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Il ritorno del conte ribelle: Harmony History
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E-book261 pagine6 ore

Il ritorno del conte ribelle: Harmony History

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Info su questo ebook

Return of the Rogues 2
Londra, 1817 - Christopher Carrington, diventato inaspettatamente Lord Westford, deve rinunciare alla sua vita di libertà in mare per rientrare in famiglia e assistere al matrimonio della sorellastra Emily. Ben presto, si trova invischiato fra le reti dell'aristocrazia londinese, la tirannia di una nonna insopportabile che da lui vuole solo un erede e le macchinazioni di Genevieve Maitland, nipote del suo ex comandante. E la giovane donna, che ha conosciuto al seguito dell'esercito in Spagna, è quella che lo turba maggiormente. Affascinante e sfuggente, Genny rappresenta una sfida ben più insidiosa dei pirati e a Christopher occorrerà tutta la sua abilità di capitano per non farsi catturare da quelle braccia da sirena!
LinguaItaliano
Data di uscita20 mag 2021
ISBN9788830528666
Il ritorno del conte ribelle: Harmony History

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    Anteprima del libro

    Il ritorno del conte ribelle - Lara Temple

    successivo.

    1

    «Inutili damerini... Thump... tutti quanti! Thump... A che serve... Thump... avere una scuderia piena di stalloni... Thump... se nessuno di loro è in grado di darmi un erede?»

    Thump, thump, crac!

    Genny raddrizzò il tavolino che era caduto vittima del bastone di Lady Westford. I suoi accessi di collera erano sempre segnati dai colpi di bastone, ma quel giorno l'anziana gentildonna sembrava decisa a scavare un buco nel tappeto. A peggiorare le cose, Carmine, il canarino di Sua Signoria, accompagnava i tonfi con gorgheggi stonati e svolazzi frenetici intorno alla grande gabbia dorata.

    Mary e Serena sedevano rigide sulle loro sedie, il capo chino e le mani ripiegate in grembo. Con i bei profili allineati, una bionda e l'altra bruna, sembravano in posa per un quadro di penitenti.

    Genny si tolse un filo di fieno dalla gonna e cominciò a farlo a pezzi, immaginando che fosse il bastone di Lady Westford. O, meglio ancora, Lady Westford in persona.

    «E adesso la famiglia è guidata da un perdigiorno che non ha nemmeno ritenuto opportuno assistere al funerale di suo nonno e che non ha mai dedicato un pensiero ai Carrington!»

    «A dir la verità, Lady Westford, a parte Emily e Mary, non mi pare che i Carrington abbiano mai dedicato un pensiero a lui» intervenne Genny, pentendosi subito del commento impulsivo. Il suo obiettivo era placare il drago, non gettare olio sul suo respiro infuocato.

    Il bastone di Lady Westford squarciò l'aria nella sua direzione. «Abbiamo dato tutto, a quell'ingrato, e lui ci ha ripagati gettando altro discredito sulla famiglia. È a questo che siamo arrivati... Oh, andatevene tutte!» esplose, prima che la voce le si incrinasse. «Non mi siete di alcun aiuto. Avete avuto la vostra possibilità, e avete fallito. Voi due...» Il bastone sferzò di nuovo l'aria, stavolta in direzione di Mary e Serena. «Avete avuto in dono i migliori dei Carrington, e non siete state in grado di produrre un erede. Presto seguirò Alfred nella tomba, e sarò costretta a lasciare l'albero di famiglia privo di frutti. Sono circondata da buoni a nulla e furfanti, da donne sterili e arrampicatori sociali... Oh, andate via!»

    Tutt'e tre obbedirono, e Genny sospirò, chiudendo la porta dietro di loro.

    «Bene, questo mi insegnerà che il silenzio è d'oro» pronunciò con più leggerezza di quanta provasse, mentre osservava la sorella.

    Serena Carrington era cerea in volto e si premeva una mano sull'addome, come se il dolore per il terzo figlio nato morto fosse ancora acuto dentro di lei come lo era stato due anni prima.

    «Vieni in giardino, Serena» le propose, ma la sorella scosse il capo con un debole sorriso.

    «Penso che mi riposerò un po', Genny.»

    Mary e Genny rimasero in silenzio finché non sentirono chiudersi la porta della sua stanza.

    «Non si può andare avanti così.» Genny prese sottobraccio Mary e la guidò verso la biblioteca al piano di sotto. «Serena non si riprenderà mai dalla perdita di Charlie e dei figli, se quella bisbetica glielo ricorda tutti i giorni.»

