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Luna di miele per single
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E-book316 pagine4 ore

Luna di miele per single

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Info su questo ebook

Il matrimonio è stato annullato, ma la storia d’amore sta per cominciare.

Tradito la notte prima delle nozze da quello che avrebbe dovuto essere l’uomo dei suoi sogni, Ethan Robinson scappa e va dall’altra parte del mondo per trascorrere la luna di miele da solo. Con i suoi problemi di udito e le fatiche che deve ancora affrontare a causa di questa perdita, viaggiare da solo lo lascia isolato in modo doloroso, accompagnato soltanto dal cuore spezzato.
Clay Kelly non si sarebbe mai aspettato di ricominciare dopo i quarant’anni. Si è sposato giovane ma sua moglie ha divorziato e si è risposata, i suoi figli sono adulti e ha lasciato la sua città nell’entroterra australiano. Adesso guida un pullman per turisti sulla East Coast dell’Australia ed è abbastanza felice. Si gode il cricket, qualche birra e una vita tranquilla. Se si sente un po’ solo, non è la fine del mondo.
Clay diventa amico di Ethan, sperando di poter risollevare il morale del giovane e triste ragazzo. Una cotta per un uomo etero che non potrà mai essere suo è proprio ciò di cui Ethan ha bisogno. Eppure, mentre i giorni passano e il loro legame cresce, i desideri che Clay reprimeva da tempo tornano a galla e i due restano scioccati nel rendersi conto che tra loro sta sbocciando l’amore. Clay è l’uomo dei sogni di Ethan, sexy e vigoroso. Mentre le lancette segnano lo scorrere del tempo, nessuno dei due vuole che la luna di miele finisca.

"Luna di miele per single" è un gay romance scritto da Keira Andrews con una differenza di età consistente, una lenta passione che trasforma due amici in amanti, la prima volta con un altro uomo e, ovviamente, un lieto fine.
LinguaItaliano
Data di uscita16 mar 2022
ISBN9791220702591
Luna di miele per single

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    Luna di miele per single - Keira Andrews

    1

    Quando la giovane salì sul treno quasi vuoto della linea A e gli rivolse quella che con molta probabilità avrebbe dovuto essere una domanda semplice, il cuore di Ethan sussultò e gli venne il voltastomaco. «Mi scusi, come?» le chiese.

    La donna corrugò la fronte e ripeté la domanda, ma nel farlo si voltò e sollevò lo sguardo verso le porte automatiche del vagone, forse alla ricerca di una mappa delle fermate, una speranza vana sul treno di quella linea; le parole divennero soltanto un mormorio di suoni incomprensibili.

    Aveva ancora un piede sul binario, come se non fosse convinta di salire. Sollevò le mani per la frustrazione e inarcò le sopracciglia. Borbottò di nuovo qualcosa, ma quella volta lui sentì Fulton.

    «Sì, si ferma a Fulton!» rispose.

    La donna salì a bordo quando le porte si chiusero, proprio nel momento in cui un ragazzo si avvicinava dall’altro lato del vagone; il nuovo arrivato disse qualcosa che Ethan non comprese a causa del rombo metallico del treno in accelerazione.

    La giovane rivolse a Ethan un sorriso confuso e scosse la testa come se avesse voluto chiedere: Perché l’hai fatta così difficile? Poi disse qualcosa al ragazzo, annuì e gli sorrise, prima di andare a sedersi mentre l’altro tornava nella parte opposta del vagone.

    Con il volto paonazzo, Ethan scivolò sulla sedia di plastica arancione. Almeno non si era arrabbiata troppo. Sentì di nuovo lo stridio del metallo e sussultò perché il rumore fu amplificato dal suo apparecchio acustico. Udire le parole degli altri a volte era impossibile, ma i rantoli e lo sferragliamento dei treni, i martelli che sbattevano, i motori che rombavano, il ronzio delle band mariachi… Tutto quello riusciva a sentirlo a un volume assordante.

    Dopo essere sceso a Times Square per prendere la linea Q, superò di corsa un gruppo di uomini che ballava, pur di sfuggire al dolore alle orecchie. La stazione era sempre piena di gente, anche se era metà gennaio.

