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Lezioni da Londra 1946
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E-book357 pagine5 ore

Lezioni da Londra 1946

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Info su questo ebook

Quello del 1946 fu il primo corso di formazione tenuto in Europa da Maria Montessori, dopo il suo lungo esilio in India durante la Seconda guerra mondiale.
Lezioni da Londra 1946 raccoglie le lezioni, appunto, tenute a Londra sei anni prima della sua morte, in cui la famosa pedagogista parla con la saggezza di chi ha trascorso una vita a studiare non solo la prima infanzia, ma l’intero sviluppo dell’essere umano.
Queste conferenze rappresentano una pietra miliare nel mondo della pedagogia, essendo diventate le basi dei corsi 3-6 dell’AMI, l’Association Montessori Internationale.
LinguaItaliano
Data di uscita9 lug 2021
ISBN9788865803615
Autore

Maria Montessori

Maria Montessori (1870-1952) was an Italian educator and physician. Born in Chiaravalle, she came from a prominent, well-educated family of scientists and government officials. Raised in Florence and Rome, Montessori excelled in school from a young age, graduating from technical school in 1886. In 1890, she completed her degree in physics and mathematics, yet decided to pursue medicine rather than a career in engineering. At the University of Rome, she overcame prejudice from the predominately male faculty and student body, winning academic prizes and focusing her studies on pediatric medicine and psychiatry. She graduated in 1896 as a doctor in medicine and began working with mentally disabled children, for whom she also became a prominent public advocate. In 1901, she left her private practice to reenroll at the University of Rome for a degree in philosophy, dedicating herself to the study of scientific pedagogy and lecturing on the topic from 1904 to 1908. In 1906, she opened her Casa dei Bambini, a school for children from low-income families. As word of her endeavor spread, schools using the Montessori educational method began opening around the world. In the United States, the publication of The Montessori Method (1912) in English and her 1913 lecture tour fostered a rapid increase of Montessori schools in the country. For her groundbreaking status as one of Italy’s first female public intellectuals and her role in developing a more individualized, psychologically informed approach to education, Maria Montessori continues to be recognized as one of the twentieth century’s most influential figures.

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    Anteprima del libro

    Lezioni da Londra 1946 - Maria Montessori

    1. L’educazione come aiuto alla vita

    Londra è il primo luogo dove la dottoressa Montessori offre un corso di formazione completo dopo la Seconda Guerra Mondiale. Gli orrori e le tribolazioni di questa guerra sono ancora molto freschi, e la Montessori sostiene, ancora più fortemente che mai, che l’umanità ha bisogno di guardare ai suoi bambini per avere aiuto a cambiare il mondo. Dobbiamo riorientare noi stessi e i nostri cuori. Un piano di educazione può aiutare a sviluppare la grandezza dell’uomo.

    3 settembre 1946¹

    I tristi eventi degli ultimi anni ci hanno fatto sentire più vicini agli altri. Ora più che mai, la nostra speranza è che l’educazione possa offrire un aiuto per migliorare le condizioni del mondo e incarnare una speranza per il futuro dell’umanità. Finora si era sempre parlato dell’istruzione come di una questione come tante altre, priva di particolare importanza: la si considerava avulsa dal contesto sociale perché era un ambito che si occupava solo di bambini piccoli, di giovani alunni – persone non ancora considerate veri cittadini, né parte attiva della società. Oggi consideriamo l’educazione in modo diverso, la consideriamo qualcosa di essenziale e dotata di un grande potere, necessario per ricostruire il mondo.

