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Pedagogia del bosco
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E-book323 pagine3 ore

Pedagogia del bosco

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Essere educati nella natura è fonte di innumerevoli benefici per i bambini, sia dal punto di vista fisico che dello sviluppo cognitivo e psicologico.

L’autrice, tra le fondatrici di un asilo nel bosco, illustra in modo semplice i principi della pedagogia del bosco e gli aspetti pratici della vita in natura: come vestirsi con il caldo e con il freddo, come allestire un campo base, gli attrezzi, il gioco spontaneo, il ruolo degli adulti e le interazioni tra bambini.

Alla fine del libro tutti avranno gli elementi per organizzare un asilo nel bosco o, più semplicemente, passare del tempo in natura con i propri bambini.
 
Grazie alla grande ricchezza di stimoli e sensazioni, essere educati nella natura è fonte di innumerevoli benefici per i bambini, sia dal punto di vista fisico che dello sviluppo cognitivo e psicologico.

L’autrice, tra le fondatrici di uno dei primi asili nel bosco in Italia, illustra in modo semplice i principi della pedagogia del bosco e gli aspetti pratici della vita in natura: l’educazione “con” e “al rischio”; l’abbigliamento più idoneo per il caldo e per il freddo; i suggerimenti per allestire un campo base; il gioco spontaneo; il ruolo degli adulti e le interazioni tra bambini. Ogni capitolo si conclude con alcune domande che aiutano chi legge a riflettere sull’esperienza e a raggiungere una maggiore consapevolezza.

Il volume fornisce anche un prezioso inquadramento storico delle esperienze di educazione in natura e un confronto con le realtà di altri paesi per meglio comprendere le caratteristiche peculiari della pedagogia nel bosco, approfondirne il senso e riflettere sulla sua messa in pratica.
In queste pagine, il lettore trova gli elementi pratici e teorici per realizzare con successo un progetto di libera immersione nel selvatico sul modello dell’asilo nel bosco o, più semplicemente, per godere in modo più consapevole dei vantaggi che si possono ottenere trascorrendo del tempo in natura con i propri bambini.
 
LinguaItaliano
Data di uscita1 lug 2022
ISBN9788866817765
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    Pedagogia del bosco - Selima Negro

    CAPITOLO 1

    La pedagogia del bosco

    L’intera foresta la accolse come una di loro. Nessuno ricordava come fosse arrivata nel bosco, ma tutti sapevano che era la cosa giusta.

    Hughes (2015)

    Radici

    In Danimarca agli inizi degli anni Cinquanta una mamma e pedagogista di nome Ella Flatau ideò un progetto chiamato vandrebørnehave (letteralmente asilo a piedi), in cui i bambini e adulti passavano la mattina a passeggio nei campi e nei boschi (Williams-Siegfredsen 2010). La loro esperienza viene considerata il momento fondativo della pedagogia del bosco, un approccio che nasce dall’unione tra una lunga tradizione di pensiero pedagogico sul rapporto tra bambini e natura e i fondamenti delle teorie socio-costruttiviste, le più recenti scoperte della neuro-psicologia e una nuova sensibilità al problema del rapporto tra educazione, cittadinanza e sfide ambientali. Molto prima degli anni Cinquanta del Novecento, infatti, importanti pensatori come Jean-Jaques Rousseau (2006), Johann Heinrich Pestalozzi (1965), Friedrich Froebel (1993), Rudolph Steiner (2013), Robert Baden-Powell (1989) hanno portato avanti profonde riflessioni sull’importanza della relazione bambini e natura in educazione. John Dewey (1990) e Maria Montessori (2013) hanno contributo a diffondere consapevolezza sull’importanza dell’interazione dei bambini con l’ambiente, fisico e sociale, per il loro sviluppo, sottolineando aspetti fondamentali come l’esperienza diretta e l’individualità dei percorsi di sviluppo (Coluccelli 2018).

