Il mercante di Venezia
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William Shakespeare
William Shakespeare is the world's greatest ever playwright. Born in 1564, he split his time between Stratford-upon-Avon and London, where he worked as a playwright, poet and actor. In 1582 he married Anne Hathaway. Shakespeare died in 1616 at the age of fifty-two, leaving three children—Susanna, Hamnet and Judith. The rest is silence.
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Anteprima del libro
Il mercante di Venezia - William Shakespeare
Il mercante di Venezia
Translated by Diego Angeli
Original title: The Merchant of Venice
Original language: English
Immagine di copertina: Shutterstock
Copyright © 1623, 2021 SAGA Egmont
All rights reserved
ISBN: 9788726900620
1st ebook edition
Format: EPUB 3.0
No part of this publication may be reproduced, stored in a retrievial system, or transmitted, in any form or by any means without the prior written permission of the publisher, nor, be otherwise circulated in any form of binding or cover other than in which it is published and without a similar condition being imposed on the subsequent purchaser.
This work is republished as a historical document. It contains contemporary use of language.
www.sagaegmont.com
Saga Egmont - a part of Egmont, www.egmont.com
DRAMATIS PERSONAE.
IL DOGE DI VENEZIA.
IL PRINCIPE DI MAROCCO
IL PRINCIPE D’ARAGONA Pretendenti di Porzia.
ANTONIO, mercante.
BASSANIO, suo amico e congiunto.
SALANIO
SALARINO amici di Antonio e Bassanio.
GRAZIANO
LORENZO, innamorato di Jessica.
SHYLOCK, ebreo.
TUBAL, ebreo suo amico.
LANCELLOTTO GOBBO, clown, servo di Shylock.
IL VECCHIO GOBBO, padre di Lancellotto.
SALERIO, messaggero di Venezia.
LEONARDO, servo di Bassanio.
BALDASSARRE
STEFANO servi di Porzia.
PORZIA, ricca ereditiera.
NERISSA, sua dama di compagnia.
JESSICA, figlia di Shylock.
Magnifici Signori di Venezia, Ufficiali di Corte e di Giustizia, Carceriere, Servi e altri personaggi del seguito.
La scena ha luogo parte a Venezia e parte a Belmonte, dov’è l’abitazione di Porzia in terraferma.
ATTO PRIMO.
SCENA PRIMA.
Venezia. Una strada.
Entrano antonio, salanio e salarino.
Antonio.
In verità non so perchè son tanto
triste: mi stanca e dite che vi stanca
anche voi. Ma in che modo mi son preso
questa tristezza o l’ho trovata o in essa
son caduto, di qual materia è fatta
ed in quale maniera è nata, ancora
io lo debbo imparare.
E una simil tristezza mi riduce
così stupido, ch’io fo gran fatica
a ritrovarmi.
Salarino.
Il pensier vostro voga
sull’oceano, dove in bell’aspetto
le vostre ragusane a piene vele
navigan come gran signori o ricchi
borghesi, dominando sopra i flutti
i navicelli mercantili, i quali
reclinan con le lor vele di tela
innanzi a loro.
Salanio
In fede mia, signore,
se anch’io corressi simili venture
la miglior parte dei pensieri miei,
sarebbe altrove, con le mie speranze.
Passerei il tempo a strappar fili d’erba
per veder d’onde soffia il vento, e sempre
sarei intento a scrutar tutte le carte
per conoscere i porti, le banchine,
le rade. Tutto quello che potrebbe
farmi temere una cattiva sorte
mi renderebbe addolorato.
Salarino.
Il soffio
col qual raffreddo il brodo mi darebbe
la febbre, nel pensar qual danno arrechi
un gran vento sul mare. Non potrei
veder scorrer la clessidra, senz’anco
immaginar banchi di sabbia o secche,
e scorgere il mio ricco Andrea arenato
inchinando il suo grande albero basso
più delle paratie per abbracciare
la tomba sua. Se mi recassi in chiesa,
nel veder quel sacro edificio tutto
di pietra, potrei forse fare a meno
di pensar che dò contro a perigliose
rocce, le quali disfiorando il fianco
del mio gentil vascello, in fondo ai flutti
sperderebber le sue spezie vestendo
con le mie sete l’acque urlanti e in una
parola, tutto quel che ha un sì gran prezzo
ridurrebbero a niente? Potrei forse
non aver tal pensiero e potrei forse
immaginare, avendolo, che triste
non sarei? Non negatelo. So bene
che Antonio è triste per sue mercanzie.
