Le Malattie tumorali: approccio multidisciplinare
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Osvaldo Sponzilli
Osvaldo Sponilli è medico chirurgo e psicoterapeuta emozionale, dirige l'ambulatorio di Omeopatia, Agopuntura e Riflessoterapie dell'Ospedale San Pietro Fatebenefratelli di Roma ed è docente di Agopuntura e Cromoterapia presso l'Università Tor Vergata di Roma.
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Anteprima del libro
Le Malattie tumorali - Osvaldo Sponzilli
COPERTINA
image.pngLE MALATTIE TUMORALI
image-1.pngApproccio multidisciplinare
A cura di
Osvaldo Sponzilli e Giovanni Francesco Di Paolo
logo.pngCopyright
Le malattie tumorali - Approccio multidisciplinare
A cura di Osvaldo Sponzilli e Giovanni Francesco Di Paolo
ISBN 978-88-272-2592-9
Prima edizione digitale 2015
© Copyright 2015 by Edizioni Mediterranee
Via Flaminia, 109 - 00196 Roma
www.edizionimediterranee.net
Versione digitale realizzata da Volume Edizioni srl - Roma
droppedImage.pngPREFAZIONE
image-2.pngPietro Alimonti: Direttore UOC Medicina Ospedale San Pietro FBF, Roma
Gloriana Assalti: Farmacista. Servizio Ambulatoriale di medicina estetica per l’oncologia FBF Isola Tiberina. Docente scuola internazionale di medicina estetica
Silvana Becker: Farmacista. Servizio scientifico – Weleda Italia, sezione terapia Viscum album fermentatum
Vincenzo Bianco: Dirigente Medico Servizio Oncologia Clinica Ospedale Umberto I, Roma
Francesco Bottaccioli: Presidente on. Società Italiana di Psico-neuro-endocrinoimmunologia (SIPNEI), Docente di Psico-neuro-endocrino-immunologia, Formazione post-laurea Facoltà di Medicina di Siena
Ernesto Burgio: Presidente Scientific Office ISDE (International Society of Doctors for Environment)
Antonia Carosella: Sessuologia Clinica – Docente tecniche antistress e meditative
Michela Colombo: Fisioterapista docente di Kinesiotaping
Giovanni Francesco Di Paolo: Responsabile per le Medicine non Convenzionali del Regenera Research Group
e del Research Institute in Anti Aging Medicine
Flavio Fenoglio: Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro, Genova
Pio Fontana: Medico Responsabile, Centro Multidisciplinare di Geriatria, Clinica Luganese
Tullio Giraldi: Docente di Neuro-Psico-Farmacologia Università di Trieste
Johannes J. Kühn: Oncologo della Lukas Klinik Arlesheim, Svizzera
Thierry Laas: Medico omeopata antroposofo
Walter Legnani: Specialista in Oncologia Clinica
Marco Lombardozzi: Medico, psicoterapeuta
Mohammad Natour: Professore a contratto nel Corso di Perfezionamento di Agopuntura Università degli Studi di Milano
Carlo Pastore: Responsabile Divisione di Oncologia Medica e Ipertermia Oncologica, Casa Di Cura Villa Salaria
Roberto Pulcri: Professore e Coordinatore nel Master di Agopuntura Università Tor Vergata Roma – Medico omeopata – Garante di Branca Centro Ospedaliero di Medicina Integrata di Pitigliano, ASL 9, Grosseto
Gianni Renda: Servizio Medicina di Base
Daniela Respini: Psicoterapeuta coordinatore SIPO Sicilia, Presidente Associazione Mareluce Onlus, Siracusa
Elio Rossi: Ambulatorio di omeopatia ASL 2 Lucca. Progetto Medicine complementari e dieta in Oncologia
Osvaldo Sponzilli: Responsabile Ambulatorio di Medicina Anti Aging, Omeopatia e Agopuntura Ospedale San Pietro FBF Roma, Professore Incaricato in Medicina Vibrazionale Università Tor Vergata Roma e in Agopuntura Auricolare, Università di Sassari
Fulvio Tomaselli: Coordinatore del Servizio Ambulatoriale di medicina estetica per l’oncologia Ospedale San Giovanni Calibita-FBF – Docente Scuola Internazionale di Medicina Estetica Fondazione Internazionale Fatebenefratelli
Anna Villarini: Istituto per la Ricerca e la Cura dei Tumori Milano
Richard Wagner: Specialista in medicina generale e medicina ambientale. Lavora a Stoccarda nel suo ambulatorio oncologico. Direttore dell’Associazione per la Ricerca sui Tumori di Stoccarda
Prefazione
image-3.pngGli autori di questo originale e inedito testo pongono e determinano un quesito fondamentale: è possibile un approccio integrato tra medicina convenzionale e non al malato oncologico?
