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Eratos
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E-book254 pagine3 ore

Eratos

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Info su questo ebook

All'interno del racconto vediamo brevi capitoli che raccontano storie temporalmente distanti milioni di anni, intrecciate da un filo che solo con lo svolgersi degli eventi diventa pian piano visibile. Eurydice, principessa del Regno della Luce, dei popoli ancestrali, figlia di Re Luxir ed erede al trono, stravolge tutto ciò che doveva essere con la sua fuga. A subirne le conseguenze, oltre ai popoli ancestrali, brutalmente decimati dalla forza oscura più potente di tutti i tempi, maldestramente creata e alimentata dal popolo della Luce, sono dei ragazzi dei giorni nostri, ignari di tutto ciò che li aspetta. Amelie si troverà legata a doppio filo con la principessa dell'Argi, Eurydice, scoprendo che nella sua vita niente era come doveva essere e che negli angoli bui si cela un male che fatica a restare nell'ombra.
LinguaItaliano
EditorePubMe
Data di uscita16 mag 2017
ISBN9788871631318
Eratos

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    Anteprima del libro

    Eratos - Caterina Perilli

    Eratos

    di Caterina Perilli

    A mia madre,

    la mia parte più bella.

    A mio padre,

    il mio eroe di sempre.

    A mio fratello,

    la mia roccia.

    A te

    che stai leggendo questo libro

    aiutandomi a realizzare un sogno.

    "A me interessa parlare

    di temi importanti: la vita, la morte,

    l'esistenza di Dio, il libero arbitrio.

    Il fantastico non è fine a sé stesso, ma sostiene

    e dà corpo al realismo.

    Non abbiamo bisogno di liste

    di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato,

    abbiamo bisogno di libri.

    'Non devi' è presto dimenticato,

    'C'era una volta' durerà per sempre."

    Philip Pullman

    Fuoco e luce

    «Non puoi vederlo, lo sai.»

    «Perché? Perché il nostro Dio parla di amore e felicità se non possiamo averla?»

    «Non è stato lui a innalzare le barriere né a dare inizio alla guerra. Le creature del fuoco sono malvagie, nascono per combattere e non vedono al di là dei loro scudi.»

    «Non ci credo. Da secoli gli anziani raccontano questa storia ma loro non possono vedere al di là della loro vista. Non hanno mai incontrato una creatura del fuoco»

    «Veramente…»

    «Oh ma per favore! I regnanti degli eldin non valgono, sono più simili a noi di alcuni della nostra stessa specie.»

    «Piccola mia, capisco la tua rabbia - disse con calma. - Quel fuoco che ti brucia dentro e che grida all’ingiustizia. Anche comprendendo il tuo stato d’animo devo però rammentarti che non puoi mettere in dubbio le sacre scritture. Sarebbe un oltraggio ai nostri antenati ancestrali.»

    «Cosa dovrei fare dunque? Rinunciare?»

    «A mio parere l’unico che può darti un vero conforto e chiarirti le idee sull’impossibilità di veder realizzato questo tuo volere è Kadol, il saggio degli Argi. Lui saprà metterti sulla giusta via.»

    La ragazza accettò, non senza riserva, immaginando quale sarebbe stata la risposta di Kadol, il membro più anziano del popolo della luce. Padre e figlia s'incamminarono lungo un sentiero roccioso che portava a una collina sopra la quale si ergeva un tempio fatto di un materiale bianco, scintillante alla luce del sole.

    Il tempo passato a percorrere quella via, luogo di battaglie e conoscenza, fu lungo e silenzioso.

    Lungo il cammino lo sguardo della ragazza continuava ad essere attratto dall'orizzonte: oltre quelle grandi mura viveva il popolo del fuoco. Un popolo antico e temuto.

    Secondo la principessa dell’Argi, però, tutti temevano quelle creature semplicemente perché non riuscivano a capirle… non fino in fondo.

