Un caffè troppo amaro
Di Aldo Sgarano
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Anteprima del libro
Un caffè troppo amaro - Aldo Sgarano
Capitolo 1
Seduti nel solito bar, al tavolino in ferro battuto smaltato di bianco lucido come le sedie, Agatino, sorseggiando il suo caffè per la prima volta senza zucchero, confidò all’amico d’infanzia la rivelazione fattagli da sua sorella Mila, come usavano chiamare Milena i famigliari e gli amici stretti.
L’espresso effondeva il caratteristico aroma inebriante di cui era satura la sala, con componenti d’arredo di foggia provenzale d’inizio Novecento e alle pareti singolari tele in cornici stile Impero.
L’estrosa sorella, maggiore di circa undici anni, già in età giovanile, intorno ai venti anni, si era mostrata determinata a non prender marito avvertendo dentro di sé una viscerale ritrosia a condividere con un’altra persona, e in un comune ambiente, la propria libertà, che lei considerava inviolabile, intolleranza radicata e razionalmente non motivata fattasi irreversibile nel tempo, senza alcun rimpianto.
Il rapporto tra Mila e il fratello era sempre stato ottimo; di fatto, comportava a favore di lei un ruolo dominante nelle circostanze contrassegnate dalle divergenze di vedute, innanzitutto concernenti i fatti familiari e non di rado però anche quelli personali: ciò che lei proponeva nell’ambito domestico era tenuto in gran conto.
«Mia moglie Atena non vuole più fare l’amore con me, è convinta che l’avanzare degli anni induca inevitabilmente a questo epilogo, secondo lei naturale», esordì Agatino con l’espressione tipica dell’incredulo. «Ti pare plausibile una cosa del genere?» chiese al vecchio compagno di scuola sul quale contava con l’incondizionata fiducia del vero amico. D’altronde, nello stato psicologico in cui adesso versava in seguito allo svelamento di Mila, che riteneva assolutamente attendibile, gli avrebbero giovato il parere disinteressato e la consolazione del fidato amico Edoardo.
«Ma… non so cosa dire, Agatino, proprio non so… mi sembra tutto così strano.»
«Capisci caro amico? Non siamo mica persone anziane. E poi, so di coppie in età più avanti della nostra che stanno a letto… diciamo… con vivacità, mi comprendi Edo?»
«Sì, capisco questo tuo stato d’animo dopo quello che ti ha confidato tua sorella, vorrei ricordarti però che Milena ha sempre provato a farti da tutrice, anche quando non era coinvolta in modo diretto: ho ancora presente quei brutti momenti durante i quali t’induceva ad allentare il nostro antico rapporto, inseguendo certe sue strane elucubrazioni, legame recuperato con grande fatica. Non so proprio cosa dire su quest’altra sua menata.»
L’inconsapevole Agatino stava confessando l’assillante preoccupazione a colui che s’incontrava furtivamente con sua moglie Atena, il quale si guardò bene dal rivelarglielo. Poco dopo, senza parlare d’altro i due lasciarono il locale, salutandosi pressappoco come d’abitudine solevano fare, entrambi col viso segnato dall’amarezza della circostanza determinata dall’allarmante conversazione: lui privato del sollievo amichevole, intensamente assorto alla ricerca della soluzione del serio grattacapo nascente, Edo immerso nei pensieri alla ricerca di una via di uscita al riparo dagli effetti pesanti che cominciavano a delinearsi all’orizzonte.
E se stavolta l’infallibile Mila si fosse sbagliata? Di certo, non l’avrebbe colpevolizzata, fidando molto nell’erroneità della scabrosa segnalazione. Quindi, si avviò verso casa a quell’ora per lui infrequente, rimuginando sulle ipotetiche cause che potevano ricondursi suo malgrado a lui stesso e delle quali, se veritiere, avrebbe fatto volentieri ammenda. Erano le nove del mattino da poco passate, l’ora in cui si trovava generalmente nel suo laboratorio orafo impegnato a lavorare i diversi oggetti in oro e argento; l’antica attività gli era pervenuta dal nonno e dal padre, entrambi deceduti in un drammatico disastro aereo, devastante per l’animo di Agatino essendo venuti a mancargli nello stesso momento. Il nefasto destino aveva però riservato un risvolto positivo: quale erede, era stato destinatario congiuntamente a Milena di un cospicuo risarcimento assicurativo, investito in gran parte nella preesistente azienda di famiglia, affrancandola dallo stato debitorio in cui versava in quel periodo per la profonda crisi del settore orafo. Ultimamente, il repentino affermarsi della modalità e-commerce lo costringeva poi a carichi di lavoro appesantiti.
