensato fossero topi tettaioli⁷ o pipistrelli o uccelli entrati dalla cappa del camino, ma alla luce di quello che è successo… magari era Millycent in compagnia di quel giudice Brugstore. Ma perché venire proprio qui? Brugstore Brugstore… mi verrà in mente prima o poi perché quel nome mi suona così familiare…

    Capitolo tre

    Eravamo appena tornati a casa di Holmes e avevamo consumato un pasto frugale, quando udimmo scampanellare alla porta. La signora Hudson annunciò e introdusse in salotto un certo colonnello Pinkerstone. Piccolo di statura, tendente alla pinguedine e con un forte accento gallese, poteva avere sì e no la mia età.

    Holmes lo face accomodare in poltrona ed esordì: – Anche lei ha ricevuto la visita di un becchino che voleva prendere le misure per fabbricarle la bara, non è vero?

    Il nuovo arrivato e io stesso trasalimmo stupefatti.

    – Ma Holmes…

    – Alcune unghie della sua mano destra sono smangiucchiate. Ma non tutte. Il tempo di arrivare in carrozza da Mayfair a qui. Segno che una notizia angosciante lo ha sconvolto più o meno un’ora fa. Il suo portamento militaresco e la leggera zoppia mi inducono a pensare che anche lei, come il dottor Watson qui presente, abbia partecipato al sanguinoso scontro nel luglio dell’81 a Maywand. Non vi conoscete, ma eravate di certo sulla stessa linea di battaglia in Afghanistan. Il fatto che il becchino le abbia fatto pensare che la sua morte potrebbe essere imminente l’ha indotto a redigere rapidamente un testamento che spunta dalla tasca destra della sua giacca. In preda a una giustificata agitazione ha piegato in fretta il foglio dalla parte sbagliata, così si riescono a leggere alcune parole… Io nella piena facoltà di intendere… Immagino che quando uscirà da qui andrà a consultare il suo notaio di fiducia.

    – Ma signor Holmes, lei ha la vista di un’aquila! – esclamò il colonnello.

    – Osservo bene anche i più piccoli particolari, quando necessita. Lei ha il polsino destro della camicia leggermente macchiato di inchiostro. Essendo un tipo inappuntabile, lo si evince dal resto del suo abbigliamento, vuol dire che prima di venire qui ha scritto in fretta e in preda al panico una missiva molto importante.

    – Magari, Holmes, lei è stato aiutato dal fatto che la stessa cosa è successa a me, questa mattina? – osai insinuare.

    – Ma nient’affatto, Watson. Questa è una di quelle banalissime coincidenze e lei sa bene quanto le detesti e le rifugga!

    Mi permisi di controbattere: – Non mi sembra la cosa più normale del mondo che due ex combattenti nella seconda guerra Afgana ricevano la visita a casa di un becchino impaziente, con un metro alla mano, senza averne richiesti i servigi. Anzi…

    – Certamente è bizzarro tutto ciò, ma non ho ancora finito di spiegare come sono giunto alle mie conclusioni.

    – E come fa a sapere che abito a Mayfair, di grazia? – aggiunse il colonnello con aria beffarda?

    – Perché oggi ho letto il Times. Avendo il dottor Watson ricevuto la visita del becchino impaziente, stamattina, come l’ha ricevuta lei, sono andato a sbirciare tra i necrologi: evidentemente un suo conoscente, o meglio un caro amico, che lavora all’anagrafe o la frequenta, tal Alistair Mortison, deve per forza aver letto il suo nome nel registro dei decessi e si è prontamente precipitato alla redazione del giornale per esprimere nero su bianco le più accorate condoglianze. E di colonnelli Pinkerstone a Mayfair non credo che ce ne siano molti. Sarebbe un’altra deprecabile coincidenza, non le pare?

    – Il caro Alistair! Chissà quanto sarà dispiaciuto. Devo subito mettermi in contato con lui per rassicurarlo che sono ancora vivo e vegeto!

    – Lo faccia subito, colonnello. E prima che se ne vada, ho un paio di domande da porle: le dice niente il nome di un giudice, Arthur Brugstore?

    – No. Dovrebbe?

    – E quello del generale in pensione Lionel Rigbe?

    – Nemmeno. Non sono un asso per ricordare i nomi. Magari il generale faceva parte del mio stesso battaglione. Ma non ci giurerei. Sono passati tanti anni, da allora.

    – Adesso, se era venuto per informarmi della visita del becchino e non ha altro da aggiungere, il dottor Watson e io avremmo da svolgere alcune indagini…

    – Avrei un’altra cosa da dirle, signor Holmes. Il mio compagno d’arme, il maggiore Hayter, di passaggio a Londra martedì scorso, lui abita nel Surrey, mi ha raccontato che si è recato in comune per farsi redigere un certificato. Per un fatale errore o per un caso di omonimia, così si sono giustificati gli impiegati di quell’ufficio, risultava defunto. Ora, dato che questa antipatica quanto imbarazzante evenienza sta coinvolgendo sia me che il dottor Watson… So che con ciò le ho incresciosamente aggiunto una terza coincidenza, ma cerchi, la prego, di fare qualcosa, e questo è quanto – concluse alzandosi da sedere e accomiatandosi con un affettato saluto militaresco.

    Capitolo quattro

    Un velocissimo landò ci portò nel pomeriggio dalle parti di Westmister. Lì a due passi si trovava l’impresa di pompe funebri di Mr. Watherose & Robinson, Oltre.

    Augustus Watherose lo trovammo vestito da lavoro, intento a piallare il coperchio di una bara di rovere. Quando ci vide entrare e mi riconobbe trasalì e in evidente stato di agitazione si tolse il grembiule, si asciugò il sudore dalla fronte con una pezzuola e ci fece accomodare in un salottino che serviva per ricevere i clienti. Era un uomo magro e alto, allampanato come Holmes. Le folte sopracciglia davano al suo sguardo un che di bonario e capimmo subito che non c’era niente di malvagio in

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