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Il Marketing della Pazzia: Come la psichiatria rende il mondo schiavo delle droghe
Il Marketing della Pazzia: Come la psichiatria rende il mondo schiavo delle droghe
Il Marketing della Pazzia: Come la psichiatria rende il mondo schiavo delle droghe
E-book243 pagine2 ore

Il Marketing della Pazzia: Come la psichiatria rende il mondo schiavo delle droghe

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Il Marketing della Pazzia

Secondo i dati ufficiali, nel mondo occidentale le cosiddette malattie mentali sono una vera e propria pandemia.

Nel 1987 negli Stati Uniti d’America: 1 americano su 184 presentava una disabilità legata a un qualche disturbo mentale, nel 2007 tale rapporto è balzato a 1 su 77.

A 32 anni il 50% della popolazione generale risponde ai requisiti per un disturbo d’ansia; più del 40% per un disturbo dell’umore; più del 30% per una dipendenza da sostanza stupefacente (Moffitt et al. 2010).

Per chiudere il cerchio, nel 2012 il CDC di Atlanta (Centro governativo di controllo delle malattie) ha segnalato che il 25% della popolazione americana soffre di un qualche disturbo mentale.

L’essere umano è sempre più ansioso, schizzato, depresso, bipolare, oppure sono gli psichiatri ad avere qualche problema con i numeri, e non solo?

Tali dubbi sono più che legittimi visto che la storia dell’origine della psichiatria si interseca e si confonde con la oscura nascita dell’inquisizione…

La crescita esponenziale delle diagnosi di disturbi mentali è una operazione di marketing per guadagnare soldi o una strategia per il controllo delle masse? O entrambe?

Il libro è diviso in due parti, la prima descrittiva, storica, sociale, culturale, la seconda partendo dalla visione spirituale dell’essere umano, propone strade e percorsi concreti che potrebbero aiutare a tornare in uno stato ottimale di salute.
LinguaItaliano
EditoreOne Books
Data di uscita6 ott 2021
ISBN9788833802343
Il Marketing della Pazzia: Come la psichiatria rende il mondo schiavo delle droghe

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    Anteprima del libro

    Il Marketing della Pazzia - Marcello Pamio

    PRIMA PARTE

    1

    Le origini della psichiatria

    «Una religione è dannata e confessa la sua estrema impotenza il giorno in cui brucia il primo eretico».

    EZRA POUND

    La psichiatria contemporanea ha una storia molto oscura e sconosciuta dalla maggior parte delle persone, dove il potere e il controllo dell’uomo sull’uomo hanno sempre giocato un ruolo centrale.

    Per dovere di cronaca, la cura delle malattie mentali in Europa entrò nei suoi secoli bui a partire dalla caduta dell’Impero di Roma (V secolo d.C.).

    Già nell’antica Grecia le teorie biologiche riconoscevano l’umanità dei malati di mente. Poi l’illuminismo medico dei greci cadde vittima del dottore della Chiesa con le sue diagnosi di possessione diabolica. L’esorcismo, l’inquisizione, la tortura e i roghi sostituirono le cure mediche.

    Il Tribunale della Santa Inquisizione, grazie alla bolla papale Summis desiderante affectibus promulgata nel 1484 da Innocenzo VIII, diede l’incarico a due teologi domenicani, Johann Sprenger ed Heinrich Kramer, di «punire, incarcerare e correggere» le persone affette dal crimine della perversione eretica⁹. Nacque così un vero e proprio manuale investigativo: il Malleus Maleficarum, il Martello (o Maglio) delle streghe, che fu un vero capolavoro su come realizzare un ingiusto-processo. Tale manuale fu il primo libretto di istruzioni sulle tecniche per estorcere confessioni, accusare, torturare e bruciare vive centinaia di migliaia di donne innocenti.

    Con il Malleus Maleficarum si codificava la dottrina dei demoni e si forniva un’arma razionale e legale per l’inquisizione di torturare i malati di mente e tutti coloro che uscivano dalla cosiddetta normalità i quali venivano considerati come streghe e demoni che non meritavano nessuna pietà.

    Non è così strano quindi che la psichiatria moderna, superato il periodo iniziale nel quale si mischiava e confondeva con la stregoneria e l’inquisizione, si è strettamente interconnessa con la costruzione di manicomi.