Si trovava in casa da solo, e l’assenza della moglie Atena lo mosse a rovistare tra le sue cose personali, iniziativa mai pensata né intrapresa nei trent’anni circa di matrimonio: un qualche indizio sulla sorprendente caduta del desiderio lo avrebbe pur rinvenuto, pensò. Forse un qualcosa di scritto, essendo lei incline ad annotare un po’ tutto, attraverso cui intuire l’oscura ragione dell’esaurirsi della libidine di Atena.
La ricerca doveva tuttavia esser fatta con circospezione onde evitare di lasciare tracce del disdicevole indagare, per cui provvide a lavarsi accuratamente le mani ed il viso per non permeare con scie olfattive a lui riconducibili le cose che avrebbe inevitabilmente brancicato.
Agatino era ben conscio della mancanza di riguardo nei confronti della moglie che il comportamento posto in atto rappresentava, avrebbe incrinato in maniera irreparabile il loro rapporto. Ciononostante, proseguì nel suo proposito con crescente determinazione man mano che seguitava a ispezionare. Quell’accurato frugare tra la biancheria intima di lei gli creava un inquietante imbarazzo, ma considerando la circostanza assolutamente eccezionale si convinse della necessità di non desistere; rovistando nel cassetto in basso del comò ottocentesco in ciliegio chiaro, compresso tra lo schienale del canterano e il fondo del tiretto, intravide un foglietto malamente increspato per la pressione esercitata
dal cassetto durante le ripetute aperture e chiusure, che lui riuscì a recuperare per la magrezza del braccio: lo intascò. Nell’estendere quindi la ricerca alla toeletta per il trucco, nel contenitore scorrevole centrale rinvenne tra i disparati oggetti per il maquillage una custodia di singolare aspetto, intatta, di colore magenta ed ancora sigillata nell’originale cellofan, il cui inconsueto formato non richiamava l’idea del contenuto; purtuttavia, Agatino non s’incuriosì più di tanto e finito di setacciare ogni angolino della camera da letto uscì di casa recandosi al laboratorio.
In solitudine e con palpabile apprensione tirò fuori dalla busta sgualcita uno scritto che riportava a stampatello due date, un luogo e un’ora. Sospettoso non a torto, immaginò che fossero i lampanti riferimenti del duplice incontro con un uomo: il primo, a ben guardare le date, era avvenuto il giovedì di due settimane addietro, proprio quand’era fuori regione per le consegne di manufatti ai negozi fuoriporta; l’altro avrebbe avuto luogo tra pochi giorni, di preciso il giovedì venturo, pure questo durante una sua assenza.
Con la testa serrata nella morsa di supposizioni niente affatto rassicuranti, principiò a macinare nella mente fondi pensieri, tuttavia, riprese a operare con lena per distogliersi da quelle brutte congetture. Si avvicinava l’ora del desinare, abitualmente segnalata dalla puntuale telefonata di Atena, che come sempre gli chiedeva cosa preferisse per pranzo; squillo inopportuno in quei momenti di rovello.
«Ciao, caro, oggi come va con il lavoro?» gli chiese.
«E come vuoi che vada?» le rispose un tantino ruvido.
«È successo qualcosa, Agatino? Mi sembri infastidito.»
«Volevi chiedermi cosa preferisco a tavola? Non lo so…
decidi tu, Atena.»
«Va bene…» si acquietò lei, «ma dopo ne parliamo!»
«Sarò a pranzo un po’ più tardi del consueto, Atena, ho da rifinire alcune incisioni da spedire entro domani.»
«Ok, allora poco prima di arrivare, richiama!» concluse lei, intimamente allarmata da quel tono del marito.