    Quando un uomo che suonava la fisarmonica salì sul treno insieme a un gruppo di adolescenti che si urlavano contro l’un l’altro e si spintonavano, Ethan non ce la fece più. Era finito all’inferno? Da quando la gente dava denaro per sentire la fisarmonica?

    Voleva soltanto fantasticare in pace sul suo matrimonio e la luna di miele. E magari giocare a Scarabeo al cellulare per calmarsi un po’.

    E poi perché dovrei essere nervoso? Sarà tutto perfetto. Finalmente Michael e io siamo di nuovo sulla stessa lunghezza d’onda. Anche se…

    No. Non avrebbe permesso al dubbio di intrufolarsi nella sua testa. Sarebbe stato tutto perfetto.

    L’apparecchio acustico cominciava a dargli fastidio, così lo tolse e lo ripose nella custodia che poi infilò nella giacca del cappotto nel momento in cui l’uomo con la fisarmonica si avvicinò.

    Ahh. Abbassò il volume del mondo attorno quando andò fuori onda, come diceva il suo capo. Senza l’apparecchio acustico, Ethan non era quello che i medici definivano sordo profondo, ma i suoni erano attutiti, soprattutto quelli con frequenza più alta e le parole. La diagnosi diceva che aveva una perdita moderata dell’udito, ma che tendeva al grave.

    Stare fuori senza l’apparecchio acustico gli faceva venire il voltastomaco, ma New York City era così rumorosa, cazzo. Almeno la musica e i ragazzini che urlavano diventarono un mormorio distante e ne fu grato.

    Il sollievo fu subito seguito dal senso di colpa che lo attanagliò, dato che più smetteva di utilizzare l’apparecchio meno stimolava i nervi acustici, e la sua capacità di riconoscere le parole ne risentiva.

    Poteva comunque sentire la gente conversare, ma le parole diventavano incomprensibili e sembravano un mormorio fatto soltanto di vocali. L’apparecchio aiutava molto, ma la maggior parte della gente parlava troppo in fretta e doveva sempre chiedere di ripetere. Giorno dopo giorno, era diventato stancante.

    Era anche per quello che non aveva voluto organizzare un matrimonio in grande. Il pensiero di provare a sentire e parlare con tutti quei camerieri, con la gente che lavorava alla sala ricevimenti e con gli invitati, lo prosciugava di tutta la gioia che avrebbe dovuto sentire durante quel giorno.

    Al college i dottori gli avevano assicurato che non avrebbero potuto fare diversamente e che fosse colpa di un’anomalia genetica. Insistevano nel dire che non dipendesse dalla volta in cui era andato a un concerto di Jay-Z ed era uscito con le orecchie che fischiavano. Tuttavia, Ethan a volte se lo chiedeva e voleva fare di tutto per mantenere la qualità dell’udito che gli restava.

    Però aveva trascorso tutta la mattina a tentare di seguire faticosamente una video conferenza, e sul treno avrebbe sentito comunque soltanto un muro di rumore. I ragazzi non avrebbero dovuto essere a scuola?

    Sbuffò a quel pensiero. A volte Michael diceva, con diversi livelli di affetto che dipendevano dal suo umore, che Ethan era diventato un vecchio scontroso da quando aveva perso l’udito. Forse era vero. Alla maggior parte dei ventisettenni piaceva ancora fare festa e divertirsi, ma lui era felice di ignorare i ragazzi e il pianto della fisarmonica mentre il treno attraversava il Ponte di Manhattan. Inserì la parola kumquat al gioco sul cellulare e guadagnò venticinque punti, balzando in cima alla classifica e superando così il suo migliore amico, Todd.

    Il capo di Ethan, che lavorava nel settore contabilità alla Anderson/Fromm Investments, l’aveva mandato a casa prima come regalo di matrimonio, dato che aveva dimenticato di organizzargli una festa. In realtà era stato un sollievo per lui, ma aveva apprezzato il gesto.