    I primi manicomi sorgono infatti in Spagna nel XV secolo e nascono contemporaneamente al periodo delle feroci, ma santissime, inquisizioni¹⁰.

    Quando singole persone o gruppi interi di persone avevano comportamenti che recavano fastidio a chi gestiva il potere all’epoca, uscendo dai cosiddetti canoni della normalità e rischiando di dare un pericoloso esempio agli altri, venivano allontanati dalla comunità oppure rinchiusi in posti malsani chiamati istituti. La nascita della psichiatria è in relazione proprio con questi istituti.

    Nel 1656 Luigi XIII decretò la fondazione nel Regno di Francia degli hopital general e cioè dei centri destinati a contenere «dissipati, padri sperperatori, figli prodighi, blasfemi, libertini»¹¹. Gli hopital erano buie e sporche galere dove i malcapitati che venivano rinchiusi potevano passare tutta la loro vita incatenati, frustati e nutriti con brodaglie nauseabonde. Era il periodo in cui esistevano ancora le leggi sulla stregoneria e coloro che non si comportavano adeguatamente, quindi come desideravano i governanti, potevano scegliere tra il rogo e l’hopital general.

    Uno dei primi istituti psichiatrici del mondo, l’Ospedale Reale di Bethlehem, sorge a Londra anche se già dal 1575 esistevano le Case della correzione (House of Correction) istituite dalla regina Elisabetta per la «punizione dei vagabondi»¹².

    Bethlehem, nonostante il simpatico nome, era una sorta di magazzino sudicio dove le persone considerate matte, pazze venivano rinchiuse in gabbie di ferro subendo torture indicibili. Torture che all’epoca erano definite terapie o trattamenti psichiatrici.

    Fig. 1 - L’Ospedale Reale di Bethlehem a Londra.

    Fig. 1 - L’Ospedale Reale di Bethlehem a Londra.

    Il XVIII secolo fu il periodo in cui si iniziarono a costruire un gran numero di questi istituti, ma fu solo nel XIX secolo che esplose la cosiddetta manicomio-mania.

    Numerosi Stati, convinti della loro bontà e utilità, investirono in questa direzione molti soldi dei contribuenti iniziando a costruire strutture un po’ ovunque.

    Fig. 2 - Esempio di intervento chirurgico praticato sul cervello.

    Fig. 2 - Esempio di intervento chirurgico praticato sul cervello.

    Da noi in Italia il primo manicomio venne inaugurato il 22 giugno 1728 con Regio Decreto di Vittorio Amedeo II, che ne affidava la gestione alla confraternita del SS. Sudario: si chiamava Spedale dei Pazzi¹³.

    Gli interessi erano duplici. Da un lato i palazzinari ante litteram che con la costruzione ci guadagnavano molto, dall’altro la ricerca affannosa da parte della psichiatria di avere dalla medicina l’accreditamento e il riconoscimento ufficiale. Cosa che sarebbe avvenuta molto tempo dopo. Avere un ospedale specializzato dava quell’aureola di scientificità tanto osannata.

    Tutti quindi ci guadagnavano nella costruzione dei manicomi.

    Non tutti sanno però che gli psichiatri erano considerati dalla comunità scientifica dei reietti, una professione inutile oltreché pericolosa. I primi psichiatri infatti erano pochi, lavoravano solo per i manicomi ed erano marchiati a fuoco come medici degli alienati¹⁴.

    Dai manicomi alla psichiatria

    La psichiatria si sviluppò di pari passo alla nascita dei manicomi e non è un caso che le prime pubblicazione ufficiali risalgono alla fine del Settecento.

    A livello internazionale il più eminente e famoso psichiatra fu il francese Philippe Pinel (1745-1826) il quale scrisse il famosissimo Trattato medico-filosofico sull’alienazione mentale, o mania.

    Se Pinel è il primo eminente psichiatria francese, Benjamin Rush (1746-1813) è considerato il padre della psichiatria americana. Rush (1746-1813) fu il pioniere della teoria dell’origine biologica della malattia mentale e propose l’assurda tesi che la pazzia era causata da un eccesso di sangue in testa.

    Se tale è la causa della pazzia la cura, come logica conseguenza consisteva nel rimuovere il sangue tramite ogni mezzo a disposizione: costrizione fisica, acqua gelida, salasso (vero e proprio dissanguamento) e perfino il terrore.

