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Enrico VI vol. 1
Enrico VI vol. 1
Enrico VI vol. 1
E-book181 pagine1 ora

Enrico VI vol. 1

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Info su questo ebook

Questa tragedia storica, divisa in più volumi, segna l'inizio della prolifica produzione shakespeariana. Basata sulla vita del re Enrico VI d'Inghilterra, la vicenda racconta il dramma interiore del monarca sullo sfondo delle ribellioni francesi e della Guerra delle Due Rose. Tema centrale che continua a svilupparsi nelle successive parti dell'opera è la lotta per il potere politico, indagato nei suoi aspetti più torbidi e oscuri e presentato nella sua eterna contraddizione: perché il potere è sempre vissuto come fatalità e maledizione da chi non lo vorrebbe, mentre è inseguito con interminabile affanno da chi non lo ha. -
LinguaItaliano
Data di uscita2 set 2021
ISBN9788726900491
Enrico VI vol. 1
Autore

William Shakespeare

William Shakespeare was born in April 1564 in the town of Stratford-upon-Avon, on England’s Avon River. When he was eighteen, he married Anne Hathaway. The couple had three children—an older daughter Susanna and twins, Judith and Hamnet. Hamnet, Shakespeare’s only son, died in childhood. The bulk of Shakespeare’s working life was spent in the theater world of London, where he established himself professionally by the early 1590s. He enjoyed success not only as a playwright and poet, but also as an actor and shareholder in an acting company. Although some think that sometime between 1610 and 1613 Shakespeare retired from the theater and returned home to Stratford, where he died in 1616, others believe that he may have continued to work in London until close to his death.

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    Anteprima del libro

    Enrico VI vol. 1 - William Shakespeare

    Enrico VI vol. 1

    Translated by Diego Angeli

    Original title: Henry VI

    Original language: English

    Immagine di copertina: Shutterstock

    Copyright © 1599, 2021 SAGA Egmont

    All rights reserved

    ISBN: 9788726900491

    1st ebook edition

    Format: EPUB 3.0

    No part of this publication may be reproduced, stored in a retrievial system, or transmitted, in any form or by any means without the prior written permission of the publisher, nor, be otherwise circulated in any form of binding or cover other than in which it is published and without a similar condition being imposed on the subsequent purchaser.

    This work is republished as a historical document. It contains contemporary use of language.

    www.sagaegmont.com

    Saga Egmont - a part of Egmont, www.egmont.com

    DRAMATIS PERSONAE.

    RE ENRICO IV.

    ENRICO, principe di Galles figli del Re.

    GIOVANNI DI LANCASTRO figli del Re.

    IL CONTE DI WESTMORELAND.

    SIR WALTER BLUNT.

    TOMASO PERCY, conte di Worcester.

    ENRICO PERCY, conte di Northumberland.

    ENRICO PERCY, detto SPRONE ARDENTE, suo figlio.

    EDMONDO MORTIMER, conte di March.

    RICCARDO SCROOP, arcivescovo di York.

    ARCIBALDO conte di Douglas.

    OWEN GLENDOWER.

    SIR RICCARDO VERNON.

    S R JOHN FALSTAFF.

    SIR MICHELE, amico dell’arcivescovo di York.

    POINS.

    GADSHILL.

    PETO.

    BARDOLFO.

    LADY PERCY, moglie di Sprone Ardente e sorella di Mortimer.

    LADY MORTIMER, figlia di Glendower e moglie di Mortimer.

    LA SIGNORA QUICKLY, ostessa, di una taverna di East-Cheap.

    Sign ori, Ufficiali, uno Sceriffo, un Cantiniere, un Ciambellano. Facchini, Viaggiatori e altre persone del seguito.

    scena: Inghilterra.

    ATTO PRIMO.

    SCENA PRIMA.

    Londra. La Reggia.

    Entrano Re Enrico, Giovanni di Lancastro, il Conte di Westmoreland, Sir Walter Blunt ed altri.

