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Liberi di imparare: Le esperienze di scuola non autoritaria in Italia e all'estero raccontate dai protagonisti
Liberi di imparare: Le esperienze di scuola non autoritaria in Italia e all'estero raccontate dai protagonisti
Liberi di imparare: Le esperienze di scuola non autoritaria in Italia e all'estero raccontate dai protagonisti
E-book237 pagine3 ore

Liberi di imparare: Le esperienze di scuola non autoritaria in Italia e all'estero raccontate dai protagonisti

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Info su questo ebook

È possibile imparare senza essere obbligati a frequentare lezioni? Senza essere sottoposti a voti e alla minaccia di una bocciatura?

Questo libro risponde di sì attraverso le voci e le esperienze concrete di coloro che animano le scuole democratiche libertarie in Italia e nel mondo. Gli autori, con linguaggio chiaro e appassionato, ricostruiscono la storia e i presupposti teorici dell'educazione non autoritaria, dall'assenza dei voti alla libertà d'apprendimento, dalle regole condivise al protagonismo degli studenti.

I tratti comuni a ogni esperienza educativa, così come le peculiarità dovute ai diversi contesti ambientali, emergono attraverso le testimonianze di studenti, insegnanti e genitori, che ci raccontano la vita e le scelte quotidiane in questi gruppi educativi non convenzionali.

In chiusura del volume potete trovare una mappa dei progetti e delle esperienze di scuola democratica in Italia, alcune informazioni concrete per diffonderle nel nostro paese e una ricca bibliografia per chi desidera approfondire.
LinguaItaliano
Data di uscita23 apr 2015
ISBN9788866810971
Liberi di imparare: Le esperienze di scuola non autoritaria in Italia e all'estero raccontate dai protagonisti

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    Anteprima del libro

    Liberi di imparare - Francesco Codello

    Ringraziamenti

    Grazie a tutte le persone che, con entusiasmo, hanno accettato di rispondere alle nostre domande e di partecipare così alla stesura di questo libro; in particolar modo un ringraziamento a David Gribble che ha condiviso con noi i suoi viaggi tra le scuole democratiche del mondo.

    Grazie a tutti i membri della Rete per l’Educazione Libertaria che con costanza e coraggio portano avanti i progetti che qui hanno descritto e alle loro riflessioni stimolanti e agli scambi costruttivi che caratterizzano sempre i nostri incontri.

    Grazie a Steven Tamburini per il quadro in copertina, che racconta con i colori l’energia e il contenuto del libro; grazie anche per tutto quello che abbiamo condiviso nel tempo.

    Grazie a Maitri che mi ha portato a confrontarmi con questo tema e mi ha dato la grinta per approfondirlo.

    Grazie a Colin che con grande pazienza ha sempre appoggiato questo progetto offrendomi la serenità e la stabilità necessarie per portarlo a termine.

    PREFAZIONE AMARE È LASCIARE LIBERI

    di Nicholas Bawtree*

    "I vostri figli non sono i vostri figli. Sono i figli e le figlie del desiderio che la vita ha di se stessa"

    Kahlil Gibran, Il profeta

    Il libro che state per leggere parla di un’idea scomoda. Molto scomoda. Un’idea che però è anche semplice, pratica e senza fronzoli. Potremmo riassumerla così: ogni bambino o bambina, nel rispetto degli altri, ha il diritto di decidere quello che vuole fare.

    Sicuramente se al posto della parola bambino ci fosse la parola persona, pochi avrebbero qualcosa da ridire su questo principio di libertà individuale. Per i bambini invece è diverso: i bambini sono piccoli, quindi ignoranti, quindi incapaci di decidere per se stessi. Potranno acquisire questa capacità solo dopo un lungo periodo di educazione da parte degli adulti, che termina con una prova dal nome emblematico: maturità.

    Il più delle volte il bambino, sia a casa che a scuola, si ritrova a impiegare la maggior parte del proprio tempo a fare cose decise da altri. A scuola in particolare, passa svariate ore al giorno seduto ad apprendere delle nozioni sotto il ricatto morale del voto. Queste nozioni dovrebbero dargli gli strumenti necessari per poter decidere finalmente con la propria testa. In altre parole si pensa che, dopo aver passato dai tredici ai sedici anni a fare cose stabilite dagli adulti, un giovane sia finalmente pronto a decidere per sé.

    Nella seconda metà dell’Ottocento, proprio quando le caratteristiche autoritarie della scuola erano particolarmente esplicite, ma anche meno ambigue, qualcuno iniziò a pensare che c’era qualcosa che non tornava in questo ragionamento. Fu allora che cominciarono a circolare le prime teorie sull’educazione democratica, dalla penna dello scrittore Lev Tolstoj e poi del pedagogista John Dewey.

