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Chartreuse
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E-book268 pagine3 ore

Chartreuse

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Info su questo ebook

Kasen Reed era un ragazzo solitario con quasi nessun amico. Costretto da una madre cinica e dominatrice, non ha mai raggiunto uno status a livello sociale e non ha mai conosciuto il vero affetto. All’età di diciannove anni, finalmente esce dalla casa materna per iniziare la sua vita e non ha alcuna idea di dove andrà a finire.

Rowan Kelly si è trasferito nella piccola città di Chartreuse, Alabama, con la speranza di poter ricominciare tutto da capo. Dopo una rottura dolorosa ancora latente nella testa e nel cuore, crede di aver finalmente trovato il posto perfetto per aprire il suo studio veterinario e fare ciò che ama di più: prendersi cura degli animali. Ma per quanto perfetta e pittoresca la  piccola cittadina possa sembrare, al giovane ventiseienne sembra manchi qualcosa …

Due cuori solitari che avranno l’occasione di incontrarsi in una città che non sembra pronta ad accettare la parità di sentimenti; basterà questo a impedire loro di restare insieme?

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita19 lug 2016
ISBN9781507148242
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    Anteprima del libro

    Chartreuse - T.E. Ridener

    Chartreuse

    di

    T.E. Ridener

    Nota dell’Autore

    ––––––––

    Questa è un’opera di fantasia.

    Nomi, luoghi, personaggi e avvenimenti

    sono il prodotto dell’immaginazione dell’autore

    o sono  usati in modo fittizio e ogni somiglianza

    a fatti, persone reali, vive o morte, imprese commerciali, località,

    è puramente casuale.

    Copyright ©T.E. Ridener, 2014

    Foto di copertina: Double J Book Graphics

    ––––––––

    TUTTI I DIRITTI RISERVATI.

    Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta

    o trasmessa in alcuna forma o con alcun mezzo,

    elettronico o meccanico, incluse fotocopie, registrazioni,

    o da qualsiasi sistema di deposito e recupero di informazioni

    senza il permesso scritto dell’Autore,

    eccetto laddove permesso dalla legge.

    ––––––––

    Copyright © 2016 di T.E. Ridener

    DEDICATO

    A S. perché ti adoro, assolutamente e non ti ringrazierò mai abbastanza per l’ispirazione, la tua, che c’è dietro a questa storia.

    A B & Z, il vostro amore adesso è stato reso immortale.

    A Jasmine, per il tuo incoraggiamento a dare a questa storia l’attenzione che così tanto merita.

    Alla mia squadra di strada, perché voi ragazzi spaccate di brutto e in ogni maniera possibile. Quando si tratta della mia scrittura, vi lasciate trascinare dalla corrente e non vi ringrazierò mai abbastanza per essere anche i miei cheerleader.

    Al mio Doppio J. Perché ti amo tantissimo. Quando sarai più grande, spero che ti renderai conto che l’amore è una cosa bellissima e dovrebbe essere trattato con il massimo rispetto. Ti amerò sempre, non importa cosa riserverà il futuro.

    Alle meravigliose persone del r/boston community su Reddit, mi avete sul serio aiutato tantissimo e non vi ringrazierò mai abbastanza per questo! Le vostre descrizioni della vostra meravigliosa città mi hanno davvero aiutata a illustrare la mia dal punto di vista di Rowan.

    Ai miei fan, siete ancora con me in questo viaggio, quindi deve essere buon segno! Grazie davvero tantissimo per il vostro sostegno e incoraggiamento. Se faccio quello che faccio, è per merito vostro.

    MESSAGGIO PER IL LETTORE

    ––––––––

    Forse stai solo cercando un romanzo rosa da leggere, ma se per caso tu sia capitato qui perché hai dei vuoti da colmare, o perché ti senti solo e hai bisogno di uno spiraglio di luce e di speranza, voglio che tu sappia che tutto, un giorno, andrà per il meglio. È una lotta che non dovrebbe più esser combattuta, ma per favore, sappi che io sto combattendola con te.

    Tu non sei solo.

    Se hai bisogno dell’aiuto di qualcuno, per favore contatta il Trevor Project al numero 1-866-488-7386

    Puoi saperne di più dal loro sito:

    http://www.thetrevorproject.org

    L’amore, è sempre amore.♥

    Capitolo Uno

    ––––––––

    Accettarsi; è qualcosa che tutti dovrebbero fare. Non importa quale sia il colore della pelle o che età si abbia, chi si ami. Il mondo sarebbe un posto migliore se davvero tutti potessero semplicemente accogliersi gli uni gli altri. Ma ancor più importante è la lezione che la gente dovrebbe apprendere nel corso della vita su questa terra, ed è quella di accettare se stessi.

