Mi si scusi il paragone: Canzone d'autore e letteratura da Guccini a Caparezza
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Mi si scusi il paragone - Daniele Sidonio
Table of Contents
Daniele Sidonio MI SI SCUSI IL PARAGONE. Canzone d'autore e letteratura da Guccini a Caparezza.
Daniele Sidonio MI SI SCUSI IL PARAGONE Canzone d’autore e letteratura da Guccini a Caparezza
Daniele Sidonio MI SI SCUSI IL PARAGONE. Canzone d'autore e letteratura da Guccini a Caparezza.
Prefazionedi Ernesto Assante
Premessa
Introduzione. Parole e note
1. Questioni di metodo
1.1 Musica e poesia
Intervista a Paolo Talanca
Intervista a Giò Alajmo
2. Un recupero secolare: Fausto Mesolella canta Stefano Benni
Intervista a Fausto Mesolella
Intervista a Stefano Benni
3. Francesco Guccini, il «cantapensiero»: l’uomo e il dubbio
3.1 Eliot, il carnevale, Gozzano
Intervista a Francesco Guccini
4. Un filomythos: Vinicio Capossela
5. Letteratura e rock: i Marlene Kuntz e Il Teatro degli Orrori
5.1 Cristiano Godano: amore, memoria, espiazione
Intervista a Cristiano Godano
5.2 Rock e poesia in Pierpaolo Capovilla
Intervista a Pierpaolo Capovilla
6. Letteratura e indie
6.1 Vasco Brondi e l’ermetismo del suburbio
6.2 Dente: calembour e parodia
Intervista a Dente
6.3 Il teatro-canzone di Brunori SAS
Intervista a Dario Brunori
7. Il rap colto di Caparezza
Postfazione
Note Biografiche
Ringraziamenti
Bibliografia
Emerografia
Sitografia
INDICE DELLE OPERE CITATE E CONSULTATE
Sitografia
Elenco delle canzoni e dei dischi
Daniele Sidonio
MI SI SCUSI IL PARAGONE.
Canzone d'autore e letteratura da Guccini a Caparezza.
Musicaos Editore, 2016
Luglio 2016
Progetto grafico Bookground
Musicaos Editore
Via Arciprete Roberto Napoli, 82
Neviano - tel. 0836.618232
www.musicaos.org
info@musicaos.it
Isbn 978-88-99315-566
Daniele Sidonio
MI SI SCUSI IL PARAGONE
Canzone d’autore e letteratura da Guccini a Caparezza
prefazione di ERNESTO ASSANTE
postfazione di DAVIDE BELLALBA
con interviste a
FRANCESCO GUCCINI
CRISTIANO GODANO
FAUSTO MESOLELLA
STEFANO BENNI
PIERPAOLO CAPOVILLA
GIUSEPPE PEVERI
DARIO BRUNORI
interventi critici di
PAOLO TALANCA
GIò ALAJMO
Musicaos Editore
Mi si scusi il paragone canzone d’autore e letteratura da Guccini a Caparezza
Daniele Sidonio
MI SI SCUSI IL PARAGONE.
Canzone d'autore e letteratura da Guccini a Caparezza.
La vera vita, la vita finalmente riscoperta
e illuminata, la sola vita, dunque,
pienamente vissuta, è la letteratura.
Marcel Proust, Le temps retrouvé
La poesia, la letteratura, l’arte, sono inutili,
non sono necessarie alla sopravvivenza,
per questo sono la dimostrazione
della parte divina che c’è nell’uomo.
Vinicio Capossela
Per un musicista, il fascino della poesia
è così forte che egli non può fare
a meno, giunto a un certo punto del proprio sviluppo,
di un testo attorno a cui
la sua musica andrà a cristallizarsi.
Pierre Boulez, Points de repère
A Elvio e Anna
genitori fieri
spalle indispensabili
Prefazione
di Ernesto Assante
In principio fu la parola. E poi la musica. Ma ne siamo certi? No e non possiamo esserne certi perché, ovviamente, mancano testimonianze e reperti attendibili. Ma è lecito dubitare della sequenza. Non foss’altro perché la musica, a tutt’oggi, è l’unica lingua
comune a tutta l’umanità, anzi, forse, perché anche qui non ci sono prove che possano giustificare una simile affermazione, è altrettanto lecito pensare che sia l’unica lingua comune a tutti gli esseri viventi. Perché comprensibile a tutti. Ma, ci chiediamo, è possibile immaginare un mondo, una vita, nella quale la musica e la parola non marcino di pari passo? O possiamo, ragionevolmente, dirci vivi
se non mettiamo in sintonia musica e parola? No, francamente no. Perché la parola è essa stessa musica, perché il nostro modo di parlare, le inflessioni e gli accenti, sono musica, sempre e comunque. Musica noiosa, ripetitiva, brutta magari, ma pur sempre musica. E quando la parola si trasforma in letteratura o poesia, inevitabilmente suona
si fonde naturalmente con la musica.