    Sì, sembra che le persone si siano finalmente persuase – l’idea è nell’aria – che per creare un mondo migliore sarà necessario guardare ai bambini. È la prima volta che un’idea simile si diffonde fra uomini e donne di tutto il mondo. Abbiamo sempre saputo che i bambini hanno bisogno degli adulti, per esistere e per svilupparsi. Ma potremmo essere noi ad avere bisogno dei bambini? Potrebbe essere la nostra società ad averne bisogno? Quest’idea non è mai stata concepita dalla mente dell’uomo. In passato, e specialmente nel recente passato, le persone e la società si sono impegnate affinché le condizioni di vita dei bambini fossero sempre migliori e sempre più adatte a sostenere il loro sviluppo, ma nessuno ha mai pensato che potessimo essere noi ad avere bisogno dei bambini! Sarebbe stata considerata assurda anche solo l’idea che i bambini costituissero una speranza per un futuro migliore!

    Se è potuto succedere forse è perché uomini pacifici e dotati delle migliori intenzioni hanno davvero cercato di creare un mondo dove la pace potesse regnare. E non ci sono riusciti. Pensate a quanto duramente l’umanità ha tentato di realizzare questo ideale di pace, quanti principi morali sono stati teorizzati. Per secoli si è ripetuto il comandamento Amatevi l’un l’altro, e non si è giunti alla pace. È come se servisse qualcosa di più. Le mie idee sono nate da questo desiderio di pace, fraternità e umanità che ancora non è diventato realtà. Manca qualcosa, qualcosa che ancora non conosciamo e che dobbiamo tentare di scoprire. Ci sentiamo quasi in ansia all’idea di non averlo ancora trovato. Si tratta forse di una nostra mancanza? O è una mancanza dei nostri nemici? O dell’intera umanità? E così restiamo tutti insoddisfatti, in cerca di risposte.

    Alla fine, tutta l’attenzione della nostra epoca è arrivata a concentrarsi su una sola cosa, il bambino. Non a caso l’infanzia al giorno d’oggi viene considerata molto diversamente rispetto a un tempo. Concentrandoci sul bambino – sul suo mistero, sulla sua luce, sull’aiuto che ci può dare – abbiamo scoperto cosa mancasse all’umanità. In passato l’atteggiamento dominante prevedeva di trattare i bambini come se avessero bisogno della nostra pietà, della nostra carità e del nostro aiuto, ma relegandoli a un tale ruolo abbiamo dimenticato di considerare quanto fossero importanti per la nostra salvezza. In passato, la civiltà agiva per il benessere degli adulti. I bambini rimanevano esclusi dalla società: non erano considerati al pari degli altri cittadini e le leggi della giustizia sociale non li consideravano. La democrazia, quella democrazia per la quale abbiamo combattuto un’altra guerra, quella democrazia che regge la maggior parte del mondo, non esiste per i bambini.

    Avete mai sentito dire – in qualsiasi parte del mondo – che il bambino deve beneficiare di questa democrazia e di questa giustizia? La civiltà è fatta per l’adulto. Quando i governi si scontrano o si vincono delle guerre, si parla di diritti – diritti umani, diritto a migliori condizioni di vita, diritto a una vita migliore – ma si tratta di una vita migliore per gli adulti, non per i bambini. Non si pensa mai ai bambini.

    Io penso che l’errore sia che limitiamo la nostra definizione di essere umano e di cittadino solo agli adulti. Ma è giusto che sia così?

    Pensate al mito di Pigmalione, lo scultore che si innamorò della propria creazione: l’amava così tanto da riuscire a darle vita. È quello che facciamo oggi quando ci ritroviamo a pensare al nostro governo come a una statua che improvvisamente si è animata. Eppure questo succede solo nei film: qualcuno crea una macchina, questa prende vita e inizia a comportarsi in modo mostruoso perché è priva dell’anima. Si tratta di un’altra zona d’ombra delle nostre menti. L’umanità si comporta in modo mostruoso quando gli adulti, assetati di sangue, si abbandonano a un continuo massacro². Ma non si tratta di qualcosa che succede all’improvviso, e neanche nel giro di un’ora o di un mese: è solo dopo anni di fatiche e di lotte, anni di costruzione della propria personalità, che i bambini raggiungono l’età adulta e diventano più crudeli dei mostri rappresentati nei film.