    Era ciò che alla fine Kasen Reed aveva imparato dopo essersi trasferito fuori città. Qualcosa che, in qualche modo, aveva scoperto andandosene dalla casa materna. Probabilmente la ragione per cui si era lasciato alle spalle la madre: poter ricominciare. Ma poteva sul serio considerarlo un nuovo inizio? Sì. Poteva. Non che sua madre fosse una persona orribile; sapeva essere molto gentile quando lo voleva. O quando l’umore glielo permetteva, cosa che accadeva raramente.

    Kasen era diventato immune ai cambiamenti repentini di umore di sua madre. In qualità di figlio unico si era costantemente preoccupato del fatto che potesse essere colpa sua se lei piangeva o quando gridava e lanciava le cose contro il muro. Kasen ricordava bene quando le si avvicinava da bambino, cingendole il petto con le braccia e dicendole ripetutamente scusami. Anche oggi, scuoteva la testa al solo ripensarci. Non aveva mai avuto nulla di cui scusarsi. Era lei che aveva fatto scappare di casa il padre. Lei aveva reso a entrambi la vita impossibile.

    Ma non serviva a nulla vivere nel passato. E Kasen, infatti, si rifiutava di farlo. Doveva andare avanti. Era quello che stava facendo. Gli ultimi otto mesi erano stati i migliori della sua vita. Aveva un appartamento in centro e il lavoro dei suoi sogni, quello di disk jockey alla radio. Adorava la musica. Che in svariati modi lo consolava.

    La musica era buona per l’anima, o almeno così aveva sentito dire. E non avrebbe di certo contestato tale affermazione. Ascoltava ogni tipo di melodia gli capitasse per le mani e lo faceva da anni. La tecnologia aveva poi reso più facile avvicinarsi alla musica e attraverso internet adesso era divenuto più accessibile persino guardarla. Prima di aver compiuto quindici anni non aveva avuto un computer ma una volta che quel ragazzaccio era entrato in camera sua, tutto il resto era diventato storia. Se non fosse stato per sua nonna, non avrebbe avuto neppure quello.

    Sua nonna era la sensibile di famiglia. Non aveva zie o zii, solo sua madre e sua nonna. Di certo non poteva dire di ricordarsi di aver avuto una figura maschile quale punto di riferimento nella sua vita. Il padre era rimasto nei paraggi solo fino a quando lui aveva avuto all’incirca tre anni e fino ad allora, la madre si era data abbastanza pena da farlo diventare matto. Facile immaginarsi che a un certo punto quell’uomo avesse pensato quel che è troppo è troppo. Ma perché non lo aveva portato via con sé?

    Queste erano le riflessioni che passavano per la testa di Kasen. Pensieri che lo divoravano e che lo facevano sentire malissimo anche quando cercava di mantenersi tutto d’un pezzo, almeno esteriormente.  Forse il problema era proprio il non aver mai esternato i suoi dubbi con nessuno. Non si sentiva a suo agio a lasciare entrare chiunque nel suo intimo; e questo, probabilmente, era uno dei suoi più grandi dilemmi.

    Una volta ci aveva provato, ad aprirsi con sua madre. Si era trattato di un problema sciocco, a dire il vero. Ma a quel tempo, in seconda liceo, stava avendo grosse difficoltà con i compiti e aveva bisogno di ripetizioni.

    Non te ne venire con i tuoi casini gli aveva detto. Ne ho già abbastanza dei miei, senza bisogno che vieni ad aggiungere le tue stronzate alle mie.

    E questo gli aveva insegnato di non provare mai più a parlare con lei. O con nessun altro, per quanto lo riguardava. Se uno non poteva parlare con la persona che gli aveva dato la vita, allora con chi diavolo poteva pensare di farlo? E la cosa più assurda era che doveva sempre comandarlo a bacchetta. Sempre, sempre.

    Sembrava non riuscisse mai a farne una giusta. Era una delle tante ragioni per cui se ne era andato. Anche ora che viveva a parecchi isolati di distanza da lei, lo chiamava a tutte le ore. Qualche volta rispondeva ma la maggior parte delle volte usava e abusava di quello splendido bottone sul cellulare che indicava: ignora.

