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Omicidio tra le Antichità Egizie: Una Detective nell’Alta Società, #3
Omicidio tra le Antichità Egizie: Una Detective nell’Alta Società, #3
Omicidio tra le Antichità Egizie: Una Detective nell’Alta Società, #3
E-book250 pagine3 ore

Omicidio tra le Antichità Egizie: Una Detective nell’Alta Società, #3

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Info su questo ebook

 Una sfarzosa casa londinese, la maledizione di una mummia . . .

 

. . . e una coraggiosa detective. È l'ottobre del 1923 e Olive Belgrave ha un nuovo caso. La sua cliente, Lady Agnes, non crede alle maledizioni e la assume per dimostrare che suo zio, egittologo di fama, non è stato vittima di una malvagia mummia risvegliata dal passato. Olive indaga e scopre che la verità è molto peggiore: si tratta di omicidio.

Riuscirà Olive a sfatare la maledizione e a rivelare chi è il vero colpevole prima che la presunta maledizione mieta un'altra vittima?

 

Terzo volume della serie Una Detective nell'Alta Società, Omicidio tra le Antichità Egizie è un giallo ambientato nell'Inghilterra degli anni Venti. Se amate i romanzi che vi riportano all'età dell'oro della narrativa poliziesca con protagonisti vivaci, misteri sconcertanti e ambientazioni suggestive, questa serie di Sara Rosett non potrà non piacervi.


 

LinguaItaliano
Data di uscita12 gen 2024
ISBN9798223667353
Omicidio tra le Antichità Egizie: Una Detective nell’Alta Società, #3
Autore

Sara Rosett

A native Texan, Sara is the author of the Ellie Avery mystery series and the On The Run suspense series. As a military spouse, Sara has moved around the country (frequently!) and traveled internationally, which inspired her latest suspense novels. Publishers Weekly called Sara’s books, "satisfying," "well-executed," and "sparkling." Sara loves all things bookish, considers dark chocolate a daily requirement, and is on a quest for the best bruschetta. Connect with Sara at www.SaraRosett.com. You can also find her on Facebook, Twitter, Pinterest, or Goodreads.  

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    Anteprima del libro

    Omicidio tra le Antichità Egizie - Sara Rosett

    CAPITOLO UNO

    Ottobre 1923

    Anche in una piovigginosa giornata autunnale, Mulvern House non aveva l’aspetto di una dimora su cui pendeva la maledizione di una mummia. Arretrato rispetto alla strada, dietro un’alta recinzione in ferro battuto e circondato da prati e piante rigogliose, il bell’edificio di Mayfair sembrava solido e rispettabilmente elegante. Oltre il vialetto semicircolare, i suoi tre piani si innalzavano con simmetrica raffinatezza georgiana.

    Mi fermai davanti ai cancelli aperti e controllai l’orologio da polso. Mancava un quarto d’ora alle dieci. Ero in anticipo, il che dimostrava quanto fossi nervosa. Di solito non ero una persona che arrivava agli appuntamenti quindici minuti prima, ma dovevo incontrare Lady Agnes Mulvern. Non volevo sbagliare. Arrivare troppo presto era fuori discussione.

    Superai i cancelli aperti e passeggiai nel quartiere esclusivo intorno al parco recintato al centro di Mulvern Square. La pioggerellina era leggera e con la calda cloche di feltro che indossavo non ebbi bisogno di aprire l’ombrello. Un vento tagliente mi tirava la gonna e mi spinse a raccogliere i baveri del nuovo cappotto di lana intorno al collo. Nel giro di pochi isolati, lasciai la zona residenziale e mi unii al ritmo veloce degli acquirenti in una strada commerciale di Mayfair.

    La lettera ricevuta da Lady Agnes era ben al sicuro nella borsetta, ma non avevo bisogno di tirarla fuori per rileggerla. Conoscevo a memoria la breve missiva. Lady Agnes e la sua famiglia stavano avendo dei problemi a causa di alcune brutte voci sulla morte dello zio. Un amico comune, Sebastian Blakely, aveva consigliato a Lady Agnes di contattarmi. Avevo aiutato a risolvere una situazione spiacevole durante una festa nella casa di campagna di Sebastian, e mi faceva piacere che lui avesse parlato di me a Lady Agnes.

