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Campioni per sogno. Storie di rivincite immaginarie
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Campioni per sogno. Storie di rivincite immaginarie
E-book173 pagine2 ore

Campioni per sogno. Storie di rivincite immaginarie

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Info su questo ebook

I veri tifosi di calcio sanno quanto possa essere dolorosa una sconfitta patita dalla loro squadra del cuore in una grande competizione internazionale, non possono né vogliono accettarla. Ogni tifoso appassionato vorrebbe avere la possibilità di rigiocare "quella" gara, per poter apportare le giuste correzioni e prendere i provvedimenti necessari a mutarne l'esito; sa bene che solo in questo modo potrebbe ritrovare equilibrio e serenità, superando ogni forma di rammarico. Ed allora non rimane che lavorare con la fantasia e l'immaginazione, per creare una nuova realtà finalmente confacente alle aspettative ed ai desideri: può sembrare poco, per il tifoso ancora sofferente significa moltissimo. Perché la sconfitta è una gran brutta bestia da domare: si insinua in profondità, sedimenta, cicatrizza con enorme fatica. Coriolano&Zorba, gli autori di questo libro, hanno voluto divertirsi, trasformando undici grandi disfatte rimaste nell'immaginario collettivo in altrettanti esaltanti successi; hanno rigiocato le gare, immettendosi nei panni dell'allenatore della "nostra" squadra, riscrivendo la realtà con un atto creativo, realizzando una serie di sceneggiature verosimili. Seguiteli in questo excursus che parte dalla finale del Mondiale 1970 (Italia – Brasile 1-4) e termina nel 2015 con la finale di Champions League (Juventus – Barcellona 1-3): vi divertirete e vi ritroverete campioni, seppure per gioco e per sogno.
LinguaItaliano
Data di uscita8 feb 2022
ISBN9791220387989
Campioni per sogno. Storie di rivincite immaginarie

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    Anteprima del libro

    Campioni per sogno. Storie di rivincite immaginarie - Coriolano&Zorba

    Capitolo primo:

    Edson Arantes do Nascimento, in arte Pelé, la Perla nera.

    La finale della 9ª Coppa del Mondo fu un incontro valido per l'assegnazione del titolo mondiale del 1970 e della coppa Jules Rimet.

    Disputata il 21 giugno allo stadio Azteca di Città del Messico, la gara vide la meritata vittoria del Brasile che sconfisse l’Italia con il punteggio finale di 4-1. I brasiliani vinsero nettamente schiantando gli azzurri nella ripresa, dopo che il primo tempo si era concluso sul 1-1, dimostrando una superiorità tecnica indiscutibile. Al termine della partita la Coppa Jules Rimet venne quindi definitivamente assegnata al Brasile, vincitore per la terza volta del torneo dopo i successi conquistati ai Mondiali del 1958 e del 1962: Edson Arantes do Nascimento, in arte Pelè, giocò e vinse le tre competizioni, unico giocatore al Mondo a potersi fregiare di tale straordinario risultato.

    Tabellino

    Brasile – Italia 4-1

    Brasile: Felix; Carlos Alberto, Brito; Piazza, Cloadoaldo, Evaraldo; Jairzinho, Gerson, Tostao, Pelè, Rivelino. All. Zagallo;

    Italia: Albertosi; Burgnich, Facchetti; Bertini (75°Juliano), Rosato, Cera; Domenghini, Mazzola, Boninsegna (84°Rivera), De Sisti, Riva. All. Valcareggi.

    Reti: 18°Pelè, 37°Boninsegna, 66°Gerson, 71°Jairzinho, 86°Carlos Alberto.

    Breve nota sul migliore in campo – Pelé guidò sul terreno di gioco una delle Nazionali brasiliane più forti di sempre: con un goal, un assist ed una presenza costante fu come sempre decisivo. Qualche numero per dire di chi stiamo parlando: 568 reti in 580 partite con il Santos, con cui vinse oltre a svariati titoli statali e nazionali 2 Coppe Libertadores e 2 Coppe Intercontinentali; con la Nazionale, con la quale disputò 92 gare segnando 77 reti, vinse tre Mondiali, record unico ed inimitabile. Complessivamente realizzò 1.281 goal in 1.363 partite! A livello individuale, è stato nominato dalla FIFA Calciatore del XX Secolo e Pallone d’oro onorario: certamente uno dei più grandi fuoriclasse di sempre, idealmente sul podio insieme agli immensi Alfredo Di Stefano e Diego Maradona.

