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Io lo chiamo amore
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Io lo chiamo amore
E-book388 pagine5 ore

Io lo chiamo amore

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Info su questo ebook

Dall’autrice del bestseller Un giorno da favola

Una storia d'amore romantica, con il giusto pizzico di ironia: la ricetta perfetta per un bestseller 

Ethan Feldman è un impresario discografico, è sempre attorniato da donne bellissime e non può fare a meno di… portarsele a letto. Il giorno dopo però se ne tiene ben distante perché le considera capricciose, viziate e di umore ballerino. Patty Mc Oween, la sorella del più caro amico di Ethan, fa l’architetto e da un po’ di tempo lo detesta. Perché? Cos’è cambiato tra di loro? Ethan decide di svelare il mistero e cade così nella rete che Ale Miller, proprietaria della Cupido Agency, ha tessuto per lui, una rete fatta di equivoche tentazioni ed erotiche provocazioni...

«Se amate leggere le storie d’amore ecco la favola che fa per voi!»

«Mi sono innamorata di questo libro dalla prima pagina: la storia mi ha conquistata subito!»
Fabiola d'Amico
è cresciuta ad Aspra, in provincia di Palermo, e vive a Bagheria. Il lavoro occupa gran parte del suo tempo ma appena può s’immerge nella lettura o nella scrittura. Con la Newton Compton ha pubblicato Un giorno da favola, Un matrimonio da favola, Amore per tre e Io lo chiamo amore.
LinguaItaliano
Data di uscita10 lug 2017
ISBN9788822712561
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    Anteprima del libro

    Io lo chiamo amore - Fabiola D'Amico

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    1740

    Prima edizione ebook: agosto 2017

    © 2017 Newton Compton editori s.r.l.

    Roma, Casella postale 6214

    ISBN 978-88-227-1256-1

    Realizzazione a cura di The Bookmakers Studio editoriale, Roma

    www.newtoncompton.com

    Fabiola D’Amico

    Io lo chiamo amore

    Newton Compton editori

    Indice

    Capitolo 1

    Capitolo 2

    Capitolo 3

    Capitolo 4

    Capitolo 5

    Capitolo 6

    Capitolo 7

    Capitolo 8

    Capitolo 9

    Capitolo 10

    Capitolo 11

    Capitolo 12

    Capitolo 13

    Capitolo 14

    Capitolo 15

    Capitolo 16

    Capitolo 17

    Capitolo 18

    Capitolo 19

    Capitolo 20

    Capitolo 21

    Capitolo 21

    Epilogo

    Ringraziamenti

    A mamma, che spero vigili sempre su di me,

    alle mie sorelle, Letizia e Liliana,

    grazie di esserci sempre. Vi voglio bene.

    Capitolo 1

    Un troll di quelli cattivi […] aveva costruito uno specchio con la particolarità che tutto ciò che di buono e bello si specchiava in esso svaniva quasi nel nulla e tutto ciò che era senza valore e di brutto aspetto veniva messo in evidenza e diventava ancora peggio.

    H.C. Andersen, La regina delle nevi

    Ethan uscì dalla sala registrazioni con un sorriso soddisfatto. La canzone di Klain, dal semplice titolo I Love You , era pronta per essere mandata in onda e le Hearts Five, un gruppo musicale composto da ragazze dai diciotto ai ventidue anni, avevano interpretato in modo mirabile ogni singola frase. Le loro voci roche avevano fatto rabbrividire persino lui, che di solito non si lasciava emozionare da strofe romantiche ma guardava al lato economico di un successo. Lui in una canzone ci leggeva solo gli assegni a sei zeri che ne avrebbe ricavato.

    E quella era la più bella che Klain avesse mai scritto.

    Un tripudio di sogni e speranze sentimentali che finalmente si avveravano. Quando l’aveva letta la prima volta, aveva sollevato un sopracciglio: il suo migliore amico era caduto nella rete dell’amore. Perduto. Per sempre.

    Rete dalla quale lui si teneva ben lontano. Del resto, perché accontentarsi di una sola donna, quando la vita ti serve su un vassoio d’argento tante bellezze disposte a fare di te il proprio idolo, senza complicati coinvolgimenti sentimentali?