    Tuttavia, la pedagogia del bosco affonda le sue più solide radici nel socio-costruttivismo, che a partire dagli studi classici di Jean Piaget (2011) e Lev Vygotskij (2008) concepisce l’apprendimento come l’interazione tra una mente attiva e il contesto socioculturale, in opposizione ad un approccio comportamentista che pone l’accento sul comportamento osservabile, e non sui processi di interiorizzazione e significazione simbolica ed emotiva delle esperienze. Ecco perché l’attenzione alle relazioni e al linguaggio e la rinuncia a ogni strumento di manipolazione del comportamento dei bambini, a partire dai classici premi e punizioni.

    Altri autori contemporanei, come Barbara Rogoff (2004), Peter Gray (2015), Alfie Kohn (2010) e Alison Gopnik (2017), gli studi della psicologia evolutiva e le neuroscienze hanno contribuito in modo significativo alla comprensione dei processi di apprendimento che la nostra specie ha messo a punto dalla sua origine ad oggi per far fronte alle sfide dell’evoluzione.

    Infine, meritano una menzione specifica autori come Richard Louv (2008), Robin C. Moore (1997), Angela Hanscom (2017), che sono tornati al tema del rapporto tra bambini e natura con la consapevolezza della crisi ambientale che caratterizza la nostra epoca, e dei profondi cambiamenti sociali che hanno ridotto drasticamente il tempo libero e il tempo all’aperto dei bambini. A Louv in particolare va il merito dell’identificazione del deficit di natura come fonte di una moltitudine di malesseri e criticità dell’infanzia contemporanea. Grazie al suo libro L’ultimo bambino dei boschi molti educatori, insegnanti e genitori hanno messo a fuoco una carenza fondamentale nella vita dei loro bambini: il tempo non strutturato in natura.

    Friluftsliv

    Oltre a riconoscere le radici profonde di questo approccio nella storia del pensiero sull’educazione, e allo stesso tempo il suo crescere ed affermarsi in dialogo con le più attuali riflessioni psico-pedagogiche, è importante capire anche perché l’origine di questo modello si fa risalire a proprio a quella prima sperimentale esperienza danese di vandrebørnehave: l’identità della pedagogia del bosco è innegabilmente legata alla sua origine scandinava e alla visione del rapporto natura che prende forma nel concetto norvegese di friluftsliv, che significa letteralmente vita all’aria aperta, ma si riferisce a un’esperienza di profonda connessione con l’ambiente, grazie alla quale una persona si sente a casa quando è in mezzo alla natura selvatica, anche in luoghi in cui non è mai stata (Kubala 2005, Gelter 2000). Non è una singola esperienza, ma uno stile di vita in cui pratica, valori e identità si uniscono in una visione del mondo non antropocentrica. Nasce dall’incontro in condizionato con la natura: richiede tempo, immersione in tutte le sue dimensioni, anche meno scontate e accoglienti, in modo disinteressato e partecipe. È il ritorno al legame biologico originario tra uomo e ambiente tramite la sintonizzazione con i ritmi naturali, l’armonia ritrovata di esperienza sensoriale/motoria/del pensiero in una dimensione ricca di stimoli. Grazie alla friluftsliv si genera un modo diverso di vedere il mondo, basato sulla consapevolezza profonda dell’unità uomo-ambiente-altri esseri viventi. E si rafforza il senso di comunità e di sicurezza, perché la persona ha fiducia nelle risorse proprie, dell’ambiente e degli altri per affrontare ogni difficoltà.

    Le esperienze di friluftsliv non possono avere degli obiettivi di controllo e dominio sulla natura, né obiettivi egoistici di ottenere o imparare qualcosa di specifico per sé. Non coincidono con attività particolari, tantomeno se utilitaristiche o competitive, ma con uno stile di vita e un modo di sentire, difficile da spiegare a parole e legato intimamente alla storia evolutiva della nostra specie: ogni popolo l’ha vissuto quando è riuscito a vivere in armonia con l’ambiente circostante. È la dimensione naturale per lo sviluppo e l’apprendimento dei bambini, perché le energie di mente e corpo lavorano in sintonia al massimo delle loro possibilità.

