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Arco onirico
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E-book280 pagine1 ora

Arco onirico

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Info su questo ebook

In questa raccolta la poesia di Giulia Griseri si fa acqua, in tutte le sue forme: il mare è la guida dell'autrice, il suo rifugio, il padre, la madre, la consolazione, il suo stesso sangue, l'elemento che percepisce dentro di sé e propaga all'esterno come onda vitale. L'acqua è il veicolo delle emozioni. Il mare è delizia e amarezza, che accompagna l'autrice lungo i contorni dell'arco dell'esistenza, dove l'onda diventa silenzio e deserto. L'estate è attesa come una madre, come un sogno, come le stelle, una ricerca continua di calore umano. Alcuni amori bruciano come falò impetuosi, altri hanno solo bisogno di abbracci.
LinguaItaliano
Data di uscita26 giu 2020
ISBN9791220822305
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    Anteprima del libro

    Arco onirico - Giulia Griseri

    Nel riverbero del vuoto

    Pareti ambigue

    marcano nostalgiche carenze

    che appannano il nudo scenario

    che si distende taciturno

    nell’amaro riverbero del vuoto.

    Mi perdo nel mio eremo

    fulgido come una stella che acceca

    e mi oriento nei colori delle tele imbrogliate

    nello sbuffo che profuma di malaleuca o lavanda

    nei petali screziati di phalenopsis

    che si dischiudono in soavi fioriture

    nelle foglie che dondolano sospese nella stanza

    nel rigoglioso giardino che ossigena il mio respiro,

    mi addomestica nel sonno e mi incanta nella veglia.

    Nella solitudine sento ancora il tuo odore

    le tue mani che infondono calore

    e la tua voce che mi rende quieta e docile.

    Mentre tu non sei con me.

    Un lungo miraggio d’estate

    Abbiamo disposto i nostri semi

    nel tempo sbagliato,

    tramutando il concime in veleno,

    ma la natura non arresta il suo rinnovarsi.

    La fertile terra che accolse in sé

    i granelli piccini scivolati tra le nostre dita

    produrrà frutti che saranno

    il bene di un nuovo amore.

    Tra noi solo silenzio.

    Il pavimento diffonde

    il profumo del caffè versato

    tra i cocci dell’età tonda che mai più tornerà.

    I resti di ceramica dove appoggiasti le tue labbra

    respirando il vapore di amara dolcezza

    non hanno midollo, ormai.

    Il vaso è rotto

    come ossa che scricchiolano

    nell’ultima corsa che precede l’addio.

    Il profumo di lavanda ha perso sapore,

    le pareti sono spoglie.

    Manca l’odore di pittura ormai lontano.

    Mancano le piante rigogliose

    che ondeggiavano tra i nostri respiri.

    Manca il rumore della tastiera che riempiva lo schermo

    con i nostri versi intrecciati.

    Manca la nuda bellezza che ci osservava in silenzio

    attraverso tele d’artista.

    Manchi tu

    e mai più ti rivedrò, mia dolce illusione.

    Le dee non poseranno più i loro sguardi sul mio corpo

    e io tremerò negli inverni, i miei piedi saranno freddi.

    Ad ogni crepuscolo le ombre mi porteranno il tuo sorriso

    il vento trasporterà la tua voce

    che ancora mi cullerà in un lungo miraggio d’estate

    e ingannerà i miei sensi

    come tu ingannasti me

    lacerando quel che resta della mia anima.

    Arco Onirico

    Il verde che ti adorna

    ondeggia mosso dal vento.

    In te il respiro dell’onda,

    il fresco della nobile ombra

    che ti sovrasta nelle ore tarde,

    l’oro purpureo

    della soffusa rifulgenza

    che precede il bacio solenne.

    La tua grazia muta

    nella forza della risacca

    che scolpì la roccia scura,

    delineando i tuoi tratti fiabeschi e soavi.

    Il mio sguardo ammaliato

    percorre i tuoi contorni

    e tra le mie mani scivolano

    granelli di sabbia

    che riflette l’argento

    della dolce sorgente

    nascosta tra i tuoi anfratti,

    dove posso dissetarmi.

    Mi immergo nelle sfumature

    di liquida salsedine,

    tra il verde e il blu,

    e le dolci onde del mare

    mi conducono a te,

    arco onirico,

    che mi accogli sulla tua piccola spiaggia

    a contemplare nell’estasi la fine del giorno.

    Il rosso che nasconde

    Mi abbaglia lo stridore del rosso

    che nasconde deboli orme di infiniti passaggi

    e mi torna in mente

    il porpora delle ginocchia sbucciate,

    le fanciulle devote in penitenza

    che offrono sangue e lunghezze di morbide chiome

    alla silenziosa signora

    delle imbarcazioni protette dai naufragi.

    Il vento che si insinua nei vicoli poco illuminati

    che rinfresca le estati torride

    e diventa a volte ristoro,

    altre volte fastidioso frastuono

    che cela il dolce rumore della tempesta.

    Le effusioni delle coppie appartate

    interrotte dagli schiamazzi di finti esploratori

    alla conquista dell’antica prigione corrosa dal tempo.

    Le macerie che si innalzano

    sugli ultimi resti della fortezza

    con lo sguardo fisso sulle onde in movimento,

    che svelano nella spuma l’insidiosa secca.