    Il ricordo del tifoso (Umberto, sampdoriano).

    Sono nato nel 1963, quindi all’epoca avevo 7 anni, ma ero già pazzo per il calcio, sempre a far danni con un pallone in mano. La mia squadra era la Samp, i miei idoli Frustalupi e Benetti, che ovviamente proprio quell’estate vennero ceduti ad Inter e Milan. Ricordo che vissi quel Mondiale come fosse la cosa più importante mai accaduta nella storia dell’Umanità: al ritmo di Messico e nuvole, la canzone di Jannacci che veniva trasmessa in continuazione, stremavo papà con le mie continue richieste sui giocatori, e questo dove gioca, quanti gol ha fatto, perché hanno mandato a casa il povero Lodetti….Purtroppo non vidi Italia – Germania (allora i ragazzi non rimanevano alzati fino a tardi), ma quando seppi che eravamo in finale toccai il cielo con un dito. Nella mia ingenuità credevo che gli azzurri avrebbero strapazzato senza pietà i brasiliani, Pelè non poteva essere più forte di Riva. Mi sentivo già campione del Mondo, era una sensazione bellissima, non vedevo l’ora di tornare a scuola per condividerla con i miei compagni! Terminato il primo tempo per 1-1, ricordo benissimo che dissi a mio padre: vedrai che vinciamo, entra Rivera e segna come contro la Germania! Quando Carlos Alberto segnò il 4-1 per il Brasile le mie residue speranze crollarono, cominciai a piangere, prima in silenzio, poi senza più freni: fu il dolore assoluto del bambino, quando sembra che tutto sia perduto per sempre, una sensazione di vuoto e profonda tristezza. Ci volle tutto l’amore della mamma per trovare una minima consolazione, a stento riuscii a prendere sonno, tormentato dal dispiacere. Per anni ho covato progetti di rivincita, neanche la vittoria del ’82 mi ha totalmente ripagato per quel trauma subito da bambino. Se si potesse tornare indietro…mi vedo esultare trionfante in braccio a papà …io e lui campioni del Mondo!

    Rigiochiamola usando fantasia ed immaginazione…

    21 giugno 1970, Stadio Azteca, Città del Messico, finale della 9°edizione della Coppa Jules Rimet.

    Prima della gara: l’immaginaria analisi del C.T. azzurro, Ferruccio Valcareggi.

