Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Io... Viva!
Io... Viva!
Io... Viva!
E-book337 pagine4 ore

Io... Viva!

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Irene Cascella è affetta da Sclerosi Laterale Amiotrofica, ma la sua storia non è scandita dall’angoscia. L’autrice, pur condividendo con il lettore gli aspetti critici legati all’evoluzione della sua patologia, rischiara le pagine di questo libro grazie alla luce dell’amore che nutre verso la vita, verso Dio e la sua “Santa del cuore”, verso le persone che le sono accanto lungo il percorso. Con stile scorrevole e coinvolgente, l’autrice racconta di una crescita interiore che le arricchisce la mente e le dona conforto al di là della degenerazione della malattia che condiziona il corpo. 
Partendo dal narrare i primi disturbi neuromotori, i timori e i cambiamenti attraversati, lo sguardo dell’autrice inquadra una prospettiva che coglie pura bellezza nella Fede, negli intensi viaggi mistici intrapresi, nella passione per la musica e per alcuni artisti, negli incontri e negli affetti portatori di benessere, a cui donarsi con sentimento. 
È un cammino aperto alla ricerca dell’autenticità e della serenità, da percorrere in corsa con la creatività dei pensieri, laddove il corpo non può arrivare. Perché anche se a volte la vita ci trascina su sentieri impervi, sconvolge i nostri programmi per il futuro, trasforma le nostre aspettative e pure noi stessi, la forza e la profondità della nostra anima possono guidarci verso un orizzonte più limpido.

L’avvocato Irene Cascella è nata a Bari il 26 ottobre 1966, d’autunno, stagione che ama assieme alla primavera.
È affascinata dalle stagioni in trasformazione.
Frequenta le scuole elementari tra le città di Bari e Messina, in seguito si iscrive all’I.T.C “Lenoci” in Bari, dove si diploma in Ragioneria, con la votazione di 48/60.
Essendo stata sempre desiderosa di studiare, il passo successivo è l’iscrizione alla facoltà di Giurisprudenza, dove si laurea con la votazione di 110 e lode. 
Successivamente frequenta lo studio legale lavoristico Veneto, conseguendo il titolo di avvocato, in seguito al superamento dell’esame previsto dopo due anni di pratica forense.
Collabora anche con lo studio legale Russo.
Durante l’estate lavora presso il Soggiorno Montano Enel, come coordinatrice in direzione, in Roccaraso; questo le permette di affrontare le spese per gli studi universitari.
A causa della sua malattia è costretta a rinunciare alla sua professione, questo incidente di percorso è anche occasione di incontro con figure sociosanitarie tre le quali il dottor Di Masi che, durante una visita di controllo, le suggerisce di scrivere un libro dedicato a questa avventura, uno scritto che nasca dal suo cuore!
Ecco l’opera giunta al termine: IO... VIVA!
LinguaItaliano
Data di uscita31 dic 2022
ISBN9788830676008
Io... Viva!

Correlato a Io... Viva!

Ebook correlati

Biografie e memorie per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su Io... Viva!

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Io... Viva! - Irene Cascella

    Nuove Voci

    Introduzione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    Prefazione

    Leggendo queste pagine, ognuno di noi entra in una realtà diversa da quella attesa.

    Irene Cascella è una malata di Sclerosi Laterale Amiotrofica.

    Da alcuni anni ha iniziato a scrivere questo libro e ogni lettore, prima di iniziarne la lettura, pensa a come sarà delicata e amara la descrizione di come si affronta questa malattia.

    E invece no.

    Irene descrive qui un viaggio.

    Troppo spesso pare essere un cammino dal quale lei sembra prendere le distanze, non perché lei non riconosce la sua malattia, ma semplicemente perché questa è una strada che non la sta sconfiggendo.

    È una strada.

    Leggendo le pagine si inizia ad avvertire uno stile semplice, sobrio, attento ai dettagli.

    Irene dona al lettore una attenta e minuziosa descrizione della sua storia, ancor prima della infausta diagnosi.

    È un crescendo progressivo, giorno per giorno.

    Un passaggio di situazioni nelle quali la sua malattia, da una parte, prende lentamente possesso del suo corpo, coinvolgendo la trasmissione nervosa dei comandi motori. Ma la sua mente sembra invece arricchirsi.

