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Apologia dell'Imperfezione
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E-book180 pagine1 ora

Apologia dell'Imperfezione

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Questo libro, dedicato dall’autore a Remo Bodei, suo compianto docente di Storia della Filosofia all’Università di Pisa, cerca di analizzare, dalla A alla Z, varie tematiche che coinvolgono l’imperfezione.
In effetti, nell’opera non si scandagliano solo i sentimenti umani, tra i quali, per citarne solo alcuni, l’amore e l’amicizia, ma anche contenuti sociali come, per esempio, l’uguaglianza, la libertà e il potere, senza trascurare l’influenza dell’imperfezione sull’ambiente e sulla natura, sull’arte, sugli oggetti e sui concetti spaziali e temporali.
Circondato dalla deleteria idea della perfezione, che sembra aver contagiato irrimediabilmente i più, l’autore ha deciso di difendere i valori dell’Imperfezione con un’”apologia". Oggi questo termine, ingiustamente vituperato dalla società, ormai lo ritroviamo solo in locuzioni giuridiche denigratorie come “apologia di reato” oppure “apologia di fascismo”, che la prefigurano come un’esaltazione o un incitamento negativo che la legge punisce. Non è, però, questo il senso che la parola “apologia” esprime, derivando essa etimologicamente dal greco “apologhìa”, cioè “difesa”, composto da apò che indica allontanamento e loghìa discorso.
Per questo motivo e solo in questo contesto, l’autore si permette di indossare, quindi, la veste di logografo, ovverosia di colui che scriveva il discorso dell’accusato, in sua vece, vista l’alta posta del giudizio, con lo scopo di difenderlo da un ingiusto processo.
LinguaItaliano
Data di uscita19 ott 2023
ISBN9791222461564
Apologia dell'Imperfezione

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    Anteprima del libro

    Apologia dell'Imperfezione - Fontana Eustachio

    Nota dell'autore

    decoration

    L’idea del libro mi è venuta durante i preparativi per le feste natalizie, pensando a Remo Bodei, uno dei più grandi filosofi contemporanei che ho conosciuto e apprezzato, come mio docente all’Università di Pisa, il quale è stato fondamentale per la mia formazione culturale e soprattutto umana.

    Uno degli argomenti più affascinanti che ha trattato nelle sue lezioni è stato Il tempo, una delle determinazioni più esatte per la maggior parte delle persone.

    Già allora mi chiedevo se fosse così perfettamente preciso il tempo cronologico, tanto declamato dagli aspiranti perfetti oppure non avesse, invece, dei paradossi, come lui precisò nella sua famosa lectio magistralis, tenuta in occasione della giornata finale delle Olimpiadi di Filosofia del 2016 e intitolata appunto I paradossi del tempo. Lui, in quell’occasione, affermò che L’eternità è pienezza di vita, nel senso che può durare anche un attimo, mentre il tempo è una specie di emorragia di vita, tempo che se ne va.

    Ecco, riflettevo su questa sua considerazione, mentre mio figlio e la mia nipotina stavano addobbando l’albero di Natale a casa mia. Me lo hanno fatto venire, inevitabilmente in mente, assieme agli esami dati con lui all’Università di Pisa e le sue lezioni su Freud, la psicanalisi e appunto sul tempo, un tempo non assoluto che è solo apparentemente statico, ma che sfugge a ogni spazio e definizione e abbraccia dimensioni consapevoli e inconsapevoli dell’animo, soprattutto le esperienze e le emozioni che non sono schematizzabili con le lancette di un orologio.

    Li osservavo, i due, mio figlio e la nipotina, sdraiato sul divano, facendo finta di niente, mentre un cumulo di pensieri affollava la mia mente. C’erano più forme del tempo presente: il mio che li stavo osservando, quello di mio figlio che addobbava l’albero e l’altro legato all’osservazione della gestualità di mia nipote. C’era quello della bambina che agiva con la sua manina sull’albero, c’era il presente della bambina che guardava suo padre. Poi c’era il passato: quello di mio figlio che si ricordava di come addobbava l’albero da bambino, quello mio di come mi ricordavo lui da bambino che addobbava l’albero e il mio passato di bambino che addobbavo un albero diverso con le palline di vetro e non di plastica.

    E poi c’era il futuro: immaginato ma pur vero, un futuro legato a tre persone che, probabilmente se lo stavano immaginando in maniera diversa. Tre futuri di vita e di speranze.

    Queste riflessioni mi hanno indotto a scrivere questa apologia dell’Imperfezione, che abbraccia, oltre al tempo, anche altre varie tematiche attuali, perché l’esasperazione della Perfezione, nella società in cui viviamo, sta conducendo l’umanità verso un decadimento progressivo, senza che la maggior parte dell’umanità ne sia consapevole.

    Apologia dell'Imperfezione

    decoration

    Circondato dalla deleteria idea della perfezione, che sembra aver contagiato irrimediabilmente i più, ho deciso di difendere l’Imperfezione con un’apologia.

    Oggi questo termine, ingiustamente vituperato dalla società, ormai lo ritroviamo solo in locuzioni giuridiche denigratorie come apologia di reato oppure apologia di fascismo, che la prefigurano come un’esaltazione o un incitamento negativo che la legge punisce.