    «Anche Lady Westford sta soffrendo, lo sai, Genny» la rimproverò gentilmente Mary. «Perdere tre figli, il nipote preferito e un marito, è abbastanza da rendere velenoso chiunque.»

    «Mi rendo conto che soffre, Mary, ma non è un buon motivo per tormentare Serena. So che Lady Westford non ha mai ritenuto mia sorella all'altezza dell'erede al titolo, ma Serena ha il cuore più grande e più sincero del mondo. Alla morte del nonno, lottò perché venissi a vivere con lei, nonostante le obiezioni della famiglia. Non posso starmene in disparte e vederla ridurre in polvere da quella Medusa. Merita di meglio.»

    «Certo che merita di meglio.» Mary prese la mano di Genny tra le sue, e il loro calore confortante le risvegliò un lontano ricordo della madre, che la teneva per mano, mentre camminavano verso il villaggio.

    «Sono stanca, Mary.» Le parole le erano sfuggite prima che potesse fermarle. «Sono stanca di veder soffrire la persona a cui tengo di più al mondo. Stanca di vivere della carità di Lady Westford. Presto non rimarrà più niente né di Serena, né di me... e ho bisogno di respirare...» Si costrinse a fermarsi. La tentazione di appoggiarsi alla donna più anziana e di mettersi a piangere era così forte che Genny ritirò la mano e andò alla finestra a guardare l'arcobaleno di colori primaverili in giardino.

    «So che dobbiamo fare qualcosa... ma cosa?» chiese Mary. «Non possiamo cambiare Lady Westford.»

    «Non ho intenzione di cambiarla. Mio nonno diceva sempre che, se non puoi scegliere il tuo nemico, devi provare a scegliere il campo di battaglia. Lady Westford è più sopportabile quando è circondata dai suoi amici, a Londra. Potremmo convincerla a tenere un... ballo per Emily in città, magari per festeggiare le nozze imminenti.»

    Il bel viso di Mary si addolcì mentre pensava alla felicità della figlia. Finalmente sorrise.

    «Hai perfettamente ragione, Genny, è ora che ricominciamo a vivere, ma... come convinceremo Lady Westford? Potrebbe considerarlo un tradimento alla memoria di Alfred.»

    «Il modo per convincere Lady Westford è proporle qualcosa che desidera. Lascia fare a me.»

    Mary scosse il capo. «L'unica cosa che sembra desiderare è che i suoi nipoti le diano un erede. E purtroppo questo è molto improbabile. Hanno passato tutti la trentina, e nessuno di loro ha mostrato il minimo interesse per il matrimonio.»

    «Eppure...» Genny si diresse verso la porta.

    «Dove stai andando?»

    «A fare un patto con la diavolessa. E poi scambierò due parole con uno dei suoi inutili damerini.»

    «Inutile, forse, ma mi offende l'idea di essere definito un damerino» dichiarò Julian mentre spostava una pila di carte dal divano.

    Genny sollevò il velo e sedette nello spazio liberato, guardandosi intorno. Non era mai stata nell'appartamento di Julian in Half Moon Street. Non era esattamente come se l'era aspettato. Sembrava che vi fosse appena passato un uragano, lasciando una scia di carte, libri e strumenti sparsi dappertutto. «Immagino che ci sia un metodo, in questo disordine?» domandò.

    Julian si appoggiò al tavolo con un mesto sorriso sul bel volto. «C'è sempre un metodo, nella mia follia, Genny. Spero che ci sia anche nella tua. Che cos'hai in mente?»

    «Ho detto a tua nonna che dopotutto potrei accettare la tua proposta.»

    Il movimento brusco di Julian rischiò di rovesciare un planetario in miniatura. I pianeti cominciarono a oscillare freneticamente, e lui li raddrizzò, lanciandole un'occhiata. «Questo accadeva tre anni fa! E, se ben ricordi, mi rifiutasti, Genny.»

    «In realtà non ti ho mai rifiutato. Ti ho fatto semplicemente notare che sposarci affinché tu potessi ottenere l'eredità di tua zia sarebbe stato un pessimo affare per entrambi. E dal momento che si è scoperto che intendeva lasciare comunque tutto a Marcus, è una fortuna che non l'abbiamo fatto.»

    «Be', non puoi rispolverare una proposta solo quando ti conviene. Perché non la smetti di girarci intorno e mi dici che cosa vuoi veramente, mia cara?»