    Più il suo corpo viene catturato dalla degenerazione delle strutture nervose, più la sua mente esplora un mondo nuovo, visto da una prospettiva diversa.

    Il ritmo della sua storia è lentamente incalzante.

    I primi disturbi neuromotori, i primi sospetti, il bisogno di fare chiarezza, il timore che qualcosa di importante stesse per succedere nella sua vita professionale, nella sua famiglia.

    Nei suoi bisogni di donna.

    Il viaggio a Boston è la prima tappa verso l’amara verità. Una tappa vissuta con lucidità estrema.

    Momenti in cui Irene inizia ad avvertire il bisogno di non sentirsi sola.

    Bisogno di certezze che veniva subito a galla, affinché nulla potesse essere lasciato alla improvvisazione.

    Qui cresce sempre più il supporto che albeggia nel suo cuore, dalla Fede: una luce che illumina subito quello che stava diventando un tunnel da percorrere.

    Quel viaggio a Lourdes fa scoprire l’altra faccia della malattia: nuove amicizie di spessore come Elia, come Padre Roberto.

    Come Mita... che lasciava indirettamente affacciare al cuore di Irene quel desiderio di maternità, la cui irrealizzabilità veniva a essere proiettata sulla partecipazione alla vita altrui.

    E qui inizia a venire a galla la grandezza dell’animo di Irene.

    Non vi era una vera richiesta di aiuto nell’elaborare la sofferenza.

    La cura migliore per lei era quella di partecipare, fare proprio il dolore degli altri malati conosciuti per le vie di Lourdes.

    La linfa per vivere tutto questo è nella serenità interiore di Irene.

    Il suo motore esistenziale andava oltre la progressiva immobilità: aveva come benzina la Fede.

    I tre incontri con S. Rita non potevano essere casuali. Quel sogno che anticipava la sua visione di S. Rita nella tomba era... un dono divino di presenza interiore che ogni giorno di più invadeva il suo animo.

    Fermo fuori, vivo dentro.

    La malattia prendeva il suo corpo, così come la sua creatività abbracciava la sua anima: la fantasia nell’ideare carrozzine colorate, la passione per la musica, l’attrazione per l’arpa.

    La gioia di sentire la voce di Rosalino Cellamare (in arte Ron) era la vera terapia per prendere la malattia, accettarla e trovare nuovi motivi di vita.

    La creatività di un pensiero che corre, laddove il corpo non può arrivare.

    Ecco il motivo per cui questo libro è tutto da leggere.

    Da capire, riflettendo.

    Da apprezzare, amando ciò che si ha!

    Dott. Pierfrancesco Di Masi

    Medico Anestesista Rianimatore

    Giornalista pubblicista

    IO... VIVA!

    Spesso mi sono chiesta cosa spinga una persona, a un certo punto della propria vita, a scrivere un libro, a raccontarsi... la vita, a volte, ci trascina su percorsi perigliosi, con difficoltà che cambiano i nostri programmi per il futuro, quanto vorremmo realizzare in base alle nostre capacità, alle nostre aspettative e ambizioni... difficoltà che dobbiamo, giocoforza, accettare e affrontare!

    Un cammino irto che nessuno vorrebbe mai intraprendere, un sentiero che nessuno sceglierebbe mai di percorrere!

    C’è chi parla di destino, di fato, di fortuna e di sfortuna... a me piace credere che, fin dal nostro primo vagito, il nostro percorso di vita sia già segnato, sia già scritto su pagine di un libro che nessuno ha mai trovato... a me piace credere questo!

    Sono tante le domande che ci poniamo, nel momento in cui la nostra vita subisce uno scossone.

    Siamo costretti a fare scelte obbligate, molte delle quali comportano sofferenza!

    Perché tra tanta gente proprio a me?... questa è la domanda che percorre la nostra mente.

    È capitato anche a me nel momento in cui mi hanno diagnosticato la S.L.A. (sclerosi laterale amiotrofica).

    Io non avevo mai sentito parlare di tale patologia, tantomeno delle sue conseguenze e implicazioni, anche dopo avermi spiegato in cosa consistessero ho continuato a non capire.

    L’ho capito vivendo la malattia giorno per giorno!