    Questa è la chiave per comprendere la pedagogia del bosco, in quanto cornice di senso specifica e orizzonte che orienta le riflessioni e le buone pratiche di chi vuole accompagnare i bambini nei loro percorsi di apprendimento con intenzionalità, a partire da una visione specifica dell’infanzia, dell’apprendimento e della relazione fra adulti, bambini e ambiente.

    È importante ripeterlo: in Italia talvolta si stenta ancora a riconoscere questo approccio come un pensiero pedagogico specifico, ma la pedagogia del bosco non è un metodo da applicare passivamente, non è un set di strumenti e buone pratiche da prendere e rimettere via come fa più comodo: è una visione completa (sfaccettata, e aperta al dialogo con altri approcci) dell’infanzia e dell’apprendimento, è una cornice di riferimento in cui l’adulto continua a rimettersi in discussione e a riflettere sui bambini e sulla sua relazione con loro; è un orizzonte e una direzione di ricerca, in cui tenere viva l’autoriflessione sulle proprie pratiche educative.

    È necessario avere chiara l’identità e il senso profondo della pedagogia del bosco perché si possa utilizzare con consapevolezza come orizzonte di senso per chi cerca di riflettere sulle esperienze educative in ambienti non antropizzati. Come è noto, il dialogo tra pratica educativa e riflessione pedagogica è alla base dell’intenzionalità di chi prende consapevolezza del proprio ruolo educativo, che sia professionale o legato alla propria vita personale. Le domande di autoriflessione che scaturiscono dalla visione dell’infanzia e dell’apprendimento della pedagogia del bosco sostengono il pensiero e le buone pratiche di chi pensa che l’apprendimento sia un percorso complesso, personale, non lineare, basato su motivazione intrinseca, ricchezza di possibilità, esperienza diretta, responsabilità. Sono utili per chi considera i bambini come protagonisti attivi del loro percorso di crescita, e gli adulti come accompagnatori. Infine, sostengono l’agire di chi pensa che gli elementi dell’ambiente e gli altri esseri viventi con cui condividiamo il pianeta non siano solo uno sfondo o uno strumento per i percorsi educativi dei bambini, ma ne siano co-autori insostituibili, per ragioni evolutive e biologiche.

    La pedagogia del bosco fa parte della grande famiglia dell’outdoor education (o educazione all’aperto o in natura), come l’educazione ambientale, l’educazione esperienziale, lo scoutismo, l’ortoterapia o le attività assistite con gli animali, approcci che hanno in comune il fatto di svolgersi fuori, spesso in luoghi non troppo antropizzati, e di mettere al centro la relazione tra persone e ambiente (e spesso altri esseri viventi) per creare esperienze significative dal punto di vista educativo (Farnè 2004). Nei progetti basati sui principi della pedagogia del bosco si utilizzano molti strumenti in comune con gli altri approcci dell’educazione all’aperto, ma essi vengono spesso risignificati alla luce della specifica visione pedagogica.

    Ragionare su sovrapposizioni e unicità della pedagogia del bosco è necessario perché questo approccio venga usato con consapevolezza, in contesti, luoghi, culture diverse. Infatti, può ispirare efficacemente progetti con età diverse, nel tempo scolastico o nel tempo libero o in famiglia, ma è necessario che ogni volta che viene richiamato come orizzonte pedagogico si riesca riconoscerne il contributo specifico al proprio agire educativo, anche perché le comunità educanti che si riuniscono intorno a progetti di questo tipo possano incontrarsi e riunirsi intorno a obiettivi comuni.

    Cominciamo ad entrare nel vivo di cos’è la pedagogia del bosco in concreto provando a raccontarvi alcune esperienze specifiche contestualizzate in diverse nazioni e contesti.

