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Spettri
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Spettri

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Spettri (titolo originale Gengångare) è un dramma in tre atti del drammaturgo norvegese Henrik Ibsen, scritto nel 1881. Rappresenta uno dei suoi drammi più significativi, ed è considerato una commedia sociale o, più propriamente, un dramma borghese. Gli 'spettri' sono le ombre del passato che colpiscono il dramma esistenziale dei protagonisti.
La stesura avvenne nel periodo del soggiorno tra Roma e Sorrento di Ibsen. La prima rappresentazione avvenne all'Aurora Turner Hall di Chicago il 20 maggio 1882 in lingua originale, seguita solo nel 1883 da una prima in Norvegia, paese nel quale fu difficile presentare l'opera, troppo critica nei confronti della borghesia.

Henrik Johan Ibsen (Skien, 20 marzo 1828 – Oslo, 23 maggio 1906) è stato un drammaturgo, poeta e regista teatrale norvegese.
È considerato il padre della drammaturgia moderna, per aver portato nel teatro la dimensione più intima della borghesia ottocentesca, mettendone a nudo le contraddizioni.
LinguaItaliano
EditorePasserino
Data di uscita18 gen 2023
ISBN9791222051390
Spettri
Autore

Henrik Ibsen

Henrik Ibsen (1828-1906) was a Norwegian playwright who thrived during the late nineteenth century. He began his professional career at age 15 as a pharmacist’s apprentice. He would spend his free time writing plays, publishing his first work Catilina in 1850, followed by The Burial Mound that same year. He eventually earned a position as a theatre director and began producing his own material. Ibsen’s prolific catalogue is noted for depicting modern and real topics. His major titles include Brand, Peer Gynt and Hedda Gabler.

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    Anteprima del libro

    Spettri - Henrik Ibsen

    PERSONAGGI.

    La signora Elena Alving , vedova del capitano e ciambellano Alving.

    Osvaldo Alving , pittore, suo figlio.

    Il Pastore Manders.

    Engstrand , falegname.

    Regina Engstrand , cameriera della signora Alving.

    L’azione si svolge in campagna, presso la signora Alving, sulla riva d’uno dei grandi fiords della Norvegia settentrionale.

    ATTO PRIMO.

    Un’ampia stanza che dà sul mare. Porta a sinistra. Due porte a destra. Nel mezzo della stanza una tavola rotonda circondata da seggiole; sulla tavola libri, riviste e giornali. Sul davanti a sinistra una finestra innanzi a cui sta un sofà e un tavolino da lavoro. Nel fondo una serra a vetri, in comunicazione colla stanza. A destra della serra una porta dalla quale si esce per discendere sulla spiaggia. Dietro i vetri il fiord appare melanconico attraverso un velo di pioggia.

    SCENA I. Engstrand e Regina.

    ( Engstrand se ne sta presso la porta che mena alla spiaggia. Egli ha la gamba sinistra più corta dell’altra e sotto il piede una suola di legno. Regina con un inaffiatoio vuoto in mano, cerca d’impedirgli d’entrare ).

    Regina ( a mezza voce). Che vuoi? Non moverti. Sei tutto grondante di pioggia.

    Engs. È la pioggia del buon Dio, figlia mia.

    Regina. Di’ piuttosto una pioggia del diavolo.

    Engs. Buon Gesù come parli, Regina! ( fa alcuni passi zoppicando ) Ascoltami, volevo dirti....

    Regina. Ehi, galantuomo non fate tanto rumore col piede! Il padroncino dorme quassù, proprio sopra noi.

    Engs. Ancora dorme? Di pieno giorno?

    Regina. Questo non ti riguarda.

    Engs. Iersera sono stato un po’ allegro con degli amici.

    Regina. Non fo fatica a crederlo.

    Engs. Che vuoi, figlia mia, siamo uomini, siamo deboli....

    Regina. Oh! Questo è verissimo.

    Engs. E le tentazioni sono tante in questo basso mondo. Eppure Dio sa ch’io era già al mio lavoro stamane alle cinque e mezzo.

    Regina. Va bene, va bene. E se te n’andassi ora? Non voglio restarmene qua in rendez-vous con te.

    Engs. Che dici? Non vuoi che?... Non ho ben capito.

    Regina. Non voglio che t’incontrino qui. Vattene per la tua strada.

    Engs. ( facendo alcuni passi verso di lei ) Mio Dio, no, non me n’andrò sinchè non t’avrò parlato. Oggi terminerò il mio lavoro laggiù, alla scuola di cui si sta per finire la costruzione, e me ne ritornerò in città, a casa mia, col battello di questa notte.

