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A colloquio con … 2
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E-book94 pagine1 ora

A colloquio con … 2

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Info su questo ebook

A colloquio con… John Axelrod, Giampaolo Maria Bisanti, Silvia Colasanti, Davide de Ascaniis, Gabriella Giordano, Alessandro Marangoni, Francesco Parrino, Floraleda Sacchi, Orazio Sciortino, Edoardo Zosi. 10 interviste-ritratto per dar voce a chi ha fatto della musica la propria professione, la propria ragione di vita.
LinguaItaliano
Data di uscita20 nov 2013
ISBN9788891126122
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    A colloquio con … 2 - Adriana Benignetti

    Benignetti

    A COLLOQUIO CON …

    (LE PAROLE)

    John Axelrod: specializzarsi nella vita

    «Bisognerebbe ripensare alla relazione con il pubblico, ridargli centralità rendendolo nuovamente parte attiva dell’esperienza musicale. È la musica a dover essere al servizio del pubblico e non viceversa»

    Oggi John Axelrod, texano classe 1966, è uno dei direttori più apprezzati e presenti sulla scena internazionale: solamente negli ultimi 12 anni è salito sul podio delle più importanti sale di tutto il mondo, ha diretto più di 130 orchestre, tra le più rinomate, e ha ricevuto incarichi prestigiosi. Dopo essere stato per 10 anni Primo Direttore Ospite della Sinfonietta Cracovia (2000-2010)e, per 5 anni, Direttore Principale e Musicale della Luzerner Sinfonieorchester (2004-2009), nel 2009 è stato nominato Direttore Musicale di Hollywood in Vienna, nel 2010 Direttore Musicale dell’Orchestre National des Pays de la Loire e nel 2011 Direttore Principale dell’Orchestra Sinfonica G. Verdi di Milano.

    Un curriculum che appare ancora più sorprendente se si osserva la storia nel suo complesso; perché il percorso umano, ma soprattutto artistico di John Axelrod ha davvero poco, o nulla, in comune con quello di tanti suoi illustri colleghi. Pur dotato di un talento precocissimo, il suo debutto come direttore d’orchestra è, infatti, avvenuto relativamente tardi. «Un bene per me perché nel frattempo ho fatto tante esperienze diverse e ho conosciuto moltissima gente».

    Del resto, mi spiega, il talento è importante certo, ma per essere un buon direttore la maturità e l’esperienza, non solo musicale ma anche di vita, sono fondamentali: per comprendere meglio quello che c’è dietro le note, innanzi tutto. Ma non solo: «Dirigere è un atto d’amore ma anche una sfida. Quello che s’instaura tra il direttore d’orchestra e i musicisti è, prima di tutto, un rapporto umano: un legame che, proprio come le relazioni d’amore, necessita di una profonda e intima fiducia reciproca. Il direttore deve essere anche un bravo psicologo, avere attenzione e rispetto per le idee e la sensibilità dei musicisti, ma anche guidarli nel migliore dei modi. Un equilibrio delicato, non sempre facile da ottenere: è necessario avere molta cura, parlare, ma soprattutto trasmettere amore per quello che si fa e per la musica. Solo così si possono ispirare i musicisti e far sì che essi diano il meglio».

    Incontro John Axelrod a Milano, poco prima di un concerto che terrà in Auditorium: un concerto importante perché segna anche l’inizio della registrazione integrale delle Sinfonie di Brahms per l’etichetta Teldec, con l’Orchestra Sinfonica G. Verdi. Un doppio CD, la cui prima uscita è prevista per settembre 2013 e che sarà presentato alla selezione per i Grammy Award a Los Angeles. È una registrazione alla quale Axelrod tiene particolarmente: «Fin dal mio primo concerto qui, ho sognato di registrare Brahms con laVerdi: nel programma del debutto (avvenuto nel febbraio del 2009, n.d.a.), tra le varie composizioni, avevamo eseguito il Quartetto per pianoforte e orchestra n. 1 in sol minore op. 25 trascritto per orchestra da Schönberg. Ho pensato, immediatamente, che l’Orchestra avesse il suono giusto per rendere al meglio la musica di questo compositore: musica assoluta, molto intensa e profonda ma anche ricca di liricisimo».

    Musica, quella di Brahms, che laVerdi ha stabilmente in repertorio da ormai 20 anni e che ha eseguito ripetutamente con tanti direttori di prestigio: eppure, nessuna registrazione di composizioni di Brahms è stata fatta finora. «laVerdi è un’orchestra dalle grandi qualità, caratterizzata da talento e virtuosismo: un’orchestra che, tra l’altro, ha già vinto un Grammy [nel 2010, per Verismo, con Renée Fleming, direttore Marco Armiliato, n.d.a.]. Credo che questo nuovo CD – che si chiamerà Beloved Brahms – potrà testimoniare al meglio il valore di quest’orchestra. La nostra società e la nostra politica non danno, purtroppo, molto valore al virtuosismo: si spendono tanti soldi per il calcio, ma sempre meno per la musica che, invece, dà il senso di tutte le capacità umane».

    Dopo aver parlato dell’oggi chiedo a John Axelrod di fare un salto indietro nel tempo, con la memoria, e di raccontarmi il suo percorso musicale: una storia segnata, fin dalle origini, dall’incontro di diverse culture e mentalità. Nato a Houston, Axelrod conosce la musica a 3 anni in una chiesa battista, grazie a Lily, bambinaia afroamericana (dalla sua descrizione, simile a Mami di Via col vento) che cantava in un coro. «Un giorno Lily decise di portarmi nella sua chiesa per assistere a una prova: io ero seduto sulle ginocchia di suo marito e ripetevo al pianoforte, a orecchio, tutto quello che suonava. I miei genitori decisero, così, di farmi provare a studiare musica».

    Gospel e Gerswhin prima di Mozart e Beethoven dunque; poi, gli studi regolari di pianoforte e composizione, senza mai abbandonare, però, l’amore per il jazz e per la musica rock, suonata in una band. Finché a 16 anni Axelrod fa un incontro; anzi l’incontro. Quello che cambierà radicalmente la sua vita. «Sapevo che Leonard Bernstein era a Houston per la prima esecuzione mondiale di A quiet place e, così, decisi di conoscerlo: mi ascoltò e mi propose di studiare con lui. Non pianoforte, però; bensì, direzione d’orchestra». E, parlando con i genitori del ragazzo, Bernstein motivò la decisione con queste parole: John diventerà un grande direttore perché, come me, ama la gente.

    Quando parla di Lenny, come ancora oggi affettuosamente lo ricorda, ad Axelrod brillano gli occhi e, prima ancora che me lo confermi lui stesso, capisco che per lui quell’uomo, all’epoca 64enne, deve essere stato ben più di un insegnante di direzione d’orchestra. «Ho studiato per 3 mesi con lui, nel 1983, ma è stato come studiare per 3 anni in un corso regolare di Conservatorio: lo incontravo tutti i pomeriggi. Ogni giorno tirava fuori una partitura dalla sua immensa biblioteca e mi diceva "Oggi guarderemo la Sinfonia n. 5 di Beethoven oppure Oggi affronteremo la Sagra della Primavera". E così via. Ma non è stato solamente un maestro di musica: è stato anche un maestro di vita. Quando l’ho conosciuto e mi ha proposto di studiare direzione, una delle prime

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