    Così, anche io, ho sentito la forte necessità di realizzare uno scritto, di raccontarmi... rispondendomi, pertanto, alla domanda iniziale.

    Ho deciso di iniziare questo progetto editoriale con la consapevolezza, piena e assoluta, che non v’è certezza di arrivare all’epilogo finale!

    Con esso intendo raggiungere tutte le persone che hanno iniziato il mio stesso percorso, quel percorso tanto accidentato chiamato S.L.A. ... ai miei compagni di viaggio, per intenderci, a tutte le persone che per lavoro, legami familiari, amicizia, con tanto amore e dedizione, quasi sempre per anni, si dedicano a noi!

    Non sempre va così, in alcuni casi, può accadere che familiari o parenti non abbiano la predisposizione mentale per affrontare una situazione di grave malattia... sviluppano stanchezza... lasciano, si allontanano!

    Ammetto che è molto difficile, davvero, adattarsi a uno stato di fatto così stravolgente, per tutti!

    Un detto, tra i più antichi, recita così: l’unione fa la forza, è proprio questo che la patologia dovrebbe trovare, nel momento in cui bussa alla nostra porta... uno schieramento di forze!

    I PRIMI SINTOMI

    L’esordio della patologia in un pomeriggio qualunque di mezza estate.

    Ecco l’affacciarsi dei primi sintomi... forte dolore al petto e formicolio al braccio sinistro, in un primo momento ho pensato mi stesse arrivando un infarto, tipici segnali d’allarme.

    Avendo in famiglia un precedente, è stato il primo pensiero che mi è balenato in mente.

    Lo ricordo come fosse ieri e sono passati venticinque anni.

    Ero in visita, insieme a mio marito Marcello, dai suoi parenti in località Bastardo, provincia di Perugia.

    Io e Marcello ci siamo incontrati a Castel di Sangro, provincia di L’Aquila... esteticamente mi è piaciuto subito ma io considero molto importante il carattere.

    Frequentandoci abbiamo scoperto di avere molte cose in comune, ci siamo trovati bene da subito... è una persona di sani principi.

    Da lì, da Bastardo, la corsa in ospedale a Foligno, il più vicino.

    Il cuore in gola e il battito del cuore talmente forte da non permettermi di sentire, nitidamente, lo stridore degli pneumatici sull’asfalto.

    Dopo un attento ECG e un ecocuore, mi fu detto che non avevo nulla, anzi, mi fu aggiunto che il mio cuore è perfetto.

    In quel momento fui contenta, ma non sapevo che, nel mio organismo, si era innescato un processo neuro-degenerativo dalle conseguenze devastanti.

    Tornammo alla compagnia di parenti a Bastardo e continuammo la serata, sollevati e contenti del pericolo scampato.

    Bastardo è un ridente paese sviluppato tra le verdi colline umbre, nel perugino, in realtà più vicino a Foligno e Spoleto che a Perugia.

    Umbria, splendida regione del nostro Centro Italia, abitanti che spiccano per la loro grande ospitalità e generosa cordialità... centri cittadini a dimensione d’uomo, compresi i capoluoghi di regione, città che non danno alcun senso di grigiore e di soffocamento, tipico delle grandi metropoli.

    Tutto sembra misurato, ampie distese di verde, giardini puliti, alberi perfettamente allineati come fossero una ordinata scolaresca in attesa del suono della campanella.

    Per non parlare dell’arte culinaria umbra... lo squisito tartufo da assaporare su un piatto di tagliatelle fresche o grattugiato abbondantemente su un fumante cosciotto di pollo.

    Il profumo buonissimo alberga nelle narici prima ancora che il piatto arrivi in tavola.

    I salumi eccezionali nelle ricercate norcinerie dove, ogni fetta tagliata, la si accompagna con un ampio sorriso.

    Insomma, una regione che val la pena visitare!

    Al di là dell’aspetto meramente urbanistico e paesaggistico, l’Umbria è una regione colma di santità... Santa Chiara e San Francesco d’Assisi, amici fin dall’infanzia, fondatori rispettivamente degli ordini religiosi delle clarisse e dei francescani.

