Clessidre orizzontali

Di Francesco D'Angiò

Se è vero, come scrive il poeta guatemalteco Cardoza y Aragon, che la poesia è l’unica prova concreta dell’esistenza dell’uomo, mettere la propria clessidra in posizione orizzontale, metafora dell’arresto del tempo, e poi fare il punto sulla propria vita rappresenta il momento in cui si prende coscienza di sé e si smette di essere come un moscerino nel mosto, “ubriaco di ronzio che non si ascolta”.  È una poesia del disincanto e del disamore quella di Francesco D’Angiò, presa di coscienza di un cammino irrisolto e, nell’inseguirsi dispettoso dei giorni, l’impressione che tutto sia inutile, come la sabbia sotto i piedi di chi non ha mai gettato via le scarpe. “So stare male così bene”, scrive il Poeta, contemplando le macerie della vita. Accanto alle macerie, però, nasce lo stupore. E allora ci si rimette in gioco, magari camminando a carponi, “fino all’angolo del coraggio”. Sarà il momento di rimettere in piedi la clessidra?

• Lingua: Italiano
• Editore: Edizioni Esordienti E-book
• Data di uscita: 24 giu 2021
• ISBN: 9788855391443

Anteprima del libro

Francesco D’Angiò

Clessidre orizzontali

EEE - Edizioni Tripla E

Francesco D’Angiò, Clessidre orizzontali

©

EEE - Edizioni Tripla E, 2021

ISBN: 9788855391443

Collana Poësis, n. 33

EEE - Edizioni Tripla E

di Piera Rossotti

www.edizionitriplae.it

Tutti i diritti riservati, per tutti i Paesi.

Copertina e disegni di Piero Zanetov

Al tiepido sole di febbraio, sulla panchina il pensiero più semplice per quel tepore ed il saluto al ciclista; al passo più lento che s'avvia reggendosi alla timidezza generosa sconfinata fino all'inconsapevole. Ora, che è lieve respirare con la tenerezza di carezze tanto attese, potrai dirmi come sempre che questi versi da clessidra orizzontale fermano i sorrisi rari che custodirai per noi. Disposta anche a chiedere scusa per l'improvviso vuoto che ci hai lasciato, con il saluto educato di un soffione. A Valeria

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I - ILLUSIONE DI SIEPE

Fossi stato all’apparenza felice

come le voci levatesi presto

ai lavori faticosi dei campi,

avrei avuto le assenze giuste

per domandarmi quel che basta

a concludere la giornata.

Le urla di un senso sudato

ora dopo ora,

sciolti pomodori essiccati al sole

distanti da grovigli che si assottigliano

distratti dall’anonimo finale,

sempre più probabile

come il fieno al ruminante

e la fanghiglia alle ultime piogge

che non sono più di alcuna