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Omicidio ad Archly Manor: Una Detective nell’Alta Società, #1
Omicidio ad Archly Manor: Una Detective nell’Alta Società, #1
Omicidio ad Archly Manor: Una Detective nell’Alta Società, #1
E-book290 pagine4 ore

Omicidio ad Archly Manor: Una Detective nell’Alta Società, #1

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Info su questo ebook

Un omicidio nell'alta società. Una giovane detective piena di spirito. Riuscirà la protagonista a scoprire chi è l'assassino prima che un innocente venga ingiustamente incolpato?  

 

Londra, 1923. Olive Belgrave ha bisogno di un lavoro. Nonostante la sua educazione aristocratica, non ha un soldo in tasca. Decisa a mantenersi da sola, accetta un incarico decisamente non convenzionale: indagare sul passato di Alfred Eton, il fidanzato di sua cugina. 

 

Alfred è comparso dal nulla nel mondo dell'alta società londinese, ma le risposte alle domande sul suo passato sono decisamente vaghe. Prima che Olive possa raccogliere qualche altra informazione, una persona viene uccisa durante una festa. Improvvisamente, tutti i presenti sono sospettati e Olive deve sbrigarsi a trovare il colpevole, perché uno scaltro assassino è deciso a fare in modo che il suo primo caso sia anche l'ultimo. 

 

Omicidio ad Archly Manor è il primo libro della serie Una Detective nell'Alta Società. Se vi piacciono le battute spiritose, le ambientazioni glamour e i deliziosi colpi di scena, adorerete le storie che Sara Rosett, autrice bestseller di USA Today, ha dedicato agli amanti del mistero.


 

LinguaItaliano
Data di uscita19 set 2023
ISBN9798223463443
Omicidio ad Archly Manor: Una Detective nell’Alta Società, #1
Autore

Sara Rosett

A native Texan, Sara is the author of the Ellie Avery mystery series and the On The Run suspense series. As a military spouse, Sara has moved around the country (frequently!) and traveled internationally, which inspired her latest suspense novels. Publishers Weekly called Sara’s books, "satisfying," "well-executed," and "sparkling." Sara loves all things bookish, considers dark chocolate a daily requirement, and is on a quest for the best bruschetta. Connect with Sara at www.SaraRosett.com. You can also find her on Facebook, Twitter, Pinterest, or Goodreads.  

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    Anteprima del libro

    Omicidio ad Archly Manor - Sara Rosett

    CAPITOLO UNO

    Non avevo intenzione di diventare un’investigatrice, ma quando uno dei tuoi parenti viene coinvolto in un’indagine di polizia e l’esito sembra infausto, beh, non puoi restare in disparte. Devi fare qualcosa.

    La tragica morte ad Archly Manor è stata ampiamente riportata dai giornali. Una tale diffusione non mi ha sorpresa. Un omicidio nell’alta società attira sempre l’attenzione. Sfortunatamente, gli articoli erano una combinazione di esagerazioni e insinuazioni, ed è per questo che mi sono sentita in dovere di esporre i fatti...

    LONDRA, ESTATE 1923

    Si potrebbe supporre che una giovane donna ben educata e con una buona istruzione non abbia difficoltà a trovare lavoro. Almeno , questo è ciò che supponevo io, ma ho scoperto che la mia previsione era sbagliata, molto sbagliata.

    In una mattina nuvolosa di fine luglio, ero scesa dal treno che dal mio piccolo villaggio di Nether Woodsmoor mi portava nel trambusto e nella frenesia di Londra, fiduciosa che nel giro di pochi giorni sarei diventata una di quelle affascinanti ragazze che lavorano, guadagnandosi il pane e sapendo che lo stipendio non tarderà ad arrivare.

    La mia visione della situazione era stata rapidamente rimessa in riga. Una discesa piuttosto brusca, dalle altezze delle mie aspettative alle profondità della realtà. Avevo imparato a conoscere la superficiale patina di scuse che accompagnava le parole: Mi dispiace, ma non abbiamo niente per lei.

