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Un avventura col greco (eLit): eLit
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E-book175 pagine3 ore

Un avventura col greco (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Makricosta Dynasty 3
Jaya Powers. Theo Makricosta deve assolutamente trovarla: soltanto lei può aiutarlo nel prendersi cura dei suoi due nipotini, e quello è l'unico motivo per cui non ha mai smesso di pensare a lei. Non è certo per quell'unica e incredibile notte di passione che hanno trascorso insieme che il suo nome riecheggia incessantemente nella mente di Theo, no...
Jaya non ha avuto scampo di fronte al fascino di Theo quando lavorava per lui, e ne ha ancora meno adesso che lui ha bisogno del suo aiuto. Ma c'è qualcosa che lui non sa, qualcosa che cambierà la vita di entrambi.
LinguaItaliano
Data di uscita1 lug 2020
ISBN9788830515062
Un avventura col greco (eLit): eLit
Autore

Dani Collins

Dani Collins ha scoperto la letteratura rosa alle scuole superiori e ha immediatamente capito che cosa avrebbe voluto fare da grande.Dopo aver sposato il suo primo amore, ha cominciato a cercare la propria strada nel mondo dell'editoria, non rinunciando al suo sogno di fronte ai primi ostacoli, così due figli e due decenni dopo l'ha finalmente trovata grazie a un concorso per nuove autrici.Quando non è immersa nella scrittura, chiusa nel proprio fortino come i suoi famigliari chiamano il suo studio, Dani occupa il tempo scarrozzando i propri figli da un'attività all'altra oppure con un po' di giardinaggio.Visita il suo sito www.danicollins.com

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    Anteprima del libro

    Un avventura col greco (eLit) - Dani Collins

    Immagine di copertina:

    mixetto / iStock / Getty Images Plus

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    An Heir to Bind Them

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2014 Dani Collins

    Traduzione di Laura Premarini

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3051-506-2

    Prologo

    Theo Makricosta si asciugò il sudore dagli occhi, mentre guardava la spia del carburante e la linea della costa che si avvicinava. Era un uomo che credeva nei numeri, quindi in simili evenienze non si preoccupava: calcolava. Per abitudine volava sempre con il doppio del carburante necessario. Era appena atterrato sullo yacht, ma stava già decollando. A più B è uguale a B più A, quindi avrebbe dovuto averne abbastanza. Solo che in questo caso B stava per barca, che era un punto mobile. E mentre si sollevava dalla Makricosta Enchantment, decise che invece di tornare a Barcellona, si sarebbe diretto a Marsiglia. Aveva agito di istinto, cosa non da lui, ma in quei pochi secondi, mentre decollava, un inconsueto panico lo aveva afferrato e così si era diretto verso quella che sembrava la salvezza. Era stato un impulso ridicolo, ma ormai lo aveva fatto. Non che fosse preoccupato per la propria vita, se fosse precipitato non sarebbe certo stato rimpianto, ma il suo prezioso carico sì. L’ansia di tutelare i propri passeggeri lo rendeva più teso che mai. Sopra il rombo dei rotori e le cuffie collegate alla radio, non era certo piacevole sentire i bambini urlare a pieni polmoni. Se doveva dirla tutta, si era già scocciato di fare il fratello e ora, nelle veci di zio, stava letteralmente per esplodere. Era una buona cosa che non avesse mai pensato alla paternità. Passandosi il palmo umido sulla coscia, estrasse il telefono dalla tasca. Mandare sms e volare contemporaneamente non era certo intelligente, ma se fosse riuscito ad atterrare in sicurezza, avrebbe avuto una nuova serie di problemi con cui fare i conti. Il suo istinto di dirigersi a nord, anziché a ovest non era così sbagliato. La persona perfetta per aiutarlo era a Marsiglia, sempre che si fosse mostrata disponibile. Selezionò il messaggio che avrebbe dovuto cancellare molto tempo prima:

    Questo è il mio nuovo numero, nel caso sia questo il motivo per cui non mi hai mai richiamata. Jaya.