    Il Re.

    Così scossi qual siamo e così smunti

    dalle cure, lasciamo un po’ in riposo

    questa pace atterrita, sì che possa

    con faticoso anelito agitare

    nuove lotte che in un lontan paese

    cominceran fra breve. Ormai non più

    il sitibondo suol di questo regno

    immergerà le labbra dentro il sangue

    dei figli suoi; non più dovrà la guerra

    i canali dei suoi campi mutare

    in trincee, nè pestar sotto gli armati

    zoccoli i fiori con un passo ostile.

    Queste nemiche fronti, che sì come

    meteore in un ciel sconvolto, tutte

    di una stessa natura e di un’eguale

    sostanza di recente si son viste

    entro lotte intestine e in furiose

    strettoie di civil stragi, dovranno

    ora in eguali e ben formati ranghi

    avanzar sempre sulla stessa via

    e non esser più ostili agli alleati,

    ai parenti, agli amici. E al fin la lama

    acuta della guerra al par di un male

    sguainato coltello non dovrà

    mai più ferire il suo padrone. E dunque,

    amici, è sull’a noi lontan sepolcro

    di Cristo che — soldati della Croce

    divina — noi vogliam condurre i nostri

    soldati inglesi. Poi che le lor braccia

    fur create nell’utero materno

    per cacciare i Pagani dalle terre

    sante che furon peste da quei piedi

    divini, i quali mille e quattrocento

    anni or sono, già furono inchiodati

    per la nostra salvezza sull’amara

    croce! Ma questo tal disegno è ormai

    vecchio di un anno e noi dobbiam compirlo.

    Ma non è per discuterlo che siamo

    qui riuniti. — Dunque, o bel cugino

    Westmorland, raccontate quel che ieri

    ha deciso il consiglio ad affrettare

    una spedizion che ci è sì cara.

    Westmoreland.

    Oh mio sovrano, fu per tal disegno

    il dibattito ardente, e solo ieri

    notte son stati stabiliti i conti

    dell’impresa. Allorché nel miglior punto,

    un messaggero giunse dal paese

    di Galles con notizie gravi. E questa

    la peggiore di tutte: il valoroso

    Mortimer, alla testa delle squadre

    della contea d’Hérford, tenendo fronte

    alle forze del fiero e rivoltoso

    Glendower, era stato dalle rudi

    mani di questo stesso partigiano

    gallese, preso e mille di sue genti

    messe a morte. Ed avean tutte le sue

    soldatesche sì gran scempio di questi

    cadaveri compiuto, tal feroce

    e vergognosa mutilazione

    erasi fatta, che non si potrebbe

    narrar senza vergogna.

    Il Re.

    Sembra che la notizia, allor, di questo

    combattimento abbia sospeso i nostri

    preparativi per la terra santa.

    Westmoreland.

    Questo ed altro, signor mio grazioso.

    Poi che ben altre nuove tormentose

    e sgradevoli a noi sono arrivate

    dal nord. E sono queste: il valoroso

    "Sprone Ardente„ che è qui, col giovinetto

    Enrico Percy e l’ardito Arcibaldo —

    il sempre coraggioso e rinomato

    scozzese — si son tutti quanti insieme

    ad Holmedon scontrati.

    E il giorno è stato àrdente e sanguinoso

    a giudicare dal fragor di loro

    artiglierie. Così pensa, d’altronde,

    chi portò la notizia, chè al momento

    in cui più ardea la lotta era montato

    a cavallo, non anco ben sicuro

    delle sorti.

    Il Re.