    Ma quel giorno sarebbe stato diverso. Ero seduta alla scrivania del redattore capo di un giornale, intento a esaminare il mio articolo. La porta chiusa del suo ufficio attutiva a malapena lo sferragliare delle macchine da scrivere e le conversazioni ad alta voce della redazione. Mi resi conto che stavo torcendo la borsetta che avevo in grembo, facendo sì che le perline decorative tirassero i fili che le tenevano al loro posto. Rilasciai la presa e premetti le mani guantate contro le pieghe della gonna.

    Il signor Clark, direttore dell’Express, non si era nemmeno preoccupato di appoggiarsi il pince-nez sul naso per leggere l’articolo campione su cui avevo lavorato la sera prima. Tenendo gli occhiali in aria a pochi centimetri dal naso, sfogliava il mio articolo scritto a mano che descriveva il ballo della Duchessa di Seton. Il fatto che le sue labbra non si fossero ancora contratte significava che non era arrivato all’incidente della fascia di Barbara Clairmore, alla miopia di Kippy Higgenbotham e alla scultura di ghiaccio che si scioglieva.

    Alzò la testa e mi allungò il foglio sulla scrivania. Mi dispiace...

    Mi spostai in avanti sul bordo della sedia. Lavorerò gratis per una settimana.

    L’uomo scosse il foglio. L’ultima cosa di cui ho bisogno è un’altra giornalista di cronaca mondana.

    Nonostante l’afa che quel giorno rendeva la stanza soffocante, un brivido mi attraversò. Il giornale era la mia ultima risorsa. Non avevo contattato il signor Clark dell’Express quando ero arrivata a Londra. Avevo fatto domanda per altri lavori. Mio padre non sarebbe stato molto contento se fossi diventata una giornalista. E Sonia... potevo quasi sentire la sua voce stridula. "Così poco da signora! Così sconveniente. Così al di sotto della nostra classe sociale." Eppure, era un lavoro che potevo fare. Potevo scrivere. Se Essie Matthews, che non aveva mai scritto di suo pugno uno dei saggi consegnati alla scuola privata, era diventata titolare di una rubrica di cronaca mondana per l’Hullabaloo, io avrei dovuto essere in grado di ottenere un lavoro all’Express.

    Il signor Clark scosse di nuovo il foglio. Lei non farà altro che ingombrare la mia scrivania.

    Tenni le mani in grembo e mi chinai in avanti. Due settimane. Mi dia due settimane per dimostrarle che posso farcela. Non se ne pentirà.

    Lui passò il pince-nez sulla scrivania, facendo quasi cadere una pila di fogli alta diversi centimetri. Le sembra che abbia bisogno di altri articoli? Il suo tono si fece più severo. Ho fatto un favore a suo zio. Ho parlato con lei. Ora devo proseguire con il mio lavoro. Gettò il foglio verso di me.

    Mi alzai. Lui rimase seduto, con l’attenzione già rivolta su una pagina dattiloscritta presa da una delle pile. Ero tentata di prendere il mio articolo e dirgli esattamente cosa si sarebbe perso l’Express, ma le parole della mamma mi risuonarono nelle orecchie. La buona educazione paga sempre.

    Raccolsi l’articolo e resistetti all’impulso di appallottolarlo. Lo piegai ordinatamente. Grazie per avermi ricevuto. Dirò allo zio Leo che è stato un piacere conoscerla.

    Non sapevo se avesse colto o meno il sarcasmo nella mia voce. Non aspettai di vedere la sua reazione. Attraversai il frastuono della redazione e rallentai solo quando raggiunsi la quiete dell’ampia scalinata. La delusione mi pesava sulle spalle e la preoccupazione mi rodeva dentro. Forse avevo fatto bella figura con il signor Clark per qualche istante, ma la realtà era piuttosto desolante.

    Cosa avrei fatto? Anche con una gestione oculata, i miei fondi non sarebbero durati che un’altra settimana. Presto non avrei avuto nulla da pagare alla signora Gutler, e lei era stata chiara quando mi aveva spiegato che non faceva la carità. Quella è per la chiesa, non per le donne che lavorano, mi aveva detto quando avevo preso in affitto la sua piccola e squallida mansarda.

