La droga in testa: Una nuova narrazione
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Le più recenti scoperte nel campo delle neuroscienze hanno ormai messo in discussione l’esistenza di qualche particolare struttura cerebrale suscettibile di essere messa “in tilt” dal consumo di sostanze, aprendo così la strada a una nuova narrazione su droghe e dipendenze. Se il fulcro delle straordinarie capacità del nostro cervello non risiede nella sua struttura, ma nel modo in cui apprendiamo continuamente dall’interazione con il contesto e con le altre persone, non è più plausibile identificare nel mero consumo la causa della dipendenza, né nella sua proibizione la sola via per proteggere i più giovani. Occorre invece indagare a fondo il modo in cui le droghe, o alcuni comportamenti, possono condizionare questa interazione e interferire con la formazione della personalità. E occorre promuovere esperienze emotivamente gratificanti e costruttive, in grado di rappresentare un’alternativa credibile e di senso nella vita di ragazze e ragazzi.
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Anteprima del libro
La droga in testa - Henri Margaron
Il libro
«Le droghe sono considerate da ogni genitore il maggior pericolo in cui può incorrere il proprio figlio quando inizia ad avviarsi sulla strada dell’autonomia». Inizia con queste parole il saggio di Henri Margaron, contributo illuminante all’analisi del rapporto tra consumo di droghe, implicazioni sul cervello e dipendenza.
Le più recenti scoperte nel campo delle neuroscienze hanno ormai messo in discussione l’esistenza di qualche particolare struttura cerebrale suscettibile di essere messa in tilt
dal consumo di sostanze, aprendo così la strada a una nuova narrazione su droghe e dipendenze. Se il fulcro delle straordinarie capacità del nostro cervello non risiede nella sua struttura, ma nel modo in cui apprendiamo continuamente dall’interazione con il contesto e con le altre persone, non è più plausibile identificare nel mero consumo la causa della dipendenza, né nella sua proibizione la sola via per proteggere i più giovani. Occorre invece indagare a fondo il modo in cui le droghe, o alcuni comportamenti, possono condizionare questa interazione e interferire con la formazione della personalità. E occorre promuovere esperienze emotivamente gratificanti e costruttive, in grado di rappresentare un’alternativa credibile e di senso nella vita di ragazze e ragazzi.
L’autore
Henri Margaron, psichiatra, psicoterapeuta e addictologo, ha diretto il Dipartimento di dipendenze patologiche dell’ex Asl 6 di Livorno e tenuto lezioni presso le Università di Pisa, Firenze, Urbino e Modena-Reggio Emilia. Dal 1995 fa parte di un comitato di esperti internazionali in materia di addiction sostenuto dalla Direzione generale della Commissione europea. Autore di monografie e articoli su riviste nazionali e internazionali, ha sviluppato i suoi studi nell’ambito della psicopatologia e delle neuroscienze per la comprensione e la cura delle patologie psichiatriche e addictive.
Indice
Prefazione, di Leopoldo Grosso
Consumo e dipendenza
La dipendenza non è una malattia del cervello
La stigmatizzazione sociale nel percorso di cura
Introduzione
Dall’altare alla gogna
L’oppio e i suoi derivati
L’alcol
La cocaina
Il tabacco
L’ecstasy
Le sostanze allucinogene
La cannabis
Dall’intemperanza all’addiction
Come diventiamo ciò che siamo
Le domande dell’umanità
Le origini della vita
Unità e coordinamento
Il connettoma
Geni e proteine
Le mappe esperienziali
Dall’empatia al linguaggio
Conclusione
Magie e malefici delle droghe
Le alterazioni della coscienza
I danni all’organismo
L’astinenza e il delirium tremens
La dipendenza
La malattia mentale
Aiutare e proteggere
Accompagnare il tossicodipendente
Prevenire la domanda
Il momento dell’utopia
Bibliografia
Prefazione
Leopoldo Grosso
Il testo di Henri Margaron fa chiarezza su molti malintesi e pregiudizi che ancora oggi accompagnano il discorso sulle droghe. La narrazione prevalente infatti, invece di ancorare il ragionamento sui dati e sulle evidenze scientifiche, privilegia il piano dell’ideologia e del giudizio morale, offrendo il destro a una politica spesso più attenta al proprio tornaconto elettorale che all’efficacia degli interventi e alla tutela della salute e dei diritti di tutti: cittadini e diretti interessati.
Il libro affronta il tema a partire dalle implicazioni del cervello nell’esperienza del consumo di droghe e, attraverso le scoperte delle neuroscienze, offre una visione aggiornata del suo funzionamento. Il nuovo paradigma interpretativo dell’attività cerebrale descritto da Margaron consente di rivisitare il rapporto delle persone col consumo di sostanze psicoattive sulla base dell’interazione tra l’organismo e la ricezione degli stimoli esterni che continuamente lo sollecitano, nella necessità di mantenere un delicato equilibrio omeostatico. Il cervello, tramite la sua vastissima rete neuronale, svolge un incessante lavoro di mediazione, erigendo difese e producendo correttivi. La sua plasticità consente un continuo adattamento e riadattamento alle esperienze in cui la persona è coinvolta, mostrandosi in grado di ridefinire le proprie interconnessioni e la propria rete informativa, pur immagazzinando, in una memoria procedurale
automatica, tracce mnesiche pronte a riattivarsi a fronte di stimolazioni già conosciute e consuete.
A partire da queste acquisizioni, che vengono ampiamente articolate e approfondite nel secondo capitolo, è rilevante rivisitare alcune annose questioni controverse, oggetto di continua disputata teorica e politica.