    Il fatto che lei mi avesse contattata su sua raccomandazione significava che forse ero in grado di farmi strada nel mondo. Ero una donna colta, con un’istruzione che si addiceva a una signora – ero in grado di portare avanti una conversazione sul tempo per almeno un quarto d’ora e di risolvere complesse disposizioni di posti a sedere per una cena formale – ma né la mia istruzione da signora né il mio status di gentildonna erano stati di alcun vantaggio quando si era trattato di trovare un impiego retribuito. Invece di lavorare per un’azienda o un privato, avevo dovuto crearmi un lavoro da sola.

    Me la cavavo abbastanza bene nel tipo di attività che avevo intrapreso, che consisteva nell’aiutare le persone a gestire con discrezione questioni delicate. Avevo portato a termine con successo i due lavori che finora avevo assunto. Avevo fatto qualche passo avanti per mantenermi, ma i miei problemi economici erano tutt’altro che finiti. Mi sentivo come un’anima in pena, in equilibrio precario su uno stretto cornicione. Ogni passo falso avrebbe potuto farmi precipitare di nuovo nella massa dei disoccupati. Se fossi riuscita a convincere Lady Agnes ad assumermi, e poi a risolvere il suo problema, sarei stata davvero sulla buona strada. Non c’era niente di meglio di una raccomandazione da parte dell’aristocrazia per rilanciare un’impresa commerciale.

    Una voce acuta attirò la mia attenzione quando raggiunsi la fine della strada. Uno strillone con una coppola in testa gridava: Mummia infesta una casa di Mayfair. Dettagli all’interno. Acquistate qui la vostra copia. Gli consegnai qualche moneta e presi il giornale. Non era un quotidiano ordinario e rispettabile. Era l’Hullabaloo, uno dei tabloid specializzati in titoli scandalistici stampati a grandi lettere.

    L’articolo era in prima pagina, proprio sopra la piega. Controllai chi fosse l’autore, ma era il nome di un uomo, non della mia compagna di collegio Essie Matthews, che lavorava per il giornale. Una foto del nuovo Lord Mulvern, Gilbert, il fratello di Lady Agnes, era in bella mostra accanto al testo, in cui una cameriera – senza nome, ovviamente – raccontava orribili lamenti provenienti dalla grande galleria di Mulvern House.

    "Nessuno vuole entrare lì dentro scriveva il giornale scandalistico citando la domestica senza nome. Secondo il racconto, l’ultima cameriera che aveva spolverato nella grande galleria era svenuta e aveva dovuto essere portata via da due inservienti. Una volta ripresasi, la sventurata si era rifiutata di tornare al lavoro e aveva lasciato il suo posto, scegliendo invece di tornare dalla sua famiglia in campagna. L’articolo includeva una dichiarazione di un attuale residente di Mulvern House, anch’egli anonimo, che affermava: Nessuno entra più nella grande galleria. Le porte sono sbarrate con una catena per tenere lo spirito chiuso dentro".

    Passai alle ultime righe. "Continuano i problemi per la famiglia del defunto Lord Mulvern, eminente egittologo e proprietario di una prestigiosa collezione di mummie. La famiglia Curtis sarà mai libera da tale tormento?".

    La campana di una chiesa suonò e io mi avviai. Era il primo di diversi rintocchi. Il quarto d’ora era passato. Erano le dieci, il momento in cui avrei dovuto bussare alla porta di Mulvern House. Ridiedi il giornale al ragazzo. Non potevo certo portarlo in casa con me.

    Non lo vuole, signorina?

    No, puoi riaverlo. Non è nemmeno sgualcito.

    Lui fece spallucce e lo rimise nella sua pila, mentre io tornavo di corsa da dove ero venuta. Raggiunsi Mulvern Square in pochi minuti e mi affrettai a varcare i cancelli, a percorrere la curva del viale e a salire i gradini fino alla grande porte-cochère. Ero solo leggermente trafelata quando un maggiordomo con una testa di capelli grigi aprì la porta. Lo informai che avevo un appuntamento con Lady Agnes. Un cameriere prese il mio cappotto umido e il maggiordomo disse: Lady Agnes è nel salotto del mattino. La prego di seguirmi.