    Nell’affrontare la questione della guerra, dobbiamo quindi considerare il periodo di tempo in cui restiamo esclusi dalla società, privi di diritti, perché forse è in questa fase che iniziamo ad assemblare il tanto temuto mostro. Forse l’umanità di cui hanno parlato gli idealisti in passato si può trovare nell’infanzia, perché è chiaro che è in questo periodo che si gettano le basi della personalità: appena nato, un bambino non è un uomo. Eppure è all’origine dell’uomo.

    Una volta compreso questo passaggio, diventa imprescindibile cambiare le cose: dobbiamo iniziare a considerare il bambino parte della società. La formazione che porta a diventare adulti prevede diverse fasi, che dipendono dalle esperienze del singolo. Ed è su questo che ci dobbiamo focalizzare oggi: dobbiamo creare una scienza che studi in ogni sua fase questo processo di formazione dell’essere umano, che consiste nel bambino che – attraverso l’esperienza – forma l’uomo.

    Questa nuova scienza sarà reale e incorporerà molte discipline, tra cui la psicologia infantile, che già si sta sviluppando. Lo sviluppo di questa scienza non dovrà avvenire in modo freddo, come studiamo botanica, zoologia o mineralogia. Non deve essere una ricerca scientifica fredda perché prevede il risveglio della coscienza umana, il riorientamento dei nostri ideali, la comprensione che su questo si basi la nostra speranza. Questa ricerca è destinata ad essere al centro della consapevolezza di tutti – a differenza della botanica, della zoologia o della mineralogia, che sono considerate interessanti solo da un numero limitato di persone.

    Infatti, se studiamo il bambino, facciamo appello all’intera umanità, perché i bambini entrano a far parte della vita di tutti. Ovunque esista l’uomo, nascono i bambini. Se facciamo sì che l’amore e l’attenzione di tutti sia rivolta ai bambini è perché quei bambini un giorno saranno adulti: adesso sono solo all’inizio del loro cammino, ma si tratta degli stessi adulti che per secoli hanno creato e continueranno a creare tutte le meraviglie della civiltà.

    Se tocchiamo i bambini, tocchiamo l’umanità. È nostro compito far capire agli adulti che solo grazie ai bambini possiamo migliorare il genere umano. Dobbiamo renderci conto che il bambino è il costruttore dell’uomo: è sempre stato un enigma, una quantità sconosciuta, e il risultato di questa incomprensione è l’uomo adulto, con tutti i suoi difetti e le sue virtù, le sue debolezze e i suoi punti di forza. Non è stato il caso a formare gli uomini e le donne di oggi. È stato quel bambino sconosciuto, che in futuro dobbiamo imparare a conoscere. Oggi non possiamo capire – e tanto meno conciliare – l’umanità nella diversità delle sue idee e dei suoi gusti, ma comprenderemmo meglio l’essere umano se riuscissimo a capire il suo processo di formazione.

    Ad oggi siamo tutti d’accordo sul fatto che le persone non si capiscono, per cui si cerca di promuovere un senso di fratellanza e l’utilizzo di una lingua comune, l’Esperanto, e si suggerisce ai governi di favorire gli scambi studenteschi, così che le persone possano capirsi meglio.

    Eppure le guerre continuano. È chiaro che non è la strada giusta.

    Se vogliamo capire l’uomo, dobbiamo prima capire come si forma l’uomo. Se c’è un momento nella vita in cui abbiamo tutti le stesse idee e parliamo tutti la stessa lingua, è il momento della nascita, perché i bambini sono tutti uguali, non ha importanza la loro etnia, né in quale parte del mondo siano nati. Ed è per questo che, se vogliamo raggiungere la pace e la conoscenza reciproca, è da questo momento che dobbiamo partire.

    Ma oltre alla nascita c’è un’altra fase in cui siamo tutti uguali: l’infanzia. Quando si tratta di sviluppo infantile siamo tutti soggetti alle stesse leggi. È curioso, ma i bambini iniziano a parlare tutti alla stessa età, ma non importa se sono cinesi, indiani, africani o europei. Non potrebbe esserci un accordo più universale, è un miracolo comune a tutti i neonati, a prescindere dalla loro etnia.