I vari interventi che sono stati esposti definiscono un quadro chiaro e preciso della situazione nazionale ed europea.
Un’indagine condotta da Doxa Pharma nel 2012 su un campione rappresentativo della popolazione, concentrata sulla percezione dell’omeopatia, ha rilevato come l’82% ne conosca i medicinali e a utilizzarli è oltre il 16%: nell’ultimo anno dell’indagine il campione ha utilizzato almeno una volta un prodotto omeopatico e il 2,5% ne fa uso regolare almeno una volta alla settimana.
Questi dati confermano quanto sta avvenendo nel nostro Paese negli ultimi decenni: lo scenario in ambito medico-sanitario sta mutando e le medicine non convenzionali sono diventate ormai parte integrante delle prestazioni che molte Aziende Sanitarie Locali forniscono sempre di più; gli Ordini professionali stanno predisponendo una serie di criteri di valutazione per i medici esperti in medicine naturali; le varie Università hanno iniziato a rivolgere la loro attenzione a questo fenomeno, per comprenderlo, analizzarlo e guidarlo in maniera seria e totale.
L’integrazione del medico di base e dello specialista nella sua esperienza professionale quotidiana con le MnC è sempre più costante; i dati pubblicati negli Atti dei congressi omeopatici nazionali e internazionali e su quotidiani specializzati, la testimonianza dei pazienti stessi, comprovano che si possono affrontare, integrare e curare con una saggia e sapiente combinazione di cura omeopatica e razionale terapia con farmaci convenzionali anche patologie gravi. In quest’ultimo caso i vantaggi per il paziente sono molteplici: minor uso di farmaci e a dosaggi meno pesanti, riduzione d’effetti collaterali, miglioramento della qualità della vita. Tutto ciò si traduce anche in minori costi sanitari, in risparmio per le casse dello Stato e, in definitiva, per ciascun contribuente.
Il paziente oncologico che si rivolge alle medicine non convenzionali lo fa particolarmente per gestire soprattutto tutto quel corteo sintomatologico di sintomi minori
, per avere un ottimo supporto terapeutico complementare o per alleggerire i disturbi che i vari protocolli terapeutici determinano: le terapie più usate in Italia e all’estero vanno dall’omeopatia all’antroposofia, dall’agopuntura all’osteopatia.
Il sostegno che essi danno al paziente oncologico sono numerosi e validi, sia alla chirurgia, alla chemioterapia, alla radioterapia e all’ormonoterapia.
L’eventuale problema che potrebbe sorgere in questi casi è la particolare fragilità psicologica e fisica del malato che predispone a una maggiore emotività nel complesso rapporto medico-paziente, tale da inficiare qualità, efficacia e prognosi della patologia. I casi di mancata responsabilità medica nella scelta di terapie non convenzionali sono numerosi e talvolta di grave entità.
La questione che si apre di fronte al medico, sia di medicina generale che specialista oncologo, è pertanto di particolare importanza: egli deve rispondere all’eventuale approccio clinico o palliativo, sia nell’aspetto deontologico sia nell’aspetto della prospettiva di una medicina basata sull’evidenza che pone rigidi schemi terapeutici e che difficilmente può mettere d’accordo terapia convenzionale e non.
Per il paziente nella sua angosciante richiesta e domanda di aiuto e di sostegno, invece, questa distanza non esiste; cerca soltanto una cura
per il suo male, mettendo il medico davanti alle vere scelte di Scienza e Coscienza
.
Gli autori che in questo libro espongono le loro tesi ci dimostrano, oltre le valide teorie sull’epigenetica dei tumori, sulla parte genetica e preventiva, che i modelli di network di integrazione medica possono esistere come avviene in molte realtà ospedaliere e ambulatoriali disseminate lungo la nostra penisola.