    Una scintilla, poi un’altra e all’improvviso era davanti a lei. Alto e robusto, proprio come lo immaginava, tranne per un particolare: il suo viso non aveva un'espressione cattiva. I suoi lineamenti apparivano delicati mentre il suo corpo era ricoperto di fiamme. Quando si accorse di essere osservato il ragazzo non si spaventò ma rivolse alla giovane un sorriso gentile e con fare autoritario si avvicinò alla linea che divideva i loro due mondi, un confine che nessuno poteva superare. Trasudava forza e sicurezza a ogni passo.

    Persa in quei pensieri, Eurydice non si accorse che lei e il giovane del popolo del fuoco si erano avvicinati l'uno all'altra.

    Aveva letto molti libri sul popolo a cui il giovane apparteneva e quel momento l’aveva aspettato per tutta la vita.

    Persi l’uno negli occhi dell’altra stavano per oltrepassare quella linea, un confine fatto di roccia e fuoco.

    All’improvviso lui si fermò, sentendosi come richiamato alla realtà. La fissò con crescente curiosità ed esitando, con calma, alzò la mano destra. Lei, quasi in maniera automatica, come se sentisse il richiamo di una forza al di fuori di sé, fece lo stesso.

    Fuoco e luce s’incontrarono a metà strada e le parole in quel momento divennero inutili.

    Eurydice davanti al tempio di Kadol esitò per un attimo. Suo padre le indicò l'entrata e, con uno sguardo fermo e confortevole, la rassicurò.

    «Piccola, vai, ti attenderò qui. Conosci le regole: se devi parlare con il Grande Saggio nessun altro deve essere presente. Se entrassi anch’io non sarebbe più una seduta privata e tutto il consiglio ne dovrebbe essere informato.»

    «Padre, ho cento anni e ti sento parlare delle nostre regole da almeno novantanove, ormai le conosco a memoria, so di dover entrare sola.»

    Eurydice si rivolse al padre con una pizzico di paura nella voce. Non aveva mai incontrato da sola Kadol fino a quel momento.

    Aprì la porta e una luce abbagliante invase la stanza, era lui. L’interno della stanza era ricolmo della sua essenza che, in un attimo, si addensò in un cerchio sopra una colonna alta all’incirca come lei, costruita con le prime pietre della loro nobile e antica casata.

    «Piccola principessa, non ci vediamo da ottant’anni» la sua voce, calda e accogliente, inebriava tutta la stanza.

    «Kadol, sono venuta qui in cerca di risposte sotto consiglio di re Luxir in persona.»

    «Vero è che non compari alla mia presenza da ottant’anni ma vorrei ricordarti che so tutto ciò che accade entro i nostri confini. E così ti sei innamorata di un eldin.»

    «Assolutamente no. Mirabile saggio Kadol ti sbagli. Non sono innamorata. Sarebbe impensabile: apparteniamo a due specie differenti» parlò con indecisione e timidezza, quasi trattenendo il respiro in attesa del commento del saggio sulle sue ultime parole.

    «Non puoi perché sono le leggi a negarlo. So cos’hai in mente: non sei venuta qui solo per chiedermi se è possibile, quello lo sai già. Stamattina, infatti, ne hai avuto una prova ma sai anche che è sbagliato e che io non posso cambiare la Legge. Alla tua età è facile perdersi in questi labirinti sentimentali, sentirsi attratti da ciò che è diverso da noi. Queste sono le mie parole e questa è la Legge del Dio che serviamo. Ti prego di non convocare una seduta del consiglio, sarebbe inutile. Ora va’.»

    Eurydice uscì dal tempio. All'entrata c'era suo padre ad aspettarla e quando lo vide sentì le lacrime farsi strada sulle guance. Conosceva bene le regole, in particolare la prima:

    "Ogni contatto tra popoli di diverse specie è severamente proibito. I re e le regine dei cinque regni sono esenti da quest'obbligo poiché il loro compito è quello di mantenere la pace tra i sudditi del pianeta".

    «Ogni contatto…» rifletté ad alta voce.

    «Aodh! Cosa fai? Vieni via!»

    Il ragazzo di fuoco si voltò di scatto e lasciò la mano di Eurydice rompendo il contatto tra loro.

    «Arrivo» gridò.