È vero anche il contrario? Sì, certamente, perché la musica parla
, con una chiarezza, una profondità, un’espressività che sono indubbie. Ognuno di noi ha avuto esperienze musicali molteplici, diverse, e ogni esperienza ci ha raccontato
qualcosa, ci ha illustrato, spiegato, mostrato, cose che conoscevamo, pensavamo di conoscere o non conoscevamo affatto.
Parole e musica definiscono il nostro mondo, la nostra esistenza, ci permettono di vivere e comunicare, ci permettono, ci aiutano, a capire il nostro mondo e la nostra esistenza. Parole e musica, in fondo, sono figlie della nostra stessa voglia di vivere, di progredire, di capire, di esprimerci.
La canzone d’autore, comunque si voglia interpretare una così tanto generica e indefinita definizione, è il punto più alto dell’incontro tra parole e musica, è il luogo in cui le due arti si fondono al massimo livello espressivo, formando un’arte nuova, diversa, multiforme, capace di diventare tutt’una con il proprio autore che interpreta e non è più separabile dalla sua opera, che non è più esterna a se stessa. Non è una differenza da poco con le altre arti: la pittura ci consegna un quadro, che vive senza il suo autore, la scultura e i libri fanno altrettanto, la musica colta lo fa attraverso gli spartiti. La canzone d’autore no, esiste e vive come opera d’arte completa quando il suo artefice la rende viva, cantandola e suonandola, in pubblico o su disco. La canzone d’autore è tale perché il suo autore la rende unica, in qualche modo irripetibile nella sua completezza, nella sua verità. Non intrattenimento, dunque, ma opera d’arte, che è figlia quindi non solo del suo autore ma dei tempi in cui l’autore vive e per questo si fa storia, nel bene e nel male.
Daniele Sidonio si è preso la briga di voler scandagliare in questo bellissimo lavoro il rapporto tra la parola e la musica nell’opera di alcuni esponenti della canzone d’autore italiana, il rapporto tra letteratura e musica in autori che mescolando le due arti hanno dato vita ad un’arte differente, che non è letteratura o musica, ma canzone d’autore, libera, inafferabile, mutevole, personale. È un lavoro, quello di Sidonio, ricco e affascinante, in cui c’è la storia e la contemporaneità, ci sono i mille aspetti di un rapporto sempre mutevole tra suono e parola, analizzati e scandagliati con attenzione e passione. È un lavoro che chi ama la musica leggerà con gioia e chi ama la letteratura seguirà con passione.
Premessa
Io ho sempre detto che uno scrittore o un autore di canzoni è come un maiale - mi si scusi il paragone - perché il maiale più lo nutri, più quando lo uccidi è grasso e ti dà soddisfazione. Così uno che scrive, più ha messo dentro più può riprodurre qualcosa in maniera completa.
Francesco Guccini
Il titolo di questo libro proviene da un inciso che Francesco Guccini ha regalato al sottoscritto in una piacevole chiacchierata telefonica di metà settembre. Si parlava della vicinanza tra le parole libro e libero e il Maestrone, per rendere al massimo livello espressivo la comparazione tra musica e letteratura, ha paragonato con la sua inconfondibile ironia e con l’ipnotica erre appenninica l’autore di canzoni al maiale. Per chi scrive non poteva che essere questo inciso a dare il titolo a una riflessione critica sul rapporto tra letteratura e musica nella particolare forma nota come canzone d’autore.
Il lavoro è nato come prosieguo della Tesi Magistrale costruita sull’analisi intertestuale della discografia di Vinicio Capossela. Sin dalla sua fase embrionale è stato concepito come indagine filologica e critica finalizzata ad analizzare i singoli autori partendo dalle loro stesse parole. La necessaria introduzione di carattere storico apre il sipario a una serie di sezioni comparatistiche accompagnate - ove è stato possibile - da un’intervista agli artisti ritenuti esemplari per un’esaustiva trattazione nonché per la totale comprensione di un fenomeno articolato quanto affascinante.
Introduzione. Parole e note
Sia la musica che la letteratura si presentano all’intelletto e alle emozioni per mezzo del suono. La principale differenza tra le due sta nel fatto che il suono musicale è usato solo per se stesso, mentre i suoni utilizzati dalla letteratura hanno un significato esterno.
Calvin S. Brown¹
«Per gli antichi greci la musikè non è mai stata un’arte a parte». Con la figura del cantautore, musico e paroliere, la poesia ha riacquistato quella forma originaria che dall’epica greca arriva, in diverse declinazioni, fino al secondo Novecento². Nel corso dei secoli la musica ha sfruttato le potenzialità espressive e tematiche della letteratura - più spesso la grande poesia - trasformandosi in un processo creativo ibrido, che non si ferma ai semplici - e complessi - rapporti tra le note, ma rimanda l’ascoltatore a contesti storici e artistici precisi. Sebbene questo lavoro si concentri sul rapporto che i cantautori intrattengono con poesia e letteratura, è opportuno evidenziare alcuni punti della storia in cui queste arti dizigote si rincorrono e si intrecciano.