    Ma come può un bambino acquisire una capacità linguistica se non gli viene insegnata nessuna lingua? Come può formarsi delle idee ed esprimerle se non ha mai avuto un insegnante? Come può acquisire la propria strabiliante intelligenza se è così privo di consapevolezza, una volta venuto al mondo? Se vogliamo davvero osservare il rapporto tra la dimensione conscia della mente e quella inconscia – concetti che ad oggi sono al centro dell’interesse degli psicologi – dobbiamo considerare il bambino, che da uno stato di totale incoscienza si trasforma in un uomo dotato di idee e capacità. È lui il fulcro di tutto, è da qui che dobbiamo trarre ispirazione e speranza. Pensiamo al bambino dal punto di vista dei miracoli che compie: non c’è opera più grande della formazione dell’essere umano. Un senso di sorpresa, ammirazione e sete di sapere devono essere parte dell’umanità, che deve sviluppare un nuovo interesse focalizzato sulle conquiste del bambino.

    Su che cosa si concentra oggi l’educazione? Sugli errori del bambino, che sono in realtà colpa nostra e finiscono per nascondere la vera grandezza dell’uomo. È su questa che dobbiamo concentrarci. I difetti dell’adulto hanno origine nel periodo dell’infanzia. Considerando i tremendi errori che commettono gli adulti, ci potremmo chiedere come mai tutte le meravigliose conquiste di cui siamo stati testimoni durante l’infanzia non proseguano anche nell’età adulta. Eppure, l’uomo è grande.

    Basta guardare la civiltà per rendersi conto della grandezza di cui l’uomo è capace, eppure siamo concentrati sui suoi errori e sulle sue mancanze. La colpa è nostra: pensate a quante cose ha creato l’uomo – come la radio³, giusto per citarne una. Ogni oggetto in nostro possesso – non importa quanto piccolo – è stato creato dall’uomo. Continuiamo a volere sempre più invenzioni strabilianti, ma non pensiamo mai a chi le ha realizzate. Non lo consideriamo affatto. Anche se facciamo di tutto per migliorare il nostro benessere, ci focalizziamo solo sui difetti del genere umano e non lo consideriamo per il suo ruolo di creatore. Sostengo quindi che sia necessario riorientare i nostri cuori, concentrarci sulle creazioni dell’uomo e non sulle sue mancanze.

    E questo stesso atteggiamento dobbiamo adottare nei confronti del bambino. Quando osserviamo il miracolo di un bambino che cammina non ci facciamo caso perché è un fatto quotidiano. Eppure correggiamo tutti i suoi piccoli peccati veniali. Quanto più piena e ricca sarebbe la vita se vedessimo il bambino in tutta la sua grandezza, in tutta la sua bellezza, invece di concentrarci sui suoi piccoli errori? Ci appaiono così grandi da svilirci perché ci focalizziamo sempre sulle bassezze. Il nostro obiettivo è quindi di studiare i più piccoli da questo nuovo punto di vista, con questa diversa consapevolezza, analizzandone le fasi e i miracoli, per capire come il bambino arrivi a formare l’uomo.

    Questo sviluppo, questa forza miracolosa, ha bisogno del nostro aiuto. Ha bisogno di calore e comprensione. In una parola, Educazione.

    L’educazione è l’aiuto che dobbiamo dare alla vita perché si sviluppi nella grandezza delle sue capacità. Il fine è di aiutare le incredibili forze che portano il bambino – che alla nascita è inerte, poco intelligente e poco comprensivo – alla grandezza propria della maturità.

    Prima di tutto dobbiamo capire, seguendo il cammino dall’infanzia all’età adulta. Solo a quel punto potremo offrire il nostro aiuto, considerando che il fine della nostra educazione deve essere quello di aiutare l’uomo a sviluppare non i propri difetti, ma la propria grandezza.