    Le persone con cui lavorava erano gentili e gli piacevano, ma preferiva davvero evitare di stare con loro in una sala riunioni, aprire biglietti di auguri con un sorriso imbarazzato e provare a seguire la conversazione mentre mangiavano una torta troppo dolce comprata al supermercato.

    Una delle ragioni che lo avevano spinto a lavorare nella contabilità ambientale era stata la possibilità di essere lasciato da solo con i fogli di calcolo, i numeri e le regolazioni governative internazionali. Realizzava report affinché gli uffici dell’azienda sparsi per tutto il mondo usassero energie in modo più efficiente e riducessero le spese generali. Da quando aveva perso l’udito doveva ammettere di non essere più un tipo molto socievole, e non aveva ancora instaurato alcuna amicizia in ufficio come avrebbe dovuto.

    Michael, che aveva un’intensa vita sociale tra il lavoro, la sua famiglia cinese numerosa e molto unita, e la fila infinita di amici intimi e conoscenti, diceva sempre che Ethan avrebbe dovuto impegnarsi di più, comportandosi come faceva un tempo. Non capiva ancora quanto si dovesse sforzare in situazioni simili.

    Mentre il treno attraversava Brooklyn, il risentimento accecò Ethan. Michael ci aveva davvero provato. Erano entrambi estroversi quando si erano conosciuti ed era diventato difficile per lui, dato che Ethan aveva sempre più difficoltà a socializzare. Tuttavia, Ethan stava provando a uscire di più e Michael ad abituarsi a rimanere in casa di tanto in tanto. Le relazioni giravano attorno ai compromessi, no? Era per quello che stavano così bene insieme, che erano così innamorati.

    Si sciolse nel momento in cui ripensò al modo in cui Michael lo aveva svegliato con un pompino quella mattina. Ethan avrebbe voluto saltare il lavoro e stare con lui tutto il giorno, ma almeno sarebbe tornato prima a casa e avrebbero potuto stare insieme. Presto sarebbe diventati sposini, dopotutto. Inoltre, dovevano ancora recuperare il tempo perso.

    Il senso di colpa travolse di nuovo Ethan. Il passato era passato e non poteva cambiarlo. Finalmente stava uscendo dal tunnel della depressione e nell’ultimo anno la loro relazione era rinata. Anche se dal punto di vista delle situazioni informali non avevano più molto in comune come un tempo, la loro vita sessuale non era mai stata tanto grandiosa. Era la dimostrazione di quanto fossero giusti l’uno per l’altro.

    Rabbrividì di piacere quando controllò a quale fermata fosse arrivato. Forse lui e Michael potevano trascorrere il pomeriggio a letto prima della festa di quella sera. Ethan avrebbe preferito non festeggiare per niente, ma dovevano trovare un compromesso. Di sicuro avevano abbastanza tempo per spogliarsi, salvo che Michael non avesse troppo lavoro da sbrigare. Eppure era il venerdì pomeriggio prima del matrimonio e della luna di miele, ed era un freelancer, quindi sperava che potesse finire in anticipo.

    Chiuse gli occhi e immaginò i capelli neri e lucenti di Michael tra le dita, il piercing che aveva alla lingua, liscio ed eccitante, che si strusciava contro la sua… E la sua pelle, il suo uccello lungo…

    Prima che gli diventasse duro, Ethan aprì gli occhi, controllò di nuovo l’orologio e lanciò l’applicazione con il conto alla rovescia che annunciava:

    00001 GIORNI AL MATRIMONIO E ALLA LUNA DI MIELE

    Stava davvero per succedere. Aveva lo stomaco sottosopra e il suo sorriso doveva sembrare quello di un folle. Non soltanto avrebbe sposato l’uomo dei suoi sogni, come avrebbe voluto sua madre, ma sarebbe andato in luna di miele in Australia per tre settimane.

    Avrebbero fatto un giro di dieci giorni con un tour che li avrebbe portati da Cairns a Sydney, e poi avrebbero alloggiato lì per una settimana in un appartamento Airbnb. Avrebbero esplorato i dintorni e fatto molto sesso. La vita aveva disseminato molti ostacoli sul cammino di Ethan, ma finalmente lui e Michael li stavano superando.