Da dove nasce la forma-canzone? Dalla monodìa profana e dalla canso del Trecento, epoca in cui i trovatori provenzali trasmettevano oralmente - in pratica cantavano - le musiche di accompagnamento ai testi poetici³.
In seguito allo sviluppo delle tecniche madrigalistiche, nel Cinquecento il rapporto tra le due forme artistiche si stringe: «lo svolgimento del linguaggio musicale è, in questo secolo, più che mai orientato a trasmettere il messaggio poetico del testo», trasformando così la musica da mero accompagno a organo in grado di elevare l’uomo Rinascimentale⁴.
Nel Seicento Claudio Monteverdi esplora le risorse monodiche nella messa in musica delle ottave del Tasso o dei settenari di Guarini, sviluppandone i contenuti espressivi attraverso un’architettura sorretta sia dal dettato poetico che dai periodi musicali. Interviene a riguardo Roberto Vecchioni:
È di Monteverdi l’invenzione della canzone, col madrigale, che ha cinque parti diverse, ma ognuna di queste parti ha un suo particolare, una sua esclusiva costruzione musicale che è chiusa in se stessa. E nel madrigale, monodico, non polifonico, nasce la canzone.⁵
Nell’Ottocento l’espressione musicale si soggettivizza. Comincia infatti a diffondersi il concetto di autorialità, che troverà sviluppo prolifico nei due secoli successivi: si fa strada l’idea che ogni compositore debba possedere un proprio repertorio riconoscibile dagli ascoltatori. È grazie al Romanticismo però che il linguaggio musicale raggiunge «parità estetica con la poesia e con le arti figurative»⁶. La corrente romantica ha un’alta considerazione del potere seduttivo della musica, capace di oltrepassare - così la pensava anche Rousseau - le potenzialità delle parole e delle immagini. «Di tutte le belle arti» - scrive Madame de Staël in Corinne ou l’Italie (1807) - «la musica è quella che agisce più immediatamente sull’animo»⁷. Lo sviluppo dell’estetica romantica porta figure essenziali del panorama ottocentesco come Beethoven, Berlioz, Liszt e Schubert a musicare opere di Shakespeare, Goethe (il Faust soprattutto) e Byron⁸. L’alter-ego italiano di questi compositori è rappresentato dalla tradizione melodrammatica e da Giuseppe Verdi, che attinge a piene mani dal repertorio letterario europeo⁹.
Se nei primi decenni del XX secolo le avanguardie letterarie influenzano la pratica compositiva portando alla proliferazione di svariati generi e tecniche compositive (la dodecafonia di Schönberg, ad esempio), dal secondo dopoguerra in poi il rapporto tra musica e letteratura confluisce nel genere canzone d’autore, di cui in questa sede si cercherà di dare un breve resoconto, con attenzione ai profili più rilevanti¹⁰.
Qualità letteraria, intertestualità e interpretazione. Queste le caratteristiche fondanti la canzone d’autore, in cui compositore ed esecutore si uniscono nella stessa persona. Prodromo del nuovo genere è Domenico Modugno, che nel 1958 vince il Festival di Sanremo con Nel blu dipinto di blu, scritta assieme all’amico paroliere Franco Migliacci.
Gianni Guastella definisce la canzone d’autore «un tipo di creazione testuale che, a differenza della canzonetta, ha spesso avuto come esplicito paradigma letterario di riferimento quello della poesia, e che aspira da tempo a vedersi riconoscere una vera e propria dignità letteraria»¹¹. Già, la canzonetta. O «melodia gastronomica», se si vuole seguire l’espressione di Umberto Eco in Apocalittici e integrati¹². Proprio in opposizone alla figlia del melodramma nel 1957 nasce a Torino il gruppo Cantacronache che, mobilitando parolieri del calibro di Italo Calvino e Franco Fortini, mira a «evadere dall’evasione» e raccontare l’Italia da una prospettiva anticonformista, reinventando il folklore popolare e partigiano in funzione di protesta nei confronti della canzone di consumo. Il gruppo parte dal realismo e arriva al disagio esistenziale attraverso la canzone civile di Brecht, il nascente folk americano e la scuola francese, influenzando i cantautori a esso coevi¹³.
Cresce infatti a Genova una schiera di personalità che veicolano contenuti reali lontani dal linguaggio artefatto delle canzoni anni Cinquanta - il vissuto collima con il cantato - lasciandosi ispirare dalla poesia del primo ventennio del Novecento. Secondo Tullio De Mauro, la canzone recepisce così la lezione sviluppatasi a partire da Guido Gozzano, per cui «il largo ricorso alla colloquialità si accompagna [...] alla coscienza dell’ormai avvenuto invecchiamento dell’armamentario linguistico tradizionale della versificazione nazionale»¹⁴. È innegabile, infatti, l’influenza di Caproni, Montale, Sbarbaro e Firpo sulla poetica e sulle melodie brevi di Gino Paoli - «l’Ungaretti della canzone italiana» secondo