    Ignorando la morsa di vergogna che quelle parole ancora gli provocavano, sperò che il cuore della ragazza fosse dolce come lo ricordava.

    1

    Diciotto mesi prima...

    A metà mattina Jaya Powers sentì l’elicottero, ma alle cinque, quando tecnicamente staccava, Theo Makricosta non l’aveva ancora chiamata. Ignorando l’angoscia che la attanagliava, ricordò a se stessa che il signor Makricosta non era tipo da orario di ufficio normale. Lui viaggiava così tanto che, a volte, non riusciva nemmeno a dormire e continuava a lavorare. Se cercava documenti, atti o relazioni, chiamava a qualunque ora ed educatamente chiedeva. Poi le ricordava di segnare gli straordinari e la ringraziava per il disturbo. Era un uomo corretto da avere come capo e lei avrebbe sentito la sua mancanza, anche più di quanto sarebbe stato opportuno.

    Fissandosi nello specchio, i bagagli pronti alle sue spalle, si chiese perché indossasse ancora l’ uniforme del Makricosta Resort. I suoi capelli erano raccolti in uno chignon, il trucco ritoccato, i denti puliti. Era pronta alla sua chiamata. Dopo il motivo che l’aveva fatta fuggire dalla sua casa in India, non avrebbe mai pensato di potersi trasformare in una ragazza con una cotta pazzesca per il proprio capo.

    Makricosta sapeva che lei stava per andarsene, ma gli importava? Lui non aveva mai oltrepassato il personale, mai. Quel pensiero la fece sospirare. Se non lo avesse visto con i propri occhi ordinare la cena per l’occasionale ragazza single in vacanza, riaccompagnarla in camera e in seguito saldare il suo soggiorno sul proprio conto personale, le sarebbe venuto da pensare che non badava al sesso femminile. Ma quando gli andava, si metteva in gioco eccome e questo la faceva sentire... turbata, consapevole e dispiaciuta, in qualche modo quasi gelosa. Il che era strano perché non voleva certo andare a letto con lui, no? Un moto di tensione la pervase. Non era il tipico modo in cui si sentiva, quando pensava al sesso. Non erano nemmeno fuochi d’artificio e stelle cadenti, quindi perché la turbava non avere avuto l’occasione di dirgli addio? Si sentì svuotata, doveva assolutamente salutarlo. Non era logico essere così attaccata a qualcuno che non si era mai mostrato altro che professionale e distaccato, ma lei lo era. Le sfide sostenute insieme lo avevano reso parte integrante della sua vita, che il suo incoraggiamento fosse stato personale o meno. Il modo in cui lui la rispettava, considerandola preziosa e competente, l’aveva incoraggiata a sentirsi di nuovo al sicuro nel suo posto di lavoro ed era tornata a essere la vera donna di un tempo, un po’ meno distaccata dal mondo. Voleva forse confessargli questo? No di certo! Era meglio lasciar perdere. Sarebbe partita per la Francia senza vederlo. Tuttavia, invece di togliere la sciarpa bianca e rossa del gruppo, la sua mano raccolse la scheda di sicurezza e Jaya si voltò verso la porta. Stupida, si disse mentre si dirigeva all’ascensore. E se era con qualcuno? Qualche minuto dopo, si asciugò i palmi umidi sulla gonna e bussò alla porta.

    Quella villa al quarantesimo piano apparteneva a tutta la famiglia Makricosta, ma il fratello più giovane Demitri, non era dedito al dovere come Theo e passava di lì molto raramente. La sorella Adara, a capo della gestione, arrivava a Bali per prendersi una pausa dagli inverni di New York e a luglio non sprecava tempo a cercare altri posti più freschi. Theo, il signor Makricosta, ricordò severa a se stessa, era molto metodico. Controllava i registri di ogni hotel della catena, almeno una volta al trimestre. Era affidabile e prevedibile e a lei questo piaceva.

    Si inumidì le labbra e bussò piano. Il mormorio all’interno sembrava un Avanti, ma non era sicura e ormai era lì. A quel punto usò la sua carta e...

