Sana Come Un Pesce Fuor D'acqua
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Anteprima del libro
Sana Come Un Pesce Fuor D'acqua - Daniela Burgio
INTRODUZIONE
Trentatré anni fa, la mia vita cambiò radicalmente. Non a causa di un evento o per qualcosa fatta da qualcuno, ma per un incontro Speciale
di cui allora non sapevo nulla (nei termini che avrei scoperto). Fui catapultata in un mondo nuovo
; iniziai a vedere e vivere in un modo molto diverso, comprendendo il perché di tante cose. Sotto tutti i punti di vista la qualità della mia vita ebbe un’impennata positiva e questo fin da subito toccò molte vite portando un grande cambiamento non solo alle persone più vicine a me. Qualche anno dopo provai a mettere per iscritto la mia storia, ma il progetto ben presto si arenò per diversi motivi, o forse solo perché il momento giusto per condividerla non era per quei giorni bensì per il tempo attuale. Oggi, infatti, a distanza di molti anni, di esperienza, conoscenza e soprattutto di vita vissuta, ho deciso di condividerla perché nonostante gli esperti
, nonostante la conoscenza e le mille risorse che si trovano ormai ovunque per migliorare la propria vita, questa strada non la si può conoscere da se stessi, ma solo se qualcuno ve la racconta. Ed è una strada per tutti, che dà il senso alla vita di tutti e che porta ad una consapevolezza che più niente e nessuno potrà togliervi. In questo periodo storico in cui abbiamo gli strumenti per trasmettere in tempo reale qualunque cosa, il mio più grande desiderio è quello che questo mio vissuto giunga a conoscenza e poi nelle mani di più persone possibili, affinché facendo tante tappe come in un lungo percorso, mostrandovi via via paesaggi differenti ma legati tra loro, la mia narrazione possa accompagnarvi gentilmente lungo questa strada per farvela intendere. Pronti dunque a partire?! Iniziamo dal titolo che vi darà risposte sul suo significato durante il tragitto stesso. Buon viaggio!!!
CAPITOLO 1
IL FILM CHE STRAVOLSE LA MIA VITA
Nel 1984 ero una diciottenne spensierata che nel tempo libero amava semplicemente stare con gli amici, ascoltare la musica a palla in casa, ballare tanto in discoteca. Mi ci si poteva abbandonare lì: era la mia palestra. In alternanza al ballo, con la compagnia di amici eravamo frequentatori assidui di pub, caffetterie e cinema. Un film o due alla settimana erano d’obbligo, ne facevamo davvero incetta; le categorie erano le più disparate e si andava in base a quelli appena usciti, più pubblicizzati, senza badare alle trame o agli attori. Fu così che un giorno, pur essendo una ragazza equilibrata e per niente interessata ad addentrarmi in cose di un certo tipo, mi trovai in coda al botteghino chiacchierando amabilmente con gli altri, senza badare troppo al fatto che il film che stavamo per vedere fosse un horror. La mia spensieratezza e la mia serenità, scomparvero velocemente davanti alla trama del film che mi mise in un niente in grande difficoltà. Non si trattava di ovvia paura momentanea, ma di un disagio profondo e strano che non mi piacque fin da subito. Il racconto non dava tregua alla tensione e all’orrore, ma nonostante ad un certo punto fossi totalmente in tilt, non ebbi la forza di alzarmi e andarmene, ma aspettai in un fascio di nervi accartocciata su quella poltrona, la fine di quell’obbrobrio. Uscimmo da quel cinema tutti molto scossi e tornai a casa profondamente turbata, ma tenni per me i miei pensieri, gestendoli in silenzio.