    Maria Montessori è appena tornata dall’India. Il seguente intervento è parte di un corso di formazione dell’AMI, il primo tenuto dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, a Londra. Come era diventata consuetudine all’interno dei corsi svolti in altre parti del mondo, Montessori tiene delle conferenze che vertono sui principi dell’educazione e dello sviluppo infantile, mentre Mario, suo figlio e suo collaboratore, si occupa delle dimostrazioni pratiche relative all’utilizzo dei materiali e alla preparazione dell’ambiente della classe.

    Montessori senza dubbio allude alle Potenze dell’Asse, che nella mente di molti europei avevano dimostrato di essere mostri assetati di sangue, esseri senza anima. Il riferimento alle macchine create dall’uomo potrebbe essere invece legato alla corsa agli armamenti.

    Il telegrafo e il telefono erano invenzioni nuove all’epoca di Maria Montessori, che all’inizio del XX secolo era stata invitata negli Stati Uniti dagli inventori Alexander Graham Bell e Thomas Edison, suoi appassionati sostenitori.

    2. La pedagogia scientifica

    La Montessori parla di come applicare la scienza per trasformare, arricchire e aiutare lo sviluppo della personalità. Scoperta dei periodi sensitivi. L’educatore deve farsi guidare dalle rivelazioni del bambino, dalle sue energie nascoste.

    4 settembre 1946

    Ad oggi esistono molti metodi di educazione ed è difficile conoscerli tutti. Il metodo che porta il mio nome di solito è considerato come uno dei tanti e per questo sorgono dei dubbi e si giunge a conclusioni che confondono le idee, invece di chiarirle: per questo motivo, vorrei dimostrarvi in che modo il mio metodo è diverso. Gli altri approcci sono il risultato degli sforzi di persone geniali e dotate di un grande amore per l’umanità, mentre nel caso del metodo che porta il mio nome non si tratta dello sviluppo delle idee elaborate da una grande mente. Il mio metodo – così come la nostra ricerca – si basa sul bambino, prevede di seguire il piccolo e la sua psicologia ed è oggettivo, non soggettivo come tutti gli altri approcci. Infatti è sempre fondato sulla nostra capacità di interpretare l’osservazione dei fenomeni che hanno origine nel bambino stesso.

    Vi verrà spontaneo domandare: Se un metodo è qualcosa che qualcuno pensa ed espone, perché, allora, si chiama Metodo Montessori’? Perché porta il tuo nome?". Ebbene, non sono stata io a chiamarlo così. Il titolo che ho dato al libro che tratta di quei primi esperimenti era Il metodo della pedagogia scientifica applicato all’educazione infantile nelle Case dei Bambini. Ogni scienza ha un metodo e io volevo descrivere quello applicato alla pedagogia. Quando è arrivato il momento di tradurre il titolo in inglese (o meglio in inglese americano), gli editori dissero: "Santo cielo, che brutto titolo! Rendiamolo più semplice, chiamiamolo The Montessori Method". Da quel momento, tutte le edizioni inglesi hanno usato questo nome.

    Il nome, di per sé, non aveva importanza e non ha suscitato alcun interesse. Ciò che ha destato scalpore è stato il fatto che un metodo scientifico venisse applicato all’educazione. L’importante non era né il titolo del libro né la sua pretesa scientifica, ma il fatto che si verificassero dei fenomeni imprevisti e, soprattutto, che avessero origine nei bambini.

    Vorrei fare qualche osservazione sulle intenzioni della pedagogia scientifica, a quel tempo. Si parla di quaranta o cinquanta anni fa. Questa disciplina è il risultato delle buone intenzioni di chi desiderava migliorare le condizioni scolastiche di allora: le scuole dell’epoca risentivano di duecento anni di errori e i bambini soffrivano molto. Si doveva fare qualcosa e l’unico modo di cambiare le cose era farlo in maniera scientifica, ragion per cui il nuovo metodo venne chiamato pedagogia scientifica. Dobbiamo capire il bambini per poterli istruire, questa era l’idea di base. Quindi come prima cosa dovevamo capire i bambini.