    «Ho detto, non ora!» esclamò lui disteso sul divano, le maniche della camicia arrotolate e un avambraccio posato sopra gli occhi. Nell’altra mano stringeva un drink. Il mento era ispido di barba, i vestiti spiegazzati. Fogli e cartelline erano sparsi disordinatamente sul tavolino e a terra come se vi fossero stati gettati, in preda a uno scatto di rabbia. Il suo prezioso portatile era accanto al tavolo, aperto ma spento. Rotto forse? Trasalendo per il disordine, Jaya ordinò a se stessa di ritirarsi, gli uomini di carattere potevano essere pericolosi, lei lo sapeva bene. Ma c’era qualcosa di sconvolgente nel linguaggio del corpo dell’uomo. Immediatamente si preoccupò per lui, senza sapere perché. «È successo qualcosa?» chiese scioccata.

    «Jaya?» Le sue gambe scattarono a terra per la sorpresa e, allo stesso tempo, si tolse il braccio dagli occhi. «Ti ho chiamata?» Posò di colpo i piedi sul pavimento, prese il telefono e toccò lo schermo. «Stavo cercando di non farlo.»

    La scusa sembrò strana, ma qualche volta il frasario inglese suonava divertente, con la sua sintassi e lo slang. Come poteva non cercare di chiamare qualcuno? «Non mi dispiace trovare qualunque scartoffia le serva» mormorò lei, sentendosi costretta a salvare il portatile, mentre la porta si chiudeva alle sue spalle. «Specialmente se è contrariato per il modo in cui qualcosa è stato gestito.»

    «Contrariato. Sì, è questo che sono.» Per un momento lui serrò le labbra, i gomiti puntellati sulle cosce spalancate. La sua attenzione si spostò su un punto lontano. «Mi hai sorpreso in un brutto momento.»

    La bocca di Jaya era riarsa. Non reagiva mai agli uomini, specialmente a quelli mori, atletici e affascinanti e Theo era tutte questo. Il suo aspetto non era scuro come quello dei suoi connazionali, ma lui aveva la tipica carnagione greca e capelli e sopracciglia castano scuro. Con quel taglio corto, sembrava più giovane dei suoi quasi trent’anni. Per un secondo le ricordò i bambini più poveri dell’India, quelli abbastanza grandi da avere perso la speranza. La sua mano si contrasse, pronta ad accarezzargli i capelli spettinati, consapevole che non gli sarebbe piaciuto che qualcuno lo vedesse. Lui era davvero incredibile. Il mento ispido evidenziava la bocca perfettamente disegnata, mentre gli zigomi facevano risaltare le guance incavate. Aveva sopracciglia non troppo sottili, che mettevano in mostra i suoi profondi occhi castani. Parevano dilatarsi, mentre si fissavano nei suoi e il mondo attorno a lei sembrò che si ritirasse...

    «Ci penseremo domani. Ora, come ho già detto, non è un buon momento.» Le parole pacate contenevano una durezza tagliente che le provocò un brivido. Jaya non capiva la propria reazione, certamente non sapeva perché fosse incapace di smettere di fissarlo negli occhi, anche quando un fiotto di calore scoppiò dentro di lei.

