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Rosa Rosina: I traguardi della vita
Rosa Rosina: I traguardi della vita
Rosa Rosina: I traguardi della vita
E-book201 pagine1 ora

Rosa Rosina: I traguardi della vita

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Info su questo ebook

Il romanzo prende il via nella Romagna tra le due guerre e s’incentra sulla vita di una bambina portatrice di handicap, accompagnandola nelle varie tappe della sua crescita, della sua emancipazione, del suo riscatto.
“Con un gesto istintivo, nascose il biglietto sotto la blusa, mentre il cuore sembrava volerle uscire dal petto … Cosa gli avrebbe risposto? Cosa sentiva per quel ragazzo? Gli piaceva la sua sincerità, il modo di guardarla. Parlare con lui la faceva stare bene, ma l’amore ... che ne sapeva lei dell’amore?”

I romanzi della scrittrice pesarese IVANA MAGINI rivelano un’esistenza ricca di esperienze diseguali, eppure così legate le une alle altre, che finiscono per comporre i tratti policromi di un unico mosaico. Partono dall’analisi dei propri disagi interiori, per arrivare ad alcune riflessioni che i nostri tempi impongono alla coscienza individuale e collettiva. Ha pubblicato numerose recensioni, oltre 90 poesie e cinque romanzi, che sono:

“Rosa Rosina”, 2010
“Il mondo di Virginia” (Prima parte), 2011
“Il mondo di Virginia” (Seconda parte), 2012
“Urbino ‘68”, 2013
“Una prof. di ferro”, 2015
LinguaItaliano
Data di uscita23 feb 2018
ISBN9788827566800
Rosa Rosina: I traguardi della vita

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    Anteprima del libro

    Rosa Rosina - Ivana Magini

    Ivana Magini

    ROSA ROSINA

    I TRAGUARDI DELLA VITA

    Romanzo

    Cercare l’essenza

    della gioia, della passione, del dolore.

    Non pensare più. Sei stanca.

    Lasciati andare alla vita, a ciò che accadrà,

    che ancora non sai…

    ai segnali che trovi lungo la strada

    che, se ci credi, sarà infinita.

    Dedicato

    a Dario, a Diletta

    e a David,

    la mia famiglia.

    Parte prima

    1.

    Era nata per dispetto, dopo una dura lotta fra la natura che premeva e il freddo che ricacciava indietro le doglie. L’imbottita fumava di umidità ogni volta che la levatrice rinnovava la brace dentro la ‘suora’ di coccio. Per due giorni la madre aveva gridato forte, a intervalli regolari, nel buio della gelida stanza, al piano di sopra.

    Il dolore è nel corpo, ma nasce nella mente. L’amore può fare da anestetico, ma un figlio che non si vuole amplifica il dolore.

    Infine era nata, una bambina di peso normale: naso, bocca, occhi al posto giusto, sesso ben definito, una peluria bionda sulla testa, la fronte spaziosa.

    - Si vede che è intelligente - disse il padre -

    - Guarda, ha le dita lunghe… da pianista… come le tue! - proseguì rivolto alla moglie - E non hai notato che fiato e che timbro? Ha preso da me!

    La porta si aprì lentamente e Mauro comparve in cima alla scala con la ‘fagottina’ in braccio, impacciato per timore di stringerla troppo o, al contrario, di farla cadere. Emozionato per il momento solenne, intonò in falsetto, sussurrando

    - Una voce poco fa, qui nel cor mi risuonò…Ma se mi toccano dov’è il mio debole…

    Poi, alzando il volume e accentuando la sua cadenza romagnola, disse

    - Parenti e amici, vi presento la Rosina… come quella del ‘Barbiere’… Viva Rossini e viva la mia Rosina!

    Seguì un lungo applauso, dopo di che Mauro baciò la piccola sulla fronte e la riportò in camera. Quindi, scese velocemente al piano terra per dare il via ai festeggiamenti, che durarono a lungo.

    Con l’autocompiacimento e quel pizzico di euforia dati dalla neo paternità e dal Lambrusco dei brindisi, con aria stralunata e ridanciana, Mauro lanciò un ‘do di petto’ e poi intonò la famosa aria, dalla ‘Traviata’

    - Libiamo, libiamo ne’ lieti calici che la bellezza infiora…...

    Ci fu di nuovo l’applauso generale dei convenuti che, intanto, continuavano ad aumentare di numero, finchè la stanza, benché spaziosa, fece fatica a contenerli tutti. Sì, era iniziata la processione: visite molte, regali pochi.

    Ma erano tempi duri, quelli.

    2.

    La bambina aveva compiuto già il suo primo giorno di vita, quando la madre riprese le forze e la tenne in braccio per la prima volta. Mentre la guardava con occhi distratti, disse a mezza voce, senza tenerezza

    - Sembra un ranocchio.

    3.

    La ‘Piemontese’, la ‘forestiera’ aveva partorito solo da una decina di giorni, ma non c’era stato verso di trattenerla: al treno, a veder partire suo marito per il fronte, aveva voluto andarci anche lei, con tanto di neonata, per via delle poppate. Adelmo, un buon vicino, li aveva fatti salire tutti e tre sul carro di fieno, mentre la Tilde, sua moglie, e la Lena, del podere più a basso, scuotevano la testa con aria di disapprovazione. Il carro si era appena mosso, quando le due diedero il via alle litanie.

    - La ‘quarantina’ bisognerebbe farla in pace: niente sforzi, niente strapazzi, altrimenti te la fa scontare prima o poi! Le donne di una volta la sapevano lunga, con tutti i figli che mettevano al mondo…..

    - Invece, a questa disgraziata guarda cosa va a capitare: il marito che parte per la guerra d’Africa!