Altri autori, invece, pongono l’accento sulla stretta connessione mente-cancro e il relativo rapporto con la PNEI.
Importante è vedere come la terapia con il Viscum, in Germania il farmaco non convenzionale più usato, dia certezze nei vari studi scientifici, e le terapie omeopatiche si stiano affiancando a quelle tradizionali nel coadiuvamento di tutti i disturbi del paziente oncologico in cura chemioterapica o radioterapica.
Altrettanto fondamentali sono l’agopuntura e le altre terapie da esse derivanti (auricoloterapia, neuralterapia).
Non va tralasciato l’aspetto terapeutico nei confronti dei pazienti anziani che vivono la malattia tumorale in un’ottica diversa e interiormente più traumatica.
A quest’ultima tematica si affianca inevitabilmente il tema della medicina palliativa, con tutta la sua articolazione deontologica, clinica, nonché dell’approccio curativo estetico.
Il paziente si rivolge al medico chiedendo una cura per il suo male: dobbiamo, pertanto, come medici e terapeuti, porre tutto il nostro ascolto, affinché la malattia possa trasformarsi in un processo di co-responsabilità che si rivela costruttivo per entrambi.
Vogliamo rivolgerci a ciascun lettore proponendogli un percorso conoscitivo sulla malattia tumorale attraverso il quale possa anch’egli riconoscersi parte integrante di questo cammino vissuto anche dal paziente oncologico, suo malgrado, e che gli possa permettere di vivere pienamente il processo conoscitivo e individuale di ogni essere umano.
Giovanni Francesco Di Paolo
Il malato oncologico e il tempo rubato
image-4.pngSilvana Becker
Quando ci viene diagnosticato un tumore la prima domanda che sorge dopo lo spavento iniziale è Quanto tempo ci rimane?
.
Il tempo per sistemare tutto ciò che continuamente rimandiamo nella vita quotidiana perché c’è sempre dell’altro da sbrigare. Il tempo per pensare a sistemare tutte le cose per i figli che lasceremo indietro quando moriremo. Il tempo che ci rimane per fare qualsiasi cosa per guarire o per almeno rallentare il progredire della malattia. Il tempo per ringraziare le persone che ci hanno regalato il loro affetto e calore umano. Il tempo per salutare tutte le persone a noi care. Il tempo necessario per essere pronti ad affrontare la morte. Il tempo per perdonare colui che ci ha fatto del torto. Il tempo per trasmettere tutto quello che abbiamo imparato nella nostra vita e che ci sembra rilevante da condividere con il prossimo. Il tempo per esaudire i nostri sogni e desideri più segreti ancora rimasti incompiuti. Il tempo per rivedere e rivivere i posti, le persone e le situazioni che maggiormente hanno arricchito la nostra vita.
Questa domanda diventa sempre più forte anche in chi non è affetto da una malattia grave come il cancro. La sentiamo dentro come una voce alla quale si alza piano piano il volume man mano che invecchiamo. Oggi non è raro percepire una sensazione di sconforto, soprattutto come donna, quando raggiungiamo i quarant’anni, figuriamoci i cinquanta o sessanta. Siamo convinti che ormai è tutto in discesa, giorno dopo giorno le cose possono solo peggiorare e questo lo vediamo ogni mattina quando ci guardiamo nello specchio. Cerchiamo di nascondere il passare degli anni, di dimenticare momentaneamente questa frustrazione che s’insinua nella nostra autostima e fa crollare quella grande sicurezza che avevamo da adolescenti e che ci faceva sentire invincibili.
Iniziamo a progettare pensando principalmente alla fine, intraprendiamo avventure sempre meno audaci, ci accontentiamo di piaceri sempre più mediocri e di un benessere sempre più compromesso…
Quello che più di tutto desideriamo quando ci viene diagnosticato un tumore è di ricevere in regalo del tempo. E con tempo si intende chiaramente un tempo che vale la pena di vivere. Non ci servono giorni grigi di calendario. Ci servono momenti di felicità a colori.