    Ethan non era tipo da farsi andar bene la stessa minestra ogni giorno. A lui le pietanze piacevano sempre diverse, e più erano appetitose e piccanti, meglio era.

    Di certo non aveva alcuna intenzione di innamorarsi di una femme fatale e ritrovarsi, all’indomani del matrimonio, uno scorfano sul letto. Perché è risaputo che le donne, dopo avere intrappolato le loro prede, smettono di prendersi cura di se stesse, e addio sensualità. Tolta la maschera di dolcezza e calda accondiscendenza, diventano bisbetiche, colleriche dominatrici, con il chiaro intento di prevalere sul maschio ignaro e con il cervello offuscato dal desiderio.

    Mentre percorreva i corridoi della casa discografica, al sessantacinquesimo piano della Freedom Tower, rifletteva sul fatto che le sue argomentazioni non nascevano da una delusione, quanto da un esame statistico della situazione.

    Nei suoi anni adolescenziali, quando gli ormoni avevano cominciato a bussare alla porta, aveva osservato il fenomeno con attenzione, e con sei sorelle maggiori per casa, di materiale di studio ne aveva avuto a disposizione parecchio.

    Aveva assistito all’organizzazione di piani malefici per attirare nelle loro reti inconsapevoli ragazzini, alcuni dei quali erano ancora i suoi cognati. No, davvero, lui in quella trappola infernale non ci voleva proprio cadere. Non aveva alcuna intenzione di uscire di casa a ore impossibili per buttare l’immondizia o fare affidamento su di lei per la spesa e ritrovarsi senza caffè in casa. E che dire dell’odore nauseabondo dell’acetone? E delle calze di nylon appese nel vano doccia? Di tutti quegli intrugli con cui coprono i brufoli?

    Le donne sono bellissime, seducenti e indispensabili, ma solo per incontri appassionati di poche ore. Nessun domani, una toccata e fuga. Questo era il suo motto. E soprattutto si teneva ben distante dalle occasioni pericolose, dalle situazioni che, nate dal nulla, come per magia trasformavano il lui di turno in un altro uomo. Un uomo innamorato, pensò, reprimendo un brivido di paura. Uno che perdeva il bene dell’intelletto, soggiogato dal potere indiscusso delle donne.

    L’unica eccezione, in quel complicato e subdolo mondo femminile, era la sua dolce mamma che, per la cronaca, era anche un po’ vittima della situazione. Sì, vittima, perché se con le sue sorelle non era facile spuntarla, con lui era impossibile.

    Un rumore di passettini concitati attirò l’attenzione di Ethan. Sorrise, pur sapendo che la bambina che correva verso di lui era la più abile manipolatrice tra le rappresentanti del gentil sesso. Danielle Mc Owen, la sua adorabile figlioccia, era un’astuta femmina di appena sei anni che sapeva come ottenere quel che voleva. Non invidiava gli uomini che in futuro l’avrebbero incrociata. No, assolutamente.

    Allargò le braccia nel momento in cui lei gli allacciò le proprie alla vita.

    «Che ci fai qui, mia bellissima principessa?».

    Danielle era molto più che bella. Aveva grandi occhi di un blu fiordaliso – come era solita sottolineare la bambina ogni volta che le chiedevano di descriversi – capelli neri, lunghi e lisci, e una spruzzata di efelidi sul nasino alla francese.

    «Sono venuta a prendere papà. Abbiamo una commissione molto importante da fare!», rispose Danielle con la sua vocetta dolce.

    Ethan scese al suo livello, accovacciandosi sulle gambe. Nello sguardo della piccola c’era una luce di gioia che ultimamente aveva notato spesso.

    «Cosa si festeggia di così importante?».

    Danielle puntò l’indice contro di lui.

    «Sei incorreggibile, zio Ethan, fra due giorni è San Valentino!».

    «E allora?», replicò lui, trattenendosi dal sorridere.

    La piccola si mise le mani sui fianchi. «La festa degli innamorati! Ma bisogna proprio dirti tutto?»

    «Ah, vero! Come avrò fatto a dimenticarlo?»