    La nascita, nel 1921, della Summerhill School, con sede nel Suffolk, in Inghilterra, costituisce uno degli esempi più significativi di questo processo di critica verso il sistema educativo tradizionale. A Summerhill un bambino può tuttora studiare le stesse materie insegnate in una scuola normale o praticare diversi tipi di lavoro manuale, ma può anche stare tutto il giorno a giocare all’aperto, o persino a non fare nulla. Tutte le questioni relative alle attività e alla convivenza all’interno della scuola vengono poi gestite attraverso un’assemblea settimanale, dove si approvano, si modificano e si abrogano leggi e dove ognuno ha diritto a un voto, indipendentemente dalla propria età.

    Il fondatore di Summerhill, Alexander Neill, nei suoi libri scrive poco di teoria e molto di pratica. Racconta di Charlie, Sylvia, Bert, Peggy. Lascia che a parlare siano le storie dei singoli bambini, piuttosto che la retorica della pedagogia. Dichiara di non avere la verità in tasca, ma allo stesso tempo mette in pratica con grande determinazione quella che può apparire a prima vista come una fede o un’ideologia, ma che si rivela essere piuttosto un semplice fatto: la libertà funziona. Se a un bambino diamo la piena responsabilità delle proprie attività quotidiane, maturerà fin da subito la capacità di ascoltare le proprie inclinazioni, di sperimentare i propri talenti, di scegliere la propriavita. Ma tutto questo succede solo se si dà una libertà autentica, e non una pillola di autorità addolcita, come avviene in molte scuole che si proclamano alternative.

    E quali sono gli unici bambini a non fare niente a Summerhill, mentre gli altri si intrattengono con tutta una serie di occupazioni che vanno dallo studio al gioco, dal teatro alla musica, dall’artigianato al ballo? Neill racconta che sono proprio quelli appena arrivati da scuole convenzionali. Tuttavia questa inattività, normalmente, non dura più di qualche mese, dopodiché il bambino inizia ad annoiarsi, e a dedicarsi pian piano a qualche occupazione.

    Insomma, è come se l’accidia in un bambino fosse un campanello d’allarme. Neill infatti è convinto che i bambini siano naturalmente inclini a essere attivi, entusiasti, interessati a tante cose. Se non lo sono, è molto probabile che stiamo sbagliando qualcosa noi, non loro.

    E se un bambino non vuole fare niente, la cosa migliore è lasciare che non faccia niente, perché è proprio in questa condizione che capirà quello che vuole fare veramente, indipendentemente da ciò che noi vogliamo o pianifichiamo per lui. Come scriveva D. H. Lawrence nel 1918: Come iniziare a educare un bambino? Prima regola: lasciatelo in pace. Seconda regola: lasciatelo in pace. Terza regola: lasciatelo in pace.

    Qualche anno fa, per un articolo su Terra Nuova, ho intervistato Zoe Readhead, figlia di Neill e attualmente preside della scuola di Summerhill. Mi ha molto colpito il forte senso pratico nelle sue parole. Pensando di metterla in difficoltà, le ho chiesto se la libertà dei bambini era estesa anche alle scelte alimentari, e lei mi ha risposto di sì. Ma non mangiano sempre patatine fritte? l’ho incalzata. No mi ha risposto. Un bambino libero di scegliere varierà naturalmente la propria dieta, e sceglierà anche di mangiare le verdure. Da noi succede questo. Comunque ha subito aggiunto il fatto che i bambini nelle scuole convenzionali stiano seduti per tantissime ore è ben più nocivo per la salute che mangiare ogni tanto patatine fritte.

    Eh sì, la libertà per molti di noi è davvero qualcosa di misterioso, perché abbiamo l’opportunità di viverla solamente dopo anni durante i quali siamo stati educati a non essere liberi. Del resto la parola libertà, come la parola amore, è una delle più abusate, inquinate e fraintese della nostra lingua. Confondiamo libertà con licenza, amore con possesso. E questi due fraintendimenti in realtà sono strettamente connessi.

    In una recente conferenza, lo scrittore Igor Sibaldi ha parlato della differenza tra il termine italiano amore e il corrispondente inglese love. Mentre amore, ha spiegato, deriva dal sanscrito kama che significa passione sensuale, la parola love ha la stessa radice di leave, cioè lasciare libero.

    Love. Leave. Libertà. Ecco il ponte. Ed ecco l’essenza dell’educazione democratica presentata in questo libro. La libertà che si vuole dare ai nostri bambini è in realtà un profondo atto d’amore, inteso nel senso della parola inglese love-leave. Si tratta di una scelta senza dubbio difficile, perché ci costringe a fare i conti con i nostri egoismi, con le proiezioni che attuiamo sui nostri figli e, non ultima, con la volontà di controllo esercitata dalla nostra società, ansiosa di creare individui mansueti e facilmente manipolabili.