    La guardò di nuovo. Sembrava aver perso la sicurezza che emanava qualche attimo prima.

    «Devo andare ma promettimi che domani ti ritroverò qui alla stessa ora.»

    Indecisa, frastornata, rispose con un semplice «ci sarò» guardandolo andare via.

    Eurydice, abbandonati i ricordi, tornò al presente.

    Le emozioni del mattino erano già svanite per far posto alla rabbia e al rimorso. Rabbia, perché non potevano proibirle di fare qualcosa che la facesse sentire così viva, così impaziente ed euforica; rimorso perché probabilmente non avrebbe dovuto far parola né al padre né a Kadol di quello che era successo.

    Ma ormai il divieto era ufficiale e lei non poteva farci niente.

    Avrebbe dovuto tacere, mentire.

    Kimie

    «Kimie è arrivato il piccolo Podi» annunciò il signor Quing dal piano di sotto.

    «Arrivo.»

    Di Podi Ermann tutto si poteva dire tranne che fosse piccolo, visto che era tre taglie più grande di Kimie.

    «Ciao Podi.»

    «Salve.»

    «Che abbiamo detto l’altra volta?»

    «Che non devo chiamarla signora e non devo darle del lei. Ah… scusi.»

    «Lo dico per te, per farti sentire più a tuo agio e poi la differenza d’età tra noi due è poca.»

    «Hai ragione - disse con più sicurezza - scusa ancora.»

    «Basta con le scuse, iniziamo» annunciò ridendo.

    Passarono due ore tra frazioni, equazioni e sistemi. Finito il tempo a loro disposizione per quel pomeriggio, il piccolo Podi diede a Kimie la busta con il compenso che le spettava. Con quei soldi aveva finalmente raggiunto la cifra che le serviva.

    Accompagnò il ragazzo alla porta e andò di corsa in soffitta a rovistare in un vecchio scatolone.

    «E questa cos’è?»

    Sua madre e suo padre la fissavano sorridenti in una vecchia foto. Lei indossava un bellissimo vestito rosso. Kimie ci mise un po’ a capire che si trattava di un abito da sposa.

    Decise che quella foto, che immortalava così tanta felicità, non sarebbe rimasta a prendere polvere in soffitta.

    «Nonno, sto uscendo ma tornerò in tempo per preparare la cena.»

    Una volta scesa dall’autobus svoltò in una strada alla sua destra e si fermò in un negozio a tre isolati di distanza.

    «Salve, vorrei l’intero lotto di Wolverine, quello lì su e il secondo volume dell’Incredibile Hulk.»

    «Questo mese ti dedichi a Wolverine, eh? Ti do una dritta: nel secondo volume di Hulk c’è la sua prima apparizione in assoluto.»

    «Lo so infatti sono felicissima di averlo trovato, il mese scorso non c’era.»

    «Faccio la solita confezione?»

    «Sì, grazie mille.»

    Uscì dal negozio di fumetti, ritornò sulla strada principale e, prima di tornare a casa, camminò fino alla tappa successiva: l’ospedale di Friburgo.

    L’orario di visite per fortuna non era ancora terminato. Passò davanti a molte stanze ma si fermò solo davanti alla 394. Sull'uscio c'era una signora, visibilmente felice di rivedere Kimie.

    «Come va oggi?»

    «È una giornata buona. Sapeva che saresti venuta, ti sta aspettando» e con un flebile sorriso le aprì la porta.

    «Ciao Kimie.»

    «Ciao Paul. Ho una mega sorpresa per te. Guarda cos’ho trovato oggi in fumetteria.»

    Il bambino scartò il pacchetto.

    «Non ci credo. Ma è… la prima apparizione di Wolverine. Kimie sei grande!»

    «Finalmente è arrivata, questo mese lo dedicheremo a Wolverine. Ho sentito che sta per uscire il film. Sai cosa vuol dire? Che quando starai meglio andremo a vederlo insieme.»

    «Me lo prometti?»

    «Certo, te lo prometto» lo baciò sulla fronte.