    «Chissà… Zia Patty dice che non hai un cuore e che l’amore non sai nemmeno cos’è».

    A quella frase, il buonumore di Ethan scomparve. Non aveva mai avuto nulla da ridire sul fatto che si parlasse di lui alle sue spalle. Era nella classifica mondiale dei cento uomini più sexy e ricchi del mondo, era inevitabile che il suo nome circolasse; quello che lo infastidiva era che si parlasse male di lui, e soprattutto che lo si facesse con la sua figlioccia.

    Patricia Mc Owen, alias Patty, era la zia di Danielle – nonché sorella del suo più caro amico, il paroliere di successo della casa discografica che dirigeva – e ce l’aveva con lui. Già, perché?

    Erano anni che lo trattava con freddezza glaciale, e qualche volta si era mostrata anche troppo astiosa. Per fortuna le occasioni di incontrarla erano state veramente poche, così lui non aveva dovuto sopportare a lungo il suo insolito comportamento.

    Le donne lo adoravano. Lui era Ethan Feldman.

    «E tu che cosa le hai risposto?»

    «Che il tuo cuore l’ho sentito battere, e anche molto forte, quando mi prendi in braccio, e che mi vuoi tanto, tanto bene».

    Le scoccò un bacio sulla guancia e tornò a sorridere. «Brava la mia piccola, tu sì che mi capisci».

    Danielle ricambiò il sorriso e si dondolò sulle punte dei piedi. Ethan immaginò che avesse altro da dire. E così fu. «Papà è infuriato con te!».

    «Davvero? Che cosa ho fatto?».

    Ovviamente finse di non sapere perché il suo paroliere fosse di cattivo umore: le argomentazioni di Danielle erano troppo divertenti.

    «Hai organizzato la festa per il lancio del nuovo singolo proprio il giorno di San Valentino, il suo primo San Valentino», sottolineò con enfasi, «e le prime volte sono importanti in una relazione!», concluse con aria seria.

    Lui scrollò le spalle, già pregustando il seguito. «Che ti ha promesso per farmi questo discorso?», domandò in tono indagatore.

    «Mi porterà a vedere il musical di Frozen!», rispose la bambina con occhi luccicanti.

    Ethan prese dal portafogli una banconota da cento dollari e gliela porse.

    «Cerca di convincere papà che il denaro viene sempre prima di tutto. Con questi vai a teatro e ti compri anche la bambola di Anna!».

    Conosceva molto bene quel cartone animato. La sua posizione influente gli aveva permesso di assistere alle prove di registrazione delle canzoni del film, e qualche volta aveva portato con sé anche Danielle.

    Un applauso lento e sarcastico interruppe la conversazione.

    Lui alzò il viso e si ritrovò a fissare gli stessi occhi di Danielle, solo un po’ più scuri e senza l’espressione allegra della bambina. Lo sguardo di Patty era duro e freddo.

    «Penso sempre che nulla di te dovrebbe stupirmi e invece… stai istigando mia nipote alla corruzione!», fu il saluto che gli rivolse prima di distogliere gli occhi da lui e posarli sulla bambina.

    Ethan si sollevò e, per nulla intimorito dai modi della donna, si avvicinò a lei. Gli bastò uno sguardo veloce per notare che in Patty c’era qualcosa di diverso. Sì, ma cosa?

    Con aria beffarda, ben sapendo che lei non lo avrebbe gradito, si chinò su di lei e le sfiorò la pelle liscia della guancia con un bacio fraterno. Fu investito da un profumo invitante. Che cos’era?

    «Buongiorno, Patty!», sussurrò con voce suadente. Era il suo normale timbro di voce, non cercava di irritarla. Neanche un po’. «Non la chiamerei corruzione dal mio punto di vista, stiamo patteggiando. E dopotutto continuo a recitare il copione che mi hai affidato. Cosa potresti aspettarti da un uomo che non ha un cuore?».

    Patty non reagì, ed Ethan ricordò che non lo aveva fatto neanche il giorno di Natale. Lo stava sfidando. Fece un respiro profondo e fu di nuovo raggiunto dal suo profumo, che stavolta iniziò a identificare: un mix tra pesca, lampone e… Le papille gustative si risvegliarono, pronte a pregustare un bel piatto di frutta: era così immerso in quella sensazione che quasi non udì le parole di Patty.