Questo il medico che è stato colpito da una malattia grave lo capisce molto bene. La malattia vissuta in prima persona fa nascere in lui un forte desiderio incondizionato di informarsi e cercare soluzioni reali per la propria guarigione. Il medico paziente quando ricerca per se stesso non attinge più solo al sapere che gli viene trasmesso attraverso i canali ufficiali, ma si abbassa davanti alla sofferenza pur di scoprire la chiave per la guarigione ovunque questa sia, affrontando la malattia con profonda umiltà e ricercando la soluzione ai propri problemi di salute senza escludere nessuna fonte a priori.
Le terapie di supporto nascono spesso proprio con questo intento grazie all’esperienza di malattia e guarigione da parte del medico stesso. Dobbiamo fare solo ordine e dare le giuste priorità. Le possibilità sono molte. Possiamo contrastare l’acidità eccessiva dei nostri fluidi corporei con la dieta e lo stile di vita. Possiamo imparare a non lasciarci travolgere dallo stress con vari metodi, ci sono diverse piante e funghi che rinforzano le nostre difese immunitarie e stimolano le nostre forze di autoguarigione. Disponiamo quindi di una rosa di possibili aiuti che effettivamente possono ridarci quel tempo che la diagnosi del tumore ci aveva rubato.
Per ognuno di noi il percorso sarà diverso ma quello che è certo è che c’è una strada percorribile nella direzione opposta a quella della disperazione e della rassegnazione. E questo ha un grande valore per tutti perché imboccare quella strada è molto importante anche come prevenzione e per migliorare in generale la qualità della propria vita.
Possiamo ritrovare così la sorgente per le nostre forze di autoguarigione e autorigenerazione e le nostre paure di invecchiare, ammalarci, ricadere nella malattia o di morire passano in secondo piano. Ritroviamo il tempo per fare nuovi progetti e intraprendere nuove avventure.
Perché aspettare che ce lo rubino?
Capitolo I. Epidemiologia, epigenetica, prevenzione nutrizionale e alimentare
image-5.pngPer un nuovo modello di cancerogenesi ambientale
image-6.pngErnesto Burgio
Negli ultimi dieci anni le conoscenze nel campo della biologia molecolare, della genomica, della biologia evoluzionistica sono enormemente aumentate e si va delineando un modello assolutamente nuovo di genoma dinamico e interattivo con l’ambiente. Se per quasi mezzo secolo si era pensato al dna come a un semplice serbatoio di informazioni
, frutto di milioni di anni di evoluzione molecolare e quasi immutabile nel tempo e alle altre componenti della cromatina e in particolare agli istoni (le proteine attorno alle quali il dna è superavvolto, per poter essere contenuto in un nucleo di pochi micron di diametro) come a una semplice struttura portante ancora più stabile (conservata per centinaia di milioni di anni) e semplicemente deputata a garantire le migliori modalità di esposizione del dna (cioè dei geni
), negli ultimi anni ci si è resi conto che l’intero genoma andrebbe rappresentato piuttosto come un network molecolare complesso e dinamico, in continua interazione con l’ambiente e che quest’ultimo andrebbe considerato come una fonte di informazioni – molecole chimiche, ioni metallici, radiazioni ionizzanti e non – che interagiscono con la componente più fluida del genoma stesso, l’epigenoma, inducendola continuamente a trasformarsi e a riposizionarsi, per rispondere nel modo più efficace alle sollecitazioni. In una tale rappresentazione dinamica e sistemica, la struttura tridimensionale della cromatina verrebbe a configurarsi come un complesso molecolare intimamente reattivo: le stesse modifiche genomiche e cromosomiche andrebbero interpretate in questa luce e le mutazioni, tradizionalmente interpretate come stocastiche, verrebbero a configurarsi come modifiche attive/difensive a carico dapprima dell’epigenoma (e della cromatina nel suo assetto tridimensionale) e in un secondo tempo della stessa sequenza-base del dna. Il cancro sarebbe da interpretare, in questo modello, come il prodotto di un lungo processo reattivo-adattivo iniziato in utero o addirittura nelle cellule germinali.
Da oltre 20 anni il cancro è definito essenzialmente in termini di malattia genetica
¹. Si intende così sottolineare che non esiste patologia neoplastica senza danno genetico o cromosomico: nelle cellule che costituiscono il clone neoplastico sono sempre presenti, infatti, mutazioni e/o aberrazioni cromosomiche², instabilità genomica³ e aneuploidia⁴, seppur diversamente collegate tra loro dai diversi ricercatori.
Forse la