    Rush era conosciuto come il Signore dei salassi perché li usava per qualsiasi problema anche per disturbi non mentali. Fu salassato fino alla morte anche il primo Presidente degli Stati Uniti d’America George Washington (1732-1799).

    Benjamin Rush scrisse nel 1812 il libro che diventerà la bibbia della psichiatria per i settant’anni successivi. Questo fu uno dei motivi per cui venne venerato e riconosciuto universalmente come il padre della psichiatria americana nel 1965, e la sua effige divenne il logo ufficiale dell’APA, l’Associazione Psichiatrica Americana.

    Nonostante tutti i numerosi trattati e studi, nel XX secolo i fallimenti della psichiatria nella cura della cosiddetta pazzia erano sempre più numerosi ed evidenti e questo diventava un grosso pericolo non tanto per i malcapitati pazienti, ma soprattutto per le loro basi finanziarie…

    Il riconoscimento ufficiale non si vedeva all’orizzonte e per questo fu necessario inventare un nuovo modello medico, un modello biologico-organico, il tutto per avvicinarsi alla medicina.

    Fu grazie a questo modello organico che iniziarono le prime amputazioni ed esportazioni di apparati e/o organi: denti, tonsille o stomaco, milza, intestino, utero, ecc. Con lo scopo di curare la malattia mentale le persone venivano letteralmente smembrate e massacrate con risultati ovviamente fallimentari su tutta la linea.

    Ma questo non era un problema, perché rimaneva sempre accesa la sacra fiamma della ricerca di legittimità, nei confronti della medicina e da parte della comunità scientifica.

    Sessuofobia psichiatrica

    Sin dagli albori della psichiatria, il sesso e le sue varie manifestazioni sono state argomento di interesse, di studio e di applicazioni terapeutiche.

    La masturbazione è stata uno degli interessi primari degli psichiatri. Il primo trattato medico in cui si affermava che la masturbazione era pericolosa ed estremamente dannosa risale al 1716 e si intitolava Onania o il nefando peccato dell’autopolluzione¹⁵. L’autore per fortuna ha avuto il buon senso di non firmarsi. Il padre della psichiatria americana Benjamin Rush scriveva nel 1812 che

    «la masturbazione provoca debolezza seminale, impotenza, disuria, tabe dorsale (paralisi) consunzione polmonare, dispepsia, diminuzione della vista, vertigini, epilessia, ipocondria, perdita della memoria, ebetismo e morte»¹⁶.

    Nel 1882 lo psichiatra austriaco Richard von Krafft-Ebing (1840-1902), considerato una delle massime autorità mondiali di psichiatria, scrive che la masturbazione conduce all’omosessualità. Egli si dedica in particolare all’asportazione del clitoride delle sue pazienti.

    Nello stesso periodo i colleghi parigini invece preferivano asportare le ovaie e quelli tedeschi cauterizzare il clitoride¹⁷.

    Più tardi nel 1918 Ernest Jones (1879-1958), considerato uno dei pionieri della psicanalisi, scriverà che «la vera nevrastenia… si troverà dipendere da eccessivo onanismo o da emissione seminale involontaria»¹⁸.

    Un altro argomento di estremo interesse psichiatrico è stata l’omosessualità. La psichiatria, come si evincerà dalla lettura del presente lavoro, tende a definire malattia tutto ciò che non è convenzionale e che non rientra nella definizione che loro danno di normalità. Gli omosessuali sono stati perseguitati per tutto il Medioevo e, sino ai primi decenni dell’Ottocento, con l’avvento della psichiatria la loro condizione è perfino peggiorata. Venivano torturati, rinchiusi e perfino eliminati.

    La psichiatria ha da sempre sostenuto che l’omosessualità è una vera e propria malattia, negando che possa essere un comportamento umano o una scelta individuale. Sugli omosessuali le terapie usate sono sempre state molto violente. Le scariche elettriche applicate ai genitali sono state ampiamente utilizzate.

    Nel 1973 l’APA cancella la definizione dal DSM, il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, e a ruota, con un banale comunicato ufficiale l’Organizzazione Mondiale della Sanità fa sapere al mondo che l’omosessualità non è più una malattia: non sarà mai più inserita come diagnosi medica e a sua volta cancella il termine dal suo ICD (International Classification of Disease). L’omosessualità fu derubricata dai manuali statistici grazie a una votazione: 5816 psichiatri a favore e 3817 contro¹⁹.

