Fino alla fine. Delitti in RossoBlu
Di AA. VV.
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Dimenticate i cori della curva, la cronaca sportiva, le bandiere e le sciarpe rossoblu. Lasciate che le pagine di questa antologia vi portino in un luogo in cui lo sport è sopraffatto dall’inganno, dove vittoria, pareggio e sconfitta non esistono: si può solo vivere o morire. Un mondo dove il rosso è il colore del sangue e il blu quello del mistero. Gli autori scenderanno in campo con la formazione Arcangeli, Bolognini, Brentani, Caputo, Carollo, De Tomi, Fagnoni, Introna, Lusetti, Martinelli, Masotti, Mundadori, Occhi, Panzacchi, Rispoli, Viviani, e vi costringeranno a un match che non potrete vincere ma solo giocare. Fino alla fine.
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Fino alla fine. Delitti in RossoBlu - AA. VV.
Autori Vari
Fino alla fine
Delitti in RossoBlu
Prima Edizione Ebook 2015 © Damster Edizioni, Modena
ISBN: 9788868102555
Grafica copertina: elaborazione Damster
Damster Edizioni
Via Galeno, 90 - 41126 Modena
http://www.damster.it e-mail: damster@damster.it
Autori Vari
FINO ALLA FINE
Delitti in RossoBlu
Racconti
INDICE
Prefazione
Stefano Zanerini
Per amore del calcio
Nicola Arcangeli
Il mistero delle provette e una morte accidentale
Claudio Bolognini
Il destino del calzino buono
Carmine Caputo
Calcio d’inizio
Fabrizio Carollo
PROLOGO
CAPITOLO UNO
CAPITOLO DUE
CAPITOLO TRE
CAPITOLO QUATTRO
Sangue nel pallone
Roberta De Tomi
La leva calcistica del 59
Massimo Fagnoni
Penalty
Lorena Lusetti
Il Bologna non vince più
Luca Martinelli
La segunda mano de Dios
Andrea Masotti
El baile del Mosquito
Luca Occhi
Chi ha sparato Lajos Detari
Vito Introna
Francesca Panzacchi
Punizione
Daniela Rispoli
La fine dei giochi
Viviana Viviani
Una traversa ci salverà?
Katia Brentani
Press Start to play
Fabio Mundadori
BIOGRAFIE AUTORI
Nicola Arcangeli
Claudio Bolognini
Katia Brentani
Carmine Caputo
Roberta de Tomi
Massimo Fagnoni
Fabrizio Carollo
Lorena Lusetti
Andrea Masotti
Luca Martinelli
Fabio Mundadori
Luca Occhi
Vito Introna e Francesca Panzacchi
Daniela Rispoli
Viviana Viviani
CATALOGO DAMSTER
Prefazione
Stefano Zanerini
Saranno i colori, sarà l’aria un po’ noir di Bologna, ma parlare di crimini e delitti pensando al Bologna Calcio, non mi pare poi così strano.
Il rosso che immediatamente ci riporta al sangue. Il blu che a volte diventa oscuro come la notte e quel giallo, sventolato sotto il naso di qualche giocatore, o meglio zugadaur, quando eccede in un fallo o in una protesta. Un giallo che diventa nero, nerissimo, e viaggia oltre il novantesimo nella fantasia dei tifosi del Bologna, abituati ormai da tempo, da troppo tempo a soffrire...
Una sofferenza che sfocia, come accade nelle cronache, quelle davvero nere, in un torpore sadico e al tempo stesso estasiante che accompagna una parola che di per sé sarebbe già una malattia: il tifo.
Cosa non si farebbe per quella passione, anzi cosa non si fa. E comunque nel cuore e nella mente del vero tifoso, rimarranno scolpite più le delusioni che le gioie, più le sofferenze che le soddisfazioni. Veri e propri delitti, perpetrati ogni anno ad ogni stagione, in maniera quasi metodica nell’intimo del vero tifoso.
Quante volte l’uomo della curva è stato ucciso? E quante volte è stato testimone inconsapevole della morte del calcio?
I gradoni del Dall’Ara trasudano sangue e lacrime. Basta il nome a ricordarlo. Sangue amaro, sangue ribollente, sangue donato alla giusta causa, ma non per tutti, del Calcio.