    Per cui ci siamo detti: Faremo quel che possiamo. E lo abbiamo fatto: abbiamo cominciato a prendere le misure per capire quanto erano alti i bambini a una certa età: quali erano le dimensioni della testa, del naso ecc. Abbiamo condotto ricerche antropologiche e abbiamo tenuto traccia delle storie personali e familiari dei bambini, delle malattie che avevano avuto e del loro status sociale ed economico. In alcune scuole si trovano ancora le schede personali degli alunni, a testimonianza dei tentativi che sono stati fatti cinquant’anni fa per imparare a capire i bambini.

    Ma ovviamente era impossibile, perché quando abbiamo compiuto questi sforzi sapevamo ancora pochissimo di psicologia infantile. Alla fine, questo approccio è stato abbandonato, ma ha mostrato le buone intenzioni di chi desiderava migliorare le condizioni nelle scuole.

    È stato quindi fatto un altro tentativo. Sono stati elaborati dei test di psicologia sperimentale. Binet⁴ è stato il primo di molti, e i suoi test sono ancora molto utilizzati all’interno delle cosiddette scuole progressive. Questi test danno un’idea della psicologia del bambino: mostrano il livello di intelligenza e gettano luce sullo sviluppo infantile. Sono interessanti e li ho messi alla prova in alcuni dei miei primi corsi perché suscitano un certo interesse nella conoscenza della psicologia del singolo.

    Ma dopo aver appreso tutto ciò che i test psicologici possono dirmi sulla psicologia dell’individuo, che cosa dovrei fare? I test mostrano il livello raggiunto dal bambino, non il giusto metodo di insegnamento. Il punto è che si deve sviluppare la scienza dell’educazione. Fare misurazioni fisiche o psicologiche non ci aiuterà a educare, perché in tutti questi tentativi manca un elemento essenziale: la pedagogia. Pertanto, tutte le ricerche scientifiche nella scuola moderna non sono altro che un interessante accessorio: si tiene l’educazione da un lato e lo studio dell’individuo dall’altro. È molto difficile unire questi due aspetti e di conseguenza non si è mai creato un collegamento fra questi ambiti.

    Quando il singolo presenta qualche grave disturbo, non si può andare avanti – poiché non gli sarebbero d’aiuto delle idee brillanti, dei sentimenti nobili o degli elaborati programmi di studio. C’è una sola possibilità. È inutile provare a istruire a parole un bambino affetto da una forma grave di autismo o con un ritardo evolutivo⁵, perché non sarebbe in grado di capirci. Se lo si dovesse sottoporre a test psicologici, non sarebbe capace di rispondere. Cosa si può fare? È necessario affrontare il problema indirettamente e attirare l’attenzione del bambino: aiutarlo a parlare e comunicare con gli altri è molto diverso dall’esigere semplicemente che si comporti in modo obbediente, come a scuola si richiede ai bambini che non presentano difficoltà. In questo caso, non sono di grande aiuto né le misurazioni né i test di intelligenza, per cui il bambino resta un enigma, un problema. La soluzione non può essere di usare un approccio tradizionale: si deve applicare un nuovo metodo. L’istruzione di questi bambini non può essere basata sulla filosofia. L’unico modo per educarli prevede di utilizzare le energie latenti che si trovano in ognuno di loro: si deve lavorare completamente con la realtà della situazione, che spesso è molto limitata. Uno cerca di fare il possibile, agendo in modo indiretto. Prima di chiedere loro di prestare attenzione, dobbiamo fare sì che questi bambini si animino, per cui si deve fare uno sforzo molto particolare.