    I principi che avrete modo di approfondire in questo libro sono molto di più di un metodo pedagogico. Propongono di rapportarci ai bambini in maniera nuova, liberandoci il più possibile dai pesi della nostra esperienza passata.

    Un numero sempre crescente di genitori e insegnanti in tutto il mondo, e negli ultimi anni anche in Italia, sta seguendo con coraggio questo percorso. Lo fa con i propri mezzi, con i propri limiti e con i propri errori, ma anche con grande entusiasmo, grande determinazione e spesso anche con grande chiarezza d’intenti. Perché, lo ripeto, si parte da un principio che di per sé è estremamente semplice.

    Pensiamo per un attimo al bambino delle elementari curvo sotto il peso di una cartella più grande di lui: non basta questo a dimostrare che c’è qualcosa di profondamente sbagliato in quello che sta vivendo? E allora togliamogli una buona volta quella cartella!

    Lasciamolo giocare all’aperto per ore. Lasciamo che si sporchi i vestiti, che si arrampichi sugli alberi, che si sbucci le ginocchia, che sudi quanto vuole! Lasciamo che rida e pianga, che si scontri con la libertà di annoiarsi, di mangiare troppe patatine fritte, di lasciare in disordine la propria cameretta... perfino di non saper leggere e scrivere (eresia!).

    Capire attraverso l’esperienza diretta vale più di mille lezioni e mille prediche. L’unica cosa che dobbiamo fare è amare i bambini in modo incondizionato (love-leave), capacità che fortunatamente tutti possediamo, anche al di fuori del ruolo di genitori o di insegnanti. Dobbiamo solo liberare questa energia, togliendoci di dosso la pesante cartella che anche noi stiamo portando: una cartella piena di paure.

    Sarà una rinascita per tutti, adulti e bambini.

    P. S. Mentre frequentavo la quarta liceo un mio professore, John Chatterton, mi parlò di Summerhill mentre insieme scendevamo dal treno alla stazione di San Giovanni Valdarno (Ar). Dodici anni dopo, su una panchina davanti al laboratorio di arte contemporanea del paesino di Strozzacapponi (Pg), ho proposto a Irene Stella di scrivere questo libro. Non dimentichiamoci mai dell’effetto farfalla.

    * Nicholas Bawtree è redattore del mensile Terra Nuova. Dopo aver portato all’esame di maturità una tesina contro la scuola dal titolo Una questione di patate - dove scriveva la scuola mi piace, perché fa nascere vivo interesse per gli argomenti che non tratta - non contento, ha proseguito studiando sociologia e scienze dell’educazione all’università.

    Introduzione

    Immaginate un gruppo di bambini e di bambine in un ambiente in grado di stimolare la loro curiosità; immaginateli liberi di decidere come passare il tempo, quali oggetti adoperare e con quali persone interagire e, soprattutto, pensateli emancipati dalla ricerca di un’approvazione esterna a loro stessi. Forse giocheranno, probabilmente disegneranno o, quasi sicuramente, litigheranno, di sicuro staranno imparando qualcosa. Ognuno, muovendosi, lascerà dietro di sé una scia colorata che si incontrerà con quella degli altri bambini, per dare forma a un’immagine piena di intrecci, di colori e di movimento.

    Inizialmente questa visione sarà difficile da mettere a fuoco, perché non capita spesso di trovarci in una situazione in cui l’adulto non controlla, programma o dirige, anche da lontano oppure inconsciamente, l’attività dei più piccoli.

    Invece scrutando più a fondo questa rappresentazione si potranno individuare gli scambi che ogni incontro tra bambini comporta, gli spazi e le pause che ogni bambino può prendersi senza che questo crei disturbo ad altri; si scoprono insomma, un’armonia e una ricchezza, sinonimi di vita e di curiosità.

    Questo libro cerca di descrivere e raccontare, non eludendo riflessioni più critiche, un modo di vivere la scuola costruito sulla convinzione che ogni bambino e ogni ragazzo sa cosa vuole imparare veramente e, se lasciato libero e autonomo, lo fa in maniera originale e positiva.

    Che cos’è una scuola democratica e libertaria, quali sono le caratteristiche principali e quali le sfumature che distinguono le diverse realtà presenti nel mondo? Nel libro proveremo a risponde a queste domande, presentando le esperienze in corso in diverse aree geografiche; proporremo un viaggio introduttivo nell’arcipelago di queste pratiche autenticamente alternative al sistema dominante di istruzione. Una volta definite sinteticamente le caratteristiche più salienti di questi spazi educativi, cercheremo di rintracciare, all’interno di ogni singolo elemento distintivo, le matrici culturali e le anticipazioni storiche che hanno stimolato e stimolano, ancor oggi, queste esperienze libertarie.