Quel Calcio che si offre, che ti arriva forte nella bocca dello stomaco quando esci sconfitto meritatamente, e che ti addolora ancor di più quando gli avversari vincono immeritatamente.
Senza considerare tutto ciò che circonda il mondo del Calcio. Quelle situazioni oggetto di sociopatia acuta in cui tutto si estremizza. L’avversario deve morire, il tifoso dell’altra sponda non deve fare ritorno a casa... Non sono altro che pensieri reconditi, estremi, ma a volte reali che accompagnano la vita vissuta allo stadio.
È un’altra dimensione, un mondo che s’intreccia con altri mondi. Basta guardare la curva, quella colorita curva che porta un nome glorioso, dedicata a chi ha rappresentato da sempre lo stile bolognese non solo calcistico, per capire quante vite, diverse e discontinue s’intrecciano in un’unica passione. In un unico alibi. Amare il Bologna.
E come per ogni passione così forte, il tradimento, diretto o indiretto è dietro l’angolo. Anzi al di sopra del proprio gradone
.
Nulla di esagerato, ma solo quella parte della mente che riconosce nel gesto sportivo, nell’ingiustizia subita o in quella giustizia invece sommaria, i parametri di riconoscimento del nostro lato oscuro. Un po’ come quando in mezzo alla strada, guidando una vettura piuttosto che un motociclo, diventiamo qualcosa di diverso da ciò che noi siamo.
In fondo un rigore non dato è un delitto
. Una partita persa quando i punti contano diventa una strage
. Gli avversari a tinte ben note, senza tonalità di grigio diventano di fatto serial killer
con il loro modo avvilente di dominare il calcio. E la polizia
o federazione
che dir si voglia non sempre riesce a vigilare...
Parlare di delitti
quindi è normale. Atti criminosi che accompagnano quella partita di calcio, a cui ancora non abbiamo fatto l’abitudine e che possono essere raccontati in maniera parallela, dissociata.
C’è un solo modo per poterlo fare. Girare questa pagine e scoprirne gli assassini...
Stefano Zanerini
giornalista ma sopratutto tifoso
Per amore del calcio
Nicola Arcangeli
Forse non è facile. Non lo è mai stato, figurati se lo è adesso: piove che Dio la manda
, è maggio ma sembra novembre e siete sull’orlo della retrocessione. Gran brutta storia.
Una cosa va detta: anche oggi avete giocato da schifo e, detto tra noi, il fatto che siate arrivati all’ultima giornata con ventisette miseri punti e ancora una chance per salvarvi è un vero miracolo! Avete l’opportunità di chiudere il campionato in casa contro la diretta concorrente, siete padroni del vostro destino e voi che fate? Squadre bloccate a centrocampo e nessun tiro nello specchio della porta. E dire che basterebbe così poco: un gol.
Occhio però che il tempo è un bastardo e secondo dopo secondo scorre come un fiume che mai tracima e mai si secca. Avete chiuso il primo tempo tra gli applausi, applausi di tifosi che stravedono per voi, che vi considerano degli dei, anche se avete giocato sempre e solo nel cerchio di metà campo. È tutto qua quel che sapete fare?
Realisticamente no: potevate fare molto di più.
Indipendentemente dai tre allenatori in una stagione, uno che ti dice di accorciare sull’uomo, l’altro che ti dice di accompagnarlo verso l’esterno, l’altro ancora che vi impone il fuorigioco sistematico... anche voi adesso non ci capite un accidente, no? Tutto giusto, per carità. Anche il fatto che non ricevete gli stipendi ha un suo peso, non ci sono dubbi: quante persone, nella vita di tutti i giorni, darebbero il massimo per un’azienda che non li paga?
State sereni, nessuno.
Ma potevate fare di più perché non siete normali lavoratori, non timbrate un cartellino. Lavorate dalle tre alle quattro ore al giorno, spesso all’aria aperta. Siete belli, milionari e avete mogli stupende che vi aspettano a casa. E, come se non bastasse, a ogni trasferta avete donne che vi si offrono in cambio di niente. Perché voi a queste ragazze date solo il vostro uccello libidinoso: niente soldi, niente sentimenti e niente promesse. Solo una sgambata tra un allenamento e l’altro. A ogni vacanza girate il mondo, cercate l’estate quando è inverno e l’estate quando è estate. Volete sempre il sole, mettere i muscoli in mostra ed essere ammirati a ogni passo che compiete, ma non lo fate perché siete cattivi: è solo un po’ di sana e umanissima vanità, chi non lo farebbe?