    In Danimarca

    Nell’estate del 2016 siamo andati in Danimarca a visitare Bøgely Skovbørnehave (http://boegely.skoleporten.dk/sp), un asilo nel bosco che si trova a poca distanza da Ringsted, una cittadina a quaranta chilometri da Copenhagen. Ci hanno accolto Anette Sommer e Lisbeth Nielsen, due maestre dello staff di otto persone che lavora in questo asilo nel bosco che accoglie fino a quaranta bambini. Bøgely Skovbørnehave è una scuola pubblica, i costi e le modalità di accesso sono le stesse delle altre scuole dell’infanzia della regione. Per prima cosa Anette e Lisbeth ci hanno fatto visitare i loro spazi, a partire dalla casetta rossa in cui c’è lo spogliatoio per i bambini e i maestri e tre aule, una al piano terreno e due sopra, che vengono utilizzate raramente e solo in casi particolari, come durante le tempeste di vento, o per esigenze specifiche. Negli spazi al chiuso sono presenti molti giochi classici e un angolo con la vetrina dei tesori e dei reperti raccolti nel bosco. Di fianco alla casetta rossa c’è una piccola serra che contiene gli attrezzi e i materiali per le attività, oltre a un tavolo, il frigo e alcune panche. Infatti, qui è dove i bambini lasciano il pranzo e dove mangiano se per qualche motivo non è possibile farlo all’aperto. Ogni bambino porta il proprio pranzo da casa ed è libero di mangiarlo quando vuole: Anette sottolinea che per loro è fondamentale che i bambini imparino ad ascoltare e soddisfare i bisogni del loro corpo, per cui a un bambino che ha fame non viene mai chiesto di aspettare (anche perché stando all’aperto e al freddo mangiare è necessario per mantenere le scorte di energia). La scelta di far portare il pranzo alle famiglie infatti non è solo fatta per esigenze organizzative (non hanno una cucina e dovrebbero organizzare un servizio di catering), ma anche dalla necessità che il pranzo sia un momento flessibile, aperto ai tempi e alle esigenze di tutti.

    Alle spalle della casetta c’è il grande prato, abbracciato da tre querce di trecentocinquanta anni, che è allestito come spazio gioco per i bambini. Il prato è lasciato crescere, e viene tagliato solo in alcune zone per creare stradine e piccole piazze che diventano ognuna uno spazio speciale dove i bambini possono giocare. Alcuni di questi spazi sono allestiti con l’altalena, lo scivolo, la sabbiera, una fontana per giocare con l’acqua, una nave vichinga. Ci sono una piccola torre in legno costruita dai genitori e due grandi mucchi, uno di trucioli di legno e uno di conchiglie, da cui i bambini possono prelevare il materiale per i loro progetti. Alcuni angoli davvero speciali sono la casetta rifugio dove i bambini possono ripararsi per giocare e fare merenda e l’angolo della lettura all’aperto. Per la nanna è stata appena costruita una casetta dove si possono mettere i materassini e chiudere la tenda per proteggere il sonno dei più piccoli. Ovviamente al centro c’è il cerchio del fuoco, e di fianco una piccola tettoia per la legna con una superficie per preparare il cibo da cucinare.

    Anette e Lisbeth ci hanno raccontato che l’anno è scandito da alcuni appuntamenti stagionali, ma che le attività dei bambini sono basate su quello che succede nella quotidianità, come la scoperta di un cervo morto nel bosco che ha portato a tornare frequentemente a vedere come procedeva la decomposizione, o l’arrivo delle nuove casette rifugio, o l’arrivo della neve. Ogni giorno gli adulti si impegnano in alcuni lavori di vita quotidiana come la cura dell’orto, controllare come procede il compost o accendere il fuoco per cucinare qualcosa, e i bambini sono liberi di unirsi a loro per partecipare e contribuire a loro modo. È importante che gli adulti facciano ciò che li appassiona, perché i bambini a loro volta sentano l'interesse e la competenza autentica e apprezzino l’attività. Infatti, lo staff è composto da persone che hanno una formazione e percorsi molto diversi e complementari fra loro. Nonostante d’inverno ci siano anche dieci gradi sotto zero, i bambini sono sempre felici di stare fuori, anche sotto la pioggia. Ovviamente l’attività principale è l’esplorazione nel bosco: dal piazzale parte una strada sterrata costeggiata dal bosco su entrambi i lati e a circa cinquecento metri c’è il rifugio che usano quando sono in passeggiata.