Antonio.
No, credete: ringrazio la fortuna
che le mie sorti non sian confidate
ad una sola nave e ad un sol luogo,
nè che dipendan le ricchezze mie
tutte quante dal solo anno presente.
Non sono dunque le mie mercanzie
che mi fan triste.
Salarino.
Siete innamorato,
allora.
Antonio.
Ma via! via!
Salarino.
Dunque nè meno
innamorato? E allor direm soltanto
che siete malinconico perchè
non siete allegro: e che per voi sarebbe
agevole altrettanto di saltare
di ridere e di dir che siete allegro
perchè non siete triste. Or pe ’l bifronte
Giano, viviamo in tempi in cui Natura
crea bizzarri individui: taluni
occhieggian tutto il tempo e ridon come
pappagalli al vedere un suonatore
di cornamusa: altri hanno un tale aspetto
inacidito, che non mostrerebbero
i denti in un sorriso fosse pure
per uno scherzo che Nestore avesse
garantito risibile.
Salanio.
Ecco, viene
Bassanio, il vostro nobile congiunto,
e con lui son Lorenzo e Graziano.
Addio: noi vi lasciam con una meglio
compagnia.
Salarino.
Sarei ben rimasto fino
a quando non vi avessi reso allegro
se non mi avesser prevenuto amici
più degni.
Antonio.
Siete inver troppo gentile
a mio riguardo e tale vi ritengo.
Suppongo che vi chiamino gli affari
vostri altrove, e che voi prendiate questa
occasione per poter partire.
Entrano Bassanio , Lorenzo e Graziano.
Salarino.
Buon dì, buoni signori.
Bassanio.
Buoni signori miei, quando potremo
ridere un poco? Dite, quando? State
divenendo assai strani: anderà ancora
così per molto tempo?
Salarino.
Il piacer nostro
agli ordini del vostro è sempre messo.
Exeunt Savarino e Salano.
Lorenzo.
Signor Bassanio, poi che abbiam trovato
Antonio, vi lasciam: non obliate
che dobbiamo incontrarci per il pranzo.
mi raccomando.
Bassanio.
Non mancherò certo.
Graziano.
Signor Antonio, non sembrate in buona
salute: avete troppe cure in questo
mondo. Si perde sempre nel comprare
qualunque cosa con pene sì grandi.
Credetemi, vi trovo assai cambiato.
Antonio.
Mi curo sol del mondo quanto vale,
Graziano: un teatro ove ciascuno
recita la sua parte: ed è la mia
dolente!
Graziano.
E allora io reciterò quella
del pazzo, e vengan pur le vecchie rughe
per le risa e la gioia e si riscaldi
e più tosto il mio fegato si scaldi
per il buon vin, che mi si geli il cuore
in lúgubri lamenti. E a che sarebbe
un uom che ha il sangue caldo in sè, stecchito
come un avo scolpito in alabastro?
E dormirebbe sveglio? E l’itterizia
si piglierebbe a forza d’esser serio?
Sentite, Antonio — ecco io vi voglio bene
ed è questo mio affetto che vi parla —
vi son persone il cui volto ristagna
e si rapprende come una palude
e che il silenzio serbano ostinato
col concetto soltanto d’acquistare
una nomea di gravità profonda
di saggezza e di scienza per poi dire:
"Io son messer Oracolo e allorquando
apro le labbra non c’è can che abbai.„
O Antonio mio, ne conosco pur tanti
di questi uomini saggi reputati
solo perchè stan zitti e son sicuro
che qualora parlassero, le orecchia
dannerebber di quelli che all’udirli
chiamerebbero pazzi i lor fratelli.
Ma ne riparleremo un’altra volta:
intanto non pescar con questa lenza
di tristezza, la fama che è pur l’esca
degl’ imbecilli. Andiamo, o buon Lorenzo,
addio per poco. Questo mio discorso
ritornerò a finirti dopo pranzo.
Lorenzo.
E così vi lasciamo fino all’ora
del desinare: io finirò con l’essere
un di quei saggi muti, chè parlare
mai non mi