    Nessuno poteva davvero biasimarlo, giusto? Quella donna era un incubo. Kasen era contento di essere uscito da quel casino. Vivere da solo era di gran lunga molto meglio. Da quando viveva nel suo appartamento da solo era come se un peso insormontabile si fosse sollevato dalle sue spalle.

    Finalmente tutto andava per il verso giusto, nella direzione che aveva da sempre desiderato anche se, chiaramente, qualcosa mancava.

    Vivere in una piccola città come Chartreuse, Alabama, era difficile persino sperarlo, di trovare l’amore. La ragione ultima per la quale alla fine aveva deciso di lasciare il tetto materno, era stata la reazione al suo confessarle di esser gay. Non era stata una bella risposta e, nonostante non avesse detto molto a riguardo, Kasen poteva vederle la delusione calare sugli occhi ogni volta che lo guardava.

    Ogni qualvolta che si accorgeva del disgusto che la madre provava nei suoi confronti sentiva le viscere contorcerglisi dentro. Cercava comunque di non pensarci troppo. Molte persone avevano problemi con i genitori, non è così? E nemmeno ci provava a scoperchiare il pentolone putrido e verminoso che riguardava la questione paterna. Nella sua mente, quella, era davvero una causa persa. Oltre tutto, non avrebbe saputo come gestirlo, suo padre, nel caso.

    Così, oggi, stava facendo quello che faceva di solito, e che comportava il godersi una scodella di Croccantini Tostati alla Cannella leggendo il giornale, contando i minuti che mancavano prima di dover andare al lavoro; anche se il suo turno non sarebbe iniziato fino alle otto e quarantacinque di sera. Amava il fatto di non dover lavorare per molte ore ma di ricevere comunque una busta paga decente. Gli permetteva di pagare l’affitto e qualche altra piccola cosetta che gli procurava il vero piacere della vita.

    Per esempio, internet. Poteva navigare e guardare video per ore. Amava incappare in avvenimenti a caso e cercare poi informazioni di nessuna utilità su di essi. Non era una persona difficile da compiacere. La sua giornata sarebbe andata avanti come sempre: avrebbe finito di mangiare i cereali, avrebbe lavato la scodella, messa di nuovo nello scolapiatti per poterla riutilizzare l’indomani. Quindi avrebbe cercato Houston, il suo cane da caccia di cinque mesi, razza Weimaraner, e che in genere se ne stava accucciato da qualche parte in camera da letto.

    Houston, avanti Ragazzone disse, battendo le mani. Il cucciolo alzò la testa pigramente guardando verso il suo padrone prima di rimettersi giù e chiudere gli occhi. Era sempre poco interessato a tutto, fintanto che Kasen non tirava fuori il guinzaglio e allora sì che era pronto per uscire.

    L’aria del mattino era fredda e Kasen dovette chiudersi un po’ più stretto il giubbotto di jeans, mentre camminava sul marciapiede e si avvicinava al parco della città, inaugurato ormai da un anno. Kasen riteneva che quella fosse stata davvero una grande idea. La sicurezza che il vasto giardino gli trasmetteva era impagabile. Non era costretto a farsi prendere dalla paranoia se Houston si allontanava da lui o a rincorrerlo nel panico.

    Appena arrivato all’interno dell’area verde, chiuse il cancello dietro di sé e lasciò libero Houston dal guinzaglio. Il cucciolo saltellò felice mentre Kasen sorrideva, incamminandosi verso una panchina per sedersi e prendere un po’ d’aria. E per prendere un po’ d’aria intendeva tirar fuori un pacchetto di sigarette e accendersene una. Appena la fiammella tremolò sulla punta di plastica dell’accendino, contraendosi, gli occhi di Kasen si alzarono per scrutare un grosso cane marrone che adesso stava annusando Houston con curiosità.

    Kasen si alzò di fretta, ma poi si costrinse ad avvicinarsi con calma ai due cani che in quel momento erano davvero molto interessati l’uno all’altro. Aggrottò leggermente le sopracciglia. Non sapeva quanto l’altro cane fosse amichevole.

    Non preoccuparti disse una voce profonda ma gentile È buono come un orsacchiotto di peluche

    Kasen si voltò e vide un uomo in piedi di fianco a lui; sebbene avesse preferito onestamente affermare di aver notato per prima cosa l’altezza, in realtà furono gli occhi di quell’uomo a colpirlo. Erano color caramello. Emanavano calore. Ed erano gentili. Kasen sorrise nervoso.

    Non ero preoccupato. Rispose timidamente infilandosi una mano in tasca e togliendosi la sigaretta dalle labbra in modo da riuscire a parlare. Poterlo fare con chiunque, al telefono, quando era al lavoro, gli riusciva stranamente facile. Ma di persona era totalmente diverso. Diventava timido e balbettava: quasi un gatto che si mordeva la coda, un casino totale.