Siete i giocatori del Bologna. Forti o scarsi che siate, finché indosserete quella maglia sarete qualcuno, sarete un esempio, non dimenticatelo.
Non dimenticarlo soprattutto tu, che di questa sgangherata ciurma sei il capitano.
Hai tenuto la squadra a galla per tutto il campionato, hai arraffato gol da situazioni impossibili, hai disputato la miglior stagione di sempre, ma i tuoi venti gol rischiano di essere solo una statistica se poi andate giù, e lo sai bene.
E sai anche che a trentaquattro anni non ci si inventa un futuro da calciatore. Molti dei tuoi compagni delle giovanili hanno appeso gli scarpini al chiodo, qualcuno langue nei campionati minori in attesa che un dirigente gli faccia notare che lui in realtà ha smesso da mo’ di giocare a calcio.
Sono patetici.
Ma tu no. Tu hai sempre avuto un sogno, giocare per la tua squadra del cuore e salvarla. Al di là degli stipendi non pagati, al di là delle pippe che hai come compagni, al di là degli allenatori che non sanno nemmeno cos’è una diagonale difensiva.
Ora, con quella palla tra le mani, ti avvicini al dischetto. Lo fai perché sei il capitano, ma anche perché si sono defilati tutti.
Calcialo tu, sei tu il bomber!
Già, ti hanno tutti detto così, bella fregatura.
La fregatura sta nel fatto che siete al novantasettesimo, la fregatura è che i tuoi muscoli sono un tormento. I crampi ti hanno mangiato i polpacci già da mezz’ora e ti reggi in piedi per miracolo. Avevi aspettato che la prendesse Simeonov la palla, ma lui è un bielorusso di ventidue anni. E anche se il rigore l’ha conquistato lui, tocca a te mettere il sigillo. Tu alla sua età cos’avresti fatto? Ridi nervoso, pensi a quel ragazzino che arpiona il pallone e subito scivola mandando fuori tempo due difensori, poi però la palla rimane lì, ad appena otto metri dalla porta. Carica il tiro - peraltro con una lentezza disarmante - e viene falciato ancor prima di poter calciare.
Rigore, rigorissimo, e il pubblico esulta, tra speranza e disperazione.
Appoggi la palla sul dischetto, ma non ci sta, la metti davanti ma non va bene.
L’arbitro ti controlla e tu sacramenti sottovoce.
Sembra una maledetta montagnetta verniciata di bianco, erba di cemento che la pioggia ha reso ancora più ruvida e compatta.
Finalmente trova un equilibrio mentre la pioggia la tormenta.
Il momento si avvicina e tu hai paura.
Tu che hai fatto un mondiale, tu che hai vinto il bronzo alle Olimpiadi, tu che con sedici anni di carriera tra i professionisti ti avvii a una pensione dorata. Tu che vedi il portiere avversario – un marcantonio di due metri – occupare tutta la porta. Pensi alla stagione disgraziata che state portando a termine e subito ti balena in mente la legge di Murphy. Che brutto finire così, e dire che lo scorso anno avevate sfiorato l’Europa League. Siete vittime di una società di merda che la scorsa estate ha venduto chiunque avesse mercato, che già a ottobre non vi pagava più e che a gennaio ha piazzato gli ultimi pezzi pregiati per fare cassa.
Sì, ma di soldi nessuna traccia.
Se li è tenuti tutti lui, il presidente.
Maledetto bastardo.
Allora pensi a quel giorno di febbraio, quando quel tizio (amico di un amico di un amico) vi contattò per proporvi un accordo: Giocate a perdere, almeno guadagnerete un po’ di soldi esentasse
. Per te fu facile dire di no, tu i milioni in banca ce li hai, ma quei ragazzini che pensavano di aver trovato l’America e si trovavano senza un becco di un quattrino? Ne avevate parlato, ne avevi parlato, nello spogliatoio, solo voi giocatori. Li avevi guardati in faccia, avevi fatto valere le tue ragioni, quelle della correttezza e dell’amore per il calcio. L’accordo era stato di rimanere tutti uniti, di rispedire al mittente le proposte fatte e semmai di contribuire con una colletta a sostenere chi non aveva una carriera alle spalle. E ce n’erano tanti di ragazzini in prima squadra, ancor di più dopo i saldi di gennaio. Però tu sapevi benissimo che ormai il Bologna era un animale insanguinato e in quest’oceano gli squali non ti lasciano respirare: ti puntano, t’inseguono e ti mangiano. E allora eri fin troppo consapevole che, nonostante ciò che vi eravate detti, era probabile che qualcuno vendesse le partite.
