Come vi pare
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William Shakespeare
William Shakespeare is the world's greatest ever playwright. Born in 1564, he split his time between Stratford-upon-Avon and London, where he worked as a playwright, poet and actor. In 1582 he married Anne Hathaway. Shakespeare died in 1616 at the age of fifty-two, leaving three children—Susanna, Hamnet and Judith. The rest is silence.
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Anteprima del libro
Come vi pare - William Shakespeare
Come vi pare
Translated by Diego Angeli
Original title: As You Like It
Original language: English
Immagine di copertina: Shutterstock
Copyright © 1599, 2021 SAGA Egmont
All rights reserved
ISBN: 9788726900637
1st ebook edition
Format: EPUB 3.0
No part of this publication may be reproduced, stored in a retrievial system, or transmitted, in any form or by any means without the prior written permission of the publisher, nor, be otherwise circulated in any form of binding or cover other than in which it is published and without a similar condition being imposed on the subsequent purchaser.
This work is republished as a historical document. It contains contemporary use of language.
www.sagaegmont.com
Saga Egmont - a part of Egmont, www.egmont.com
DRAMATIS PERSONAE.
IL DUCA esiliato.
FEDERICO, suo fratello e usurpatore dei suoi domini.
AMIANO signori al seguito del Duca esiliato.
GIACOMO signori al seguito del Duca esiliato.
LE BEAU, cortigiano di Federico.
CARLO, lottatore di Federico.
OLIVIERO figli di sir Rolando de Bois.
GIACOMO DE BOIS figli di sir Rolando de Bois.
ORLANDO figli di sir Rolando de Bois.
ADAMO servi di Oliviero.
DIONIGI servi di Oliviero.
PIETRA DI PARAGONE, buffone.
MESSER OLIVIERO GUASTATESI, vicario.
CORINNO pastori.
SILVIO pastori.
GUGLIELMO, contadino innamorato di Aldetta.
Un personaggio che rappresenta IMENE.
ROSALINDA, figlia del Duca esiliato.
CELIA, figlia di Federico.
FEBE, pastora.
ALDETTA, contadina.
Signori, paggi, personaggi del seguito, ecc.
La scena è presso la casa di Oliviero; nella Corte
dell’Usurpatore e nella Foresta delle Ardenne.
ATTO PRIMO.
SCENA PRIMA.
Nel giardino d’Oliviero.
Entrano orlando e adamo .
Orlando.
Per quel che mi rammento, Adamo, è in questo modo che egli non mi lasciò nel suo testamento se non un misero migliaio di corone; e — come tu dici — incaricò mio fratello, nell’istante in cui gli dette la benedizione, di mantenermi bene. E qui comincia la mia tristezza. Perchè mentre mantiene a scuola mio fratello Giacomo — e la fama parla dei profitti che egli vi fa — mi mantiene rusticamente in casa o — per essere più esatti — mi lascia in casa senza mantenermi affatto. Già che vorreste chiamare mantenimento per un gentiluomo della mia razza, un trattamento che non differisce dallo stallaggio di un bove? I suoi cavalli son custoditi meglio. Perchè oltre all’essere provveduti di foraggio, sono ammaestrati nel maneggio e a questo fine si pagano caramente i loro scudieri: ma io, suo fratello, non guadagno nulla sotto la sua tutela all’infuori della crescenza e sotto questo aspetto le bestie del suo letamaio gli debbono quanto me. Oltre questo nulla, che mi elargisce così liberalmente, sembra che cerchi di togliermi quel po’ che mi ha dato la natura: mi fa mangiare coi suoi servi, mi vieta il rango di fratello, e per quanto può, insidia la mia nobiltà con l’educazione. Questo è quello che mi affligge, Adamo, e lo spirito di mio padre, che sento dentro di me, comincia a ribellarsi contro questa schiavitù. Io non la voglio sopportare più oltre, quantunque non conosca nessun rimedio sensato per scuoterla.
Adamo.
Ecco che viene il mio padrone, vostro fratello.
Orlando.
Ritirati da un lato, Adamo, e sentirai come mi strapazzerà.
Adamo si ritira.
Entra Oliviero .
Oliviero.
Ebbene, messere, cosa state facendo qui?
Orlando.
Niente: non mi hanno insegnato a far qualche cosa.
Oliviero.
Perchè state dunque a degradarvi qui?