    Lei sorrise. «Ho bisogno del tuo aiuto per placare tua nonna.»

    «Come?» le domandò lui con aria sospettosa.

    «È sola e annoiata, e non fa una bella partita di whist da mesi...»

    «Non ho intenzione di giocare a whist con mia nonna, Genevieve Maitland. Preferirei camminare nudo per Piccadilly, piuttosto.»

    Genny arricciò il naso. «Non è un'immagine piacevole, Julian.»

    «Dissento. Alcuni la definirebbero molto piacevole.»

    «Ne sono sicura» ammise lei in tono conciliante. «In ogni caso, non mi aspetto che giochi a whist... sei un pessimo giocatore. Intendevo dire che ho intenzione di condurla a Londra, dove potrà incontrare i vecchi amici.»

    «Sembra ragionevole. Dov'è il trucco?»

    «Non c'è alcun trucco» negò lei.

    «Certo che c'è. C'è sempre un trucco con te, Genny.»

    «Be', non è proprio un trucco... Le donne della tua famiglia sono state in lutto per due anni, lontano da Londra e dalla società. Avranno bisogno di qualcuno che le aiuti a reinserirsi. Se potessi convincere Marcus a venire a Londra in nome della solidarietà di famiglia...»

    Julian sorrise. «Eccoci qui. Quindi la tua assurda proposta aveva l'unico scopo di far apparire più allettante l'alternativa.»

    «Julian Carrington, è un commento davvero poco galante da parte tua!»

    «Genevieve Maitland, quanto sei subdola!» replicò lui in un falsetto che non aveva niente in comune con la sua voce roca.

    Lei rise. «Quindi mi aiuterai? Potresti anche trovare un nuovo finanziatore per i tuoi progetti.»

    «Ne dubito, ma prometto di partecipare a un paio di serate di tua scelta.»

    «Un paio non servirebbe a niente. Otto sarebbe un bel numero tondo.» Lei tracciò lentamente un otto con il dito sul ripiano del tavolo, mettendo in mostra la scollatura dell'abito. Julian le aveva sempre detto che aveva uno dei décolleté più belli che avesse mai visto, e in quel momento Genny era disposta a ricorrere a tutte le armi a propria disposizione.

    Com'era prevedibile, lo sguardo di lui guizzò dal dito alla scollatura. «Per amor del cielo, Genny, sei senza vergogna! Tre, e non una di più.»

    «Sette.»

    «Quattro.»

    «Sei.»

    «Cinque.»

    «Sette.»

    «Sei... dannazione! Non è giusto... hai imbrogliato.»

    «D'accordo, solo sei» concluse lei in tono di concessione.

    Julian piantò le mani sul tavolo. «Sei fortunata che ti voglia bene, perfida volpe.»

    «Non solo mi ritengo fortunata, ma te ne sono anche grata. Proverai a convincere Marcus a venire?»

    «Ci proverò. Purché non mi chieda di scendere ai moli, prostrarmi davanti al nostro nuovo signore e padrone e pregarlo di venire anche lui, già che ci sei.»

    «Lord Westford è a Londra?» domandò Genny, sorpresa. Mary le aveva detto che avrebbe partecipato alle nozze di Emily nell'Hampshire, ma non aveva aggiunto niente, riguardo a una sua visita a Londra.

    «Ha attraccato proprio ieri.»

    «Oh, no... questo non va.»

    Julian inarcò le sopracciglia. «Sono d'accordo, ma non credevo che condividessi il mio disgusto per il mio scomodo cugino, nuovo capo dei Carrington. Tu e Charlie prendevate le sue difese ogni volta che qualcuno di noi osava parlar male del capitano Christopher Carrington.»

    Genny sollevò il mento, un po' a disagio. Era stata molto attenta a nascondere ciò che pensava veramente del clan dei Carrington, da quando viveva con Serena e Charlie, ben sapendo che la sua posizione era difficilmente sostenibile. Tuttavia, era rimasta così sconvolta dal modo in cui avevano diffamato il capitano Carrington, che era intervenuta più di una volta in difesa dell'uomo che suo nonno aveva considerato il suo ufficiale più fidato, quando prestava servizio sotto di lui.