Te ne sei sempre accorto. I primi tempi li attaccavi al muro, poi quando ti sei reso conto che anche Mario aveva venduto...
Mario proprio lui!
Il tuo compagno delle giovanili che negli anni aveva formato insieme a te la spina dorsale del Bologna, quello con due palle così, quello che non si arrendeva mai e correva dal primo all’ultimo minuto: il nuovo Mitico
dei tifosi bolognesi. Quella sì che era stata una botta! Avevate anche fatto a cazzotti quando lo scopristi. Subito dopo sua moglie aveva preso i figli e se n’era andata di casa e tu gli avevi detto che gli stava bene, che se l’era cercata e non avevi più voluto aver nulla a che fare con lui. Oggi Mario non c’è, si è infortunato gravemente un mese fa e adesso la coppia dei centrali è formata da due ragazzini che fanno trentanove anni in due. Poverini, si vede che s’impegnano, ma fanno quello che possono.
Ora però è tutto cancellato, ci siete solo tu e il portiere avversario.
Se farai gol sarai l’eroe.
Se sbaglierai dovrai abbandonare la tua città come si fa nei western.
La sai meglio di molti altri, meglio di chi sugli spalti - o davanti alla tv - sta trepidando in attesa di un tiro che potrà cambiare le loro vite. Perché il calcio è gioia, il calcio è dolore, il calcio è passione, il calcio è malattia.
Tutti sono al tuo fianco.
Certo, non proprio tutti. Alcuni dei tuoi compagni si sono già tolti le scarpe e hanno il capo chino. Ti guardi in giro e non capisci. Forse anche loro sanno, non solo tu. Per quello non hanno preso la palla per calciare il rigore.
Vaffanculo!
Ripensi a Mario che ti chiama dopo l’infortunio e ti confessa ogni peccato. E ti racconta che la sua famiglia era stata minacciata di morte, per questo sua moglie se n’era andata. Lì per lì non ci credevi, poi però lui le aveva telefonato e lei te l’aveva confermato in prima persona.
Erano loro, i bastardi! Altroché soldi esentasse: quelli minacciavano la vita della gente senza alcuno scrupolo. Gli avevano recapitato un dvd con una valanga di filmati dei suoi cari spiati in giro per la città, all’uscita da scuola, dal supermercato, dalla piscina. Li avrebbero potuti prendere in ogni momento. Così lui aveva ceduto e aveva cominciato a giocare a perdere, ma la sua natura di combattente non gli permetteva di continuare così, allora un bel giorno si era rotto di proposito un piede e si era tolto dal letame.
Guardi la porta e ti senti male: dovresti vederla piccola, eppure la vedi enorme.
Buon segno?
No, per niente!
Perché tua moglie, incinta dopo anni di tentativi, è nelle loro mani e non bluffano. L’hanno presa proprio mentre eri in ritiro. Inutili e maledetti ritiri!
Te l’hanno fotografata, ti hanno mandato anche un video su Whatsapp e te l’hanno pure scritto: se domani vincete, l’ammazziamo
.
Ovviamente dopo uno stupro collettivo
.
Quindi niente polizia o carabinieri, niente di niente.
Sei lì e ti senti perso, t’immagini il futuro e lo vedi nero.
Così ti guardi intorno, osservi i tifosi avversari, le loro facce spiritate, i loro ditaculi alzati in aria, ti volti verso i tuoi e li vedi con le mani in preghiera, poi ti volti verso la tribuna, dove mandavi i baci a tua moglie Camilla e dove ora c’è una sedia vuota.
Se sbaglierai, tuo figlio sarà figlio di un perdente. I tuoi tifosi non ti perdoneranno, e ti rinfacceranno anche quei quattro anni passati alla Juventus. Tu, che da ragazzino tifavi in curva con i Mods e gridavi