    Vieni qui, Napoleone L’uomo si chinò schioccando le dita un paio di volte prima che il suo cane tornasse da lui scodinzolando. Kasen lo guardò in silenzio, mordendosi il labbro inferiore mentre l’uomo carezzava il suo cane, permettendogli di leccargli le guance e ridacchiando.

    Kasen era sicuro di non averlo mai visto in giro prima. Cosa che era strana perché in una città così piccola vedeva le stesse persone almeno due volte a settimana se non di più. Ed era proprio così, era certo che l’uomo stesse leggendogli nella mente mentre lo guardava, beccandolo a fissarlo. Il volto di Kasen si accese completamente mentre di fretta abbassava la testa verso il terreno.

    Be’, credo di dovermi muovere disse l’uomo, raddrizzandosi nuovamente. Kasen poteva sentire quegli occhi su di sé, ma ebbe paura di alzare lo sguardo. Non gli piaceva vedere la delusione sul volto della gente.

    Ci si vede in giro aggiunse l’uomo dopo qualche secondo di silenzio imbarazzante. Kasen semplicemente annuì prendendo un’altra boccata dalla sua sigaretta attraverso le labbra strette strette osservando, con la coda dell’occhio quell’uomo allontanarsi e scomparire dalla sua vista.

    Cristo! Era un idiota. Non era neppure riuscito a essere normale vicino a una persona con tutta probabilità estremamente gentile. Senza contare sul fatto che aveva praticamente sbavato su di lui.

    Andiamo Houston disse battendo la mano sulla coscia. Aveva avuto giornate anche più strane, comunque, no?

    Capitolo due

    ––––––––

    Be’, quello era stato un incontro strambo. Rowan era in città solo da due settimane e le sue speranze di socializzare con la gente del posto stavano iniziando a scemare. Si era trasferito qui per ricominciare. Aveva sperato in una vita migliore. Fino a oggi era andato tutto bene. Aprire il proprio studio veterinario in una piccola città che ovviamente aveva amore per gli animali era stata una buona idea, ma stava notando che i cittadini di Chartreuse erano molto, molto diversi da quelli di Boston.

    A lui piaceva che lì fosse tutto piccolo. Gli piaceva notare, mentre faceva la spesa, come i cassieri conoscessero i clienti per nome. Non aveva mai visto nulla di simile prima, in realtà. Sentiva di essere in una comunità molto ristretta. Era un posto a cui voleva davvero appartenere, sebbene non fosse sicuro di quanto potesse essere aperto a ad accettarlo.

    Rowan Kelly aveva vissuto apertamente la sua omosessualità per quasi metà della sua vita. Aveva confessato di essere gay a sua madre quando aveva tredici anni. La sola risposta che aveva ottenuto era stata Buon per te Questo prima di ritornare a leggere il romanzo rosa che stava leggendo e Rowan aveva pensato fosse preferibile ricevere quel tipo di reazione piuttosto che odio. Di sicuro molte altre persone, specialmente bambini, sopportavano risposte dai loro genitori che potevano spezzare il cuore.

    Sebbene Rowan raramente si fosse lasciato affliggere in quel modo, aveva comunque da tempo costruito uno scudo per quel tipo di situazione. Non doveva preoccuparsi di restarne ferito, se prima di tutto non si metteva in situazioni che lo prevedessero. Era uscito con molti uomini nel corso della sua vita. Il suo più recente ex, e per recente intendeva tre anni prima, era stato quello giusto, o per lo meno, lui aveva creduto lo fosse. Aveva seriamente pensato di fargli la proposta di fidanzamento, rendendo così le cose più ufficiali. Ma, evidentemente, non era ciò che il suo partner aveva in mente. Perché quando Rowan era tornato a casa una sera, aveva scoperto il suo ragazzo avvinghiato tra le lenzuola con una cameriera appena maggiorenne.

    E da allora era stato un uomo in fuga. Aveva eretto muri che lo proteggessero e non aveva mai più cercato di uscire per un appuntamento galante. Aveva dedicato ogni giorno della sua vita agli animali, perché li aveva sempre amati. Per lo meno gli animali erano leali e non ferivano mai le persone di proposito. Questo almeno era come la vedeva Rowan.