    Non appena il treno si avvicinò a Prospect Park, Ethan mise il cappello e i guanti senza smettere di sorridere. Avrebbe dovuto rimettere l’apparecchio acustico, ma l’appartamento distava soltanto pochi isolati. Una volta in strada, fece attenzione a guardare da entrambi i lati e imprecò quando mise i piedi in una pozzanghera vicino al marciapiede, infradiciandosi i mocassini di pelle. Il fango aveva intasato le fognature, creando delle pozze. Che schifo, ne aveva abbastanza dell’inverno ed era soltanto metà gennaio.

    Comunque non importava perché presto, domani, lui e Michael si sarebbero sposati e avrebbero raggiunto una terra assolata, piena di sabbia e koala. Con l’adrenalina che gli scorreva nelle vene, Ethan attraversò la strada e fece un salto sul marciapiede per evitare di inzupparsi di nuovo le scarpe. Certa gente pensava che gennaio fosse un mese strano per sposarsi, ciononostante lui e Michael avevano deciso di diventare marito e marito al comune, e solo successivamente di organizzare il pranzo. La mamma di Ethan diceva sempre che l’importante era il matrimonio in sé, non la cerimonia. In quel modo avrebbero trascorso più tempo in luna di miele.

    Ethan era rimasto sorpreso quando Michel aveva accettato di organizzare un matrimonio semplice, dato che un pasto gourmet di sette portate e una cerimonia in grande erano più nelle sue corde. In realtà, lo aveva sconvolto persino quando aveva accettato di sposarlo. In passato Michael aveva sempre preso in giro l’eteronormatività del matrimonio, ma con l’amore arrivavano anche i compromessi, e il suo fidanzato sapeva quanto il matrimonio fosse importante per lui.

    Sapere che era disposto a uscire dalla sua zona di comfort per renderlo felice faceva sentire Ethan al sicuro e amato. A essere onesto, la maggior parte dei ragazzi lo avrebbero mollato molto tempo prima, ma non Michael. Nonostante facesse freddo, Ethan fu avvolto dal calore della gratitudine e dell’affetto.

    Sposerò il ragazzo dei miei sogni.

    Dopo la cerimonia sarebbero andati in un piccolo ristorante che preparava la fonduta a Park Slope chiamato Dip, per onorare la memoria della madre e la nonna di Ethan, che erano originarie della Svizzera. Poiché avevano affittato tutto il ristorante per un paio d’ore, il proprietario aveva accettato di spegnere la musica di sottofondo. Oltre a Todd, gli altri invitati sarebbero stati gli amici e la famiglia di Michael.

    C’era voluto un po’ per convincere i Wong ad accettare l’idea di una cerimonia intima e un pranzo prima che i novelli sposi andassero all’aeroporto per il loro volo che sarebbe partito di sera. Tuttavia, dopo che lui e Michael avevano detto di sì a una cerimonia aggiuntiva con la famiglia estesa di Michael e gli amici dei Wong – che con molta probabilità sarebbero stati centinaia e li avrebbero costretti a prenotare una sala banchetti a Buffalo – avevano smesso di urlare e cominciato a sorridere.

    Ethan di sicuro non sarebbe riuscito a tenere nessuna conversazione durante la cerimonia senza chiedere Mi scusi? oppure Mi dispiace, può ripetere? almeno un centinaio di volte, ma si era abituato ad annuire, sorridere e fingere. Di solito rideva per mostrarsi d’accordo, sperando che nessuno gli facesse domande.

    Tuttavia, avrebbe fatto il possibile per rendere felici i Wong. Anche se non erano stati proprio entusiasti quando lui e Michael erano andati a vivere insieme, alla fine lo avevano accettato ed erano brave persone. Inoltre sarebbero diventati presto anche la sua famiglia, e lui desiderava dare loro la cerimonia che avevano sempre sognato per il figlio.

    Ethan sentì la mancanza dei suoi genitori e, ancora una volta, si chiese che cosa avrebbero pensato. Non della sua omosessualità o del matrimonio, perché lo avevano sempre sostenuto da quel punto di vista, ma che cosa avrebbero pensato di lui. Da bambino e adolescente era sempre stato estroverso e con tanti amici.