    Due uomini con espressione decisa si affrettarono a salire le scale verso la redazione. Entrambi alzarono il cappello e io feci un breve cenno di saluto mentre continuavo a scendere. Fino a quando non avevo visto il volto disinteressato del signor Clark, non avevo capito quanto contassi sul fatto di lavorare come giornalista. Avevo tartassato ogni parente, amico e conoscente che potesse aiutarmi a trovare un lavoro. Dal momento che il signor Clark dell’Express non si era dimostrato all’altezza, non avevo altre possibilità. Nessuno era parso interessato all’annuncio che avevo pubblicato da quando avevo capito che trovare un impiego non sarebbe stato facile. Potevo solo comprare un giornale e spulciare di nuovo la sezione Offerte di Lavoro, cosa che avevo fatto senza successo per più giorni di quanti ne potessi contare.

    Mentre giravo il pianerottolo e proseguivo verso il piano terra, mi resi conto di stringere ancora in mano il mio articolo di prova. Puoi sempre tornare a casa. Quel pensiero mi passò nella mente come un sussurro. Sarebbe stato così facile tornare a Nether Woodsmoor. Ci pensai mentre scendevo altri due gradini, poi infilai l’articolo nella borsa. Le perline ondeggiarono e io mi scrollai di dosso il pensiero di rientrare nel Derbyshire.

    Non sarei tornata a casa. Tate House non era casa mia. Non più, non con Sonia che senza scrupolo alcuno cercava di cancellare ogni traccia dell’esistenza della mamma. Dovevo solo continuare a cercare. Raddrizzai le spalle e attraversai l’atrio, con i tacchi che battevano sul pavimento a mosaico che rappresentava l’alba. Avrei continuato a farlo almeno fino all’ultimo scellino.

    Attraversai la pesante porta a vetri ed uscii nel pomeriggio soffocante. Uno spesso strato di nuvole scure intrappolava il calore come un coperchio su un barattolo, sigillando l’aria umida intorno alla città. Trottai giù per i bassi gradini oltre l’ingresso e girai in direzione della stazione della metropolitana, desiderando che piovesse anche se avevo dimenticato l’ombrello. Un acquazzone avrebbe pulito l’aria.

    I miei passi si fermarono quando passai davanti a una sala da tè. I morsi della fame mi attanagliarono lo stomaco mentre guardavo attraverso la vetrina un tavolo imbandito di focaccine, panna rappresa, piccole torte e delicati sandwich. Costrinsi i piedi a muoversi. I panini da tre centesimi mi sarebbero dovuti bastare fino al mattino, quando la signora Gutler avrebbe servito la colazione e mi avrebbe ricordato quanti giorni mancavano alla scadenza dell’affitto.

    Comprai un giornale dal ragazzo all’angolo, poi proseguii lungo la strada verso l’ingresso della metropolitana, che era a diversi isolati di distanza. Alcune gocce di pioggia si posarono sul marciapiede. Nel giro di pochi passi, aumentarono fino a diventare un ticchettio e un tuono squarciò l’aria. Le gocce si trasformarono in un vero e proprio diluvio e io mi precipitai verso la tenda di un banco di frutta, usando il giornale per proteggere il nastro e le due piume di struzzo del cappello dalla tesa asimmetrica che indossavo. La pioggia mi schizzava la nuca e i lacci bianchi del colletto a fiocco svolazzavano mentre correvo.

    Anche altri pedoni si stavano mettendo al riparo, e nella calca, mentre mi precipitavo sotto il bordo del tendone, andai a sbattere contro un petto coperto da un vestito scuro.

    Oh, mi scusi.

    Mi scusi lei… Alzai lo sguardo verso un paio di familiari occhi grigi velati da palpebre pesanti. Jasper! Non sapevo che fossi a Londra. Pensavo che fossi in... da qualche parte all’estero. Non ricordo dove. In Africa? O era il Sud America? Non mi riconosci? Sono io, Olive Belgrave.

    Il suo volto si illuminò. Olive! Non ti vedo da un’eternità. Sembri così diversa con i capelli corti.

    Ci stringemmo la mano e io dissi: È così bello vederti. Mi sembri in forma.

    Anche tu.