    «L'ho difeso perché ritenevo profondamente ingiusto e irrispettoso il modo in cui tu, Marcus e i vostri nonni parlavate di lui, quando sembra che lo conosciate molto poco, dato che non ha trascorso molto tempo, in famiglia.» Vedendo che Julian si preparava a tirar fuori vecchi rancori, si affrettò ad aggiungere: «Ma per amore di onestà, ammetto che il suo comportamento da quando ha venduto la commissione è stato tutt'altro che esemplare, e che non è adatto al titolo di Lord Westford. Non si è fatto vivo nemmeno dopo la morte del vecchio conte, a parte una lettera di un avvocato di Londra in cui si diceva di indirizzare la corrispondenza al suo studio».

    «Ah, così hai scoperto che il tuo idolo ha i piedi d'argilla?»

    «Non ho mai idolatrato nessuno in vita mia, nemmeno mio nonno, nonostante lo rispettassi più di chiunque altro» negò Genny. «Ammetto che mi aspettavo una certa responsabilità, da parte del capitano Carr... di Lord Westford ma, dato che sembra aver abbandonato gli scrupoli, insieme all'uniforme, devo trovare altri mezzi per raggiungere i miei scopi.»

    «Ti riferisci a me?»

    «Precisamente» confermò lei. «Quindi concentra i tuoi sforzi nel convincere Marcus. Se incontri difficoltà, gli parlerò io.»

    «La minaccia dovrebbe essere sufficiente a convincerlo a venire, mia cara.»

    «Grazie, Julian.»

    «Mmh... Adesso è meglio che te ne vada, prima che mi venga la tentazione di chiedere una ricompensa per esserti stato così utile.»

    Genny sorrise e tornò ad abbassare il velo sul viso. «Andiamo, Julian. Pensa che ti sarebbe potuta andare peggio.»

    «Peggio?»

    «Oh, sì. Se avessi accettato di sposarti, tre anni fa, avresti dovuto subire i miei modi subdoli tutti i giorni.»

    2

    «Un mese fa nuotavo nudo nella baia di Alessandria.» Kit si appoggiò al parapetto dell'Hesperus e scrutò nella nebbia. Non si vedeva che a poche iarde di distanza, ma di tanto in tanto si distingueva il contorno dei magazzini, come una gigantesca bestia a guardia del porto, in attesa che qualche incauto scendesse a terra.

    Poteva anche essere aprile, nel resto del mondo, ma era il dicembre più buio e umido sulle banchine di Londra. Sotto di sé, Kit poteva sentire il lento procedere del Tamigi verso il mare. La tentazione di sollevare l'ancora e sfuggire alla morsa della sua città natale era potente.

    «Questa nebbia è di cattivo auspicio, capità» brontolò Benja, sputando nelle acque del Tamigi.

    «Perché diventi sempre superstizioso quando veniamo in Inghilterra, Benja?»

    «Perché fu in un giorno come questo che vostro padre riportò la sua nave in Inghilterra per l'ultima volta.»

    Kit sorrise. «No, non è stato così. Anche se avevo solo undici anni, ricordo bene che attraccammo a Portsmouth in pieno sole.»

    «Io ricordo la nebbia. C'è sempre nebbia, in Inghilterra...» Benja si interruppe, udendo una voce che chiamava dal molo.

    «Ehi, voi, è questa l'Hesperus

    Un'altra voce rispose dal ponte: «E che cosa vuole, dall'Hesperus, un damerino come voi?».

    Kit sorrise al tono scontroso del suo nostromo del Kent, Brimble. Sospettava che di rado, per non dire mai, la gente si rivolgesse a Julian Carrington con tanto disprezzo. Diede di gomito a Benja. «Fammi un favore, vai a prendere quel damerino e portalo nel mio alloggio.»

    Benja si sporse dal parapetto per avere una visuale migliore e fece schioccare la lingua. «Non mi piace. Sembra un Borgia. Lo conoscete?»

    «Quello, amico mio, è uno dei due uomini in cima alla lunghissima lista di coloro che vorrebbero vedermi nutrire i pesci sul fondo dell'oceano.»

    «Volete invitare il vostro nemico a bordo dell'Hesperus

    «È peggio di un nemico, Benja. È mio cugino.»

    «Mmh... sembra prezioso. Quei rubini sono veri?»

    Kit osservò Julian mentre rigirava fra le mani il carillon in filigrana sotto la luce della lampada. Il cugino poteva anche essere un perdigiorno, ma era chiaro che aveva buon occhio per gli oggetti di valore. Si chiese se fosse il caso di fare un inventario, una volta che avesse lasciato la nave.

    «Certo che sono veri. Conservo tutte le copie in un finto fondo della stiva, nel caso i funzionari delle tasse vengano a fare un controllo.»