    Persino dopo la morte dei suoi genitori, gli amici erano stati un grande sostegno. Si era immerso nelle feste e negli appuntamenti, era andato ai concerti e aveva giocato a calcio. Ormai, invece, se si allenava era costretto a togliere l’apparecchio acustico per impedire al sudore di danneggiarlo, e la musica ad alto volume era una tortura.

    Forse non era divertente come un tempo, ma di sicuro i suoi genitori sarebbero stati fieri dell’uomo che era diventato, no? Soprattutto da quando era emerso dalla depressione in cui era affondato per tanto tempo dopo la perdita dell’udito. I suoi genitori avevano sempre voluto che fosse felice… e lo era. Lui e Michael avevano superato tutto quanto e stavano per cominciare il resto della loro vita.

    Aspettò che il semaforo cambiasse mentre l’attesa aumentava. La cerimonia e il matrimonio non importavano, ciò che contava era che lui e Michael si sarebbero impegnati reciprocamente. Non era stato facile, ma insieme erano riusciti a superare tutto. Inoltre, se Michael non era sembrato proprio entusiasta all’idea della loro luna di miele, anche se era stata una sua idea, dato che sapeva che Ethan aveva sempre voluto vedere l’Australia, andava bene.

    Sin dai tempi del college, Michael aveva spesso parlato di andare a Ibiza per fare festa. Restare in piedi tutta la notte a ballare, dormire di giorno con il post sbornia e rifare tutto da capo. Ethan lo avrebbe fatto per renderlo felice, ma Michael aveva insistito per andare in Australia dicendo che, se era quello che voleva, allora lo desiderava anche lui.

    Anche se Ethan non gli credeva fino in fondo, andava bene. Era bello essere amato da qualcuno che lo metteva al primo posto. Sorrise di nuovo e fece un piccolo saltello di gioia nonostante la raffica di vento e la temperatura che diventava sempre più bassa.

    E se Michael finisse per odiare il viaggio e avessimo una luna di miele di merda? Sarebbe un cattivo presagio per il matrimonio? Allora perché ha insistito? Perché…

    Era soltanto paranoico. Michael gli diceva sempre di smettere di rimuginare e di seguire l’istinto, quindi lo avrebbe fatto, dannazione.

    L’appartamento con una stanza da letto che lui e Michael dividevano a Prospect Park ovviamente non si trovava vicino al parco, ma la zona era abbastanza tranquilla se paragonata al centro. Non che potessero permettersi una casa da quelle parti. L’edificio di tre piani aveva bisogno di essere ripitturato e di luci che non funzionassero quando preferivano loro, ma l’appartamento era spazioso, per gli standard di New York, ed era bellissimo.

    Michael era un graphic designer e aveva un gusto impeccabile. Anche se Ethan non amava quella palette grigio freddo e nero con un tocco di blu, era davvero alla moda. Tutti quelli che facevano loro visita dicevano che quella casa sembrava uscita da una rivista.

    Non c’era l’ascensore, e Ethan canticchiò mentre saliva le tre rampe di scale, corrugando la fronte quando vide la luce tremolante al secondo piano che di sicuro non avrebbero mai riparato. Spesso si spegneva del tutto ed era una violazione del codice di sicurezza.

    Una volta dentro, appese il cappotto, slacciò le scarpe e le lasciò sul tappetino ad asciugare, passando sopra due paia di scarpe da ginnastica. Con una smorfia, si sfilò i calzini umidi e li mise sopra la griglia del riscaldamento. Tolse anche il capello e fece scorrere una mano tra i capelli, che teneva più corti dietro ma un po’ più lunghi sulla fronte e attorno alle orecchie per nascondere l’apparecchio acustico.

    Massaggiò l’orecchio sinistro, che era dolorante, attraversò l’ingresso e andò in soggiorno, sorpreso di non trovare Michael alla sua scrivania. Lavorava da casa e alla fine del salone c’erano la sua scrivania elegante e le tavole da disegno. Aveva lasciato un album aperto e Ethan si fermò ad ammirare le linee pulite del progetto per una nuova collezione di Chardonnay.