    Ecco quivi un diligente

    e caro amico nostro: sir Gualtiero

    Blunt, che disceso è appena da cavallo

    ed è ancor tutto sporco di quel fango

    che d’Holmedon fin qui l’ha maculato:

    ebbene egli ci porta assai più dolci

    e gradite notizie. Ormai sconfitto

    è il conte Douglas, diecimila arditi

    scozzesi, e ventidue lor cavalieri,

    bagnati di lor sangue ha su quei campi

    sir Gualtiero veduti. "Sprone Ardente„

    tratti ha prigioni Marduke ed il conte

    di Fife, figlio maggiore del vinto

    Douglas e insiem con loro i conti d’Atholl,

    di Murre, d’Angus, e di Menteth. Forse

    non è questo un bottino glorioso?

    una presa magnifica? Oh, cugino?

    Westmoreland.

    In fede mia,

    è tal trionfo, per il quale deve

    esser fiero ogni principe.

    Il Re.

    Sì: triste

    tu mi rendi e mi fai peccar d’invidia

    verso milord Northumberland, che è padre

    di un figlio tale, un figlio ch’è ormai tema

    d’ogni lode e d’onore ed il più grande

    fusto del bosco, il prediletto figlio

    della Fortuna e il favorito suo;

    mentre assistendo alle sue lodi, veggo

    il disonore e la sregolatezza

    sulla fronte del mio giovane Enrico.

    Ahi s’io potessi dimostrar che qualche

    fata errante di notte ha pur cambiato

    i nostri figli ancora in fasce, e il mio

    chiamato ha Percy e il suo Plantageneto!

    Allora avrei l’Enrico suo, mentre egli

    avrebbe il mio! Ma lasciamo star questi

    pensieri. Che ne dite voi, cugino,

    dell’insolenza di quel giovin Percy?

    I prigionieri, che ha sorpreso in questo

    scontro, vuole tenersi e mi fa dire

    che uno solo ne avrò, Marduke, il conte

    di Fife.

    Westmoreland.

    Ed è questo un suggerimento

    di suo zio: di quel Worster sì malvagio

    contro di voi in ogni occasione

    che or l’eccita a gonfiarsi e ad innalzare

    la sua giovine cresta contro Vostra

    Maestà.

    Il Re.

    Ma gli ho detto di venire

    per risponder di questo. Ed in tal caso

    siam costretti a sospendere i disegni

    nostri per Gerosólima. Cugino,

    mercoldì noi terrem consiglio a Windsor.

    Informatene i Lordi e ritornate

    subito presso noi: poi che le cose

    ch’io debbo e dire e far, non mi permette

    la collera pur anco di spiegare.

    Westmoreland.

    Obbedirò, mio sire.

    Exeunt

    SCENA II

    Un albergo.

    Entrano Enrico Principe Di Galles e Falstaff .

    Falstaff.

    Ebbene, Hal, che ore sono, ragazzo?

    Il Principe Enrico.

    Sei talmente imbuzzito a forza di bere il vino vecchio di Xeres, di sbottonarti dopo cena, e di dormir sulle panche nel pomeriggio, che ti sei dimenticato di chiedere quello che t’importa veramente di sapere. Che diavolo hai da fare con l’ora del giorno? A meno che le ore non fossero bicchieri di Xeres e i minuti capponi, e le lancette lingue di ruffiane e i quadranti insegne di bordelli e per fino lo stesso sole benedetto una bagascia vestita di taffetà color fiamma, non veggo il motivo perchè tu debba essere tanto ozioso da dimandare l’ora del giorno.

    Falstaff.

    Veramente tu cominci a conoscermi, Hal: perchè noi che prendiamo le borse, andiamo più di notte sotto le sette stelle che sotto Febo "il cavaliere errante così bello„. E, ti prego, mio dolce canzonatore, quando tu sarai re — che Dio salvi la tua Grazia, anzi la tua Maestà, perchè di grazia non ne avrai affatto....

    Il Principe Enrico.

    E perchè no?

    Falstaff.

    No, in fede mia: nè meno quel tanto che basterebbe a essere il prologo di una colazione di uova e pane e burro.

    Il Principe Enrico

    Sta bene: e dopo? Tira avanti; avanti.

    Falstaff.

    Ecco, mio bel canzonatore, quando sarai re, non permettere che noi, guardie del corpo della

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