    Mentre percorreva il breve tragitto verso lo studio insieme a Napoleon, la sua mente tornò al giovane, presumibilmente timidissimo, ragazzo del parco. Forse era il suo accento bostoniano che aveva spaventato il tipo.  O forse più semplicemente quel ragazzo non amava le persone. Sebbene non gli sembrasse avere molto senso, considerando che si trovava nel posto più pubblico di tutta la città. Ah, be’. Perché quella cosa doveva riguardarlo? Non era così, infatti.

    Buon giorno, Dottor Kelly Fu immediatamente accolto dalla sua assistente, Natasha. Sembrava una ragazza abbastanza carina, ed era apparsa estremamente desiderosa di avere quel posto di lavoro quando aveva messo l’annuncio sul Craig’s List.

    Giorno rispose lui con un cenno del capo. Si tolse la giacca nera, cambiandola con una candida mentre osservava Napoleon correre verso il retro. Quel cane era troppo viziato. Ma sul serio, quanti cani potevano dire di lavorare con il proprio padrone? Be’, se i cani avessero potuto parlare, ovviamente. Ci sono messaggi?

    Uh, Natasha passò in rassegna un mucchietto di biglietti. Oh, sì. La signora Birmingham ha chiamato. Di nuovo. Ha detto che FiFi non sta affatto migliorando.

    Rowan rivolse gli occhi al cielo. Lo sapeva molto bene. Aveva controllato il cane già tre volte e stava perfettamente. Aveva già avuto a che fare con donne del tipo della signora Birmingham prima. Era una casalinga sola, alla disperata ricerca di attenzione, ma che abbaiava all’albero sbagliato, per usare un’espressione canina.

    Devo fissarle un altro appuntamento?

    Chiamala semplicemente e dille che FiFi ha bisogno di molte più vitamine nella dieta. Se non è ancora soddisfatta, penso tu possa fissarle un altro appuntamento per la prossima settimana. Rispose lui prima di scomparire nel santuario che era il suo ufficio.

    Una volta all’interno, scivolò sulla sua sedia e guardò verso lo schermo del computer ancora tutto nero. Amava il suo lavoro, lo amava sul serio. Era probabilmente la cosa migliore che gli fosse mai capitata. Aveva sempre amato gli animali, e, a esser sinceri, preferiva di sicuro avere a che fare con loro piuttosto che con le persone. Non è che fosse un asociale, perché in realtà lo era affatto, ma semplicemente li preferiva a qualunque altra cosa.

    Vuole fare colazione? chiese Natasha, appoggiandosi contro lo stipite della porta.

    Se non viene da quel negozio dove l’hai presa ieri rispose alzando un sopracciglio. Quello era stato sul serio il peggior hamburger che avesse mai mangiato. Non voleva ripetere di nuovo quell’esperienza.

    "Naah. Ho preso dei ciambellotti alla crema. Ho pensato che le piacessero di più."

    Lui inarcò un sopracciglio. Ciambellotti alla crema? Sarei matto a dire di no. Portamene uno, o magari due. Lei gli rivolse un sorriso lieve prima di voltarsi e scomparire lungo il corridoio. Lui sospirò, appoggiandosi di nuovo allo schienale della poltrona. Era questione di minuti e poi gli animali di Chartreuse si sarebbero messi in fila per i loro check-up e lui sarebbe stato pronto per salutarli con il suo solito caldo sorriso per il quale era così famoso a Boston. Quella era assolutamente la vita che aveva sempre voluto. Ma qualcosa sembrava mancare...

    Capitolo Tre

    ––––––––

    C’erano solo due cose, a questo mondo, che realmente rendevano Kasen nervoso. Trovarsi faccia a faccia con la gente e di fronte a sua madre. Non era rientrato a casa nemmeno da un minuto e il suo telefono già squillava così forte da staccarsi quasi dal gancio da solo. Nessuno lo chiamava mai. Per lo meno non a casa. Era molto diverso dal posto di lavoro. Tutti lì chiamavano per scambiare due parole con Cool-Kasey, fare una dedica o una richiesta per poi riagganciare facendolo sentire in qualche modo amato e popolare.

    Ma non appena rispondeva al telefono, sapeva già chi era anche senza controllare il numero sul display.

    Si può sapere dove sei stato? chiese sua madre. Aveva un modo tutto suo di dire ciao, vero?

    Ciao anche a te. Rispose lui. Ho portato Houston a fare una passeggiata al parco.

    Be’ avresti potuto chiamarmi per dirmelo. Ti ho chiamato otto volte, Kasen. Ero preoccupata a morte. Lui portò gli occhi al cielo. Non era preoccupata, era solo irritata

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