    Forse era uscito a prendere il pranzo dal ristorante messicano all’angolo. Merda, avrebbe dovuto inviargli un messaggio e dirgli che ci avrebbe pensato lui. Si sarebbe cambiato in fretta e gli avrebbe scritto per dirgli che lo avrebbe raggiunto lì. Accese il telefono e sentì un mormorio quando aprì la porta socchiusa della stanza da letto.

    Si fermò e fissò la stanza.

    Michael non era andato a prendere i taco di pesce, la buonissima salsa guacamole e le patatine di platano di Pepe.

    No, Michael era sdraiato sul letto e non stava facendo un sonnellino. Non era solo. C’era qualcun altro… sopra di lui, con la schiena inarcata e le labbra schiuse che emanavano suoni troppo leggeri affinché Ethan potesse sentirli. Michael aveva gli occhi chiusi e la bocca aperta mentre gemeva. Nessuno dei due si accorse della sua presenza, e Ethan restò lì in piedi come il perdente più grande di sempre, con il sangue raggelato nelle vene e gli occhi puntati sul fidanzato che si stava scopando un altro uomo.

    Michael afferrò il sedere carnoso dell’uomo biondo e muscoloso che lo cavalcava. Ci vollero un paio di orribili e strazianti secondi per rendersi conto che il ragazzo in questione era Todd, il suo migliore amico fin da quando si erano conosciuti al corso di Psicologia alla Buffalo State.

    «Che cosa?»

    Ethan non era certo di averlo detto ad alta voce ma, a quanto sembrava, lo aveva fatto perché Michael e Todd spostarono lo sguardo verso di lui. Ethan non ebbe bisogno di sentire l’esclamazione di Todd… riuscì a leggere chiaramente il labiale. «Porca puttana!»

    Todd scese da Michael e cominciarono a parlare troppo velocemente perché lui potesse comprendere una parola. Non ci sarebbe riuscito nemmeno con l’apparecchio acustico. Michael aveva il viso paonazzo e gli zigomi alti sembravano più prominenti del solito. Allungò una mano verso di lui con un’aria supplicante, come se Ethan fosse un cane rabbioso sul punto di attaccare.

    Come se avesse il diritto di chiedergli qualcosa mentre si trovava sul loro letto con un preservativo sull’uccello ancora duro. Lo stesso che era appena stato dentro il migliore amico di Ethan.

    La rabbia e il dolore risuonarono dentro di lui come un tamburo, accompagnati da un sibilo nella testa, e Ethan desiderò svegliarsi dall’incubo in cui era piombato. Non poteva essere vero. Restò lì inerme, mentre loro lo imploravano, e arrossì per la vergogna.

    «Non riesco a sentirvi!» urlò, provando odio per se stesso.

    Tornò nel corridoio per prendere il cazzo di apparecchio acustico che aveva lasciato nel cappotto. Un terribile e appiccicaticcio senso di umiliazione gli bruciò gli occhi. Per un momento, mentre infilava l’apparecchio nelle orecchie e vi sistemava dietro la custodia beige di plastica, pensò di lasciare perdere tutto quanto, al punto che gli tremarono le ginocchia per il bisogno di scappare via a gambe levate.

    No.

    Si voltò e tornò nella stanza. Trovò Michael e Todd ai lati del letto che si rivestivano. I capelli scuri di Michael, che erano rasati ai lati e sistemati con il gel in cima, erano spettinati. «Che cazzo è tutto questo?» urlò Ethan.

    Dopo aver sollevato la zip dei jeans, Michael si avvicinò. Ethan si allontanò e picchiò la testa sullo stipite della porta. Sul viso di Michael comparve un’espressione preoccupata, che fece infuriare ancora di più Ethan. Michael riprovò a toccarlo.

    «No!» Il petto di Ethan fece su e giù mentre faticava a respirare. «Non toccarmi. Non lo farai mai più.» Un’ondata di dolore lo travolse quando si rese conto delle sue stesse parole. Non può essere vero.