    Aveva una camminata notevole per la sua età e mi affrettai per stargli dietro. Lo seguii su per un’ampia scalinata con balaustre dorate e una passatoia rosso sangue che copriva i gradini di marmo. Attraversammo diverse stanze enormi con soffitti altissimi, pareti ricoperte di damasco di seta e splendidi lucernari che illuminavano gli ambienti anche in una giornata grigia come quella.

    L’arte e le antichità esposte mi facevano girare la testa. Mobili francesi intarsiati, dipinti di antichi maestri, statue romane e manufatti egizi riempivano ogni ambiente. I miei zii vivevano a Parkview Hall, che aveva una bella scorta di antichità e ottimi dipinti, ma il contenuto di Mulvern House era stupefacente.

    Il maggiordomo entrò in una stanza più piccola con un damasco di seta verde pallido alle pareti e diversi imponenti arazzi medievali. Alcune casse erano accatastate lungo le pareti della stanza e l’aroma di paglia riempiva l’aria. Una donna era seduta a una scrivania Luigi XVI, ricoperta da quelle che sembravano piccole pietre ovali dai colori vivaci. Un uomo abbronzato dai capelli scuri che sembrava avere circa trent’anni sedeva di fronte alla scrivania. Indossava un doppiopetto dal taglio impeccabile. Mi sembrò di scorgere una traccia di fastidio nei suoi occhi verdi ravvicinati, mentre il suo sguardo si posava su di me.

    Il maggiordomo mi annunciò e l’uomo in giacca e cravatta si alzò. Non mi ero reso conto di intromettermi nel calendario dei suoi appuntamenti, Lady Agnes, disse con voce affabile. La lascio alla sua visita, ma rifletta sulla mia offerta. Non troverà niente di meglio. Allungò la mano verso l’Homburg di feltro appoggiato all’angolo della scrivania. Non si fermò per le presentazioni, ma si limitò a farmi un cenno con la testa mentre mi passava accanto. Non c’è bisogno che mi accompagni all’uscita, Boggs, disse al maggiordomo. Conosco la strada.

    Lady Agnes venne verso di me, con la mano tesa. Signorina Belgrave. Grazie per essere venuta. Fece cenno alla porta. Deve scusare il signor Dennett. È venuto a parlarmi di antichità egizie ed è come se avesse i paraocchi quando si tratta di questo argomento. È appena tornato dal Cairo ed è in preda all’egittomania.

    Non avevo mai conosciuto Lady Agnes. Trascorreva la maggior parte del tempo in Egitto con lo zio per gli scavi che lui sponsorizzava, ma avevo visto abbastanza foto di lei nelle pagine mondane per riconoscerla. Il suo viso a forma di cuore e i suoi riccioli corvini a cavatappi, tagliati corti in un carré che le incorniciava i grandi occhi marroni, non lasciavano dubbi. Mi ero fatta l’idea che potesse essere abbronzata a causa del tempo trascorso sotto il sole egiziano, ma la sua carnagione era color porcellana, tranne che per una sfumatura di rosa sulle guance.

    È un piacere.

    Indossava un abito a tunica con stampa paisley nera e rossa e colletto alla mandarina. Un ampio polsino di pelliccia nera lucida bordava le maniche dell’abito, che fluttuò con i suoi movimenti quando Lady Agnes si rivolse al maggiordomo: Boggs, facci portare su qualcosa da mangiare.

    Sì, mia signora, disse il maggiordomo e si dileguò.

    Un gatto siamese uscì da sotto la scrivania e Lady Agnes si chinò per fargli scorrere la mano lungo la pelliccia color crema mentre il micio si strusciava contro le sue gambe. Questo è Lapis.

    È bellissimo, dissi, stupita dagli occhi azzurri e brillanti del gatto.

    Sicuramente pensa di esserlo, disse l’altra con un sorriso.

    Lapis diede un’annusata alle mie scarpe, poi si avvicinò al davanzale della finestra vicino alla scrivania. Con un balzo elegante vi atterrò sopra e si distese, con la coda che si allungava sul lato.

    Lady Agnes fece un gesto verso le poltrone posizionate davanti al camino, dove scoppiettavano le fiamme. Prego, si accomodi. Fa così freddo che mi ci vuole proprio una bella tazza di tè caldo.

    Ha ragione. Mi feci strada tra le casse.

    Mi dispiace per tutto questo disordine. Fece un cenno con la mano. Sto ultimando di preparare gli oggetti per la mostra. Presto tutto quello che vede sarà al museo.