    «E lo dimostri ogni giorno di più. Se non fosse presente Danielle, sarei felice di darti una bella lezione, mister arrogante».

    «Che profumo porti?», le domandò di getto.

    «Van Cleef & Arpels First Eau de Parfum. Cos’è, sei a corto di idee per le tue amanti?», domandò sussurrando l’ultima parola e mettendo le mani sulle orecchie di Danielle.

    Ethan assimilò l’informazione, cercando di ignorare la voglia di frutta che lo stava assalendo. Meglio starle lontano, pensò.

    «Dovresti scopare di più, sei troppo acida!», ribatté.

    Gli sembrò che un lampo fuggevole attraversasse lo sguardo della donna. Attrazione? Irritazione? Bene, aveva fatto breccia nel suo muro di ghiaccio. Già, ma perché lo aveva eretto?

    «Zio Ethan, ti assicuro che zia Patty scopa un sacco di volte e in tutte le camere di casa. jj è un gran pasticcione!», s’intromise Danielle.

    Ora, gli parve di scorgere un sorriso nella piega dura della labbra di Patty.

    «Interessante, dopotutto sembra che abbiamo qualcosa in comune: anche a me piace scopare in ogni posto!», replicò malizioso.

    «Come sei grezzo!», sibilò lei prendendo la mano di Danielle.

    Ethan dovette solo allungare il braccio per afferrarle il polso libero, e sotto le dita sentì il suo battito farsi irregolare.

    «Sai, Patty, stai sbagliando tattica con me! Smettila di odiarmi e insultarmi. Il mio ego non lo sopporta. Se continui, mi costringi a dimostrarti che non sono il bastardo che credi!».

    «Per mia fortuna le occasioni di incrociarti sono veramente poche, perché non posso fare a meno di odiarti!», replicò lei freddamente.

    A quel punto Ethan ebbe una certezza: Patricia Mc Owen era una bugiarda che non sapeva gestire molto bene le emozioni.

    La lasciò andare. Prima però le dita le sfiorarono con sensualità il polso e il palmo.

    In quel momento la porta della sala registrazione si aprì, e Klain apparve sul corridoio. Danielle corse verso il padre.

    «La linea che separa l’amore dall’odio è molto sottile», disse Ethan.

    Fu in quel momento che Patty alzò lo sguardo su di lui. Occhi freddi che lo fissavano con astio.

    «Sono territorio di caccia off limits, mio caro. Lo hai ribadito fino alla nausea quando sei entrato nella vita di Klain, quattro anni fa. Le sorelle degli amici sono asessuate!, se ben ricordo sono state queste le parole che hai usato…».

    Sì, poteva averlo detto. In fondo, anche lui aveva un codice morale e non si sarebbe approfittato della sorella del suo migliore amico. Ciò non gli impediva di giocare e prenderla in giro.

    «Sei adulta e consenziente. Sai che il sesso serve a rilassarsi? Se vuoi ti do una dimostrazione», replicò, tuttavia, in tono arrogante.

    «Non sono consenziente e la mia vita sessuale non è affar tuo».

    Patty gli sembrò una gattina recalcitrante che sfugge al padrone. E nelle sue affermazioni c’era troppa baldanza. Dava dell’arrogante a lui, ma il suo atteggiamento non era da meno. Sì, meritava una bella lezione. Gli bastò un passo per affiancarla. Sfiorò di nuovo la sua pelle fresca e liscia. Si sentì inebriare dal profumo fruttato, e il suo compagno di avventure prese vita. Questo non lo aveva previsto.

    «Sai una cosa, cara Patty? Ci metti troppa enfasi nel dire che non ti faccio alcun effetto. Prova a domandarti perché».

    «Va’ a quel paese», lo insultò lei, prima di abbandonare il terreno di gioco.

    Ethan rimase fermo a guardarla. Si sentiva strano: ferito nell’orgoglio? Eccitato?

    «Ethan, ecco dove ti eri cacciato. La Gringor ti sta aspettando!», disse la segretaria interrompendo il flusso dei suoi pensieri.