    - Però è anche testarda. Non è tipo da accettare consigli.

    La Zaira, sopraggiunta nel frattempo, con tono perentorio rincarò la dose

    - Donne così non devono metterli al mondo, i figli! Come quando ha voluto prendere il treno per andare dai suoi. Persino il marito, un uomo, aveva capito che non era il caso, visto che aveva la pancia grossa. E, infatti, c’è mancato poco che abortisse.

    4.

    Nessuna di loro era al corrente, né seppe mai di una certa lettera, che era arrivata dal Piemonte proprio in quei giorni, indirizzata a lei. Infatti, don Vincenzo, il prete del paese, che gliel’aveva letta, aveva giurato di mantenere il segreto come in confessione.

    Don Bernardino, lo ‘scrivente’, era un povero prevosto, un parroco di montagna che conosceva due lingue: il latino e il piemontese. Il primo lo usava per le funzioni, il secondo per tutto il resto. L’italiano lo leggeva male e lo scriveva peggio, tanto che don Vincenzo non sarebbe mai riuscito a decifrare la lettera senza l’aiuto della ‘forestiera’.

    Comunque, tradotte le parole e le espressioni dialettali, diceva pressappoco così: Cara figlia Elisabetta, stiamo tutti bene come speriamo di te, che sei ormai vicina a partorire, e di tuo marito Mauro. Qui ci sono novità. Molti giovani, da Alba fino a Boves, sono in montagna, non so dove. Sono ricercati. Anche Bartolo, te lo ricordi? Sono tutti in un Movimento nuovo che protesta contro questo Governo del Duce. Ogni tanto tornano in paese, di notte, a prendere da mangiare, ma rischiano se li scoprono e anche noi. E’ tutto cambiato. Anche le donne vanno su a portare dei fogli… dicono che tengono i collegamenti. Ma non so con chi e per cosa. Quest’anno c’è molta neve e il foraggio per le bestie è scarso. Preghiamo il Signore che ci aiuti. Anche tuo padre ti saluta. Volevamo venire giù da te, ma qui non possiamo lasciare. Tuo padre è buono come il pane, ma da solo è sperso, lo sai anche te. Ti bacia anche lui. Tua madre.

    A quel punto, la ‘forestiera’ aveva deciso di partire per vedere con i suoi occhi cosa stesse succedendo e nessuno era riuscito a fermarla.

    Era tornata due settimane dopo, giusto in tempo per partorire nel suo letto.

    5.

    Adelmo tardava a ritornare più del previsto, ma le tre pettegole sapevano come impiegare il tempo.

    - Si chiama Elisabetta, come la regina d’Inghilterra!

    - E vuole essere chiamata col nome intero.

    - Invece noi, la nobildonna, la chiamiamo ‘forestiera’, se mai ‘Betta’…

    Che poi, secondo l’usanza romagnola di far precedere il nome femminile

    dall’articolo determinativo, diventò ‘la Betta’.

    La Maria, una buona vicina, si unì a loro. Cercava di non darlo a vedere, ma era preoccupata e spiava ogni tanto la strada, impaziente di veder spuntare il carro dalla curva del ponte.

    La poveretta arrivò da Cattolica che era sfinita, disperata, gli occhi gonfi di pianto.

    - Adesso devi pensare alla Rosina. Non fare così! Fatti coraggio, altrimenti va a finire che ti va via il latte! - le dissero in coro-

    Invece no. Contro ogni previsione, col passare dei giorni, si era fatta forza.

    E ne aveva motivo, secondo la Maria, che le ripeteva spesso

    - Il Signore aiuta! Guarda questa creatura: ti cresce sotto gli occhi come un fiore!

    6.

    Certo, era la bambina la sua consolazione, ma come correva, la Betta, quando arrivava una lettera del suo Mauro! Don Vincenzo la vedeva entrare in Chiesa a passo svelto che certe volte si dimenticava persino dell’acqua santa e del segno della croce. Agitava i fogli che teneva in mano e gli chiedeva di leggerli ad alta voce, tre volte almeno, lentamente, perché voleva stamparsi ogni parola nella memoria e dentro il cuore.

    In cucina, sull’altarino, accendeva una candela tutte le sere davanti alla fotografia di lui, non in divisa, ma in abiti civili, come nei giorni di festa, e gli parlava guardandolo negli occhi, per rendere più private e intime le cose che aveva già dettato al prete.

    Poi le lettere non arrivarono più e la ‘forestiera’ smise perfino di alzare gli occhi per salutare. E smise anche di andare a Messa.

    L’ultima volta, uscendo, strappò dal portale della Chiesa il manifesto dove c’era scritto: Chi per la patria muor, vissuto è assai.

    7.

    Era dimagrita, aveva lo sguardo vuoto, assente… In quanto alla bambina, si vedeva che la trascurava. Al mattino la fasciava stretta. Troppo stretta … ci potevano essere delle conseguenze …

    - Notte e giorno senza lasciare libere le gambine, non va bene!

    - Così la rovini!

    Più di una vicina gliel’aveva detto, ma lei aveva risposto che dalle sue parti si usava così. Intanto, la neonata aveva la pelle corrosa dalla pipì fino a metà schiena e piangeva, piangeva. Ma sembrava che la madre neanche la sentisse.

    - Istinto materno zero, tanto non la voleva! - continuavano a ripetere le comari.

    - L’ha detto lei stessa alla levatrice, dopo due giorni di doglie. E poi si capiva da tante cose…

    - Ma va là, lo so io qual è il problema. Noi femmine non siamo tutte uguali. C’è chi nasce più madre e chi nasce più moglie e amante!

    Della ‘depressione post partum’, a quei tempi, non se ne parlava, ma la sensibilità e il buon cuore, ad averceli, sarebbero stati di grande

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