    La ricerca del modo di educare un bambino con delle difficoltà dovrebbe basarsi su principi scientifici, poiché la pedagogia esistente non è sufficiente. Esiste tuttavia un principio scientifico basilare: l’educazione sensoriale, una forma positiva di insegnamento che è stato applicato in questi casi. Questo è stato il primo vero risultato nel campo della pedagogia scientifica e questo approccio ha fatto sì che si potessero educare bambini che presentavano delle difficoltà. Non era un metodo educativo limitato alla trasmissione della conoscenza: il bambino diventava più capace, più perfetto – più felice e più vivace – di prima. È stato un miracolo. Si è dimostrato che se si vuole veramente sviluppare una pedagogia scientifica, bisogna dimenticare tutto e dedicarsi interamente alla causa. Ci si deve avvicinare a questa disciplina indirettamente e applicare tutta la propria conoscenza per trasformare, arricchire, perfezionare e favorire lo sviluppo della personalità del bambino. La pedagogia scientifica non riguarda solo la trasmissione della conoscenza.

    Quindi i progetti sono due: il primo prevede di divulgare la conoscenza, seguendo un programma di studio, il secondo prevede di osservare la vita dell’uomo e servirla, e – nel servirla – aiutare l’umanità.

    La seconda è l’unica scelta davvero utile. L’obiettivo dell’insegnamento deve essere quello di elevare l’individuo, altrimenti l’istruzione diventa inutile. Dobbiamo desiderare di amare l’umanità, invece di voler semplicemente applicare un piano prestabilito.

    Un bambino con bisogni speciali può essere paragonato a un neonato. Ora, tutti sono d’accordo sul fatto che l’educazione debba avere inizio fin dalla nascita. Come possiamo essere d’aiuto a un bambino che non riesce a parlare, che non è in grado di capire, o che non può nemmeno muoversi? Se riusciamo ad aiutarlo, di certo mettiamo in atto un lavoro scientifico. Possiamo solo procedere attraverso un’azione indiretta; dobbiamo aiutare ogni bambino individualmente. L’educazione ha inizio fin dalla nascita del piccolo, ma i suoi dettami devono venire dal neonato, non da noi.

    Quando ho applicato la pedagogia sviluppata per i bambini con bisogni speciali ai bambini sani è successa una cosa molto significativa e inaspettata – miracolosa – ancor più speciale perché veniva dall’anima di questi bambini. È stata la rivelazione delle straordinarie capacità che sono insite all’essere umano anche a un’età in cui nessuno lo considera, ovvero quando è ancora piccolo: i bambini si sono illuminati di gioia e hanno cominciato a leggere e scrivere. Non avevano avuto nessun insegnante, eppure si dedicavano a queste attività dalla mattina alla sera. Ardevano di felicità. Il fatto significativo era questa improvvisa rivelazione nella psicologia del bambino: se erano riusciti nel loro intento non era stato grazie alle azioni di un educatore, bensì per via delle loro stesse capacità.

    Questo metodo ha destato molto scalpore. Tutti dicevano che era stato il mio straordinario approccio educativo a fornire ai bambini queste capacità, e tutti ne erano entusiasti. Ma non è stato merito né della scuola né del mio metodo. Era l’espressione delle capacità dei più piccoli ed era la rivelazione di un fatto fino a quel momento sconosciuto. L’importante era la scoperta delle straordinarie capacità dei bambini. Ero piena di ammirazione nel vedere che dei bambini così piccoli, di quattro anni e mezzo, avessero queste grandi capacità e questa straordinaria intelligenza! I bambini più grandi, di nove anni, erano meno intelligenti. Per la prima volta abbiamo avuto la prova che crescendo l’intelligenza umana non progredisce. A età diverse ci sono mentalità diverse, per cui nei bambini più piccoli c’è una forma mentale diversa da quella presente nei bambini più grandi. Per la prima volta, ci siamo resi conto che nei piccoli esistono delle capacità che vengono meno man mano che si cresce. Si tratta del modo in cui si evolve la vita di ciascun individuo.