Consumo e dipendenza
Da tanti anni chi è impegnato a vario titolo nel settore della riabilitazione delle dipendenze cerca di spiegare, spesso con scarso successo, che il consumo di droghe e la tossicodipendenza costituiscono due fenomeni distinti, anche se attigui e con una densa zona grigia che li connette. Pensare che il consumo equivalga alla dipendenza o ne costituisca la premessa è una semplificazione che genera pericoloso allarmismo sociale. A tale riguardo è opportuno precisare che insistere sulla distinzione tra consumo e dipendenza non significa essere favorevoli al consumo, ma solo tentare di definire meglio i problemi per affrontarli con strumenti più appropriati e non confusivi. L’esempio dell’alcol, sostanza psicoattiva altamente tossica, è emblematico nel dimostrare che esiste una vastissima platea di bevitori e una percentuale ridotta di persone alcoliste, stimate intorno al 2,5% dei consumatori¹. La dipendenza si delinea pertanto come una possibile deriva di alcuni comportamenti di consumo.
Margaron ci avverte che esistono altri rischi specifici dell’uso di droghe, in particolare: l’alterazione dello stato di coscienza che può comportare una diminuzione della capacità di controllo; le malattie che il consumo di per sé, sia acuto che cronico, può provocare nell’organismo.
I rischi dovuti alle alterazioni delle percezioni e delle sensazioni, sia nelle sostanze che addormentano
sia in quelle che svegliano
, si raccolgono nelle tre v
: velocità, violenza, virus. Sensazione di eccessiva padronanza del veicolo e appannamento delle capacità di guida concorrono all’aumento degli incidenti stradali (alcol e cocaina, spesso usate in sovrapposizione risultano il cocktail
più rischioso di tutti). La violenza può essere facilitata e stimolata dall’uso di alcune droghe o dalla mancanza di altre. Le infezioni virali sono veicolate tramite le malattie sessualmente trasmesse, dovute alla rimozione di comportamenti auto protettivi nei rapporti intimi, così come alcune gravidanze indesiderate e altri comportamenti relazionali imprudenti.
Il consumo eccessivo dovuto a un comportamento di abuso, in assenza di dipendenza, è tipico del binge-drinking, le abbuffate alcoliche
, frequenti tra adolescenti che si vogliono mostrare spavaldi e a cui talvolta capita di essere trasportati in pronto soccorso in coma etilico. È noto che un consumo intenso e/o protratto di cocaina e stimolanti può causare infarti e ictus anche in età sorprendentemente giovanile, in particolare in persone esposte a una maggiore vulnerabilità del sistema cardio-circolatorio. Sul piano psichico alcune sostanze, che in un primo tempo sedano e contengono l’ansia, possono poi, con un consumo divenuto abituale, sviluppare attacchi di panico e talvolta provocare uno stato di tensione e di allerta permanente, a cui non raramente subentrano vissuti di persecuzione e paranoie, senza escludere veri e propri stati deliranti. In queste situazioni non si tratta di curare una dipendenza, ma di prevenire il consumo, limitarne i rischi e ridurne i danni. Il che richiede tutt’altro intervento dal trattamento dell’addiction (o dipendenza).
Chi si è illuso che la prevenzione potesse consistere nell’abbattere la domanda di droga col divieto per legge del consumo, con la proibizione e la conseguente punizione, oggi è costretto ad ammettere, dopo trent’anni di guerra alla droga, che la strategia della tolleranza zero è, almeno sul punto, clamorosamente fallita. Un terzo della popolazione carceraria è costituito da consumatori di sostanze²; le pene, proporzionalmente più elevate rispetto ad altri reati, non hanno funzionato come deterrente; il consumo in generale non è regredito, anzi, si è ulteriormente allargato e sviluppato.
Per fortuna si muore meno, ma il risultato della diminuzione delle morti per overdose e per le malattie droga-correlate è da attribuire al lavoro in rete dei servizi socio-sanitari che, nei territori in cui sono stati sostenuti, hanno realizzato interventi salva-vita. Marcando una presenza nei luoghi del consumo, conducendo un counselling sanitario specifico e creando maggiore consapevolezza dei rischi, hanno sviluppato più protezione, cercando di porre in relativa sicurezza i contesti del divertimento notturno considerati più pericolosi. «Mai troppo, mai troppo spesso, mai in determinate circostanze» è lo slogan che sintetizza le linee guida per intervenire con chi consuma sostanze psicoattive e non ha intenzione di smettere. Gli interventi davanti e dentro le discoteche, la presenza di unità di strada nei rave-parties, la diffusione gratuita di alcol test nei pub, l’analisi chimica della composizione delle sostanze nei luoghi di consumo, la distribuzione di naloxone (farmaco che contrasta gli effetti dell’overdose da oppiacei) e di materiale sterile, la documentazione informativa prêt-à-porter in tutte le situazioni di rischio, gli interventi d’emergenza che spesso anticipano quello dell’autoambulanza, costituiscono l’insieme dei fattori protettivi che mirano a mettere, per quanto possibile, in maggiore sicurezza i giovani consumatori e il mondo che li circonda.
Diverso è l’intervento nelle scuole, dove, tagli ai finanziamenti permettendo, si mira soprattutto alla prevenzione del consumo tout-court, realizzando programmi di life skills (nella scuola media e nel primo biennio delle superiori) e di peer education (preferibilmente nel triennio delle superiori). Si tratta di azioni che tendono a favorire nei ragazzi una maggiore capacità critica e a potenziare la loro autonomia di giudizio in modo da contrastare l’influenza e il condizionamento del gruppo nei percorsi di arruolamento
al consumo e di iniziazione all’uso di sostanze (alcol, tabacco e cannabis costituiscono la triade di gran lunga più consumata, e a cui la stragrande maggioranza dei consumatori rimane fedele long-life).
Chi, da consumatore, si candida con più probabilità, a un percorso di addiction? Nell’analisi condotta