Di fatto, Agatino voleva solamente prendere tempo per pensare, per escogitare un piano che consentisse di capire cosa stava succedendo e individuare la ragione che la stava allontanando da lui. Di colpo, gli sovvenne che durante gli ultimi rapporti intimi Atena non si era comportata come era incline a fare di solito, immediatamente gli si accesero in testa scenari alquanto conturbanti.
Dunque, nel tornare a casa, pensò che era opportuno cambiare umore per non dover giustificare quel malcelato assillo affiorato durante la telefonata, inventandosi quindi qualcosa che potesse consentire di non apparire impacciato alla sua presenza.
«Ciao, cara», la salutò con un inconsueto aplomb.
«Ciao… sono impensierita, Agatino», rispose subitanea con voce palesemente preoccupata.
«Per che cosa?»
«Per il tuo tono di prima al telefono.»
«Sì… è vero… è per via dei recenti impegni», mentì, e nel proseguire inventò sul momento che sarebbe rimasto fuori casa per alcuni giorni. Peraltro, una non novità dal momento che si assentava di tanto in tanto per lavoro e per periodi anche lunghi, pertanto lei non rimase stupita, anzi, parve pian pianino rasserenarsi.
Agatino stava immaginando di allontanarsi per qualche giorno dalla residenza per meglio indagarla, senza destare sospetti nei suoi confronti. Casomai, avrebbe sollecitato un aiuto all’amico Edoardo con il fine di venire a conoscenza di possibili fatti reconditi che riguardavano la vita privata della moglie, quantunque la soffiata della sorella Mila non costituisse un vero e proprio motivo per presupporre un effettivo tradimento. D’altronde, se Atena intratteneva per davvero un rapporto amoroso con qualcuno, la sorella ne sarebbe certo venuta a conoscenza, vista la grande amicizia esistente tra loro due, magari, inducendola a confidare fino in fondo i particolari del proposito di rinuncia all’intimità.
Non pago, Agatino proseguì nel suo diabolico piano.
Capitolo 2
Come aveva già fatto in analoghe precedenti circostanze, Atena, in vista della partenza del marito si predispose ad allestirgli il trolley senza tralasciare alcunché, allo scopo di rendergli confortevole il soggiorno della settimana ventura. Lui, mettendo in conto un repentino rientro per poter ben fronteggiare eventuali imprevisti derivanti dall’evoluzione dei fatti, prenotò un albergo non troppo lontano da casa.
L’hotel era a un’ora e mezzo circa dall’abitazione, in una località collinare incantevole che durante il corrente mese di giugno offriva ai residenti un delizioso clima temperato, da godersi nelle lunghe giornate adagiati sulle panchine in teak situate ai lati dell’ombrato viale.
Si apprestò a telefonare all’amico Edo per chiedergli, in nome dell’antica amicizia che li legava, l’ingrata complicità a spiare la moglie durante le prime ore del pomeriggio, in particolare, in quelle segnate nel fogliettino rinvenuto sul fondo del cassettone in camera da letto. Certamente, era proprio quello il momento giusto per tradirlo, meditava, dato che nei giorni indicati, ed a quell’ora, di sovente era fuori città per le consegne che lo tenevano impegnato fino a sera. Peraltro, quando prevedeva di rientrare in anticipo, le inviava per consuetudine un messaggino.
Edoardo, benché nutrisse dei forti dubbi sull’iniziativa, si rese disponibile ad assecondarlo, ma assai malvolentieri. In particolare, tenne ad evidenziare all’amico le perplessità riguardo a quella modalità scorretta ideata per dissipare gli ingiusti sospetti sul conto di Atena, che ne oltraggiavano la inveterata lealtà coniugale.
«Scusami tanto, Agatino, io ti consiglierei d’ignorare del tutto quanto rivelatoti da Mila, quei suoi arzigogoli mentali, come puoi ben ricordare, hanno provocato anche a noi due seri problemi» fu la reazione di Edo.
«Sì, ha però quasi sempre colto nel segno, pure quando ebbe il presentimento che i nostri amici del piano di sopra si sarebbero separati, cosa puntualmente accaduta qualche