    Nel DSM-IV rimase la voce «omosessualità egodistonica» che poi fui tolta anche questa nel 1987.

    Pertanto l’omosessualità prima era considerata una malattia grave da curare con metodi tanto assurdi quanto atroci, e poi con un colpo di spugna qualcuno ha deciso di punto in bianco che non lo era più.

    Va precisato che questo cambiamento non è stato casuale: dal 1968 gli attivisti gay e quelli delle potenti associazioni manifestavano alle riunioni dell’APA, chiedendo e infine ottenendo di partecipare agli incontri. Da quel momento il dibattito scientifico fu sospeso e sostituito da discussioni di carattere politico e ideologico che sfociarono nel 1973 nella decisione di mettere ai voti la questione²⁰.

    Una scienza senz’anima

    Nel 1879 all’Università di Lipsia in Germania il professor Wilhelm Wundt (1832-1920), dopo aver eseguito esperimenti sui sensi dell’uomo, dichiarò al mondo che i pensieri, la personalità e il comportamento dell’uomo sono dovuti a semplici azioni chimiche nel cervello.

    Fig. 3 - Wilhelm Wundt (1832-1920).

    Fig. 3 - Wilhelm Wundt (1832-1920).

    Lo studio dell’anima era perciò uno spreco di energia perché l’uomo non era nient’altro che un animale²¹. Nasce in questa maniera una nuova visione, una visione disumanizzante che considera l’uomo un animale senz’anima.

    Tale deleteria visione dell’essere umano ha come conseguenza logica che l’uomo può essere addestrato alla pari di un qualsiasi altro animale. Medici e ricercatori di tutto il mondo studiarono e accettarono come vera la nuova definizione di uomo-privo-d’anima fornita da Wundt.

    Questo fu solo il primo passo…

    Seguendo le teorie di Wundt, Ivan Pavlov (1849-1936) condusse numerosi esperimenti dapprima su animali e poi su bambini per cercare di modificarne il comportamento. La sua conclusione fu che bambini, uomini e animali erano veramente privi dell’anima!

    Le sue ricerche crearono la base della psicologia comportamentale del XX secolo (detto non a caso comportamentismo), e la conseguenza fu la teoria secondo la quale il comportamento può essere controllato tramite condizionamento ripetitivo.

    A caccia di specializzazioni

    Come specializzazione medica, la psichiatria affonda le sue radici nell’assistenza manicomiale del XIX secolo, fondata nel 1844 quando tredici medici che dirigevano piccoli manicomi s’incontrarono a Philadelphia per fondare l’Association of Medical Superintendents of American Institution for the Insane²².

    All’epoca nella maggior parte dei manicomi americani oltre il 50% dei nuovi ricoverati veniva dimesso entro un anno e una percentuale significativa di quelli dimessi non rientrava più.

    I manicomi crebbero come funghi nell’ultima parte dell’Ottocento quando si cominciò a collocare negli ospedali psichiatrici i pazienti anziani e quelli con sifilide e altri disturbi neurologici.

    Durante il meeting del 1892 i sovrintendenti dei manicomi decisero di avvalersi di trattamenti fisici (terapia con l’acqua, docce ad alta pressione, bagni prolungati, estrazione di denti, ecc.).

    Fu così che sul finire del 1930 e gli inizi del 1940 gli psichiatri accolsero favorevolmente un trio di trattamenti, definiti miracolosi, che agivano direttamente nel cervello: coma insulinico, terapie convulsive tramite la somministrazione di una sostanza tossica come il metrazolo o tramite elettroshock e infine la lobotomia frontale²³.

    Le ultime due saranno trattate più avanti, il coma insulinico invece consisteva nell’indurre un coma iniettando nel corpo una dose elevata di insulina, per poi rianimare la persona con una iniezione di glucosio. Secondo il «New York Times» «i cortocircuiti cerebrali spariscono e sono ripristinati i circuiti normali che restituiscono sanità e senso della realt໲⁴. Oggi sappiamo che il coma insulinico è lontano anni luce dall’essere un trattamento terapeutico.

    Il passaggio epocale avvenne in America nel 1946 quando il Congresso varò un National Mental Health Act, una legge che dava la disponibilità economica del governo federale al servizio

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