    Si sistemò sul letto vicino al bambino e iniziò a leggere con lui. Sembrava così felice, tanto da far pentire Kimie della sua promessa. Sapeva che quel giorno non sarebbe mai arrivato, Paul non avrebbe mai lasciato l’ospedale. Quelle poche parole, però, gli avevano fatto tornare il sorriso e per lei era l'unica cosa davvero importante.

    Kimie aveva conosciuto Paul qualche anno prima, quando sua madre l’aveva portato da lei per delle ripetizioni. Quell'anno Paul aveva iniziato la scuola e con essa il suo calvario. All'inizio i genitori pensarono che i suoi problemi con lo studio dipendessero da disturbi dell’attenzione ma poco tempo dopo scoprirono che il loro unico figlio aveva un glioblastoma; gli rimanevano pochi mesi di vita. Kimie si era affezionata sin da subito al ragazzo. Andava spesso a trovarlo per leggere insieme i fumetti che sistematicamente regalava lui grazie ai soldi guadagnati dalle ripetizioni. I suoi supereroi preferiti vicino al comodino lo facevano sentire al sicuro. Lei ne era consapevole e in quel modo cercava di restituirgli equilibrio in una vita che gli aveva già tolto tanto.

    «Ma sono ossa quelle che gli escono dalla mano?»

    «Sì, ma dopo gli ricopriranno lo scheletro di adamantio e lui diventerà indistruttibile.»

    Lo adorava quando parlava con tanto fervore delle storie contenute in quegli albi a fumetti.

    Alle sei e mezza arrivò l’infermiera.

    «L’orario di visita è terminato, mi dispiace ma deve andare via.»

    «D’accordo - fece per alzarsi ma si sentì tirare la maglia, era lui che la teneva stretta – tesoro non posso più stare qui, ma tornerò presto.»

    Lo abbracciò forte.

    «Ok – disse il bimbo tristemente – mi mancherai.»

    «Anche tu, non sai quanto – continuava a stringerlo – e cosa devi fare se ti senti solo e ti manco troppo?»

    «Chiamare» disse lui tornando a sorridere debolmente.

    «Bravissimo» disse allontanandosi dal letto e facendo un cenno di saluto con la mano mentre andava verso la porta.

    Nel corridoio incontrò di nuovo Clara, la madre di Paul.

    «Si è fatto tardi, ti chiamo per dirti quando torno.»

    Lei annuì.

    Era da tanto che Kimie non sentiva nel dettaglio la situazione di Paul ed era stata una sua scelta, saperlo l’avrebbe solo scoraggiata e lei non lo voleva. Aveva la sua incrollabile speranza e quella non aveva bisogno di dettagli.

    «Nonno, posso farti una domanda?»

    «Certo cara, puoi chiedermi tutto quello che vuoi.»

    «Oggi, mentre rovistavo tra gli scatoloni in soffitta, ho trovato una foto del matrimonio di mamma e papà.»

    Si fermò un attimo quando vide il volto del nonno piegarsi in un'espressione triste. Il vecchio Quing aveva un'unica figlia, la madre di Kimie. Lei e suo marito erano scomparsi in un tragico incidente e da allora la bambina era stata affidata a suo nonno.

    «Continua, ti ascolto.»

    «Mamma indossava un vestito rosso. Perché?»

    «Il colore rosso simboleggia prosperità e fertilità. È usanza comune per le donne cinesi vestire di rosso al proprio matrimonio.»

    «Nella foto sembrava così giovane. Quanti anni aveva?»

    «Uno in più di te.»

    «Aveva diciassette anni? E perché si è sposata così giovane?»

    «Perché era innamorata di tuo padre e in Cina se ami qualcuno lo sposi o non lo vedi più. Ti sembrerà strano perché ormai sei abituata alla cultura occidentale, le persone qui si frequentano, si sposano o decidono di non farlo. Da noi è diverso ma ciò non significa per forza migliore o peggiore. A volte diverso significa solamente diverso.»

    «Nonno, posso chiederti un'altra cosa?»

    «Certo.»

    «Anche a te manca la mia mamma?»

    «Il ricordo delle opere passate è la migliore guida per le opere future.»