    E’ stata una sofferenza enorme, ma siamo arrivati dove volevamo. La semifinale con la Germania Ovest si è trasformata in una gara epica, dove l’alternarsi delle situazioni agonistiche ha partorito uno spettacolo indimenticabile, un match che rimarrà per sempre nel ricordo di tutti gli amanti del calcio. Abbiamo vinto per 4-3 al termine di 120 minuti di gioco, i tempi supplementari sono stati appassionanti e spettacolari come non mai. La rete decisiva segnata da Gianni Rivera è forse una delle più belle mai realizzate nell’intera storia del calcio. E pensare che fino al 89° minuto conducevamo per una rete a zero, grazie al goal messo a segno da Boninsegna nel primo tempo; la ripresa è stata di pura sofferenza, i tedeschi premevano fortissimo, ma nonostante tutto abbiamo tenuto. Una nostra distrazione nel finale unita ad un pezzo di bravura del terzino Schnellinger (che milita nel Milan) ha causato il pareggio teutonico: 1-1, tempi supplementari. Trenta minuti aggiuntivi, giocati nell’altura messicana contro una compagine formidabile, rappresentano uno sforzo atletico immane: pur vincendo, abbiamo consumato energie fisiche e mentali enormi, che hanno ridotto molti nostri giocatori allo stremo delle forze. Abbiamo avuto poco tempo per recuperare, per rimetterci in condizione di affrontare uno squadrone straordinario quale il Brasile di Pelé, che oltre a qualità tecniche eccelse può contare anche su una maggiore freschezza, dopo aver liquidato in scioltezza l’Uruguay per 3-1 nell’altra semifinale. Nei pochi giorni che ci separavano dalla finale ho fatto la conta dei giocatori disponibili, dovendo accettare dolorose defezioni e prendendo decisioni difficili, che mi hanno costretto ad escludere dall’ultima gara alcuni giocatori che si erano distinti tra i migliori dell’intera rassegna mondiale, titolari indiscutibili. Mi riferisco a Mario Bertini, Angelo Domenghini e soprattutto Luigi Riva, il nostro cannoniere principe. Proprio non è stato possibile recuperarli, le loro fibre muscolari erano a pezzi, avrebbero rischiato di subire infortuni estremamente gravi. Non dimenticherò mai l’espressione dei loro volti quando insieme con i responsabili sanitari, il Professor Leonardo Vecchiet ed il dott. Fino Fini, ho dovuto comunicare la decisione di escluderli dalla finale: un misto di dolore, ottundimento, rabbia, stupore. Si tratta di tre guerrieri, avrebbero forse preferito morire sul campo, ma non era possibile, non si poteva fare. Per cercare di ovviare alla loro forzata assenza, tenendo conto delle caratteristiche della squadra avversaria, ho optato per delle soluzioni che certamente mi attireranno feroci critiche in un Paese composto da 50 milioni di commissari tecnici. Il Brasile si schiera con un 4-2-4, ossia quattro difensori, due centrocampisti, quattro attaccanti (due ali e due centravanti). Ho pensato allora di affiancare un secondo stopper a Rosato (deputato alla marcatura di Pelé) scegliendo il capitano granata Puia, molto forte nel gioco aereo, il più adatto per limitare il gioco acrobatico di Tostao; Cera sarà come sempre il libero, mentre Burgnich si opporrà a Rivelino e Facchetti allo sgusciante Jairzinho, affrontando quindi le ali avversarie sulle fasce di loro rispettiva competenza. A centrocampo Gianni Rivera, il nostro giocatore più tecnico, affiancherà Mazzola e De Sisti, stazionando sul centro-destra: ho deciso di far coesistere i due capitani di Inter e Milan, ponendo fine alla staffetta ed alle polemiche eccessive che stavano minando l’armonia del gruppo. In avanti Boninsegna farà coppia con Pierino Prati, l’unico giocatore in grado di sostituire decorosamente Gigi Riva, compito peraltro decisamente ostico. In porta confermato Albertosi, l’ottimo Zoff siederà ancora in panchina. La nostra tattica sarà come sempre la medesima: lasceremo al Brasile il controllo del gioco, serreremo le nostre file in difesa applicando feroci marcature ad uomo, cercheremo di sorprendere la retroguardia sudamericana con improvvisi e rapidi contropiede, fidando sulla classe di Mazzola e Rivera e sulla grinta e velocità del nostro duo di punta. Certamente ci mancheranno il dinamismo di Bertini e Domenghini e la capacità realizzativa di Riva, potendo non ne avrei mai fatto a meno. Insieme a me in panchina siederanno Zoff, i difensori Furino e Ferrante, il centrocampista napoletano Juliano, l’attaccante Bobo Gori, pronti a subentrare qualora fosse necessario apportare modifiche in corso d’opera. Confido molto nella coesione dei ragazzi, sanno che dispongono di una opportunità unica per entrare nella storia, sono certo che daranno il loro massimo per vincere il nostro terzo Mondiale ed assicurarci definitivamente la Coppa Rimet.

    La partita (svolgimento immaginario…)

    Finalmente entriamo in campo: sono presenti circa 110.000 spettatori, tifanti per lo più per il Brasile, dopo che abbiamo eliminato nei quarti di finale la squadra di casa con un perentorio 4-1. Come arbitro è stato individuato il tedesco orientale Rudi Glockner, a cui certamente non sarà dispiaciuta la nostra vittoria ottenuta contro la Germania Ovest, simbolo dell’odiato capitalismo: speriamo che ci guardi con simpatia, ne avremo sicuramente bisogno.

