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L'anima e la danza
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L'anima e la danza
E-book52 pagine33 minuti

L'anima e la danza

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L'opera è costruita come un dialogo platonico e rappresenta tre personaggi: Socrate, Fedro e il dottor Eryximachus, che disquisiscono sul rapporto tra danza e bellezza, danza e poesia, danza e amore, giungendo alla conclusione che la danza conduce alla verità ed è custode della bellezza.
L’âme et la danse fu pubblicato in Francia nel 1923. L’opera – uno dei due dialoghi filosofici dell’autore, l’altro è Eupalino o dell’architettura che pubblicheremo nel gennaio 2023 nella traduzione di Raffaele Contu – è costruita come un dialogo platonico e rappresenta tre personaggi: Socrate, Fedro e il dottor Eryximachus (Erissimaco), che trovandosi riuniti in una “festa incessante”, disquisiscono sul rapporto tra danza e bellezza, danza e poesia, danza e amore.
È cosa nota, avendolo precisato l’editore della prima edizione francese, che l’opera doveva occupare esattamente lo spazio di circa 120.000 caratteri, in base alle esigenze del formato, del carattere tipografico scelto, e dell’impaginazione, margini e decorazioni in alto e in basso nella pagina. Non c’è dubbio che questo limite di spazio abbia influito sulla costruzione del connubio mirabile messo in opera dall’autore tra significato e musicalità della parola.
“La vita è una donna che danza” dice Socrate, che in questo dialogo impersona la poesia, e questo connubio tra femminilità e ballo e il suo significato ineffabile, crea la musica per il continuo mutamento vitale del corpo. In questo lavoro, Valery riflette l’influenza benefica, salutare e inebriante che la pratica della danza risveglia nell’anima dell’osservatore. Non sono trascurabili in quest’ottica gli “incontri” artistici e filosofici che l’autore andava consumando in quel periodo: da un punto di vista pittorico certamente Degas e filosoficamente non può non colpire che Valery leggeva da vent’anni, quando scrisse L’âme et la danse, le traduzioni di testi di Nietzsche che Henri Albert Haug pubblicava sul “Mercure de France”. E su queste letture Valery rifletteva scrivendo note e lettere. Dobbiamo a Barbara Scapolo l’interessante edizione italiana di queste Lettres et notes sur Nietzsche, pubblicate in Francia nel 1974. La celebre frase di Nietzsche, diventata patrimonio universale anche per chi non ha mai letto il filosofo tedesco – «Bisogna avere un caos dentro di sè, per generare una stella danzante» – viene decostruita da Valery che prima “riordina” il caos tramite il linguaggio dialogante, che racchiudeva il caos dentro di sé, e da questo nuovo “ordine” filosofico scaturisce la danza. Valery conosceva e studiava anche Bergson e pare quasi che tenga presente alcuni parametri bergsoniani in questo suo lavoro, rimuovendo attivamente ogni idea preconcetta che si frapponga tra lo spirito dei tre personaggi che discutono e l’oggetto della loro osservazione.
Lo scopo della danza coincide con la danza stessa, non è possibile operare alcuna distinzione; sperimenta quindi in sé l’Assoluto e la sua realtà, diviene “paradigma universo”. Danzare significa fusione delle dimensioni fisica, psichica e spirituale, espressione di una realtà unica, divenendo così un simbolo, l’espressione coerente di tutti gli elementi della persona. Per Valéry la danza è estatica, si muove nel presente quotidiano ed è di volta in volta capace di “rendere presente l’eterno”.
LinguaItaliano
EditoreSanzani
Data di uscita17 ott 2022
ISBN9791222013213
L'anima e la danza
Autore

Paul Valéry

One of the major figures of twentieth-century French literature, Paul Valéry was born in 1871. After a promising debut as a young symbolist in Mallarmé’s circle, Valéry withdrew from public view for almost twenty years, and was almost forgotten by 1917 when the publication of the long poem La Jeune Parque made him an instant celebrity. He was best known in his day for his small output of highly polished lyric poetry, and posthumously for the 27,000 pages of his Notebooks. He died in 1945.

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    L'anima e la danza - Paul Valéry

    PAUL VALÉRY

    L’ANIMA E LA DANZA

    TRADUZIONE DI

    VINCENZO ERRANTE

    Indice generale

    DEDICA DEL TRADUTTORE      5

    QUASI PRELUDIO...      10

    LES GRENADES      11

    LE MELAGRANE      12

    L’ANIMA E LA DANZA      13

    DEDICA DEL TRADUTTORE

    Per ADA NEGRI

    Consentite, Amica mia, che io dedichi al dono prezioso della Vostra amicizia la traduzione italiana di questo Dialogo, in cui sembra rivivere attraverso i secoli (per virtú di un grande Poeta, nostro contemporaneo) il prodigio del Simposio platonico.

    In una pagina del Protagora, Platone beffeggia quei poveri di spirito che, terminato il syndeipnon e iniziandosi il sympotos, a corto di argomenti filosofici, ricorrono ai servigi mercenarii di una citarista o d’una danzatrice, perché diano la cadenza al ritmo delle loro libagioni. Ma, certo, egli non confonderebbe con quei poveri di spirito questi personaggi dai nomi suoi redivivi: Socrate, Erissimaco, Fedro. Sazi di banchettare, una invincibile nausea li prende, E hanno fame di cibo spirituale; sitiscono nèttare di pensiero. S’abbandonano anche loro, a uno sciame di danzatrici. Ma la corifea che le comanda si definisce (e definisce anche le sue nove corèute) col significato del proprio nome: Athikté, e cioè l’Intangibile. Se il gesto di una mano impura, se perfino l’accenno di uno sguardo men che pudico s’attentassero di sfiorar quelle creature di sogno, si dissolverebbero di scatto, rovesciandosi in cenere grigia. Non voluttà ai sensi. Ma delizia allo spirito. Ma stimolo e insieme, nell’atto del danzare, oggetto del pensiero. Il quale, messo in moto per entro i personaggi del Dialogo dalla fantasia di un Poeta, nel linguaggio non dei filosofi ma dei poeti s’esprime. In un ritmo vario di imagini: a volte concitato; ma piú spesso retto in freno dalla intelligenza lucida di Valéry. In un ritmo, che estua tra caute sottigliezze dialettiche e dismemori beatitudini di canto, a creare il mito della divina danzatrice Athikté.

    Diceva un giorno Paul Valéry a Frédéric Lefèvre: «J’estime qu’une œuvre une fois publiée, l’auteur n’a pas plus d’autorité que qui que soit d’entre ses lecteurs pour interpréter ce quil a écrit. L’écrit est un fait, l’écrit est une chose. Il est désormais hors du pouvoir de celui qui l’a engendré d’imposer une signification ou une valeur quelquonque à cet objet. Voilà ce qu’il faut bien comprendre, et qui généralement n’est pas compris».

    Ebbene. Liberamente interpretando, io ravviso in Athikté, che si stacca dall’inferno della realtà per librarsi nell’empireo della Danza a guarir dalla noja di vivere, un simbolo dell’anima umana balzante anch’essa, a guarir la noja di vivere, dall’inferno della vita nell’empireo della Poesia. La Danza è qui, insomma, metafora di Poesia; piú in genere, metafora di Arte. La quale ha in sé la virtú sublime di non guarir soltanto il creatore: ma anche chiunque abbia la capacità di goderla.

    Beandosi infatti nel contemplare in Athikté la metamorfosi dell’Anima nella Danza (e cioè dell’Anima che guarisce dalla vita mediante il farmaco della

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