Scuolamara
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L'umorismo, che in "Debito formativo" era puramente ludico e finalizzato alla narrazione, non poteva che trovare una connotazione amara e desolante, anche se il lettore non faticherà a trarre, anche da qui, un qualche motivo di isolata ilarità.
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Umorismo e satira per voi
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Anteprima del libro
Scuolamara - Valerio Di Stefano
Prefazione
––––––––
Nel 2022 scrissi e pubblicai Debito Formativo
.
Lo feci in tempi non certo istantanei ma, comunque, sufficientemente brevi e, ad ogni buon conto, con una gioia che ho sempre ritrovato nella stesura di quasi tutti i miei scritti successivi.
Era il mio primo esperimento narrativo maturo
, e lo dedicai al mondo della scuola pubblica "con l'entusiasmo di un bambino, come cantava Massimo Ranieri. Volevo ridere e far ridere, in quella che divenne una sorta di punto di incontro tra una parodia del libro
Cuore" e una descrizione grottesca, spesso spietata ma comunque ridanciana dei personaggi, trasformati in veri e propri stereotipi fin dalla scelta dei loro cognomi.
Proposi i primi abbozzi del libro sui social network, quando ancora mantenevano, sia pure alla meno peggio, il loro ruolo di far incontrare le persone e favorivano lo scambio di opinioni, senza per questo cedere al presenzialismo dilagante in cui hanno avuto evoluzione. Gli incoraggiamenti alla sua pubblicazione in volume prima, e in audiolibro dopo (senza dimenticare l'onnipresente e-book) mi convinsero che, come dice la Bibbia, "era cosa buona".
Molto è cambiato da allora. Prima di tutto perché molte delle persone con cui ero in contatto hanno preso le loro strade e sia così. Ma, soprattutto, perché le logiche, fino ad allora neanche troppo sottese, che governano la scuola sono emerse in tutta la loro essenza che, accettabile o meno che sia, mi ha portato alla decisione di dare alle stampe questo "fratello cattivo" del volume precedente.
L'aggettivo "cattivo" non tragga in inganno. L'evoluzione/involuzione della scuola pubblica cui ho fatto cenno non dà certo luogo a reazioni scomposte o di rabbia. Piuttosto cede il passo al disincanto della disillusione, giustificata, oltretutto, dall'anzianità di servizio, che permette di guardare indietro, e da quella anagrafica, che non permette di guardare avanti più di tanto.
I personaggi di Debito formativo
erano, come si è detto, delle tipologie, dalla bellona di turno al simpatizzante di destra, dal vetero-marxista all'alunno discolo. Quelli di questo Scuolamara
, al contrario, non sono che figure di passaggio. Se Debito formativo
si chiudeva con un bagno al mare tra l'insegnante e il suo allievo peggiore ormai bocciato dalla scuola ma non dalla vita, Scuolamara
si conclude con una sorta di stream of consciousness senza sbocco apparente, una mancanza d'aria nello svolgimento del ruolo di docente. Apnea, si direbbe più propriamente.
L'umorismo, che in Debito formativo
era puramente ludico e finalizzato alla narrazione, non poteva che trovare una connotazione amara e desolante, anche se il lettore non faticherà a trarre, anche da qui, un qualche motivo di isolata ilarità.
Di altro vi è ben poco da dire, se non, forse, spiegare il perché della scelta di terminare ciascuno dei venti capitoletti coi versi di una canzone. Sono proprio queste citazioni (in alcuni casi ad sensum) a sottolineare il distacco temporale e quello del vissuto dell'io narrante dal contesto reale che non sa distinguere né, tanto meno, riconoscere. E, sempre a questo proposito, l'abbondanza di rimandi alle canzoni di Antonello Venditti non dovrebbe stupire poi troppo. Tra licei, compagni di scuola, banchi di scuola ingombranti, notti prima degli esami, alunne che devono andare a scuola alle sette, professori che svolgono l'onesta professione da quarant'anni non era possibile farne a meno.
Scuolamara
è, comunque, pronto per intraprendere il proprio cammino, e proseguirlo assieme a tutto ciò che l'ha preceduto.
Valerio Di Stefano – giugno 2024
Uno
Il 31 agosto sembra irrompere prepotentemente e in modo subdolo, insinuante, provocatorio.
Sembra stia lì a rintuzzarti e ad aspettare di vedere che tu faccia qualcosa. Oltre a cercare di indovinare che cosa.
Il pomeriggio ventilato pare portarti quel sollievo che hai cercato per tutti i 32 giorni delle ferie, obbligatoriamente da godersi fuori dal periodo dell'attività didattica. Quello che la gente chiama, in maniera scriteriata tre mesi di vacanza
. Ovvero privilegio di casta
.
Al mare non c'è più quasi nessuno. La barista che fino a quel giorno ti serviva lo Spritz della sera con fare affannato e fronte sudata ti sorride, si prende il suo tempo, te lo prepara con maggiore cura. Il ghiaccio che si scioglie nel bicchiere allegramente sormontato da una fetta d'arancia sembra volerti dire, anche lui, che il sollievo si trasforma in sorriso, in calma, in serafica constatazione che sì, ora si sta bene. Anche lui, in fondo, ha dovuto lottare con orde di madri grasse, di bambini vocianti e maleducati, di accaniti giocatori di tressette-briscola-scopa che settebello-carte-primiera, vinco io.
Stai bene. Per la prima volta dopo settimane stai bene. Il condizionatore di casa lavora ancora per te, ma in modo assai meno stakanovista, limitandosi a raffrescare, per pochi minuti, quello che la tua casa non è ancora riuscita a restituire all'ambiente, un calore inglobato e mantenuto, a dispetto del primo significativo calo di temperatura