    Nei primi anni di vita abbiamo grandi potenzialità e grandi capacità, che scompaiono, se non viene data loro la possibilità di svilupparsi. Un ragazzo di quattordici anni, per esempio, ha difficoltà a memorizzare dei termini, ma un bambino di cinque anni può memorizzarli facilmente e anche con piacere. Non è vero che con lo sviluppo diventiamo più capaci: nella nostra vita ci sono periodi diversi in cui possiamo sviluppare capacità diverse. I bambini piccoli possono fare cose che i più grandi non sono più capaci di fare. Dalla nascita ai sei anni, ovvero nell’età della creazione, i bambini hanno delle capacità che noi non abbiamo più: per esempio la loro dentatura ricresce completamente, mentre gli adulti non possono farsi ricrescere nemmeno un dente. Non è che un esempio del potere fisico proprio solo della loro età. Lo stesso vale nell’ambito dello sviluppo psicologico: ci sono delle fasi in cui i bambini presentano delle capacità che non possono essere attribuite a nessun metodo. Fu proprio questa la scoperta successiva, relativa ai periodi sensitivi, fasi in cui il piccolo presenta delle capacità straordinarie.

    Ci serve quindi un nuovo progetto: dobbiamo studiare il bambino in relazione a queste capacità fin dalla nascita. Dobbiamo studiare e osservare il misterioso momento in cui ha inizio la vita psichica dell’uomo, perché il bambino è il creatore della mente di un essere umano adulto, e tale creazione deve essere analizzata nella sequenza delle sue manifestazioni. Dobbiamo studiare la profonda e misteriosa psicologia del bambino piccolo, osservandone lo sviluppo, e scoprire come essergli d’aiuto.

    Ora sappiamo che dare fondo a energie nascoste, ma per farlo dobbiamo prima conoscerle più a fondo. Dobbiamo creare un piano di sviluppo guidato dal bambino per mezzo delle capacità che rivela. Non dobbiamo farci guidare da idee, pregiudizi o metodi preconcetti, ma dall’osservazione del piccolo. La sua personalità è al centro del grande problema che è l’educazione, ed è l’unica possibile direttiva nel progetto. A guidare i nostri sforzi deve essere il bambino che abbiamo davanti, con le sue meravigliose energie nascoste.

    Quando dico che dobbiamo lasciare che sia lui a insegnarci, probabilmente vi verrà da ribattere che spetta a noi istruire il bambino e fornirgli tutte le nozioni, mentre lui deve imparare le materie che noi riteniamo importanti. Non abbiate questi pregiudizi: quando le sue energie si saranno sprigionate sarà in grado di apprendere meglio di prima.

    Per questo vorrei chiamarlo il Metodo del Bambino, non il Metodo Montessori.

    Alfred Binet (1857-1911), psicologo francese e inventore del primo test di intelligenza utilizzabile, alla base dell’odierno test del QI.

    Il testo originale riporta bambino idiota. Ai tempi della Montessori tale parola non aveva la connotazione negativa attuale. Si riferiva ai bambini che oggi (nell’alveo del politicamente corretto) potremmo definire con disabilità evolutive.

    3. Un’educazione basata sulla psicologia

    L’importanza di scoprire le manifestazioni della vita psichica dei bambini piccoli. Esse hanno rivelato che lo sviluppo della mente passa attraverso i movimenti della mano. Periodi sensitivi nella vita psichica dell’uomo. L’inizio della vita è il periodo più importante. Lo studio del bambino è importante per aiutare la maturazione dell’umanità.

    6 settembre 1946

    Studiando il metodo Montessori, arriviamo subito a un fulcro molto interessante: la straordinaria manifestazione della vita psichica del bambino. La psicologia dell’uomo è come un grande continente. Prendiamo per esempio l’America: anche se esisteva già, non ne era a conoscenza nessuno. L’anima del bambino è ricca, grande, immensa – come un vasto continente sconosciuto – e solo ora la scienza la sta scoprendo.

    Sono stati apportati molti grandi contributi frutto di una ricerca

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