    È difficile parlare della personalità di questi grandi della fede... San Francesco, a seguito del suo amore sconfinato verso Dio, si spogliò di ogni bene per vivere in piena umiltà.

    Come per tutte le figure mistiche della nostra storia, anche il percorso di fede di San Francesco fu molto difficile.

    Nei suoi confronti ci fu molta diffidenza, persino da parte di Papa Innocenzo III che gli credette a seguito di un sogno.

    Papa Innocenzo III, una notte, sognò la chiesa tremolante e un ragazzo dai vestiti molto umili reggere le colonne della chiesa, impedendone così il crollo.

    A seguito di questo sogno rivelatore, il papa volle incontrare Francesco e riconobbe in lui l’umile ragazzo sognato.

    Oltre loro, San Benedetto da Norcia fondatore dell’ordine religioso dei benedettini, ricordiamo il suo insegnamento Ora et labora, ma la Santa alla quale sono indissolubilmente legata è Santa Rita da Cascia, la Santa dei casi impossibili e del perdono, la Santa del mio cuore. Di Lei e della sua grandissima importanza nella mia vita, ne parlerò ampiamente più avanti.

    IL RITORNO DEI SINTOMI

    La visita medica in ospedale a Foligno mi tranquillizzò, anche Marcello si calmò. Nessuno poteva immaginare, tantomeno io, che di lì a qualche settimana, i sintomi si sarebbero riaffacciati.

    Dopo alcune settimane, infatti, mentre ero nella pretura lavoro (anzi dico ex pretura essendo queste venute meno) mentre scrivevo un verbale di udienza, la mia attenzione fu catturata dal mio pollice sinistro che, senza una apparente motivazione, cominciò a muoversi da solo.

    I movimenti erano a volte verso l’esterno, a volte verso l’interno, movimenti che io non riuscivo assolutamente a controllare!

    In quel momento non ci feci molto caso, pensai a un comune spasmo muscolare, di quelli che vengono quando si è affaticati, sotto tensione.

    In effetti, il 1997 fu un periodo molto stressante per me!

    L’incontrollabile movimento del pollice continuò ancora, la mano sinistra diventava sempre più debole tanto da non riuscire a prendere gli oggetti, neanche i più piccoli e leggeri!

    Il mio medico di base dell’epoca, dott. Giuseppe Lorusso, mi consigliò di fare una indagine più approfondita iniziando da una elettromiografia.

    Seguii subito il suo consiglio, recandomi al Policlinico di Bari per eseguire tale esame clinico.

    L’elettromiografia è stata pesante, sia per la durata (poco più di mezz’ora) sia per l’esame in sé.

    Non credo che questo esame sia conosciuto da molti.

    Consiste nell’inserimento di un ago nei muscoli e nel vedere se la trasmissione del comando, dell’impulso, dal cervello ai muscoli, è presente.

    Al termine di questa indagine, il neurologo che l’aveva eseguita mi disse che avrei fatto meglio ad approfondire l’indagine recandomi in un centro specializzato a Milano.

    In quel momento l’unica cosa che riuscii a chiedere fu cosa avesse trovato di anomalo. La risposta che mi fu data fu molto generica e formale, una risposta senza risposta. In quel momento capii che c’era qualcosa in me che non andava e provai la sensazione di un pugno allo stomaco! Sensazione bruttissima! Da quel viaggio a Milano, fatto insieme a mio marito Marcello, è iniziato il nostro lungo peregrinare.

    Visite e altri esami al Gemelli di Roma, visite da un professore del Besta di Milano, raggi e risonanze magnetiche, potenziali evocati...

    Insomma, molti referti che, in realtà, mi davano molto da pensare.

    Mi chiedevo spesso perché, nonostante tutti quei referti clinici, ancora nessuno era stato in grado di formulare una precisa diagnosi.

    In un certo senso ricevere una diagnosi precisa mi avrebbe aiutato a trovare una certa tranquillità.

    In realtà, a Milano, il centro neurologico Besta non lo abbiamo mai visto in quanto siamo stati dirottati direttamente presso lo studio privato di questo noto neurologo del Besta.