    Lavorando a questo libro ci siamo resi conto che le scuole democratiche hanno una storia che viene da lontano, da idee e intuizioni provenienti da culture diverse, da riflessioni che abbracciano ambiti scientifici differenti e contesti geografici disparati. Ad esempio significati diversi sono attribuiti al ruolo dell’insegnante, a quello dei genitori e al concetto di valutazione. Vi sono inoltre varie opinioni sul significato di ‘educare a essere’ in contrapposizione a quello di ‘educare a dover essere’ in un ambito radicalmente non autoritario.

    Nel capitolo 1 rispondiamo ad alcune di queste domande e cerchiamo di presentare sinteticamente le esperienze e i protagonisti di queste scuole. Il capitolo 2 è invece dedicato a una ricognizione storica e teorica dell’insegnamento libertario. In queste pagine potrete trovare i principali riferimenti teorici e i dibattiti che hanno sostenuto e sostengono la validità di questi progetti educativi.

    Il capitolo 3 illustra le scuole democratiche del mondo per assaporare, da una parte, le peculiarità di ciascuna e, dall’altra, lasciarsi affascinare dal fatto che anche culture assai distanti trovano in questo modo di vedere la scuola un terreno comune. A raccontare saranno i diretti interessati: studenti, insegnanti e genitori sono stati intervistati sulle loro esperienze e su alcuni temi controversi, come ad esempio il rapporto dei ragazzi con il mondo esterno alla scuola democratica.

    Infine, nel capitolo 4 ricostruiamo, attraverso una mappatura a schede, i progetti che sono nati o stanno nascendo in Italia, di ispirazione libertaria. In conclusione, due appendici forniscono alcuni indirizzi e alcune informazioni per diffondere l’homeschooling.

    Questo libro, insomma, primo nel suo genere in Italia, vuole colmare una lacuna, riempire un vuoto, riconoscere una storia e un presente e anche augurare un futuro all’educazione libertaria e democratica, affinché al centro del progetto educativo vi siano veramente i bambini e i ragazzi, la libertà e l’autonomia, la riscoperta del vero significato di educare. Questo lavoro non ha, però, alcuna pretesa di esaurire il tema, anzi! Ci auguriamo che possa costituire uno stimolo per insegnanti, educatori, genitori ma, soprattutto, per i ragazzi e le ragazze che desiderano sperimentare e inventare un’educazione libertaria e realizzare una scuola diversa.

    Non è facile nel nostro paese pensare e progettare un’uscita dal sistema di istruzione statale e burocratico, per favorire la nascita di una scuola comunitaria e pluralistica, a-confessionale e aperta al mondo. Ma è, forse, l’unica strada percorribile per garantire fin da ora a noi stessi e ai nostri figli un mondo un po’ più giusto e libero.

    Concludiamo con un’ultima considerazione: speriamo che questo libro accenda discussioni, sviluppi nuove ricerche, ponga interrogativi, insomma possa costituire uno strumento per portare questi temi al centro di un comune sentire. Allora sarà servito a qualcosa.

    CAPITOLO 1

    Cos’è una scuola democratica

    È difficile dare una definizione precisa di educazione democratica perché una delle sue peculiarità principali è la flessibilità e la capacità di adeguarsi alle esigenze dei ragazzi e del contesto in cui opera.

    È più semplice dire che cosa non è: non si tratta di un insieme di regole da rispettare e neppure della libertà assoluta dei ragazzi, lasciati a loro stessi per osservare come si comportano, come fossero gli oggetti di un esperimento sociale. Semplicemente il metodo per un’educazione democratica non esiste.

    Nel 2005 a Berlino in occasione della Conferenza Internazionale per l’Educazione Democratica si è cercato di definire che cosa sia una scuola democratica; alla fine i partecipanti hanno concordato un’indicazione generale secondo la quale in qualsiasi contesto educativo i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze hanno il diritto di decidere individualmente come, quando, che cosa, dove e con chi imparare e hanno altresì il diritto di condividere in modo paritario le scelte che riguardano i loro ambiti organizzati, in particolare nelle scuole stabilendo, se ritenuto necessario, regole e sanzioni.

    Per gli addetti ai lavori queste poche righe sono chiare e non lasciano spazio a fraintendimenti, ma per chi, per la prima volta, si avvicina all’educazione democratica possono essere di difficile interpretazione.

    Potrebbe sembrare che in una scuola democratica ognuno ha il diritto di fare ciò che vuole, disinteressandosi degli altri, non prendendosi alcuna responsabilità e, per di più, trascurando l’apprendimento. In realtà non è così e questo libro cercherà di spiegarlo.

    Le lezioni come scelta

    Le scuole democratiche accolgono abitualmente bambini e ragazzi, di entrambi i sessi, dai

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