    Mentre altre persone si univano alla folla, fui spinta accanto a Jasper e finii con il naso quasi nel suo petto. Non lo vedevo da anni, da prima della guerra. Quando mio cugino Peter tornava a casa per trascorrere le vacanze a Parkview Hall, portava sempre con sé Jasper. I suoi genitori erano in India e Jasper diceva che preferiva Parkview alla spola tra le varie zie snob, a patto di non dare fastidio a zia Caroline e zio Leo, cosa che non accadeva. A quattordici anni avevo avuto una piccola e breve cotta per lui, ma Jasper mi aveva sempre trattata come le altre mie cugine, Gwen e Violet.

    Non mi aveva mai fatta vincere quando giocavamo a croquet sul prato. Non aveva mai nemmeno esitato a tenermi lontana dal vassoio del tè, afferrando l’ultimo pezzo di torta o di panino appena prima che lo prendessi io. Peggio ancora, aveva acquisito la capacità di sembrare innocente come un cherubino in un dipinto rinascimentale subito dopo averlo rubato. I suoi capelli chiari e ondulati e i suoi occhi grigi avevano contribuito a creare l’illusione di un’innocenza irreprensibile, ma era stato il suo fascino innato a fargliela passare liscia, soprattutto con le donne. Tutte, da zia Caroline alla governante fino alla più umile cameriera, avrebbero fatto qualsiasi cosa per lui.

    Ma ora era diverso. Fisicamente era uscito indenne dalla guerra. Ci vedeva pochissimo ed era stato rifiutato ogni volta che aveva cercato di arruolarsi. Aveva trascorso la guerra lavorando nelle profondità di un qualche edificio governativo per l’Ammiragliato. In uno dei rari momenti di conversazione di Peter, qualche anno prima, mio cugino aveva raccontato di aver ricevuto una lettera da Jasper in cui gli diceva di essere stato congedato e di godersi la vita da gentiluomo in città.

    Anche se Jasper non aveva trascorso del tempo sul campo di battaglia, era cambiato: non tanto quanto Peter, ma le rughe gli segnavano il viso intorno agli occhi e alla bocca, sostituendo i lineamenti da cherubino con qualcosa di più freddo e distante. Dai pettegolezzi occasionali che avevo sentito, sembrava che Jasper vivesse in modo un po’ sconsiderato, in mezzo alla folla di Bright Young People i cui nomi comparivano spesso sulle pagine delle cronache mondane, e nemmeno in senso positivo. I giornali erano fin troppo felici di raccontare le loro bevute eccessive e la ricchezza ostentata.

    Un uomo passò sotto il tendone e urtò la spalla di Jasper. Ci avvicinammo di un centimetro alle pile di mele. Avevo sentito che anche tu eri all’estero, disse Jasper. L’università dove ha studiato tua madre è in America, vero?

    Ero all’estero. Ora sono tornata. Mamma era americana. Aveva frequentato un college femminile prima di visitare l’Inghilterra e incontrare mio padre. La sua breve visita si era prolungata per mesi e alla fine si erano sposati. Era tornata negli Stati Uniti di tanto in tanto, ma aveva insistito sul fatto che io avrei dovuto avere una vera istruzione dopo aver frequentato la scuola di perfezionamento per signorine con mia cugina Gwen. Mamma era fermamente convinta che per quel tipo di istruzione non ci fosse posto migliore della sua vecchia università. Avevo sempre pensato che fosse solo una sua idea legata al bel ricordo di quegli anni, così ero rimasta sorpresa quando papà mi aveva detto che mamma aveva messo da parte dei soldi per la mia istruzione prima della sua morte. Erano stati messi da parte per anni, accumulando interessi, e sarebbero stati più che sufficienti per finanziare il mio viaggio, la retta e l’alloggio.

    Il familiare ribollire della rabbia mi bruciò nel petto al pensiero di quel fondo. Era stato controllato per tanti anni ma si era volatilizzato, spazzato via da uno sciocco investimento. Nonostante tutte le chiacchiere sui dividendi, sul potenziale e sugli interessi, tanto valeva che papà l’avesse gettato in mezzo al fuoco.

    Non ti piaceva?