    La mostra?

    Lo zio Lawrence stava preparando una mostra delle sue antichità egizie quando è morto. La sua voce e il suo modo di fare, che fino a quel momento erano stati decisi e pratici, ora si velarono di tristezza.

    Le mie condoglianze. Mi dispiace per la vostra perdita.

    Grazie.

    Una cameriera entrò con un vassoio da tè e si fece strada tra le casse. Lady Agnes aspettò che la ragazza depositasse il vassoio su un tavolino basso e uscisse dalla stanza prima di chiedere: Immagino che abbiate sentito parlare della presunta maledizione, vero?

    L’ho letto sui giornali.

    Lady Agnes scosse irritata la testa mentre versava il tè. Sono stupita che si concentrino ancora sullo zio Lawrence.

    Presi la tazza da tè che mi offriva. Perché?

    Lo sguardo della donna si spostò sulle casse. Sebbene i ritrovamenti dello zio Lawrence siano di per sé molto affascinanti, non sono nulla in confronto alla scoperta della tomba del faraone Tutankhamon. I giornali dovrebbero concentrarsi sulle scoperte del signor Carter e di Lord Carnarvon, non su quelle dello zio.

    Ho scoperto che i giornali raramente si interessano a ciò che i più ritengono interessante.

    Lady Agnes fece una piccola risata. È proprio vero, signorina Belgrave. Purtroppo lo sto imparando a mie spese. Allora, cosa sa della situazione di mio zio?

    Solo quello che ho letto sui giornali. Forse potrebbe raccontarmi cos’è successo, e poi potremo decidere se posso esserle d’aiuto.

    Sì, certo. Lady Agnes sorseggiò il suo tè. Il valletto dello zio Lawrence non è riuscito a svegliarlo, quella mattina. Era il nove di settembre.

    Quindi era passato poco più di un mese, il che avrebbe spiegato l’assenza di lutto a Mulvern House e negli abiti di Lady Agnes. La Grande Guerra aveva distrutto le rigide regole sull’abbigliamento e l’etichetta in circostanze del genere. Non mi aveva sorpresa non trovare alcuna traccia di cordoglio nel grande edificio e nei vestiti vivaci di Lady Agnes. Mia zia Caroline avrebbe disapprovato, ma io non vedevo nulla di male nel limitare i segni esteriori del lutto. Dalla cupezza di Lady Agnes quando parlava della morte dello zio, capii che lo stava ancora piangendo.

    Lo zio Lawrence ha lasciato un breve biglietto in cui diceva che l’orrore gli impediva di continuare. La stampa ne è venuta a conoscenza. Non ho idea di come. I giornali di gossip si sono attaccati subito alla storia. Hanno scritto che lo zio era stato spinto al suicidio dalla maledizione. La tazza di Lady Agnes tintinnò mentre la posava. "È completamente ridicolo. Oltre alle storie assurde sulla maledizione, gli articoli sono imprecisi. Non sanno nemmeno scrivere correttamente il nome della mummia. Hanno scritto Sozar, che è sbagliato. È Zozar, con la Z. Chiuse brevemente gli occhi e trasse un respiro. Naturalmente questa è la cosa meno importante."

    La sua agitazione svanì e fissò il suo sguardo scuro su di me. Voglio che lei vada a fondo in questa assurdità della maledizione. Mio fratello Gilbert è un po’ un rompiscatole, ma è un uomo di buon cuore. Non merita il trattamento che gli è stato riservato dalla stampa, che lo ha dipinto come un incompetente. È vero che non ha l’interesse dello zio Lawrence per l’egittologia, ma questo non significa che Gilbert sia un incapace. La cosa sta anche turbando la mia nuova cognata, Nora. L’accenno alla cognata sembrò un aspetto secondario.

    Oltre a leggere sul giornale della maledizione della mummia, ero anche a conoscenza di una voce che filtrava nell’alta società, secondo la quale Gilbert era stato ansioso di ereditare il titolo e il denaro dello zio. Conoscevo poco il nuovo Lord Mulvern e nei miei incontri con lui mi era sembrato un giovane affabile, anche se un po’ ottuso. Dovevo accennare a quel pettegolezzo? Era una cosa a cui avevo pensato tutta la mattina e non ero riuscita a decidere la linea d’azione migliore.