    Mary aveva sessant’anni e un caschetto di capelli grigi. Occhiali da tipica impiegata e tanta voglia di lavorare. L’aveva scelta per assicurarsi al fianco una donna efficiente, che non morisse dal desiderio di portarselo a letto e che non lo attraesse in modo irrefrenabile. Il sesso era importante, ma il lavoro lo era molto di più.

    Fin da quando l’aveva ricevuta per il primo colloquio, l’aveva paragonata a una minestrina tiepida, saporita e con una spruzzata di parmigiano in cima. Qualcosa di caldo e amorevole.

    «Oh, guarda, c’è Patricia! È proprio una bellissima donna, soprattutto da quando ha deciso di indossare abiti più femminili. È come rinata con il nuovo anno. È più splendente. Prima era una stella tra le stelle, oggi è la stella». Non si poteva pretendere la perfezione in una segretaria, pensò rassegnato. Mary era infaticabile, ma anche molto pettegola.

    Suo malgrado, tornò a girarsi verso l’unica donna sulla faccia della terra che non lo trovasse attraente.

    I lunghi capelli neri le oscillavano sulle spalle in morbide onde, sfiorando un sedere molto vistoso e dondolante. Soltanto in quel momento si rese conto che Patty aveva un modo di camminare decisamente sexy. Indossava dei jeans attillati che le fasciavano le gambe lunghe e affusolate. Le immaginò inguainate da un paio di autoreggenti con tanto di fiocchetto sul polpaccio. Il piede calzato da un sandalo tacco dodici.

    Scosse la testa per risvegliarsi. Che gli prendeva? Quella donna era Patty.

    Da quando portava stivali con il tacco? E dov’erano finite le maglie extralarge da maschiaccio?

    «Peccato per quella luce malinconica che ha negli occhi. Deve aver avuto una grande delusione!», continuò Mary riportandolo alla realtà.

    Si riscosse e cercò di non pensare al suo alter ego, che dai tempi del liceo aveva soprannominato Aquila, e che adesso faceva tendere i pantaloni del vestito grigio di Versace.

    Stava provando attrazione per Patty? No. Finché si era trattato di scherzare e flirtare andava bene, ma pensare di portarsela a letto era inconcepibile.

    Una vocina gli suggerì che a un uomo come lui nulla era mai stato negato. Che male ci sarebbe stato a rotolarsi per un paio d’ore tra morbide lenzuola di seta? Lui non se ne sarebbe pentito e Patty di certo ne avrebbe tratto giovamento. Il suo brutto carattere, pensava, era dovuto alla mancanza di sesso, e negli ultimi anni non l’aveva mai vista in compagnia di uomini.

    Fu colpito da un pensiero! Forse era gay. Ecco perché non era attratta da lui.

    «È normale che una donna che divorzia dopo poche settimane di matrimonio sia disillusa dall’amore», replicò tanto per dire qualcosa.

    Che storia assurda quella di Patty. Tre anni prima, durante la ristrutturazione di un casinò, aveva conosciuto uno dei proprietari e lo aveva sposato in gran segreto dopo due settimane; il matrimonio non era durato molto di più: avevano divorziato a tempo di record.

    Sì, era lesbica, non c’era altra spiegazione. Che peccato, pensò, deluso… Magari è bisex! La coscienza lo pungolò, accrescendo l’interesse di Aquila.

    Forse, ma in quel momento aveva la sensazione che fosse attratta dal sesso femminile, perché era sempre in compagnia dell’amica di Simone, Ale Miller, fondatrice dell’agenzia di matrimoni dall’altisonante nome Cupido Agency.

    La cosa, però, non gli quadrava. Da quel che sapeva, Patty non aveva mai avuto amiche donne, e non gli risultava che avesse ingaggiato Ale per cercare l’anima gemella.

    Evidentemente, c’era sotto qualcos’altro.

    «No, non credo proprio che la sua malinconia sia riconducibile al matrimonio», gli rispose nel frattempo Mary. La ascoltò appena, la mente pronta a divagare con immagini erotiche. Senza rendersene conto, immaginò di trovarsi tra Patty e Ale. La mora e la bionda. Due teste così diverse pronte a prendersi cura di Aquila. Gli andò tutto a fuoco.