    Regina ( tra i denti ). Buon viaggio.

    Engs. Grazie dell’augurio, bimba mia. Domani si inaugura l’asilo, vi sarà quindi banchetto e gozzoviglie inaffiate da buon vino. Ora, nessuno deve dire che Giacomo Engstrand non può resistere alla tentazione allorchè questa si presenta.

    Regina. Quanto a ciò!...

    Engs. Sicuro, domani si troveranno qui molte persone dabbene. Ci sarà anche il pastore Manders, nevvero?

    Regina. Egli arriva oggi.

    Engs. Vedi! Pensa s’io vorrei che avesse qualche motivo di lamentarsi di me.

    Regina. Ah! Capisco di che si tratta! Veh! Veh!

    Engs. Che c’è?

    Regina ( fissandolo negli occhi ). Che vuoi dare ad intendere di nuovo al pastore Manders?

    Engs. Zitta! Sei pazza? Io dare ad intendere cose non vere al pastore Manders? Ah! No! Il pastore Manders è stato troppo buono con me. Ma ci allontaniamo da ciò che volevo dirti; questa sera dunque faccio ritorno a casa.

    Regina. Tanto meglio! Quanto più presto partirai....

    Engs. Sì, ma voglio condurti via con me, Regina.

    Regina ( guardandolo un istante attonita ). Vuoi condurmi via con te? Ma che intendi dire?

    Engs. Intendo dire che voglio averti presso di me, in casa mia.

    Regina ( con aria di scherno ). Mai!

    Engs. Oh! Lo vedremo.

    Regina. Sì, sì, lo vedremo, puoi contarci. Io allevata presso la signora Alving, la vedova del ciambellano?... Io che fui trattata sinora quasi come una figlia di casa? Io, andrei ad abitare con te?... In una casa come la tua? Orrore!...

    Engs. Ah! Diavolo! Che sarebbe a dire? Ti ribelleresti ora a tuo padre, figlia mia?

    Regina ( a mezza voce, senza guardarlo ). Hai ripetuto fin troppo ch’io non ero nulla per te.

    Engs. Bah! Non ci pensare....

    Regina. Quante volte m’hai chiamata una.... Che orrore!

    Engs. No, giusto cielo, no, io non mi sono servito mai di una parolaccia simile.

    Regina. Non dubitare; me le ricordo perfettamente le tue parole.

    Engs. Ma forse quando ero un po’ brillo.... Il mondo offre tante tentazioni, Regina....

    Regina. Puh!

    Engs. Eppoi la colpa è di tua madre che voleva aver sempre ragione.... Dovevo pur trovare qualche spediente per vincerla. Essa faceva sempre la smorfiosa. ( imitando ) «Te ne prego, Engstrand! lasciami stare! Ho servito per tre anni in casa del ciambellano Alving a Rosenvold, io.» ( sorridendo ) Ah! Buon Gesù! Non c’era caso di farle dimenticare che il capitano era stato promosso ciambellano nell’epoca in cui essa si trovava al suo servizio.

    Regina. Povera mamma! Non t’ha incomodato per molto tempo.... quante glie n’hai fatte passare!

    Engs. ( con un movimento che lo fa zoppicare ). Si capisce, la colpa è sempre mia.

    Regina ( voltandosi da un lato a mezza voce ). Ouf! Eppoi, codesta gamba!

    Engs. Che dici figlia mia?

    Regina. Pied de mouton.

    Engs. Quest’è inglese?

    Regina. Già.

    Engs. Già, già; sei divenuta una sapientona, qui. Sto pensando, Regina, che ciò potrebbe fare al caso nostro.

    Regina ( dopo breve silenzio ). E che vuoi tu ch’io me ne venga a fare con te in città?

    Engs. È egli permesso chiedere ciò che vuol fare un padre della sua unica creatura? Non sono io vedovo, ciò che significa solo e abbandonato?

    Regina. Ah! Lasciami un po’ in pace colle tue frottole. Perchè devo venirmene in città con te?

    Engs. Ebbene, te lo dirò: un’idea, qualche cosa di nuovo che vorrei tentare.

    Regina. Non sei alla tua prima prova, ma la ti è andata sempre male....

    Engs. Vedrai questa volta, Regina! Che il diavolo mi porti....

    Regina ( picchiando col piede ). Zitto, zitto!

    Engs. ( vivamente ). Hai ragione. Volevo soltanto dirti una cosa; dacchè lavoro in questo nuovo asilo riescii a metter da parte un po’ di danaro.

    Regina. Davvero? Tanto meglio per te.

    Engs. Che potrei fare

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