    Se Lady Agnes si fosse offesa... beh, il mio lavoro con lei sarebbe finito prima di cominciare. Ma non sembrava essere il tipo di donna che ignorava la realtà. No, immaginavo che affrontasse le sfide con coraggio. Cercai il modo meno offensivo per descrivere le voci, ma prima che potessi parlare, lei disse: È indispensabile che le voci vengano fermate, tutte.

    Ah, quindi era a conoscenza delle dicerie sul fratello. Lo considerai un buon segno. Non le aveva negate a priori né aveva fatto finta che non esistessero, due opzioni che avevo scoperto non essere mai produttive. Capisco la sua preoccupazione. Appoggiai la tazza da tè vuota sul tavolino basso di fronte a me. Ho una riserva. Volevo aiutare Lady Agnes e la sua famiglia, ma non sapevo se sarebbe stato possibile. È difficile smentire un sospetto. Anche se riuscissi a dimostrare che la maledizione non esiste, non significa che i giornali non continueranno a scriverne.

    Oh, non voglio che lei sfati la maledizione. Voglio che provi che lo zio Lawrence è stato ucciso.

    CAPITOLO DUE

    Prima che potessi rispondere a quella frase di Lady Agnes , la porta si aprì e una giovane donna entrò nella stanza. I lucidi capelli castano dorati le incorniciavano i lineamenti delicati ed era vestita con uno squisito abito da giorno verde pallido. Sarebbe stata bellissima, se non fosse stato per la sua espressione imbronciata. La riconobbi immediatamente. Quando l’avevo conosciuta al liceo, Nora Clayton aveva i capelli lunghi ed era un po’ più grassottella, ma aveva avuto lo stesso piglio sicuro. Il suo soprannome a scuola era Nora la narcisista – solo sussurrato, mai detto in faccia.

    Vidi con la coda dell’occhio un movimento che attirò la mia attenzione. Il gatto siamese, Lapis, saltò a terra con un movimento felpato e sinuoso.

    Agnes, devi assumere per me una cameriera che sappia fare il suo lavoro, disse Nora. Quella creatura che ha preso il posto di Mary ha distrutto la mia bottiglia di profumo. Ora la mia intera stanza profuma di mughetto.

    Agnes fece un gesto verso di me. Abbiamo una visita, Nora. Ti presento la signorina Olive Belgrave. È qui per aiutarci con quella sciocchezza della maledizione. Olive, questa è mia cognata, Lady Mulvern.

    Abbiamo frequentato insieme la scuola di perfezionamento, dissi con tono informale. Congratulazioni per il tuo matrimonio, Nora. La cerimonia si era svolta tre mesi prima. Non ero stata invitata, ma non mi ero aspettata di esserlo. Io e lei non eravamo mai state molto unite.

    Nora mi lanciò un’occhiata. Oh, sì. Mi ricordo. Tu eri quella che non sapeva sciare.

    Gli occhi di Lady Agnes si spalancarono per la disinvolta maleducazione, ma io superai il momento di imbarazzo. La mia asma peggiora con l’aria fredda e secca.

    È un piacere rivederti, disse Nora senza la minima traccia di sincerità, poi riportò l’attenzione su Agnes. Quella stupida ragazza ha perso anche i miei guanti. Non si trovano da nessuna parte. Dorothy sarà qui tra poco e io devo trovarli prima di uscire.

    Probabilmente li hai lasciati in un taxi, come hai fatto con la borsetta, ricordi?

    Gli occhi di Nora si restrinsero. Non ho lasciato i guanti in un taxi. È facile dimenticare una borsetta. La si appoggia sul sedile e poi ci si distrae, ma non mi sarei mai tolta i guanti in una macchina pubblica.

    Lady Agnes ignorò il tono pungente di Nora. Si spera proprio di no. Prendi una tazza di tè prima di andartene. Lady Agnes non attese una risposta e allungò una mano verso la teiera. Sapevo che avrei dovuto pensare a Nora come a Lady Mulvern, ma era difficile attribuire un titolo così formale e imponente a una persona che avevo visto uscire da una finestra per fumare una sigaretta.

    Lady Agnes versò il tè. Puoi prendere in prestito un paio dei miei. Parlane con Carol.

    Mi aspettavo che

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