    Le visite di questo affermato neurologo duravano al massimo circa venti minuti, per la prima visita si pagava, all’epoca, la modica cifra di 350.000 per la prima visita e 250.000 per le successive, a onor del vero dietro rilascio di relativa fattura. Milano non l’avevo mai visitata, è stata la prima volta... Piazza Duomo, il Duomo e la galleria... è stata una bella passeggiata anche se lo spirito, lo stato d’animo, non era certo quello spensierato di turisti.

    Il mio pensiero correva sempre alla tanto attesa visita neurologica, un pensiero tanto pesante.

    Arrivati presso lo studio di questo neurologo, altra visita, altre prescrizioni di esami da fare, altri farmaci da somministrarmi.

    In realtà, i farmaci servivano per tamponare, nell’immediato, le conseguenze di uno stato clinico non ancora ben definito.

    C’era molto cortisone che, prescritto per oltre un anno, mi aveva causato la perdita di molti capelli.

    Non c’era posto in cui andassi senza lasciarne testimonianza.

    Un forte imbarazzo che, all’epoca, limitava molto le occasioni di incontro con gli amici.

    In verità, più passavano i giorni e più mi gonfiavo, conseguenza principale dell’assunzione di cortisone.

    Col passare del tempo la mia situazione peggiorava, ma ancora non avevo una precisa e puntuale diagnosi!

    ISTITUTO MARIO NEGRI

    Mi decisi, a quel punto, a scrivere all’istituto Mario Negri di Novara, istituto che da sempre si occupa di malattie rare.

    Mi era chiaro, a quel punto, che la patologia che mi aveva colpito non rientrava tra le classiche malattie dal nome comune e dalle cure comprovate!

    Decisi allora di inviare tutto, analisi, esami e referti di quanto fatto fino a quel momento.

    Non mi fecero aspettare molto tempo, una lettera di risposta breve, una paginetta scarsa, ma talmente ricca di informazioni da ritenermi soddisfatta!

    Non che mi avessero formulato una diagnosi, ma avendo capito che il problema aveva natura neurologica, mi suggerivano una strada da percorrere.

    Un pomeriggio, decisi di rileggere la lettera di risposta dell’istituto Mario Negri, non so esattamente cosa cercassi forse la risposta alle mie tante domande che, fino a quel momento, le tante visite mediche e i tanti esami clinici ancora non mi avevano dato. Leggevo come fossi in uno stato di veglia, quasi un torpore. In realtà era assolutamente questo lo stato d’animo in cui mi sentivo, come essere in un limbo.

    L’istituto Negri mi aveva indicato due centri neurologici statunitensi che definiva ottimi, il non plus ultra in campo neurologico.

    Le città ospitanti tali centri sono Boston e New York, io per motivi logistici e familiari scelsi Boston.

    Boston è la città del Massachusetts dove da sempre abita mia cugina.

    Lei è all’anagrafe americana Irene Cascella, per entrambe nome ereditato dalla tradizione familiare paterna.

    Devo riconoscere che siamo state fortunate ad avere questo bel nome.

    La S.L.A. mi ha dato la possibilità, l’occasione, di incontrare una bellissima ragazza e una persona dal cuore grande, nonostante ci fossimo incontrate una sola volta in tutta la nostra vita, in occasione di un suo viaggio in Italia.

    Versione americana di me stessa, capelli lunghi biondi a boccoli, un sorriso smagliante e occhi quasi a mandorla vivacissimi segno di grande intelligenza.

    Irene è stata generosa di ospitalità e accoglienza.

    La sua famiglia molto affettuosa pur non avendomi mai conosciuta.

    Mi sono sentita a casa.

    Non ero mai stata negli Stati Uniti d’America, è stata la prima volta.

    In America è tutto big, dalle spaziose strade ai maestosi grattacieli slanciati verso il cielo, dalle singole vie allo sconfinato oceano le cui acque sono talmente profonde da sembrare di colore nero.

    Una visione mastodontica dei ponti attraversati imperanti sull’oceano.

    Singole ville circondate da tanto verde, una cura impeccabile di questi prati all’inglese, tanto ordine e tanta pulizia.

    Questo è l’aspetto che più mi ha colpito, non c’era una carta, un mozzicone in terra, neanche a volerli cercare.

    Una caratteristica del posto, ma diffusa in tutti gli Stati Uniti d’America, è la presenza della bandiera americana a stelle e strisce fuori dalle singole abitazioni.