    Secondo l’esperienza di Anette e Lisbeth, i genitori che scelgono l’asilo nel bosco invece della scuola tradizionale si dividono più o meno in due categorie: gli amanti della vita all’aria aperta (camminatori, scout, cacciatori) e coloro che apprezzano il loro modo di relazionarsi con i bambini, basato completamente sulla fiducia. Anette ci ha riferito che talvolta chi non conosce la pedagogia del bosco scambia il loro modo di fare per lassaiz faire, ma è sostanzialmente diverso: non ci sono regole fisse, e ogni giorno, ogni situazione richiede loro di parlare con i bambini, ascoltarli e ragionare insieme. Ovviamente è molto impegnativo per gli educatori chiedersi in ogni situazione cosa è giusto fare e negoziare con i limiti personali di ciascuno e le condizioni oggettive del contesto. Ad esempio, abbiamo parlato della situazione (classica) in cui i bambini feriscono o uccido no gli insetti. Lisbeth in particolare ama e conosce molto bene gli insetti e i piccoli animali che abitano negli spazi dell’asilo (ci presenta le numerose lumache e l’orbettino che vivono nel compost, tiene nelle mani una vanessa che riposava in una casetta rifugio dei bambini) e spesso li osserva con i bambini: sostiene che se sei capace di prendere e tenere tra le mani un piccolo animale allora sei capace di prenderti cura delle persone intorno a te. Con l’esempio e l’esperienza quotidiana cerca di trasmettere ai bambini l’amore per queste piccole creature, rispondendo anche alle loro curiosità e domande. Talvolta i bambini spostano l’orbettino lontano dal compost, e allora semplicemente spiega loro che devono rilasciarlo vicino alla sua casa.

    A Bøgely Skovbørnehave i genitori sono considerati parte integrante del percorso e si cerca di costruire anche il rapporto con loro sulla fiducia. Quando ne hanno voglia, i genitori possono fermarsi anche tutto il giorno all’asilo, oppure quando vengono a prendere i bambini possono fermarsi a fare merenda e chiacchierare. Se hanno bisogno di fare domande o parlare con qualcuno possono farlo anche in modo informale, scegliendo tra gli operatori presenti quello con cui si sentono più a loro agio.

    In Danimarca ad oggi non c’è alcuna rete ufficiale riconosciuta degli asili nel bosco, né indicazioni particolari da rispettare. Le scuole dell’infanzia si caratterizzano per approcci diversi e possono autodefinirsi asili nel bosco, sta ai genitori andare a conoscerli e capire se il loro approccio fa per loro e per i loro bambini. A poca distanza c’è un’altra scuola che si definisce anch’essa asilo nel bosco ma sono molto più strutturati sia negli spazi che nella programmazione.

    Nell’esperienza danese il fatto di stare all’aperto tutto l’anno rispecchia una caratteristica tipica della cultura nordica: stare fuori è normale, fin da piccolissimi il riposino si fa nella carrozzina parcheggiata in giardino o sul marciapiede, e i bambini della scuola primaria stanno fuori quarantacinque minuti minimo ogni giorno per legge. La specificità dell’asilo nel bosco, che lo differenzia da altre esperienze educative anche nel suo paese d’origine, non è lo stare fuori di per sé, ma il come e il perché. L’identità dell’asilo nel bosco si basa su alcuni principi pedagogici che Williams-Siegfredsen riassume così (2017, pp. 16-31):

    •l’approccio olistico all’apprendimento e allo sviluppo dei bambini;

    •ogni bambino è unico e competente;

    •i bambini apprendono in modo attivo e interattivo;

    •i bambini prosperano in ambienti a loro misura;

    •i bambini hanno bisogno di tempo per sperimentare e sviluppare il pensiero critico;

    •l’apprendimento avviene grazie alle interazioni sociali.

    È interessante notare anche che la maturazione di una coscienza ambientale è certamente auspicata, ma non è un obiettivo esplicito dell’agire educativo. Anche nelle esperienze all’aperto delle scuole primarie danesi (Udeskole, letteralmente scuola all’aperto), gli obiettivi sono fortemente intrecciati alla didattica e allo sviluppo complessivo dei bambini, e non si concentrano sul rapporto bambini/natura in sé (Bentsen e Søndergaard Jensen 2012).