    Non è, però, questo il senso che la parola apologia esprime, derivando essa etimologicamente dal greco apologhìa, cioè difesa, composto da apò che indica allontanamento e loghìa discorso.

    Per questo motivo e solo in questo contesto, mi permetto di indossare, quindi, la veste di logografo, ovverosia di colui che scriveva il discorso dell’accusato, in sua vece, vista l’alta posta del giudizio, con lo scopo di difenderlo da un processo ingiusto.

    Di certo non di un logografo ebbe bisogno Socrate, il quale rifiutò di accettare che altri ne assumessero il patrocinio nel processo che, però, non gli valse l’assoluzione e io, spero, con la mia modesta requisitoria, ma con poche speranze, di avere miglior fortuna in un mondo affollato da troppi aspiranti perfetti.

    Io, quindi, nelle pagine che seguono farò un’apologia dell’Imperfezione, sembrandomi fuori luogo usare altri termini approssimativi come elogio, celebrazione, encomio, oppure ricorrere a panegirici che limiterebbero la salvaguardia della mia protetta.

    Ce ne saranno molti, a cui la mia apologia potrà apparire non solo bizzarra, ma addirittura bislacca, ma io, in questa mia difesa, non indosserò né i panni dell’eccentrico né tantomeno quelli del bislacco, il quale non possiede né la qualità dell’originale né la forza dello stravagante. Pertanto il mio tentativo di difesa dell’Imperfezione, non può che avvenire se non tramite un’apologia, la quale rappresenta soltanto il giusto tributo per colei che tanto più viene vituperata, quanto più merita di essere salvaguardata.

    La personificherò, come se fosse lei stessa a parlare per difendersi in un mondo di ingrati che, per loro sventura, non saranno che destinati all’infelicità nella loro illusoria ricerca della Perfezione.

    Parla l'Imperfezione

    decoration

    Io sono l’Imperfezione, tanto vituperata e scacciata, come nociva, dall’intera società dei cosiddetti migliori, che aspirando, inesorabilmente, alla Perfezione evitano di incontrarmi e, qualora, per un ineluttabile destino dovessero imbattersi in me, contro ogni loro volontà, cercherebbero di sfuggirmi il più rapidamente possibile.

    Eppure, senza di me, la Perfezione, la mia presuntuosa opposta, amata incondizionatamente dalla maggior parte dell’umanità, almeno, con la stessa quantità di odio che dimostra nei miei confronti, non avrebbe ragion d’essere senza la mia presenza e, né più né meno, perderebbe il suo perfetto ruolo nella mente degli umani, allo stesso modo di come Abele perderebbe senso senza il suo oltraggiato Caino.

    La Perfezione, quindi, se io non esistessi, rimarrebbe solo una parvenza di deleteria aspirazione non avendo alcun termine di paragone. Dite pure, un paragone improprio eppur reale, senza del quale Lei stessa non avrebbe ragion d’essere, se non quello di essere catalogata come una stolida utopia, del tutto contraria al buonsenso.

    Io, Imperfezione, non chiedo rivendicazioni per le mie qualità, che voi chiamate difetti, non chiedo venia per il mio essere imprecisa, approssimativa, se non del tutto mal fatta e, comunque, rifiutata dai più, tranne, però, per due categorie che stimo più di tutti e cioè gli imperfetti che mi appartengono e quelli che, apparentemente, sembrano esserne i più alieni e cioè i saggi.

    I primi, che hanno deciso di somigliarmi, — ne sono consapevole— anche contro la loro volontà, forse, mi accettano solo per la loro natura fornita ineluttabilmente dal destino e, invece, i saggi, per paradosso, conoscendo i risvolti della vita e le loro contraddizioni, mi accolgono volentieri nella loro cerchia di amicizie, non come male necessario, bensì, invece, come utile necessità di cui non si può fare a meno nella vita imperfetta ma concreta.

    Voi, affiliati della Perfezione, pronti a ogni contraddizione e ispirati da quello che voi ritenete il vero, direte che io sono troppo presuntuosa e oso profferire, con estrema impudicizia, affermazioni che, ai più, possono sembrare pretestuose.

    Voi, pur accettando che io, essere non degno di ammirazione, mi presenti come accolta dagli imperfetti per la loro difficoltosa esistenza nel mondo, di certo non gradireste che io possa arrivare addirittura a osare di essere compresa e accettata perfino dai saggi. A voi sembrerebbe solo l’assurda tesi di una follia non dichiarata e avreste soltanto questa spiegazione per i miei assurdi soliloqui o, ancor meglio sproloqui, come io sono certa li definireste.

    Potreste anche stupirvi che, una come me, abbia l’ambizione di confrontarsi con le circonferenze perfette, con le bellezze statuarie e con tutte le creazioni meravigliose ed esageratamente belle di questo mondo, le vostre inimitabili creature che tanto adorate. Ebbene, io voglio smentire le falsità e far cessare ogni orpello di ingiustizia nei miei confronti che non merito e voglio che, punto per punto, io sia, invece, accolta nel mondo del buonsenso che non vi appartiene.

    Mi soffermerò su vari argomenti, cercando di spiegare le mie ragioni, sperando in una vostra riflessione, scevra di inutile retorica sugli aspetti del mondo, che hanno portato alle infinite sconfitte dell’uomo, per aver seguito pedissequamente la deleteria Perfezione.

    Lettera A

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