    Le parole di Jasper mi riportarono al presente. Oh, sì. Mi piaceva molto la vita al college. Mi si addiceva, ma dovevo tornare.

    La pioggia tamburellava sul telo sopra la nostra testa, colando in rivoli dai bordi e schizzando sul marciapiede. Mi spostai più vicina a una pila di cavoli per evitare che gli schizzi mi inzuppassero le calze beige e la gonna a pannelli.

    Sì, mi è dispiaciuto sapere della malattia di tuo padre, disse Jasper. Come sta?

    Abbastanza bene, grazie, dissi, felice che Jasper pensasse che ero in Inghilterra per la salute di papà e non perché non potevo tornare in America. La verità sulla mia situazione finanziaria era stata resa nota nel piccolo villaggio di Nether Woodsmoor, ma a quanto pareva non aveva viaggiato fino a Londra. Papà è ancora debole e deve prendersela con calma, ma si sta riprendendo.

    Sono felice di sentirlo. E mi sembra di capire che le congratulazioni sono d’obbligo. La pioggia passò bruscamente a un leggero ticchettio e alcune persone uscirono dal riparo della tenda.

    Ingoiai i miei veri pensieri sulla nuova moglie di mio padre e mi costrinsi a rispondere in maniera appropriata. Sì, grazie. Riferirò.

    Il pensiero di Sonia mi provocava sempre una smorfia, e non dovevo essere riuscita a nasconderla del tutto. Gli angoli della bocca di Jasper si sollevarono e la pelle intorno agli occhi si stropicciò in un sorriso che gli tolse un po’ della nuova severità dal viso, facendolo sembrare più giovane e rilassato. Avvicinò la testa alla mia. Con me non devi fingere. Le discordie familiari sono un argomento che conosco bene.

    Non sono riuscita a dissimulare, a quanto pare. Devo lavorarci su. Mi guardai intorno, ma nessuno stava prestando attenzione alla nostra conversazione.

    Lui vide il mio sguardo e aggiunse: E sono anche piuttosto bravo a mantenere i segreti.

    Come so bene, dissi, pensando a un caldo pomeriggio d’estate, a uno sciame di api e all’inaspettato schiaffo dell’acqua fredda quando ero caduta nel fiume.

    Aggiungerò questo alla lista, disse lui in tono riservato, e una familiare fitta di calore si accese nel mio petto.

    Forse non avevo ancora superato del tutto quella cotta. Che sciocchezza. Ero una donna adulta, non una scolaretta emotiva. Non è esattamente un segreto, almeno non alla Tate House.

    Ah, capisco. Ecco spiegata Londra, disse. La grande città ti chiamava, vero?

    Con una voce incredibilmente squillante.

    I suoi occhi, che potevano essere così svogliati e riservati, si fecero penetranti mentre faceva scorrere il suo sguardo su di me. Ero ben consapevole dei miei polsini rammendati e del fatto che i miei tacchi cubani avessero decisamente visto giorni migliori. Osservai il taglio eccellente del suo abito e la qualità dei suoi guanti. Rispetto allo splendore sartoriale di Jasper, dovevo sembrare decisamente trasandata. Sto andando a prendere il tè, disse. Ti unisci a me?

    Mi piacerebbe.

    Mi offrì il braccio e ci incamminammo lungo la strada. Sono passata davanti a una sala da tè, poco fa, gli dissi.

    Oh, no, quella proprio no. Troppo plebea.

    Non è il tuo stile?

    Mi guardò con la coda dell’occhio. Ho una reputazione da difendere. Sorrise. No, non è affatto così. Per rinsaldare una vecchia amicizia ci vuole qualcosa di più grandioso. Il Savoy, direi.

    CAPITOLO DUE

    Assaporai l’ultimo boccone di pesca Melba e sospirai soddisfatta. Una volta che il cibo era cominciato ad arrivare al nostro tavolo al Savoy , la musica, i ballerini e il ronzio delle conversazioni erano come svaniti. La mia attenzione non era stata rivolta a Jasper quanto alle deliziose focaccine, alle delicate torte e ai panini. Misi giù il cucchiaio. Delizioso . Così delizioso che temo di non essere stata di gran compagnia.