    «Dici? E cosa te lo fa pensare?», domandò più che altro per tornare con i piedi per terra. Aquila reclamava attenzioni, tenere le mani a posto era difficile.

    «Al contrario di te, io guardo gli occhi delle persone quando parlo con loro e capisco molte cose! Quella ragazza era delusa già prima di sposarsi».

    Ethan le stampò un bacio sulla guancia e, sfoderando il suo sorriso sensuale, replicò: «Mi conosci molto bene, cara segretaria, il mio sguardo si posa su tette e culi. Sai bene che l’animo delle donne non mi eccita!».

    «Sei un depravato, viziato e arrogante! Ma ricordati, anche i più grandi sono caduti nella rete dell’amore e, una volta imprigionati, sono rimasti fregati».

    Ethan la fissò con espressione impaurita e sollevò le mani. «Vade retro, donna, se un giorno dovessi cadere vittima dell’amore, sarebbe la fine di Ethan Feldman!», dichiarò in tono drammatico.

    «Di Ethan Feldman il rubacuori, non dell’uomo che si nasconde dentro di lui!», ribatté la segretaria scuotendo la testa.

    Capitolo 2

    Correvano dappertutto con lo specchio, e alla fine non vi era paese né persona che non fosse stato deformato dallo specchio.

    H.C. Andersen, La regina delle nevi

    Patty sentiva lo sguardo di Ethan appiccicato addosso. Le sue gambe erano sul punto di cedere per la tensione.

    Sii forte, tesoro, non permettergli di averla vinta, pensò, andando incontro al fratello.

    Negli ultimi tempi, mostrarsi fredda e distaccata era sempre più difficile, eppure sapeva che non poteva comportarsi altrimenti. Ne andava della sua salute mentale. Per fortuna, le occasioni di incontrarlo erano veramente poche. A eccezione di un paio di volte – a Natale e nella circostanza del presunto rapimento di Simone – non si erano visti in quei mesi. E ora sarebbe trascorso altrettanto tempo. Lo sperò con tutto il cuore. Non era per nulla facile fingersi indifferenti a quell’uomo.

    Non era né cieca né pazza. Un giovane affascinante e di bell’aspetto come Ethan avrebbe mandato in estasi qualunque donna dai neuroni normali. Insomma chiunque avrebbe trovato sexy l’accenno di barba che gli ricopriva le guance o il naso dritto che ci stava in mezzo. E vogliamo parlare della bocca? Avrebbe sfidato una suora di clausura a dire che quelle labbra piene e morbide non erano una tentazione anche per la più santa delle donne. E lei, santa, non lo era!

    Ethan Feldman era l’incarnazione del maschio dominante, gli abiti seri snellivano la sua figura muscolosa e lo rendevano terribilmente sensuale e molto popolare tra le rappresentanti del genere femminile. Non c’era donna che non si girasse a guardarlo mentre camminava, e lui lo sapeva benissimo. Non era solo bello, ma anche affascinante e molto astuto. Altra caratteristica che lo rendeva seducente. Insomma, Ethan Feldman era un uomo molto desiderabile.

    Mentre camminava, avvertì intensamente quei dannati occhi – di un blu che le ricordava la divisa degli Angeles Dodger – che le fissavano il sedere. Come aveva potuto lasciarsi convincere da Ale a cambiare il proprio modo di vestire? Era sempre stata un maschiaccio, sia nei modi che nell’aspetto, a eccezione dei lunghi capelli, tenuti però rigorosamente raccolti in una coda di cavallo. Ale aveva risvegliato il suo lato femminile, e la cosa non le dispiaceva, ma quei jeans stretti le fasciavano il sedere in modo vergognoso.

    Quel pensiero durò appena un secondo. Che si strozzasse a guardarla senza poterla toccare. Ora non voleva la sua attenzione. Stronzo!, pensò, infuriata.

    Suo fratello Klain la baciò sulla guancia quando lo raggiunse.

    «Spero che questo sguardo omicida non sia per me!», esclamò.