    Osservo con un misto di ammirazione e timore i giocatori brasiliani, aitanti, eleganti, sicuri di sé: Pelé, la perla nera, attira l’attenzione di tutti, è il protagonista annunciato, di certo non deluderà. E’ un misto tra una gazzella ed una tigre, veloce, potente, letale. Il loro capitano, Carlos Alberto, è semplicemente regale, un Facchetti nero. Sono entrambi colonne del grande Santos, uno dei club più forti del mondo. Poi Jairzinho: una giovane ala velocissima, idolo del Botafogo, dotata di grande dribbling, il degno erede dell’immenso Garrincha. Infine il regista mancino Gerson, stella del San Paolo, che vanta un piede sinistro sontuoso, il loro nuovo Didì. Ma i miei ragazzi non sembrano avere timore: la faccia da pugile di Boninsegna incute soggezione, l’espressione grintosa di Burgnich e Rosato è in grado di insinuare qualche dubbio nelle certezze degli assi sudamericani. Mi sento tranquillizzato, percepisco delle sensazioni positive, sono pronto alla battaglia.

    Il copione della gara è quello previsto: il Brasile comincia a macinare gioco, prende possesso del campo attraverso una fitta rete di passaggi, cercando le accelerazioni improvvise di Pelé e Jairzinho, il colpo di testa di Tostao, la cannonata da fuori dell’estroso Rivelino. Ma noi ci siamo: i difensori tengono botta, l’unico in difficoltà è Facchetti, perché il suo avversario diretto Jairzinho ha un altro passo, è molto più agile e veloce. Per fortuna il nostro libero Cera è sempre pronto a raddoppiare ed a sorreggere il capitano in palese difficoltà. Rosato, poi, vive una giornata straordinaria: riesce sempre ad anticipare Pelé, con le buone o con le cattive gli impedisce di giocare, lo rende nervoso, impreciso, a volte controproducente.

    A centrocampo Mazzola e De Sisti cantano e portano la croce, applicandosi con agonismo e grande dinamicità; Rivera invece è sottotono, non riesce a trovare la giusta misura. Davanti Boninsegna e Prati fanno a cazzotti con i centrali verdeoro, li tengono in uno stato di continua apprensione.

    La prima occasione però è la loro: verso il 27° minuto Jairzinho supera in dribbling Facchetti, elude Cera in lieve ritardo e serve a centro area Pelé, che supera per una volta Rosato e batte a rete con forza: Albertosi è straordinario a respingere con balzo felino la conclusione a botta sicura, Puia poi anticipa di un soffio Tostao che stava per ribadire a rete. Scampato pericolo, ma la situazione tattica è chiara: Facchetti proprio non riesce a tenere Jairzinho, a centrocampo Rivera perde un pallone dopo l’altro. Speriamo di arrivare alla fine del tempo senza subire reti.

    Dopo una conclusione alta di Mazzola ed un colpo di testa impreciso di Prati, arriva però il goal brasiliano: Gerson pennella un lancio lungo per Jairzinho, che supera in velocità Facchetti, elude Cera e batte a rete con un destro preciso e potente, imparabile per Albertosi. Ora rischiamo il crollo: nel giro di cinque minuti il Brasile sfiora la rete con due cannonate da fuori di Carlos Alberto e Rivelino, sulle quali si oppone superbamente Albertosi, che diventa così il migliore in campo.

    Il primo tempo si chiude uno a zero per i brasiliani, vantaggio più che meritato. Dopo un buon avvio gli azzurri si sono come rattrappiti, preoccupati dalla cattiva giornata di Facchetti e Rivera, due nostri punti di forza. Qualcosa devo fare, perché continuando in questo modo l’esito è certo, devo azzardare qualche mossa per scuotere i ragazzi, per ridare loro coraggio e forza.

    Mi avvicino allora con dispiacere a Facchetti, il nostro capitano, e gli comunico che verrà sostituito da Furino. Le caratteristiche fisiche dello juventino sono più adatte per cercare di contenere lo scatenato Jairzinho, perché possiede agilità e velocità. Giacinto mi guarda con dolore, ma capisce e si adegua, senza alcuna polemica, da grande campione che comprende le superiori necessità. Consegna la fascia di capitano a Mazzola, riuscendo anche ad esibire un mezzo sorriso.

    Spero che questa mossa sia

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