    Si passeggia per questi stradoni pulitissimi e il colpo d’occhio è davvero bellissimo.

    Gli occhi passano velocemente dal verde dei prati all’azzurro del cielo, un’aria finissima e profumata. Ci si sente in vacanza, è stata questa la mia sensazione e devo sottolineare che il mio stato d’animo mi ha fortemente aiutata durante questo soggiorno non iniziato di certo con spirito vacanziero.

    Questa mia esperienza, questa mia avventura, non mi ha vista unica protagonista.

    Nel luglio 1999, periodo del primo viaggio verso Boston, le mie prime diciotto ore di volo (tra andata e ritorno) l’ho affrontato con il mio amico del cuore Elia Melone, quattro anni più grande di me.

    Un ragazzo dolcissimo che non ha esitato neanche un attimo a dirmi di sì quando, una sera, chiamandolo al telefono gli chiesi mi accompagneresti a Boston?

    Il suo , la sua risposta, fu immediata segno di grande affetto e altruismo.

    Infatti, lui è proprio così, un grande altruista, non c’è aggettivo che possa meglio rappresentarlo.

    TUFTs UNIVERSITY, BOSTON

    Arriva il giorno del mio appuntamento al centro consigliatomi dall’ istituto Mario Negri.

    Io ed Elia ci alzammo prestissimo e, dribblando tra i due cani che Irene aveva in casa, un pitbull e un rottweiler non proprio due bestie mansuete, ci recammo alla piccola stazione dove era già pronto il trenino che ci avrebbe portati al centro di Boston.

    Fatti i biglietti ci sedemmo, dopo dieci minuti ecco arrivare il controllore per la obliterazione dei nostri biglietti.

    Questa persona mi è rimasta impressa nella mente, sembrava uscita dal mondo delle fiabe, quasi fosse un personaggio di Alice nel paese delle meraviglie .

    Aspetto simpatico, una pancia che definire molto presente rende l’idea!

    Quando ci ha parlato definendo l’Italia un bellissimo Paese, la sua voce si è snodata in una cantilena quasi una melodia.

    Il nostro viaggio è continuato tra una chiacchierata e l’altra, mentre Elia era intento a scrivere cartoline da inviare a parenti e amici io, con la tempia appoggiata al vetro del finestrino, osservavo le ampie distese di verde attraversate.

    Ho sempre amato viaggiare in treno, mi è sempre piaciuto un sacco, sin da piccina quando, prenotando le cuccette dall’età veneranda, andavamo in Sicilia precisamente a Messina per trascorrere le vacanze estive con la famiglia materna.

    Messina è la città alla quale sono molto affezionata, i ricordi più belli della mia adolescenza e di parte dell’età adulta sono legati a questa bella città!

    Ho sempre trovato molto rilassante viaggiare in treno, persino il rumore della ferraglia sui binari della ferrovia, tipico rumore di sottofondo del treno in movimento, lo trovavo rilassante.

    La mente spazia tra la natura attraversata, ampie distese di prati, paesi non conosciuti, squarci di mare di un intenso celestone, animali al pascolo, persone incrociate mai conosciute che, a volte, si sbracciavano per regalarci un saluto. Ho sempre pensato a quali fossero i loro nomi, quali le loro storie, quali i loro progetti di vita e i loro pensieri...

    Ciò che mi è rimasto impresso nella mente, sono i contadini dai volti segnati dal sole, nelle campagne calabresi spogliare alberi da frutta e altri raccogliere prodotti nei campi.

    Mi sono spesso chiesta come facciano i contadini a piegarsi perfettamente in due senza reclinare le ginocchia...

    Arrivati al down-town di Boston, ci recammo all’appuntamento con il prof. William Brown, presso la Tufts University in Washington Street 750.

    Il centro neurologico è collegato direttamente al centro universitario.

    Quanto sono altissimi e maestosi i grattacieli negli Stati Uniti d’America.

    Alzando lo sguardo non si riesce a scorgere l’ultimo piano, lo sguardo si perde nel cielo.

    Ricchi di vetrate, sembra quasi inesistente il cemento, ciascun grattacielo si specchia nell’altro.

    Anche l’edificio ospitante la Tufts University presenta

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1