Enrico VI vol. 1
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William Shakespeare
William Shakespeare was born in April 1564 in the town of Stratford-upon-Avon, on England’s Avon River. When he was eighteen, he married Anne Hathaway. The couple had three children—an older daughter Susanna and twins, Judith and Hamnet. Hamnet, Shakespeare’s only son, died in childhood. The bulk of Shakespeare’s working life was spent in the theater world of London, where he established himself professionally by the early 1590s. He enjoyed success not only as a playwright and poet, but also as an actor and shareholder in an acting company. Although some think that sometime between 1610 and 1613 Shakespeare retired from the theater and returned home to Stratford, where he died in 1616, others believe that he may have continued to work in London until close to his death.
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Anteprima del libro
Enrico VI vol. 1 - William Shakespeare
Enrico VI vol. 1
Translated by Diego Angeli
Original title: Henry VI
Original language: English
Immagine di copertina: Shutterstock
Copyright © 1599, 2021 SAGA Egmont
All rights reserved
ISBN: 9788726900491
1st ebook edition
Format: EPUB 3.0
No part of this publication may be reproduced, stored in a retrievial system, or transmitted, in any form or by any means without the prior written permission of the publisher, nor, be otherwise circulated in any form of binding or cover other than in which it is published and without a similar condition being imposed on the subsequent purchaser.
This work is republished as a historical document. It contains contemporary use of language.
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DRAMATIS PERSONAE.
RE ENRICO IV.
ENRICO, principe di Galles figli del Re.
GIOVANNI DI LANCASTRO figli del Re.
IL CONTE DI WESTMORELAND.
SIR WALTER BLUNT.
TOMASO PERCY, conte di Worcester.
ENRICO PERCY, conte di Northumberland.
ENRICO PERCY, detto SPRONE ARDENTE, suo figlio.
EDMONDO MORTIMER, conte di March.
RICCARDO SCROOP, arcivescovo di York.
ARCIBALDO conte di Douglas.
OWEN GLENDOWER.
SIR RICCARDO VERNON.
S R JOHN FALSTAFF.
SIR MICHELE, amico dell’arcivescovo di York.
POINS.
GADSHILL.
PETO.
BARDOLFO.
LADY PERCY, moglie di Sprone Ardente e sorella di Mortimer.
LADY MORTIMER, figlia di Glendower e moglie di Mortimer.
LA SIGNORA QUICKLY, ostessa, di una taverna di East-Cheap.
Sign ori, Ufficiali, uno Sceriffo, un Cantiniere, un Ciambellano. Facchini, Viaggiatori e altre persone del seguito.
scena: Inghilterra.
ATTO PRIMO.
SCENA PRIMA.
Londra. La Reggia.
Entrano Re Enrico, Giovanni di Lancastro, il Conte di Westmoreland, Sir Walter Blunt ed altri.
Il Re.
Così scossi qual siamo e così smunti
dalle cure, lasciamo un po’ in riposo
questa pace atterrita, sì che possa
con faticoso anelito agitare
nuove lotte che in un lontan paese
cominceran fra breve. Ormai non più
il sitibondo suol di questo regno
immergerà le labbra dentro il sangue
dei figli suoi; non più dovrà la guerra
i canali dei suoi campi mutare
in trincee, nè pestar sotto gli armati
zoccoli i fiori con un passo ostile.
Queste nemiche fronti, che sì come
meteore in un ciel sconvolto, tutte
di una stessa natura e di un’eguale
sostanza di recente si son viste
entro lotte intestine e in furiose
strettoie di civil stragi, dovranno
ora in eguali e ben formati ranghi
avanzar sempre sulla stessa via
e non esser più ostili agli alleati,
ai parenti, agli amici. E al fin la lama
acuta della guerra al par di un male
sguainato coltello non dovrà
mai più ferire il suo padrone. E dunque,
amici, è sull’a noi lontan sepolcro
di Cristo che — soldati della Croce
divina — noi vogliam condurre i nostri
soldati inglesi. Poi che le lor braccia
fur create nell’utero materno
per cacciare i Pagani dalle terre
sante che furon peste da quei piedi
divini, i quali mille e quattrocento
anni or sono, già furono inchiodati
per la nostra salvezza sull’amara
croce! Ma questo tal disegno è ormai
vecchio di un anno e noi dobbiam compirlo.
Ma non è per discuterlo che siamo
qui riuniti. — Dunque, o bel cugino
Westmorland, raccontate quel che ieri
ha deciso il consiglio ad affrettare
una spedizion che ci è sì cara.
Westmoreland.
Oh mio sovrano, fu per tal disegno
il dibattito ardente, e solo ieri
notte son stati stabiliti i conti
dell’impresa. Allorché nel miglior punto,
un messaggero giunse dal paese
di Galles con notizie gravi. E questa
la peggiore di tutte: il valoroso
Mortimer, alla testa delle squadre
della contea d’Hérford, tenendo fronte
alle forze del fiero e rivoltoso
Glendower, era stato dalle rudi
mani di questo stesso partigiano
gallese, preso e mille di sue genti
messe a morte. Ed avean tutte le sue
soldatesche sì gran scempio di questi
cadaveri compiuto, tal feroce
e vergognosa mutilazione
erasi fatta, che non si potrebbe
narrar senza vergogna.
