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Ho sete di cuore
Ho sete di cuore
Ho sete di cuore
E-book183 pagine33 minuti

Ho sete di cuore

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Info su questo ebook

Fuoco e focolare, passione e affetti: la poesia di un campo di papaveri accende, attraverso il rossore della pelle del fiore, i fotogrammi di una quotidiana esistenza, nella quale anime sensibili si incrociano, si sfiorano, sospirano e camminano al proprio destino. Il fiore di maggio è il fil rouge che tiene unito questo bouquet di poesie.
 
Abbiamo sete di cuore: la poesia svela delicatamente come siamo fatti per amare e per essere amati. La poesia mette a nudo l’anima, la quale si presenta con la propria esposizione di sentimenti e di vivide emozioni ed è messa in mostra come tra le sale di un museo.
Particolare è la sezione “L’ultimo gesto”, interamente dedicata agli allievi del poeta-professore.
LinguaItaliano
Data di uscita29 ago 2023
ISBN9791222441146
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    Anteprima del libro

    Ho sete di cuore - Claudio Negrato

    Euridice

    Non più parole questa sera.

    Il sole è ancora alto

    e tu conosci il sentiero

    per condurmi fuori dall’inferno.

    La metropolitana frigge le rotaie

    quando raggiunge le affollate

    stazioni, con le anime distratte

    e spoglie di passioni, che arrivano

    e che vanno per la gola della terra.

    La conosci tu veramente

    la selva? La conosci

    la belva che schianta

    il costato? Beato te,

    che vieni qua, sfrontato,

    a strapparmi dal male, tu

    che hai una vita, per amore,

    dici, o per senso di colpa, penso,

    io, Euridice.

                          Vai, lasciami sola,

    so che mi hai già perduto,

    hai già abbandonato il mio ricordo.

    So a che pensi mentre procedi

    verso la luce; la testa pesante,

    una sigaretta nervosa

    tra indice e medio,

    vulcano di pensieri e pentimenti.

    So che tu sai che non brami

    io ritorni lassù.

                          Vai, lasciami sola

    nel mare di buio, nel tuo oblio di carne.

    Voltati una volta sola.

    L’altare del bello

    E dunque l’aria

                               fulgente

    inchioda l’altare del bello

    racchiuso in una cripta spontanea

    che sbuca, in un ignoto

    silenzio, dall’asfalto della via.

    E quando cala il freddo,

    si sperperano le paure,

    s’imbrattano i muri intonsi

    di scritture di pietra.

    Perché se manchi tu,

    tu con la tua costellazione

    di baci, mi accorgo

    della confusione dentro

    che piano piano sale,

    cresce, increspa il lume

    che s’affoga e tace.

    S’annotta senza lasciare

    tracce, neppure tra le righe,

    del mio essermi piegato su di te.

    E ogni mattina me ne vado,

    vado via da te, lontano,

    avvolto nel tocco dell’aurora

    nuova, della luce che s’appiccica

    esplosiva. E mi strappo pezzi di me,

    per segnare il ritorno, forse

    un giorno. Lascio appese parole,

    sperando si disperdano

    tra le case di segreti poeti.

    Tu sei dolore e mare

    pieno, incarnazione

    misteriosa da cui poter

    estrarre me stesso,

    tra orme restie su sabbia

    vana, riempite dalla tua voce

    fugace, notte dopo notte,

    e che giungono alle tue,

    nel luogo dove ci scambiammo

    le nostre due anime.

    La mia parola scritta mi distrugge,

    brucia percossa nel cuore diverso,

    sprigionata da un fuoco

    duro come le sue ossa,

    ed è muta all’orecchio spento

    immerso nelle correnti del sonno.

    Scompare a fine verso, non resta

    per scardinare la porta blindata

    che cela il gusto della sera:

    così, la parola rima abbandona

    il campo di battaglia, lasciandomi,

    tradito, tra la cenere

    degli altri vocaboli inutili.

    Sospiro e apro poi

    le braccia, spalanco l’ampiezza

    del torace per raccogliere

    tutta la luce

    che ti sei lasciata alle spalle.

    Mi ha penetrato,

    nuovamente, la voce:

    l’ho rivista, piegato io

    dal basso, trafitto

    dal suo sguardo sospirato,

    avvolto dalla dialettica

    dei silenzi, travolto

    dall’impeto disarmante

    della luce che talvolta

    si fa fuoco tra le parole.

    Mangio la schiuma

    delle sue dense sillabe,

    stendendo la mia fronte

    sulla riva nobile delle ginocchia,

    e una mano

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