    «Tranquillo, fratello. È tutto per il tuo migliore amico», sentenziò Patty, irritata. Poi aggiunse: «È odioso, arrogante, presuntuoso e pretenzioso. In una sola parola: insopportabile».

    Per tutta risposta Klain sorrise. «Se ti sentissero le sue milioni di fan, saresti una donna morta!».

    «Poverine. Vittime illuse, che non sanno chi sia veramente. Solo io lo conosco davvero», replicò sarcastica.

    «A questo riguardo ho i miei dubbi: metà della popolazione femminile di New York lo conosce molto intimamente».

    Patty, suo malgrado, arrossì. «Deficiente. Non mi riferivo a quello», disse con voce acida. «In ogni caso, non dovresti permettergli di frequentare tua figlia. La istiga alla corruzione!».

    Il sorriso sul viso del fratello si accentuò. Dimenticando i propri problemi, Patty osservò Danielle, e le sembrò molto soddisfatta. Che stava succedendo?

    «Era tutto studiato a tavolino!», esclamò Klain.

    «Tu sapevi che lui le avrebbe offerto dei soldi?», domandò lei confusa.

    Padre e figlia si scambiarono uno sguardo d’intesa e batterono il cinque.

    «Sei degno di lui», continuò esterrefatta, «e tu, Danielle… mi meraviglio di te, prestarti a questi subdoli giochi!».

    «Patty! Era un gioco… devi imparare a prendere la vita con più leggerezza», replicò il fratello.

    Era in una gabbia di matti, considerò tra sé e sé. «E Simone cosa pensa di tutto questo?».

    Alla sua domanda, l’espressione di pura allegria scomparve dagli occhi di entrambi.

    La cosa le fece davvero piacere: avere un’alleata era molto positivo.

    «Non deve necessariamente sapere tutto quello che facciamo», rispose il fratello.

    Patty scosse la testa e applaudì. «La menzogna è un ottimo presupposto per la realizzare il sogno di una famiglia perfetta».

    «Se vogliamo andare per il sottile, si tratta di omissione e non di menzogna. A ogni modo, è una sciocchezza».

    A quella risposta, lei lo guardò in cagnesco. Ridicole scuse, pensò.

    «Quando Simone diventerà la mia mamma le racconterò tutto!», s’intromise Danielle che aveva ascoltato il dibattito con molta attenzione.

    Stavolta fu Patty a sorridere. Un sorriso ironico che la sapeva lunga sugli effetti che avrebbe avuto quella dichiarazione.

    «Tutto?! Meglio non fare promesse che non si possono mantenere, tesoro», disse Klain.

    La piccola posò la sua manina sul braccio del padre ed esclamò seria: «Tranquillo, papà, mi basterà guardarla con i miei occhioni e mi perdonerà tutto».

    Klain alzò le mani in alto. «Ho creato un mostro».

    Nonostante la situazione, Patty scoppiò a ridere. Danielle era una forza della natura.

    «Non provare a fare da maestra a jj. Te lo vieto!».

    In qualità di madre di un bambino che non aveva ancora compiuto due anni di vita, era necessario sottolineare l’ovvio. jj era già abbastanza vivace di suo, che diventasse un discepolo di Danielle era da evitare.

    «A proposito di Simone, devo chiederti un favore molto importante. Di vitale importanza, direi. Senza di te, non saprei che fare…».

    «Klain, vai al dunque!», gli rispose brusca la sorella.

    «Potresti accompagnarci alla festa di San Valentino?»

    «Vediamo… Scommettiamo i cento dollari di Ethan che, se io non vengo, lei non ti accompagnerà?».

    L’espressione negli occhi azzurri di suo fratello fu più che sufficiente come risposta.

    «Dài, Patty. Vieni o non vieni? Si sente un pesce fuor d’acqua, non conosce nessuno, e io sarò molto impegnato…».

    «Okay», affermò, più che altro per fermare il fiume di parole. Una serata fuori di casa non le avrebbe fatto male. Forse anche Ale si sarebbe unita a loro. Dopo la notte di capodanno non c’erano state più occasioni per divertirsi senza pensieri.

    Klain le scoccò un bacio sulla guancia. «Sei la migliore sorella che io abbia».