Il Re.
Sembra che la notizia, allor, di questo
combattimento abbia sospeso i nostri
preparativi per la terra santa.
Westmoreland.
Questo ed altro, signor mio grazioso.
Poi che ben altre nuove tormentose
e sgradevoli a noi sono arrivate
dal nord. E sono queste: il valoroso
"Sprone Ardente„ che è qui, col giovinetto
Enrico Percy e l’ardito Arcibaldo —
il sempre coraggioso e rinomato
scozzese — si son tutti quanti insieme
ad Holmedon scontrati.
E il giorno è stato àrdente e sanguinoso
a giudicare dal fragor di loro
artiglierie. Così pensa, d’altronde,
chi portò la notizia, chè al momento
in cui più ardea la lotta era montato
a cavallo, non anco ben sicuro
delle sorti.
Il Re.
Ecco quivi un diligente
e caro amico nostro: sir Gualtiero
Blunt, che disceso è appena da cavallo
ed è ancor tutto sporco di quel fango
che d’Holmedon fin qui l’ha maculato:
ebbene egli ci porta assai più dolci
e gradite notizie. Ormai sconfitto
è il conte Douglas, diecimila arditi
scozzesi, e ventidue lor cavalieri,
bagnati di lor sangue ha su quei campi
sir Gualtiero veduti. "Sprone Ardente„
tratti ha prigioni Marduke ed il conte
di Fife, figlio maggiore del vinto
Douglas e insiem con loro i conti d’Atholl,
di Murre, d’Angus, e di Menteth. Forse
non è questo un bottino glorioso?
una presa magnifica? Oh, cugino?
Westmoreland.
In fede mia,
è tal trionfo, per il quale deve
esser fiero ogni principe.
Il Re.
Sì: triste
tu mi rendi e mi fai peccar d’invidia
verso milord Northumberland, che è padre
di un figlio tale, un figlio ch’è ormai tema
d’ogni lode e d’onore ed il più grande
fusto del bosco, il prediletto figlio
della Fortuna e il favorito suo;
mentre assistendo alle sue lodi, veggo
il disonore e la sregolatezza
sulla fronte del mio giovane Enrico.
Ahi s’io potessi dimostrar che qualche
fata errante di notte ha pur cambiato
i nostri figli ancora in fasce, e il mio
chiamato ha Percy e il suo Plantageneto!
Allora avrei l’Enrico suo, mentre egli
avrebbe il mio! Ma lasciamo star questi
pensieri. Che ne dite voi, cugino,
dell’insolenza di quel giovin Percy?
I prigionieri, che ha sorpreso in questo
scontro, vuole tenersi e mi fa dire
che uno solo ne avrò, Marduke, il conte
di Fife.
Westmoreland.
Ed è questo un suggerimento
di suo zio: di quel Worster sì malvagio
contro di voi in ogni occasione
che or l’eccita a gonfiarsi e ad innalzare
la sua giovine cresta contro Vostra
Maestà.
Il Re.
Ma gli ho detto di venire
per risponder di questo. Ed in tal caso
siam costretti a sospendere i disegni
nostri per Gerosólima. Cugino,
mercoldì noi terrem consiglio a Windsor.
Informatene i Lordi e ritornate
subito presso noi: poi che le cose
ch’io debbo e dire e far, non mi permette
la collera pur anco di spiegare.
Westmoreland.
Obbedirò, mio sire.
Exeunt
SCENA II
Un albergo.
Entrano Enrico Principe Di Galles e Falstaff .
Falstaff.
Ebbene, Hal, che ore sono, ragazzo?
Il Principe Enrico.
Sei talmente imbuzzito a forza di bere il vino vecchio di Xeres, di sbottonarti dopo cena, e di dormir sulle panche nel pomeriggio, che ti sei dimenticato di chiedere quello che t’importa veramente di sapere. Che diavolo hai da fare con l’ora del giorno? A meno che le ore non fossero bicchieri di Xeres e i minuti capponi, e le lancette lingue di ruffiane e i quadranti insegne di bordelli e per fino lo stesso sole benedetto una bagascia vestita di taffetà color fiamma, non veggo il motivo perchè tu debba essere tanto ozioso da dimandare l’ora del giorno.
Falstaff.
Veramente tu cominci a conoscermi, Hal: perchè noi che prendiamo le borse, andiamo più di notte sotto le sette stelle che sotto Febo "il cavaliere errante così bello„. E, ti prego, mio dolce canzonatore, quando tu sarai re — che Dio salvi la tua Grazia, anzi la tua Maestà, perchè di grazia non ne avrai affatto....
Il Principe Enrico.
E perchè no?
Falstaff.
No, in fede mia: nè meno quel tanto che basterebbe a essere il prologo di una colazione di uova e pane e burro.
Il Principe Enrico
Sta bene: e dopo? Tira avanti; avanti.
Falstaff.
Ecco, mio bel canzonatore, quando sarai re, non permettere che noi, guardie del corpo della