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Miriam: Quasi un moderno apocrifo
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Miriam: Quasi un moderno apocrifo
E-book118 pagine1 ora

Miriam: Quasi un moderno apocrifo

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Info su questo ebook

Una luce, una presenza, una voce. Sembra un sogno quello in cui la giovane Miriam di Nazareth riceve il proprio destino: divenire sposa e madre di Dio. Un sogno molto strano, e per certi versi inquietante.
Non una figura ieratica e composta, non una devota che per fede accetta un disegno illeggibile, neppure un simbolo sublime nel suo trionfo di gloria. Miriam è una donna reale, una ragazza appena quando una storia più grande di lei la chiama, e della propria giovinezza e soprattutto della propria umanità porta sempre in sé tratti esteriori e segreti emotivi.
Il racconto si intreccia alle Scritture, ma da esse conserva sempre la possibilità di discostarsi per arrivare a cogliere con una intonazione concreta, piena di umana sensibilità, quegli aspetti che la millenaria narrazione evangelica non può esprimere nel suo profondo.
Quel figlio divino, colui che si svela il mashiah e porta il mondo verso una svolta enorme, è un mistero che Miriam non può che accogliere con grande stupefazione, e che lei per prima nel suo cuore di madre fatica a comprendere, tra ombre e dubbi.
La Galilea nella morsa della dominazione romana è uno sfondo vivido, animato dalle urgenze di un realismo diretto e intenso, di suggestiva coralità. Qui Miriam intraprende un percorso difficile, di intuizione e di meraviglia, ma anche di spaesamento e di sofferenza, in cerca di una ultima verità – quella sulla libertà.
Una visione coraggiosa e di grande forza espressiva interpreta in maniera originale un personaggio imponente e complesso, investendolo dei toni del vero e regalandogli una commovente intimità.
LinguaItaliano
Data di uscita7 mag 2024
ISBN9791254573501
Miriam: Quasi un moderno apocrifo

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    Anteprima del libro

    Miriam - Bruno Civardi

    Prefazione

    Mi capita sempre più di rado di iniziare a leggere un romanzo e sentir crescere la voglia di voltare pagina. Tale sentimento di lettura mi ha còlto fin dall’incipit di Miriam , il romanzo di Bruno Civardi che racconta la vita della madre di Gesù da un’angolazione autonoma rispetto alla tradizione dei Vangeli e pure attenta a non tradirli.

    Una sospensione, quella tra fedeltà alla tradizione e libertà dell’innovazione romanzesca, assai ardua da mantenere. Il pensiero corre ad altri autori che non hanno temuto il confronto con le Sacre Scritture, come Robert Graves, col suo Jesus king, Oscar Wilde con la Salomè, Bulgakov con Il Maestro e Margherita.

    Anche Civardi si avventura in un corpo a corpo con i personaggi legati al culto di una delle religioni più diffuse sulla Terra, vivi nell’immaginario di milioni di credenti. Non è audacia da poco. Ma perché negare il diritto a uno scrittore credente di rielaborare quel patrimonio di credenze a misura della sensibilità del suo tempo?

    Chi leggerà Miriam incontrerà Giuseppe, sposo di Maria, la cugina Elisabetta, i sacerdoti del Tempio, Zaccheo, Lazzaro, Maria Maddalena, il centurione romano Longino, la vedova di Naim, il giovane ricco, Erode che ordina la strage degli innocenti. E poi l’evangelista Giovanni e gli apostoli, a cominciare da Pietro. Li incontrerà nel viaggio che Maria, diventata una donna di quarant’anni, intraprende per ricongiungersi a Gesù, che è lontano, a predicare la buona novella, e si sposta ogni giorno. Un felice espediente narrativo, quello di Maria viaggiatrice, che compensa i Vangeli, dove Maria è raccontata sempre di scorcio.

    Sono fra le più ricche di pathos le pagine in cui Maria quattordicenne riflette sul suo destino, dopo l’annunciazione dell’arcangelo. Pronuncia il suo fiat, il coraggio non le manca, ma ha anche molta paura. Civardi spinge il diritto del romanziere a reinventare la sua materia fino a dare a Maria un secondo figlio, che ne completerà l’umanità. Non sveleremo come ciò avvenga e quali conseguenze abbia poi nella vita della madre del Messia. Citeremo solo la frase assolutoria di Gesù, quando la madre gli confessa l’esistenza di quel fratello, presa dal senso di colpa: Tu mi hai dato innumerevoli fratelli. Mi hai dato al mondo.

    Il romanzo ha una felice struttura corale che consente alla vicenda, ambientata nella Giudea occupata dai Romani, di essere piuttosto movimentata. Sono le voci dei discepoli e dei miracolati da Gesù a testimoniare la sua predicazione, privilegiando il suo discorso della montagna, quello così avvincente da farlo imparare a memoria a Gandhi.