    Lo spinse via con un mezzo sorriso. «Ovvio, sono l’unica sorella che hai! E poi ci chiediamo da chi abbia preso Danielle!».

    «Ah, dimenticavo: ballo in maschera!».

    Patty assunse di nuovo un’espressione sorpresa. «In maschera?»

    «Idea mia. Simone non vuole farsi identificare dai paparazzi che ci saranno alla festa. Il processo è stato riaperto e sente l’attenzione della stampa farsi più pressante. Indossando una maschera si godrà la serata con un po’ di tranquillità!».

    Un sospiro di rassegnazione fu l’unica risposta di Patty. Simone era una cara ragazza che aveva dovuto affrontare un momento molto difficile, eppure si era rimboccata le maniche ed era andata avanti. Una donna eccezionale, perfetta per suo fratello. Certo, tornare in un aula di tribunale era penoso per lei, ma allo stesso tempo necessario per riabilitare il suo nome.

    «Quel cretino avrà il fatto suo. Le bugie hanno le gambe corte», disse Danielle in tono battagliero.

    Da quando avevano spiegato alla piccola di cosa fosse stata accusata ingiustamente Simone, Danielle era diventata il suo avvocato difensore. La loro vita era cambiata molto dall’arrivo della fidanzata di Klain. Un arrivo davvero miracoloso, per certi versi.

    Patty le accarezzò i capelli e le posò un bacio sulla guancia. «Sei proprio contenta del tuo regalo di Natale, vero?».

    La piccola la strinse in un forte abbraccio e mormorò: «Tanto, zia. Il più bel regalo che mi abbia mai fatto Babbo Natale! E quando Simone accetterà di venire a vivere con noi, saremo una vera famiglia».

    Patty ricambiò l’abbraccio. Anche lei era super contenta di Simone. Chi lo avrebbe mai detto che a ventisette anni avrebbe avuto un’amica con cui confidarsi? Anzi due. Il Natale appena trascorso aveva regalato loro tesori inestimabili.

    «Non sarebbe bello se anche tu incontrassi il tuo lui? jj ha bisogno di un papà per calmarsi. Ho un’idea». Danielle si divincolò dall’abbraccio e portò le mani ai fianchi.

    Oh, no! Patty conosceva quell’espressione. Qui gatta ci cova, pensò.

    «Fra pochi giorni è San Valentino, e se incontrassi un fidanzato alla festa degli innamorati? Io e Ale ci inventeremo qualcosa».

    Quella ragazzina era romantica, credulona, terribilmente invadente e aveva stretto amicizia con Miss Cupido.

    «Non osate fare nulla! Non sono interessata a nessun uomo e l’amore non fa per me. Sto bene da sola».

    Per tutta risposta, Danielle sorrise.

    «Hai chiuso il cuore all’amore, così come ha fatto Elsa», disse Danielle, portandosi la mano alla bocca e guardandola con gli occhi spalancati. «Forse il tuo cuore è di ghiaccio. Ci vuole un bacio di vero amore per farlo sciogliere. Oh! E se fosse zio Ethan il tuo principe azzurro? Sììì, che bello!».

    Nooooooo!, gridò Patty dentro di sé. «Non dire sciocchezze, non voglio nessun uomo nella mia vita, men che meno Ethan Feldman: non mi piace dividere quel che è mio con le altre».

    Danielle si avvicinò. «Vieni giù».

    Quel cambio repentino di argomento stupì Patty, che senza riflettere obbedì alla piccola.

    Si ritrovò sotto esame. Danielle le spalancò prima un occhio, poi un altro.

    «Deve essere così piccolo da sembrare invisibile».

    «Ma cosa?», domandò incuriosita, sbattendo le palpebre.

    «La scheggia del vetro che costruirono i troll. Il vetro che mostrava i lati brutti degli uomini nascondendo quelli buoni».

    Patty sollevò gli occhi verso il fratello che a braccia conserte e con un sorriso sornione guardava entrambe.

    Danielle le batté la mano sul braccio e, come una consumata attrice, aggiunse: «Non hai letto la Regina delle nevi dei fratelli Grimm, vero?».

    In effetti le era sconosciuta. Scosse la testa.

    «Allora, c’era

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