Nei giorni seguenti non stavo bene; nonostante il mio quotidiano non fosse cambiato, immagini, suoni e voci della pellicola, rimbombavano nel mio cervello incessantemente e la paura mi attanagliava come quando ero al cinema. Vani erano gli sforzi di studiare e nemmeno lo svago con gli amici e la musica riuscivano a coprire bene il malessere che mi permeava come un nuovo vestito. Mi facevo però forza pensando al fatto che la paura era stata tanta e che quindi avrei avuto bisogno di qualche giorno in più per smaltire e tornare alla normalità; se qualcuno allora mi avesse detto quello che invece ne sarebbe conseguito, non gli avrei certamente creduto. Passarono altri giorni e il mio disagio non mollava; stavo davvero male mentalmente e fisicamente, perché ero sempre tesa e inquieta, quindi presi il coraggio di parlarne in casa, raccontando il film e le conseguenze che mi stava costantemente portando.
CAPITOLO 2
LA FAMIGLIA
La mia famiglia era una roccaforte. Mio padre non si risparmiava di lavoro per renderci la vita il più possibile migliore, mia madre lavorava anche lei e faceva quadrare tutto con grandissimo impegno, cura e dedizione. Io e mio fratello eravamo al sicuro per tutto. Intorno a questo, un nutrito gruppo di famigliari stretti con cui c’era un legame profondissimo e una frequentazione continua e assidua. Casa mia era il luogo accentratore per tutti; parenti, amici, in settimana e nei weekend; per non parlare poi delle feste. Inoltre, per mia madre, cuoca davvero talentuosa, condividere cibo era parola d’ordine ed un vero piacere in ogni occasione. Da noi si chiacchierava amabilmente, si giocava tanto a carte, e ci si trovava per vedere insieme le famose serie tv dell’epoca, come gli appassionanti Sandokan
, Alla conquista del west
, l’interminabile Dallas
, per non parlare poi dei bellissimi varietà del sabato sera, con personaggi che hanno fatto grande la storia della tv; e ancora i film con Bud Spencer e Terence Hill e tanto altro. Mamma che nostalgia!!!!! Difficilmente rientrando a casa la sera o nei fine settimana non trovavo parenti. Con loro e diversi amici, facevamo le vacanze in gruppo; si andava a ballare insieme (anche i miei genitori erano amanti del ballo, nonché assidui frequentatori di sale da liscio); insomma, avevamo una vita piena prevalentemente di tante cose belle. In quel clima sapevo di potermi aprire serenamente, e quando raccontai il disagio che mi aveva lasciato il film, ottenni subito stupore e perplessità sul fatto di per sé; seguì l’impossibilità immediata della mia previdente mamma di potermi aiutare attingendo dallo scomparto dei farmaci di casa, perché non avevo un problema fisico identificabile, e infine, dopo queste considerazioni, ci fu l’immediata mobilità all’azione per trovare una soluzione.
CAPITOLO 3
IL MEDICO DI BASE
Il nostro dottore era scrupoloso, attento e dava tanta sicurezza. Uno di quelli che faceva il suo mestiere con vera dedizione e serietà. Dopo la telefonata un po' preoccupata di mia madre, mi fece andare in studio e si dedicò ad ascoltare il mio racconto del film e del mio malessere interiore; poi mi visitò accuratamente per quello che potevano essere i miei parametri fisici per le sue competenze. Alla fine mi disse testualmente di farmi furba
sulle scelte delle future visioni cinematografiche e mi rassicurò sul fatto che fossi SANA COME UN PESCE, aggiungendo che presto sarebbe passato tutto. Tornai a casa un po' rassicurata ma con una sensazione interiore che la cosa non sarebbe stata così facile. E avevo ragione, perché quello che né il mio medico né io avremmo potuto sapere in quel momento, era che, da lì in avanti mi avrebbe visto molte altre volte, perché quello sarebbe stato solo l’inizio di un incubo che durò ben 7 anni. Per un film? Sì, avete capito bene…Per un film…(ma non solo).
CAPITOLO 4
GLI AMICI (1)
Una delle fortune che ho avuto da ragazza oltre a quella di aver goduto della splendida, storica, innovativa e