    Tra i personaggi dal calviniano tocco di leggerezza quel Zaccheo esattore delle tasse che, impedito di vedere Gesù nell’ingresso a Gerico a causa della sua bassa statura, sale su un sicomoro, sospeso fra i rami. C’è un’eco che non si può tacere: quella de Il barone rampante di Calvino, nel divertente episodio di Zaccheo che non scende più dagli alberi e invita Maria a salire anche lei.

    La lingua di Civardi, tutta paratattica, ricca di dialoghi, ha una carica espressiva spesso dai toni più di una favola che di un romanzo. Lo scrittore non ha bisogno di spiegare molto dei suoi personaggi, consapevole che il suo lettore già li conosce. Ma è la grazia di questo romanzo, con la forza del suo raccontare quasi ingenuo. Quasi, come quello dei Vangeli, più rivolto ai semplici che ai dotti.

    Se non fosse che in letteratura la semplicità è una cosa molto difficile, un dono raro.

    Roberto Pazzi

    Quadro 1

    Una ragazza ebrea

    Anna si affacciò sulla soglia e diede uno sguardo all’esterno, volgendo gli occhi d’intorno.

    Non trovando chi cercava, chiamò ad alta voce: Miriam!

    Quasi subito dal vicolo di fronte apparve una ragazza. Aveva sì e no quattordici anni, era minuta e sottile, il suo viso appariva dolce e luminoso. Venne avanti sorridendo, con il piccolo orcio tra le mani.

    Dove sei andata a prendere l’acqua? La cena è già sulla mensa.

    Perdonami, madre. Non mi ero accorta che fosse così tardi.

    Ti sei fermata ancora con quella gente?

    Miriam chinò lievemente la testa. La voce di sua madre acquisì una sorta di impercettibile asprezza: Non mi piace che tu entri in quella casa.

    Ma perché? Solo perché vengono da Màgdala? Che cos’ha di tanto brutto, quel posto?

    Non lo so, non ci sono mai stata.

    E allora?

    Non è perché vengono da un altro villaggio, ma perché si portano dietro una cattiva reputazione.

    E quale?

    Lui non lavora e non si vede mai in giro. Quando, per caso, lo incontri, dà sempre l’impressione di essere ubriaco. Lei, dicono che mantenga la famiglia prostituendosi.

    No….

    Bell’esempio che dà a sua figlia, la tua amichetta… si chiama come te, ma temo che abbia un destino ben diverso dal tuo.

    Non è così, mamma.

    Tu che ne sai? Sei ancora una bambina.

    Sono stata nella loro casa più volte. Ho parlato con Miriam e anche con i suoi genitori. E non sono più una bambina.

    Anna scuoteva la testa, disapprovava tutto. In realtà voleva solo proteggere sua figlia da possibili, oscuri pericoli. Ma prima che potesse dire qualcosa, la ragazza continuò: Sono molto poveri, è vero, ma non sono cattivi. E il Signore desidera che i poveri siano aiutati, tu me lo hai insegnato.

    Gli hai portato del pane anche oggi? Non crederai che non mi sia accorta delle fette di pane scomparse.

    "È vero, per tre volte ho rubato due fette di pane dalla nostra madia… perdonami. Ho chiesto perdono a Dio, ma non so la sua risposta. Scopro che è difficile a volte conciliare due comandamenti, in questo caso non rubare e soccorri chi è povero…"

    Quest’ultimo non è un comandamento vero e proprio, bofonchiò Anna.

    Come dici? fece Miriam.

    Anche noi siamo poveri, disse allora Anna a voce più alta.

    Ma non siamo poveri come loro: vero, mamma?

    Anna pensò al piccolo campo e alla vigna di Yohakim, i cui frutti, nonostante il lavoro di qualche salariato, gli ultimi che il marito era stato in grado di pagare, da un po’ di anni riuscivano scarsi e insoddisfacenti, come per una oscura maledizione del cielo; e pensò alla cupa e desolata stanchezza che ogni giorno di più si impadroniva del suo uomo.

    Basta. Lasciamo perdere, rispose. Entra in casa e porta l’acqua a mensa. Stasera tuo padre deve parlarti.

    Quadro 2

    Contratto di nozze

    Yohakim stava seduto a mensa, da solo. Pur sotto la folta barba grigia, il viso appariva tirato e gli occhi erano bui. Con il sopraggiungere della vecchiaia e delle ristrettezze la sua natura severa si era fatta ancor più burbera e scontrosa; non rideva mai, quasi non parlava più. Pareva che avesse concepito una immedicabile insoddisfazione per il mondo intero. Cercava per rimedio la solitudine e il silenzio, a tavola, a letto, dovunque.

    Il Signore sia con te, padre, disse Miriam.

    Vieni avanti e ascolta ciò che sto per dirti, rispose l’uomo senza mutare la propria espressione.

    Miriam non aveva timore di suo padre. Per lei era un uomo giusto e onesto. Gli

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