    Julian rimise a posto il carillon con lo stesso sorriso affascinante che Kit ricordava dalla sua infanzia. E di cui non si era mai fidato.

    «Sì, ??ho sentito che sei diventato rispettabile, ultimamente, cugino.»

    Kit sedette al grande tavolo di legno, la mappa del Mediterraneo aperta sul ripiano. «E io ho sentito dire il contrario di te, Julian. Nessuno di noi dovrebbe credere a tutto quello che si dice.»

    «O che si legge, a quanto pare.»

    Julian prese posto all'altro lato del tavolo e gettò sul ripiano una pagina di giornale ripiegata. Non c'erano notizie particolarmente interessanti, se non che il nuovo Lord Westford non era stato invitato al ballo della sorellastra per non mettere in imbarazzo la famiglia.

    Kit non sapeva se esserne infastidito, o divertito. C'era qualcosa di infantile, in tutta quella storia, che ricordava i bisbigli dei bambini dietro una siepe.

    «Sapevo che eri un bersaglio preferito dei pettegolezzi, Julian, ma non avevo idea che li leggessi.»

    «Non lo faccio. Questo è stato portato alla mia attenzione da Marcus. È comproprietario della Gazette e dirà due parole all'autore di queste sciocchezze, ma non è questo il punto. Il punto è che hanno ragione.»

    «Naturale. Sono un pirata di bassa estrazione sociale, e nostra nonna mi sputerebbe addosso se dovesse trovarsi nella stessa stanza con la pecora nera della famiglia. Non è certo una rivelazione, e non vedo perché dovrebbe infastidirti. Dovresti essere felice di vedermi insultato, visto che lo fai abbastanza spesso anche tu.»

    «In privato. I pettegolezzi sulla famiglia sono nocivi, per gli affari.»

    «Quali affari?»

    «I nostri» rispose sbrigativamente Julian.

    Kit andò a prendere una bottiglia di vino e versò due bicchieri.

    Julian annusò il suo inarcando le sopracciglia scure, poi ne bevve un sorso e fece un sospiro compiaciuto. «Le voci non sono del tutto sbagliate, quindi. Il tuo gusto nella scelta dei vini è impeccabile. Da dove viene?»

    «Un giorno di viaggio da Roma.»

    «Fai una bella vita, Lord Westford.» Il tono di Julian era leggero ma acido come un vino di infimo ordine.

    «Perché questa visita, Julian? L'ultima volta che ci siamo visti mi hai paragonato a Belzebù in persona. E adesso sei qui, in territorio nemico, a complimentarti per il mio vino e a mostrare un interesse ipocrita per la mia reputazione. Che cosa vuoi? Denaro?»

    Julian strinse il bicchiere e torse la bocca. «Non sono felice di essere qui più di quanto lo sia tu di vedermi, credimi» rispose infine. «Riconosco che il nostro ultimo incontro è stato spiacevole. È stato di cattivo gusto tirar fuori i vecchi rancori quando tuo padre era stato appena sepolto.»

    Kit annuì. «Apprezzo le tue scuse ma, dato che non mi hai ancora detto il motivo della tua presenza, mi riservo il giudizio.»

    «Sei sempre stato un bastardo sospettoso, Kit.»

    «E tu sei sempre stato subdolo, Julian.»

    «Dovresti essere grato che in questo momento stia usando questa abilità a tuo favore.»

    «Davvero?»

    «Proprio così. Vuoi sapere perché sono qui. Bene... sono qui per decidere se sei presentabile.»

    «Se sono... che cosa?»

    «Presentabile» ripeté Julian. «Nella buona società. Il nostro ultimo incontro è stato inconcludente. Nessuno di noi era nella sua forma migliore. Tranne il povero Charlie, ma lui era sempre l'unico raggio di luce in mezzo ai pagani, come direbbe la nonna.»

    «Non insulterei i pagani confrontandoli con i maledetti Carrington» ribatté Kit. «E per quanto riguarda la presentabilità... Non vedo che importanza abbia. Gli unici che intendo incontrare sono i parenti del fidanzato di Emily nell'Hampshire e loro, a differenza della società londinese, pare siano persone cortesi

    «Dannazione, avevo dimenticato che parli come un libro, quando sei arrabbiato. Proprio come tuo padre. Ma il fatto è che così non va bene. Non puoi nasconderti nella nebbia, quando tutti sanno che sei in città. Se tieni così tanto a Emily e a Mary, sarebbe stato molto meglio per loro se avessi attraccato da qualche altra

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