    Jasper bevve un sorso del suo tè. Va benissimo così. È bello vedere una donna che mangia davvero. Non capisco come facciate voi ragazze dell’alta società a sopravvivere. La maggior parte vive di tè, champagne e un occasionale panino al cetriolo. E poi ballate tutta la notte. È stupefacente, davvero.

    È la moda del giorno d’oggi. Feci un cenno al mio vestito stretto. Tutto è più piccolo, adesso. Certo, quando sei a caccia di un impiego, giri a piedi per tutta la città e cerchi di far durare ogni scellino, è facile entrare in un abito come questo. Ormai era inutile cercare di nascondere qualcosa a Jasper. Anche se si era messo comodo sulla sedia e lasciava che il suo sguardo pesante vagasse pigro per il locale, sapevo che era intelligente. Dopo avermi vista consumare in modo poco signorile ogni boccone che mi era stato messo davanti durante il tè, era abbastanza perspicace da dedurre le mie condizioni.

    Difficoltà finanziarie? mi chiese.

    Sono senza un soldo, letteralmente. Pensavo che sarebbe stato facile trovare un lavoro come istitutrice, ma ogni volta è la stessa solfa. Quando invio le referenze e spiego il mio percorso scolastico, sembra sempre tutto molto promettente. Ma quando incontro le famiglie, tutto cambia. Nessuno sembra essere più interessato.

    Oserei dire che è normale.

    Perché dici così?

    Dubito che ci siano molte padrone di casa a cui piaccia l’idea di accogliere una giovane donna come te nelle loro case.

    Sollevai il mento. Cosa intendi dire? Che non sono qualificata?

    No, volevo dire che sei troppo attraente.

    Un rossore mi scaldò le guance e l’imbarazzo mi spinse a giocherellare con il cucchiaino. Sono sicura che non è stato quello.

    Jasper rise. Oh, io sono sicuro di sì, mia cara. Forse se non ti fossi tagliata i capelli e fossi in grado di tirarli indietro in un austero chignon, e se indossassi qualche vestito dimesso... Inclinò la testa mentre mi studiava. No, non riusciresti mai a mascherare quegli occhi.

    Alzai le sopracciglia, sorpresa. Non stava parlando con il suo solito tono disinteressato. Si appoggiò allo schienale della sedia e la sua voce assunse una nota più leggera. È in questo che hai sbagliato, ovviamente. Avresti dovuto dire tutto in anticipo. ‘Giovane attraente dagli occhi blu cerca un posto come istitutrice’. Ti saresti risparmiata parecchie seccature.

    Mi vengono i brividi a pensare al tipo di risposte che avrei ricevuto con un annuncio del genere.

    Lui sogghignò. Sì, ovvio. Assolutamente inopportune.

    Sì, sotto molti punti di vista.

    Mi dispiace. Non dovrei prenderla alla leggera. Tornò serio. Hai provato altre strade?

    Mi raddrizzai sulla sedia. Commessa, assistente alle vendite, cassiera. Ma nessuno vede in una giovane donna con un’educazione classica e un’ampia formazione su come essere una signora una buona candidata per posizioni del genere. Anche gli occhi non aiutano. Ho anche fatto domanda per lavorare come domestica, ma mi hanno detto che non avrebbe funzionato, che avrei causato problemi nell’ala della servitù.

    In effetti, sarebbe successo. Jasper si chinò sul tavolo. Saresti sprecata a lucidare l’argento e a rispondere alla porta. Hai bisogno di qualcosa che ti permetta di usare il tuo cervello di prima classe. Quando tuo padre ci dava lezioni, tu eri sempre un passo avanti a me e Peter.

    Sfortunatamente, nessun altro sembra pensare che il mio cervello sia adatto a un posto di lavoro. Se solo avessi studiato per diventare dattilografa o segretaria… Mi iscriverei a un corso per imparare la stenografia di Pitman, ma ci vorrebbe più tempo di quello che ho.

    È una situazione così disperata? Sono certo che tu possa tornare a Tate House.

    No, non ci torno. È terribilmente triste. Sonia, la mia matrigna, non mi vuole in casa. Ha deciso che dovrei farmi andar bene il curato locale.

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