    Tra gli anni Novanta e oggi l’approccio della pedagogia del bosco si è diffuso in gran parte del mondo, arricchendosi nell’incontro con diversi contesti cultuali e ambientali. In ogni paese ha preso forme diverse, intrecciandosi con i contesti culturali e scolastici, con esempi interessanti in Canada, India, Australia, Nuova Zelanda, Brasile e in molti paesi d’Europa.

    In Germania

    In Germania, ad esempio, una delle pioniere dei Waldkindergarten è Petra Jager dell’Asilo nel bosco di Flensburg, fondato nel 1993. Oggi in Germania ci sono circa duemila esperienze di Waldkindergarten tra quelli formalmente riconosciuti e le realtà informali (Antonietti 2017, p. 34).

    Ecco il racconto di una giornata tipo in un Waldkindergarten, tratto da una ricerca del 2012 che ha studiato l’attività di dodici realtà (Schäffer et al. 2012):

    In un giorno tipico di attività all’asilo nel bosco, i bambini vengono portati nel punto d’incontro, dove i genitori e gli insegnanti scambiano due parole mentre i bambini giocano. I bambini arrivano all’orario prefissato e il gruppo forma il cerchio del mattino, in cui c’è tempo per cantare alcune canzoni, fare qualche gioco e l’appello. Poi il gruppo decide dove andare e parte per la destinazione decisa. Il tempo impiegato per lo spostamento a piedi dipende da dove si trova il luogo prescelto, la resistenza del gruppo e le condizioni meteo.

    Durante i mesi più freddi, sono prescelti luoghi di destinazione più distanti, in modo che i bambini (i più piccoli in particolare) siano tenuti in movimento per tutto il tempo. Dato che ogni bambino ha il suo passo, tutti gli asili hanno dei punti di attesa particolari, che sono conosciuti da ogni bambino. In questi luoghi si attende che siano arrivati tutti, e si riparte quando il gruppo si è riformato. Talvolta la passeggiata stessa rappresenta un’esperienza gratificante e significativa, più dell’arrivare a destinazione. Per esempio, quando si incontra una salamandra, si sentono i profumi delle fioriture o si incontrano dei boscaioli al lavoro. L’insegnante dell’asilo coglie queste occasioni che possono risultare in un progetto d’apprendimento o in sperimentazioni. Una volta arrivati alla destinazione prescelta, in tutti gli asili nel bosco ci si riunisce e si mangia insieme la merenda che i bimbi hanno portato nei loro zainetti. Come in tutti i servizi per l’infanzia, si è attenti che i bambini abbiano un’alimentazione salutare, ma è particolarmente importante in un asilo nel bosco, perché i bambini che giocano all’aperto hanno ancor più bisogno di nutrimento e energia. Ai bambini viene chiesto di non produrre rifiuti, o di riportarli indietro a casa nei loro zainetti. Dopo la merenda inizia il tempo per il gioco libero. In tutti gli asili nel bosco che abbiamo visitato, il gruppo è accompagnato da un carretto tirato a mano pieno di materiali per le attività: coltellini, seghe, lenti d’ingrandimento, pale, corde, cambi d’abito, libri, guide per la flora e la fauna ecc. Questi oggetti possono essere utilizzati durante il tempo libero.

    In poco tempo i bambini decidono che cosa fare, e per la maggior parte partecipano a giochi di ruolo creativi, in cui sono cavalieri, famiglie o venditori di gelato. Durante il gioco libero gli insegnanti propongono varie possibilità, simili a quelle di un asilo normale. Alcuni bambini vogliono dondolare su un’amaca, colorare con gli acquarelli o ascoltare una storia.

    Dopo una o due ore di gioco libero i materiali che sono stati portati dal gruppo vengono risistemati per tornare indietro. Ogni asilo nel bosco finisce la giornata con un rituale speciale. Nella foresta o al punto di incontro si siedono in cerchio di nuovo, e, per esempio, descrivono un momento speciale della giornata, e si conclude con una canzone o un gioco finale. I bambini salutano e vanno via con i loro genitori, oppure pranzano con un picnic o pasto caldo e stanno anche il pomeriggio.

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