    «Non posso approfittare della tua etica del lavoro» aggiunse lui. «Potrebbe minare il nostro rapporto datore di lavoro-dipendente.» Sgomenta, lei abbassò lo sguardo sul pavimento, arrossendo di nuovo mentre si rendeva conto che il suo rimuginare era divenuto così ovvio che lui aveva dovuto interromperla. Come? In quegli anni trascorsi, qualunque sorta di lusinga sessuale da parte di un uomo le aveva fermato il cuore. La sua reazione era terrore puro e la fuga il suo istinto principale. Pensieri sognanti del genere, mi chiedo come sarebbe sentire la sua barba ispida contro le labbra, non le erano mai capitati, ma ora per qualche secondo si era persa in quei sogni. Il suo corpo era acceso come se fosse in fiamme, ma non solo per la mortificazione. C’era qualcosa d’altro, una tenera curiosità che a stento ricordava da molti anni prima, quando a scuola, da ragazza, parlava a un tipo carino. Se avesse avuto l’intelligenza cui aveva sempre ambito, avrebbe ascoltato la sua osservazione, si sarebbe scusata e sarebbe sparita per sempre. Tuttavia, per quanto sconcertata, trovava così incoraggiante la propria capacità di riavere un momento simile, che non poté fare a meno di rimanere lì in piedi, come qualcuno che saggiava l’acqua fredda, cercando di decidere se entrarci. Non che lei fosse venuta lì per questo, no di certo! Voleva solo dire addio a Theo Makricosta e lui le aveva dato l’occasione. «In realtà, noi non abbiamo più quel genere di relazione.» Posò il suo portatile sul tavolino e chiuse il coperchio. «Oggi è stato il mio ultimo giorno qui. Avrei già dovuto cambiarmi, ma ho qualche problema ad andarmene.»

    Lui si alzò a sedere, preso alla sprovvista. «Perché non sono stato informato? Se hai intenzione di passare alla concorrenza, potremmo discutere dell’offerta che ti hanno fatto.»

    «Non si tratta di questo.» Lei si lasciò cadere su una sedia e si torse le mani, in modo da mostrare più compostezza di quella che in realtà possedeva. Le emozioni la travolsero, mentre realizzava che da quel momento in poi niente più uniforme, niente più carriera con la catena degli hotel Makricosta e niente più Theo. La sua voce divenne roca. «Lei... io... io intendo la società, siete stati così buoni con me. Mi avete insegnato e offerto perfino di ottenere attestati, non vi avrei mai voltato le spalle per correre dalla concorrenza.»

    «A noi piace investire sui nostri impiegati.»

    «Lo so, ma non mi sarei mai sognata di poter passare da cameriera a receptionist in un arco di tempo così breve e meno ancora di gestire un reparto.» Jaya ricordava bene quanto avesse temuto di finire nei guai per avere lasciato i propri compiti di pulizia, quando aveva accompagnato in ufficio un ragazzino che si era perso e si era fermata a tradurre finché non erano stati trovati i suoi genitori. Theo per caso si trovava lì per uno dei suoi controlli ed era rimasto colpito dalla sua padronanza delle lingue straniere e dalla capacità di mantenere calmo il piccolo.

    «La fiducia che riponevo in me era scarsa quando iniziai a lavorare qui» gli confessò. «Se lei non mi avesse chiesto, perché non avevo in programma di fare domanda come portiere di notte, non avrei mai pensato di essere nemmeno considerata. Le sono davvero grata.»

    Ecco. Aveva detto quello che aveva sempre desiderato fargli sapere.

    «Mia sorella mi ripudierebbe se fossi sessista» la congedò lui, ma il suo sguardo si posò sul telefono. Il suo malumore ritornò ad aleggiare nella stanza. Jaya sentì che di qualunque notizia si trattasse, proveniva da Adara Makricosta.

    «Dove hai intenzione di andare?» le chiese di colpo.

    Lei sollevò lo sguardo dalle sue mani forti che si stavano massaggiando le ginocchia. Theo non era calmo come stava cercando di apparire. Per qualche ragione, Jaya provò l’impulso di prendere quelle mani, stringerle e dire: andrà tutto bene. La sorprenderebbe sapere cosa una persona può sopportare.

    «Francia» rispose, restia a parlare della propria situazione, specialmente quando sembrava che lui stesse solo cercando di distrarsi dai propri problemi. «A Marsiglia, per una questione di famiglia. Molto improvvisa, mi dispiace.» Non era sicura del perché avesse aggiunto delle scuse. Comunque, era davvero dispiaciuta. Dispiaciuta di dover lasciare quel lavoro, di importunarlo in quel momento, di sua cugina che stava morendo... sentì la bocca che si torceva agli angoli e chinò il capo.

    «Non stai per sposarti, vero? Questa non è una di quelle cose organizzate?» Sembrava così inorridito, che lei sorrise. Gli occidentali sapevano essere così pronti

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