    E verso nord, i due archi di sogno

    tesi verso il sole che cala

    in un tramonto maestoso.

    Dormite, piccole rondini

    Dormite, piccole rondini,

    accucciate in nidi protetti,

    al riparo dall’ombra malinconica

    del fosco congedo.

    Siete tornate

    e come sempre tornerete

    a dipingere le nuvole

    intonando garbati garriti.

    Nel silenzio della notte mi accosterò alle vostre ali

    e come in un crepuscolo senza fine danzeremo insieme

    percorrendo i contorni sfavillanti

    di una bianca luna che lievita nell’azzurro d’aprile

    mosso dal maestoso volo

    di un gabbiano che cerca onde lontane.

    Il gelo dell’inverno si è dissolto in un sorriso di sole,

    le cascate di glicine odoroso adornano ogni percorso,

    sento il sapore di resina tra le mie labbra,

    i deliziosi fiori che nutrirono i nostri abbracci

    sono sbocciati

    e percepisco il calore delle tue mani che mi scoprono,

    o mi proteggono.

    Ascolterò il canto delle rane e dei grilli d’estate,

    sentirò un dolce fruscio di passi tra l’erba,

    nel sogno dondolerò sull’altalena,

    tra verdi colline dai tratti fiabeschi,

    morbide come la tua pelle.

    E le lacrime solcheranno il mio viso

    mentre ascolterò l’avanzare di note

    che confondono il reale.

    La danza delle farfalle

    Mi sono fatto scrigno impenetrabile,

    sigillo d’oltretomba,

    inaccessibile e segreto.

    Custodirò in silenzio le sillabe di sogno

    che un tempo fluirono dalla tua delicata mano.

    I tuoi versi urleranno nelle tenebre,

    protetti dalla scatola che è simbolo delle nostre visioni,

    e mai le mie labbra si dischiuderanno per pronunciarli.

    Resteranno serrate in un falso oblio

    che cela la presenza ancora viva che pulsa,

    nella speranza di una nuova luce

    e nell’attesa di ammirare ancora una volta

    la maestosa danza delle farfalle in volo,

    quelle farfalle che entrarono in noi

    attraverso una finestra sbattuta dall’ululare del vento.

    Le tue mani tremanti

    L’ardore di un tempo tramutato in una vuota assenza.

    Il tuo sguardo annebbiato dalla pesante risonanza

    delle troppe lacrime che inondarono

    i tuoi occhi di bambino abbandonato al terrore.

    La tua voglia di urlare che non trova il ristoro

    del violento sfogo.

    Vorrei liberarti dagli orrori che ti affliggono,

    vorrei essere il sussurro

    che accarezza le tue mani tremanti

    per renderle di nuovo forti.

    Vorrei restituirti il sorriso e la luce che un tempo

    illuminava il tuo sguardo.

    Una sensazione di assoluta impotenza

    divora le mie viscere

    e mi annega in singhiozzi tristi e inconsolabili,

    mentre tu allarghi le braccia e mi implori di salvarti.

    Tra Urano e Gea

    T’amo tra Urano e Gea,

    antenati della stirpe capricciosa,

    t’amo mentre straripando inibisci la mia corsa

    e m’inverti con le tue acque,

    per navigare nel tempo e tornare al primo stupore.

    T’amo sul colle profanato

    da sordide braccia ingorde d’autorità,

    dove una strega gentile

    sforna cornetti caldi per nutrire l’alba.

    T’amo dove il marmo scintilla nella nebbia

    che separa le sue particelle

    nei colori dell’arcobaleno.

    T’amo mentre ci insudiciamo

    danzando nel fango sulla sponda del lago

    nascosto in un cinema

    che profuma di torta al cioccolato.

    T’amo dove i gatti diventano zebre

    che mi addormentano su una panca di legno.

    T’amo di fronte al portone

    che evoca antiche battaglie,

    t’amo dove i binari si fermano

    e si affacciano su un piccolo altare

    consacrato dal nostro bacio

    amabilmente osceno.

    T’amo oltre il tempo,

    oltre la vita, oltre la notte.

    E ti attendo nella necropoli

    del tuo maniero,

    ai piedi della cattedrale

    oltraggiata dalle mani

    di folle furenti e da noi,

    per rinascere nei tuoi versi.

    Amigdale sensibili

    Mi sono persa

    in una palude di simboli,

    radici assopite

    mi indicano il percorso,

    mentre eiaculo brandelli di te

    e ti ritrovo in un flusso impetuoso.

    Deiezioni di un ciclo vacuo,

    interrotto dal ronzio

    di una piccola ape

    ebbra di lunghi baci

    che muta la mia rotta.

    Amigdale sensibili

    galleggiano nel molle grigio,

    ti sento e ti sfioro,

    le tue unghie smaltate

    graffiano il cielo,

    in un vuoto effimero

    che attende la resa allo zero assoluto.

    Vorrei essere insetto,

    per risalire la corrente

    delle tue vene

    e posare la mia saliva

    sul tuo corpo,

    per rinascere in te,

    in un unico sguardo,

    sensibile come una luna profonda

    illuminata a teatro,

    come una maschera

    dietro la quale nascondermi, per svelarmi.

    Linea di confine

    Attraversammo insieme il deserto delle nostre menti

    che si ristorarono in oasi rigogliose

    colme d’acqua pura e ondeggiante

    che rifletteva la sabbia

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