Orlando.
In parola, signor mio, vi aiuto a degradare con la pigrizia quel che Dio ha fatto: un povero e indegno fratello vostro.
Oliviero.
In parola, signore, cercate di occuparvi meglio e andate al diavolo.
Orlando.
Sono dunque stato fatto per custodire i vostri porci e mangiare la ghianda con loro? Qual patrimonio di figliuol prodigo ho speso, per essere ridotto a una tale miseria?
Oliviero.
Sapete dove siete, signore?
Orlando.
Oh sì, signore, lo so benissimo: nel vostro giardino.
Oliviero.
E sapete d’innanzi a chi siete?
Orlando.
Sì, lo so meglio di quello che non sappia chi sono, colui al quale sto innanzi. So che siete il mio fratello maggiore, e per la dolce legge del sangue, voi dovreste conoscermi. La legge della nazione vi accorda la precedenza su di me perchè siete nato prima: ma questa tradizione non mi ritira il sangue, ci fossero pure venti fratelli fra noi. C’ è tanto sangue di mio padre in me quanto ce n’è in voi, sebbene — lo confesso — l’esser venuto prima di me vi fa più vicino ad essere riverito come lui.
Oliviero.
Sarebbe a dire, ragazzo?
Orlando.
Via, via, fratello maggiore: siete troppo giovane per questo.
Oliviero.
Adesso oseresti mettermi le mani addosso, marrano!
Orlando.
Non sono un marrano: sono il figlio più giovane di sir Rolando de Bois. Egli era mio padre, e colui il quale dice che un simile padre ha generato marrani è tre volte marrano. Se tu non fossi mio fratello, non ti leverei questa mano dalla gola, prima che quest’altra non avesse strappato la lingua per quel che ha detto. Tu ti sei oltraggiato da te stesso.
Adamo
sopraggiungendo.
Cari padroni, calmatevi: per il pensiero di vostro padre, siate d’accordo.
Oliviero.
Lasciami andare, ti dico.
Orlando.
Non vi lascerò fin che non ne abbia voglia: mi dovrete ascoltare. Mio padre vi obbligò nel suo testamento di darmi una buona educazione. Voi mi avete tirato su come un contadino, allontanando da me, e oscurandole, tutte le doti del gentiluomo. Lo spirito di mio padre si fa forte in me e io non voglio più sopportare questo trattamento. Fatemi dunque fare gli esercizi che si convengono a un gentiluomo, o datemi il povero peculio che mio padre mi ha lasciato. E con questo anderò in traccia della mia fortuna.
Oliviero.
E cosa farai quando lo avrai speso? Chiederai l’elemosina? Sta bene, signore, tornate a casa. Non voglio aver che fare più a lungo con voi. Avrete la vostra parte di eredità. Vi prego: lasciatemi.
Orlando.
Non vi molesterò più di quello che non lo esiga il mio interesse.
Oliviero
a Adamo.
Va’ con lui, vecchio cane.
Adamo.
Vecchio cane: è questa la mia ricompensa? È giusto: ho perso i denti al vostro servizio. Iddio sia con l’antico padrone! Egli non avrebbe detto una tale parola!
Exeunt Orlando e Adamo
Oliviero.
È dunque così? Cominciate a volermi sopraffare? Saprò guarire la vostra esuberanza ed anche senza pagarvi le mille corone. Olà, Dionigi!
Entra Dionigi .
Dionigi.
Vostra Signoria ha chiamato?
Oliviero.
Non è forse venuto per parlarmi Carlo, il lottatore del Duca?
Dionigi.
Col vostro permesso: sta qui alla porta e mi tormenta per entrare.
Oliviero.
Fatelo entrare.
Exit Dionigi .
Sarà un buon espediente e domani avrà luogo la lotta.
Entra Carlo .
Carlo.
Buon giorno a Vostra Signoria.
Oliviero.
Buon giorno, monsieur Carlo, che nuove nuove alla nuova Corte?
Carlo.
Non ci son nuove alla Corte, signore, all’ infuori delle nuove vecchie: vale a dire che il vecchio Duca è bandito dal nuovo Duca suo fratello minore, e tre dei nostri migliori gentiluomini si sono volontariamente esiliati per seguirlo, mentre le loro terre e le loro rendite arricchiscono il nuovo Duca, il quale accorda loro molto volentieri