    La preoccupazione sul viso di Michael si trasformò in dolore e gli si riempirono gli occhi di lacrime. «Per favore, lasciaci spiegare.»

    Ethan scoppiò a ridere, altrimenti avrebbe pianto o urlato. Fissò Todd, che era sul lato più lontano del letto con il viso privo di colore e i capelli spettinati. La camicia nera era abbottonata male, con una parte più corta dell’altra.

    «Come?» Ethan li guardò entrambi. «Avreste passato il pomeriggio a scopare nel nostro letto e poi vi sareste presentati a Rollertown come se… come se niente fosse successo? Come se questo non contasse niente

    Dato che Michael aveva accettato di avere un matrimonio intimo, Ethan aveva suggerito di organizzare una festa per la sera prima con tutti i suoi amici. Anche se la musica fosse risultata troppo rumorosa, aveva pensato che su una pista di pattinaggio non avrebbe dovuto preoccuparsi troppo di conversare.

    «Non avevamo intenzione di…» Michael scosse la testa e dopo cominciò a parlare troppo veloce. «Non volevamo mormorio, ma mormorio devi mormorio

    «Che cosa?» Ethan serrò i pugni. «Parla più lentamente. Non riesco a capirti, cazzo. Parli sempre troppo veloce, non importa quante volte te lo ripeta!»

    Sul viso di Michael comparve un’espressione infastidita prima che deglutisse e facesse un respiro profondo. Era un po’ più basso di Ethan, che era alto un metro e ottantatré, e lo guardava dal basso. «Scusa. Ho detto che non lo abbiamo pianificato e che devi capire che ti vogliamo entrambi bene.»

    Ethan scoppiò di nuovo a ridere. «Davvero? È questo che devo capire?» Gli venne la nausea. «Dovremmo sposarci domani. Domani! Come hai potuto?» La realtà dei fatti lo colpì come un pugno al petto. «Questa…» Scosse la testa. «Questa non è la prima volta, vero?» Ne fu certo quando si guardarono negli occhi e Todd diventò così rosso che, se le circostanze fossero state diverse e non lo avesse appena trovato a scoparsi il suo cazzo di fidanzato, Ethan si sarebbe preoccupato. «Da quanto tempo va avanti?»

    Michael mormorò qualcosa e poi lo ripeté con più chiarezza. «Da circa un anno e mezzo. Beh… quasi due anni, credo.»

    Ethan crollò contro la porta quando gli tremarono le ginocchia e smise di respirare. «Prima che ti facessi la proposta?» Gli aveva chiesto di sposarlo durante una calda serata di luglio, sei mesi prima, mentre passeggiavano mano nella mano lungo la High Line. «Oh, mio Dio, sono un vero idiota.»

    «Non lo sei!» insistette Michael. Aggiunse qualcosa che Ethan non capì e poi disse: «Finalmente eri di nuovo felice e non volevo che…»

    L’umiliazione aumentò. «È per questo che hai detto di sì? Perché ti dispiaceva per me?»

    «No! Ho detto sì perché ti amo!» continuò Michael. «Davvero, ti amiamo entrambi.» Guardò Todd. «E, mormorio

    Todd annuì. «Non volevamo farti del male. Abbiamo cercato di resistere ai nostri sentimenti per tanto tempo…»

    «Per quanto?» domandò Ethan, anche se non voleva sapere la risposta e aveva la mascella così tesa che temeva si potesse spezzare. Todd e Michael si guardarono di nuovo e Ethan avrebbe voluto spaccare la faccia a entrambi.

    Non aveva mai picchiato nessuno, ma immaginò di colpirli con i propri pugni e il sangue sgorgare dai loro nasi. Non importava che fosse magro e non abbastanza forte. Voleva fargli del male.

    Fu Michael a rispondere. «Dopo il college, quando ci siamo trasferiti tutti in città… tu eri così triste e ovviamente capiamo il perché. Perdere l’udito è stato terribile. Hai impiegato molto a trovare un lavoro e ti sei rinchiuso in

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