    Il vecchio Quing non era mai di cattivo umore, sorrideva sempre e le sue risposte enigmatiche erano un modo di nascondere il dolore che provava, ma questo Kimie lo sapeva.

    «Forza, è tutto pronto, andiamo a mangiare.»

    Non parlavano spesso dei genitori di Kimie, anche se ormai erano passati anni la ferita non si era rimarginata del tutto.

    Salì le scale guardando fuori dalle finestre che costeggiavano la parete, vide la luce accesa nella camera da letto della sua vicina Amelie.

    Immaginò che stesse leggendo uno dei suoi tanti amati libri di fantasia. Non capiva come facesse a leggerne tanti e a restare sempre ammaliata da ognuno di essi. Un po’ ammirava Amelie per questo: era sempre pronta a salire sulla ali dell’immaginazione, cosa che a lei non era mai riuscita.

    Dopo essersi preparata per andare a dormire si mise a letto.

    Pian piano poggiò la testa sul cuscino e si lasciò andare. Una frase pronunciata a cena da suo nonno le continuava a ronzare nella testa, continuava a ripeterla. Nei suoi pensieri era ormai ridondante «a volte diverso significa semplicemente diverso

    Jennifer

    «Papà, esco.»

    «Di nuovo? Domani c’è scuola e poi apri tu il negozio.»

    Ma Jenny era già per le scale, scendeva veloce per scappare da suo padre e da tutte le sue regole.

    Sapeva che il giorno dopo avrebbe dovuto svegliarsi presto ma non le importava, e poi c'era abituata. Quella sera voleva uscire e rilassarsi dopo la tipica giornata di scuola-lavoro.

    «Abbiamo sentito tuo padre urlare. Va tutto bene?»

    «Sì, tranquille. Un giorno come un altro.»

    Jenny e le sue migliori amiche erano inseparabili. Erano le uniche ragazze a frequentarla non esclusivamente per la sua popolarità.

    Nadia, capelli biondi e occhi celesti, aveva origini russe ma era nata e cresciuta in quell’angolo sperduto della Germania. Era allegra e premurosa, la persona adatta ad ascoltare i problemi delle altre. Samantha, capelli mori e occhi verdi, aveva un gran cuore e una preoccupante ingenuità.

    «Che facciamo stasera?» chiese Samantha impaziente.

    «Io non posso fare troppo tardi, come al solito, se no mio padre rompe. Però c'è una festa, potremmo farci un giro veloce.»

    «E chi te l'ha detto?»

    «Nessuno d'importante, uno del college.»

    «Per caso questo signor nessuno si chiama Antoine Klein?»

    «Sì, potrebbe essere.»

    «Oh mio Dio, quel ragazzo è un sogno.»

    «Non posso darti torto.»

    E intanto la mente di Jennifer tornava alla sera prima e a quel bacio.

    «Più ci penso e più mi convinco che ho avuto un'ottima idea. Andiamo lì, io mi vedo con Antonie e voi vi fate un giro con qualche suo amico. Che ne dite?»

    «Perché no?»

    «Va bene - rispose Nadia - come si chiama la confraternita?»

    «Non me lo ricordo.»

    «Ma almeno sai come arrivarci?»

    «Certo, ci sono stata un paio di volte. Seguitemi.»

    Jenny si avviò con passo sinuoso e sicuro verso il porticato.

    «Non credevo saresti venuta, devo una birra a qualcuno» disse Antoine stringendola a sé.

    «Te l'avevo detto che sarei venuta, sono una ragazza di parola - disse senza divincolarsi dal suo abbraccio - loro sono Sam e Nadia, sono mie amiche. Forse te le ho già presentate.»

    «Ciao» risposero in coro.

    «Forse, non ricordo. Comunque, vuoi entrare?»

    «Certo. Ragazze, andiamo.»

    Sottovoce Jenny sussurrò «Hai qualche amico da presentargli?»

    «Quanti ne vuoi piccola.»

    Un’ora dopo le ragazze erano tutte impegnate: Jennifer era ancora abbracciata ad Antoine, Samantha parlava con Nicolas, un

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